Summa Teologica - III

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Articolo 4 - Se in Cristo ci fosse il libero arbitrio

In 3 Sent., d. 17, q. 1, a. 1, sol. 3, ad 5; d. 18, q. 1, a. 2, ad 5; C. G., 4, c. 36

Pare che in Cristo non ci fosse il libero arbitrio.

Infatti:

1. Come dice il Damasceno [ De fide orth. 3,14 ], propriamente parlando non si può attribuire al Signore né la gnome ( cioè la sentenza, o riflessione, o cogitazione ), né la proeresis ( cioè la scelta ).

Ora, nelle cose di fede bisogna parlare con somma proprietà di linguaggio.

Quindi in Cristo non c'era la scelta, e per conseguenza neppure il libero arbitrio, di cui la scelta è l'atto.

2. Il Filosofo [ Ethic. 3,2 ] dice che la scelta è « il desiderio di cose predeliberate mediante il consiglio ».

Ma in Cristo non c'era il consiglio, dato che esso non serve quando siamo certi, e Cristo aveva la certezza su tutto.

Quindi in Cristo non c'era la scelta.

E così neppure il libero arbitrio.

3. Il libero arbitrio è indeterminato.

Ma la volontà di Cristo era determinata al bene, non potendo peccare, come si è detto sopra [ q. 15, aa. 1,2 ].

Quindi in Cristo non c'era il libero arbitrio.

In contrario:

Si legge in Isaia [ Is 7,15 ]: « Mangerà panna e miele finché non imparerà a rigettare il male e a scegliere il bene », che sono atti del libero arbitrio.

Quindi in Cristo c'era il libero arbitrio.

Dimostrazione:

Stando alle cose già dette [ a. prec. ], c'erano in Cristo due atti di volontà: uno per cui voleva in se stesso un certo oggetto come fine, un altro per cui voleva qualcosa come mezzo in ordine ad altro.

Ora, come dice il Filosofo [ Ethic. 3,2 ], c'è questa differenza tra la scelta e la volontà: che la volontà propriamente parlando ha per oggetto il fine stesso, mentre la scelta riguarda i mezzi ordinati al fine.

E così la semplice volontà si identifica con la volontà come natura, mentre la scelta si identifica con la volontà come ragione, ed è l'atto proprio del libero arbitrio, come si è detto nella Prima Parte [ q. 83, a. 3; I-II, q. 13, a. 1 ].

Poiché dunque in Cristo c'è la volontà come ragione, è necessario porre in lui la scelta e quindi il libero arbitrio, il cui atto è la scelta, come si è visto nella Prima Parte [ q. 83, a. 3 ].

Analisi delle obiezioni:

1. Il Damasceno esclude da Cristo la scelta in quanto essa può comportare un dubbio nel giudizio.

Ma il dubbio non è essenziale alla scelta, poiché anche Dio compie delle scelte, secondo quell'espressione [ Ef 1,4 ]: « In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo »; eppure in Dio non ci sono dubbi.

La scelta invece è dubbiosa quando si accompagna accidentalmente all'ignoranza.

E altrettanto si dica degli altri atti menzionati.

2. La scelta presuppone il consiglio, ma non nasce dal consiglio se questo non si è già concluso con il giudizio: poiché noi scegliamo di fare ciò che giudichiamo da farsi dopo l'indagine del consiglio, come scrive Aristotele [ Ethic. 3,3 ].

Se quindi si può emettere il giudizio senza farlo precedere dal dubbio e dall'indagine, ciò basta per la scelta.

E così è chiaro che il dubbio e l'indagine non appartengono necessariamente alla scelta, ma vi si riscontrano soltanto in una natura che ignora.

3. La volontà di Cristo, quantunque sia determinata al bene, non è però determinata ai singoli beni.

Cristo poteva dunque operare delle scelte con il suo libero arbitrio confermato nel bene, come fanno i beati.

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