Summa Teologica - III

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Articolo 10 - Se sia lecito a un sacerdote astenersi completamente dal consacrare l'Eucaristia

In 4 Sent., d. 13, q. 1, a. 2, sol. 1

Pare che sia lecito a un sacerdote astenersi completamente dal consacrare l'Eucaristia.

Infatti:

1. È ufficio del sacerdote sia consacrare l'Eucaristia che battezzare e amministrare gli altri sacramenti.

Ma il sacerdote non è tenuto ad amministrare gli altri sacramenti, se non è in cura d'anime.

Quindi, se non è in cura d'anime, non è tenuto neppure a consacrare l'Eucaristia.

2. Nessuno è tenuto a fare ciò che non gli è lecito: altrimenti uno si troverebbe in stato di perplessità.

Ma a dei sacerdoti peccatori o scomunicati non è lecito consacrare l'Eucaristia, come si è detto sopra [ a. 5, ad 1; a. 7 ].

Quindi costoro non sono tenuti a celebrare.

E così non sono tenuti neppure gli altri: altrimenti quelli riceverebbero un vantaggio dalla loro colpa.

3. La dignità sacerdotale non viene perduta col sopraggiungere di un'infermità; dice infatti il Papa Gelasio [ Decr. di Graz. 1,55,12 ]: « Le leggi ecclesiastiche interdicono il sacerdozio a chi è fisicamente menomato; se però qualcuno vi è stato elevato e poi rimane mutilato, non può perdere quanto aveva ricevuto nel tempo in cui era integro ».

Ora, capita talvolta che i sacerdoti ordinati incorrano in alcuni difetti che impediscono loro di celebrare: p. es. nella lebbra, nel mal caduco o in altre malattie simili.

Quindi i sacerdoti non sono tenuti a celebrare.

In contrario:

S. Ambrogio [ Anselmo, Orationes 33 ] osserva: « È grave che alla sua mensa non veniamo con cuore mondo e con mani innocenti, ma sarebbe ancora più grave se giungessimo al punto di non celebrare il sacrificio, temendo di peccare ».

Dimostrazione:

Alcuni hanno affermato che il sacerdote può lecitamente astenersi del tutto dal celebrare, a meno che non sia tenuto a celebrare per il popolo a lui affidato e ad amministrare i sacramenti.

Ma tale opinione non è ragionevole.

Poiché tutti sono obbligati a fare uso della grazia loro concessa, quando l'opportunità lo richiede, secondo la raccomandazione dell'Apostolo [ 2 Cor 6,1 ]: « Vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio ».

Ora, l'opportunità di offrire il sacrificio non va considerata solo in rapporto ai fedeli cristiani, ai quali si devono amministrare i sacramenti, ma principalmente in rapporto a Dio, al quale con la consacrazione di questo sacramento si offre il sacrificio.

Il sacerdote quindi, anche se non ha cura di anime, non può astenersi del tutto dal celebrare, ma è tenuto a farlo almeno nelle feste principali, e specialmente in quei giorni in cui i fedeli hanno l'abitudine di comunicarsi.

Per questo la Scrittura [ 2 Mac 4,14 ] lamenta che alcuni sacerdoti « non si dedicavano più al servizio dell'altare, disprezzando il tempio e trascurando i sacrifici ».

Analisi delle obiezioni:

1. Gli altri sacramenti vengono compiuti mentre sono amministrati ai fedeli, per cui non è tenuto ad amministrarli se non chi assume la cura dei fedeli.

L'Eucaristia invece si compie nella consacrazione, nella quale si offre un sacrificio a Dio: al che il sacerdote è obbligato in forza dell'ordine sacro che ha ricevuto.

2. Un sacerdote peccatore, se è stato privato dell'esercizio dell'ordine per sempre o per un dato tempo da una sentenza ecclesiastica, è reso incapace di offrire il sacrificio, per cui l'obbligo viene a cessare.

Ma ciò non si risolve in un vantaggio, bensì in una privazione di frutti spirituali.

- Se uno invece non è stato privato della facoltà di celebrare, non viene liberato dall'obbligo suddetto.

E tuttavia non cade in perplessità, potendo pentirsi del suo peccato e celebrare.

3. Un'invalidità o una malattia successiva all'ordinazione sacerdotale non toglie l'ordine, ma ne impedisce l'esercizio quanto alla consacrazione dell'Eucaristia.

A volte per l'impossibilità fisica di consacrare: per la perdita, ad es., degli occhi, delle dita o dell'uso della lingua.

- A volte per ragioni di pericolo: come in chi soffre di epilessia, o di qualunque altra alienazione mentale.

- A volte per il disgusto che ciò provocherebbe: come ad es. nel caso di un lebbroso, che non deve celebrare in pubblico.

Può tuttavia celebrare la messa privatamente: a meno che la lebbra non sia tanto avanzata da renderlo incapace di celebrare per la corrosione delle membra.

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