Summa Teologica - III

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Articolo 5 - Se in Cristo si sia attuata l'unione tra l'anima e il corpo

In 3 Sent., d. 2, q. 1, a. 3, sol. 3; d. 6, q. 3, a. 1; C. G., IV, cc. 37, 41; Comp. Theol., c. 209

Pare che in Cristo non si sia attuata l'unione tra l'anima e il corpo.

Infatti:

1. Dall'unione dell'anima con il corpo viene prodotta in noi la persona o ipostasi umana.

Se dunque in Cristo si unirono insieme l'anima e il corpo, deve esserne risultata un'ipostasi.

Ma non l'ipostasi del Verbo, che è eterna.

Quindi ci sarà in Cristo un'altra persona o ipostasi, oltre a quella del Verbo.

E così andiamo contro quanto si è già detto [ a. 2 ].

2. L'unione tra l'anima e il corpo costituisce la natura della specie umana.

Ma il Damasceno [ De fide orth. 3,3 ] dice che « nel Signore nostro Gesù Cristo non si trova la specie comune ».

In lui dunque non avvenne l'unione tra l'anima e il corpo.

3. L'anima si unisce al corpo per poterlo vivificare.

Ma il corpo di Cristo poteva ricevere la vita dallo stesso Verbo di Dio, che è la fonte e il principio della vita.

In Cristo quindi non ci fu l'unione di anima e corpo.

In contrario:

Il corpo non viene detto animato se non per l'unione con l'anima.

Ma il corpo di Cristo è detto animato, come canta la Chiesa [ 1ª Ant. vespri 1 genn. ]: « Assumendo un corpo animato, si degnò di nascere dalla Vergine ».

Quindi in Cristo ci fu l'unione dell'anima con il corpo.

Dimostrazione:

Cristo viene detto uomo nel medesimo senso degli altri uomini, in quanto appartiene alla medesima specie, secondo l'espressione dell'Apostolo [ Fil 2,7 ]: « Apparso in forma umana ».

Ma la specie umana esige che l'anima si unisca al corpo, poiché la forma non costituisce la specie se non attuando la materia; e questo è il termine della generazione, con la quale la natura tende alla specie.

Quindi è necessario dire che in Cristo l'anima si unì al corpo; e il contrario sarebbe un'eresia, poiché negherebbe la verità della natura umana di Cristo.

Analisi delle obiezioni:

1. Da questa obiezioni furono mossi coloro che negarono in Cristo l'unione dell'anima con il corpo: cioè per non essere costretti ad ammettere in Cristo una nuova persona o ipostasi, vedendo che nei puri uomini in seguito all'unione dell'anima con il corpo si costituisce la persona.

Ma ciò avviene nei puri uomini per il fatto che in essi l'anima e il corpo si congiungono per esistere di per sé.

In Cristo invece l'anima e il corpo si uniscono per aggiungersi a un soggetto superiore, che sussiste nella natura da essi composta.

Per cui dall'unione dell'anima e del corpo non si costituisce in Cristo una nuova ipostasi o persona, ma il composto medesimo si unisce a una persona o ipostasi preesistente.

Né per questo l'unione tra l'anima e il corpo è in Cristo meno efficace che in noi.

Il congiungersi infatti di qualcosa a un ente più nobile non menoma di per sé la sua attività o dignità, ma la accresce: come l'anima sensitiva negli animali costituisce la specie perché è l'ultima forma, mentre non è così negli uomini, sebbene in questi essa sia più nobile e più attiva; e ciò precisamente per l'aggiunta dell'ulteriore e più alta perfezione dell'anima razionale, come si è detto anche sopra [ a. 2, ad 2 ].

2. L'affermazione del Damasceno può essere intesa in due modi.

Primo, riferendola alla natura umana.

Ora, questa si presenta come una specie comune non in quanto viene considerata in un determinato individuo, ma in quanto è astratta da ogni individuo nella nuda contemplazione, o in quanto si trova in tutti gli individui.

Ora, il Figlio di Dio non ha assunto la natura umana così come essa è nella sola considerazione mentale, perché allora non avrebbe assunto la realtà stessa della natura umana.

A meno di non dire che la natura umana è una certa idea separata, come l'uomo senza materia ammesso dai Platonici.

Ma allora il Figlio di Dio non avrebbe assunto la carne, contro la testimonianza evangelica [ Lc 24,39 ]: « Uno spirito non ha carne e ossa, come vedete che io ho ».

- Parimenti è impossibile che il Figlio di Dio abbia assunto la natura umana come è in tutti gli individui della nostra specie, poiché in tal caso avrebbe assunto tutti gli uomini.

Per cui si deve concludere con lo stesso Damasceno [ l. cit., c. 11 ] che egli assunse una natura umana concreta e individuale, « senza però che questa costituisse un individuo, nel senso di supposito o di ipostasi di quella natura, distinto dalla persona del Figlio di Dio ».

Secondo, si può intendere la frase del Damasceno in modo da non riferirla alla natura umana, in quanto cioè dall'unione dell'anima con il corpo risulta la natura umana comune, ma riferendola all'unione delle due nature, divina e umana, per dire che essa non dà come risultato un nuovo composto che sarebbe comune, e quindi predicabile di molti individui.

E questo è il senso del passo citato, come risulta dalle parole che seguono: « Difatti non fu mai generato, né sarà mai generato un altro Cristo, composto di divinità e di umanità, perfetto Dio nella sua divinità e perfetto uomo nella sua umanità ».

3. Nella vita corporale si possono riscontrare due princìpi.

Il primo è la causa efficiente.

E in questo senso il Verbo di Dio è il principio di ogni vita.

- Il secondo è invece il principio formale.

Siccome infatti, secondo il Filosofo [ De anima 2,4 ], « per i viventi il vivere è l'essere », come ogni cosa esiste formalmente in virtù della sua forma, così il corpo vive in virtù dell'anima.

Ora, in questo secondo senso il corpo di Cristo non poteva ricevere la vita dal Verbo, non potendo questi essere la forma di un corpo.

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