Relazione generale 1966-1972

5.00 Preparazione per l'Assemblea straordinaria per il rinnovamento delle Regole e Costituzioni

( cfr. cap. XII Deliberazioni Assemblea 1966 )

5.01 Premessa

L'Assemblea Generale ordinaria del 1966 a chiusura dei suoi lavori aveva avanzato tre proposte intese a conseguire, possibilmente entro il 1968, il rinnovamento delle Regole e Costituzioni dell'Unione.

L'obiettivo però non è ancora stato raggiunto e le ragioni sono state esposte nell'ultima circolare con la quale è stata indetta l'attuale Assemblea Generale ordinaria.

Tuttavia l'intero arco di tempo è stato intensamente impiegato in questo senso.

Prima di incominciare a ricordare il lavoro compiuto, voglio informare l'Assemblea che il rinvio motivato dell'Assemblea straordinaria prevista allo scopo è avvenuto con il tacito consenso di Mons. Verdelli, responsabile della sezione Istituti Secolari della Congregazione romana competente.

5.02 Sulle fonti dell'Unione

Nel decreto "Perfectae Caritatis" il Concilio Vaticano II dopo aver dichiarato che "la norma ultima della vita religiosa è la sequela di Cristo quale viene insegnata dal Vangelo" afferma che "torna a vantaggio della Chiesa stessa che gli istituti abbiano ciascuno la sua fisionomia particolare e la sua funzione.

Perciò fedelmente si cerchi di far propri e di conservare lo spirito autentico dei Fondatori e i loro intenti, come pure le sane tradizioni: tutto ciò infatti costituisce il patrimonio di ciascun Istituto".

In ossequio e osservanza a queste e ad altre disposizioni conciliari, nel sessennio 1966-72 è stato svolto un lavoro continuativo per avviare tutti i catechisti a una migliore conoscenza circa le fonti dell'Unione.

Subito dopo l'Assemblea del 1966 venne intrappreso uno studio sulle fonti scritturistiche dell'Unione e uno studio organico e sistematico sul messaggio di Fra Leopoldo, messaggio fatto suo e propostoci dal nostro Fondatore.

Con la comunicazione del luglio 1969 veniva indicato a tutti i catechisti un quadro articolato di tutte le fonti dell'Unione; veniva altresì suggerita una loro conveniente utilizzazione al fine di cogliere sempre meglio la volontà di Dio nei riguardi dell'Unione.

In occasione del processo diocesano informativo sulle virtù di Fratel Teodoreto, il Consiglio Generalizio ha accettato la mia proposta di pubblicare la riproduzione fotostatica di tutti gli scritti del nostro Fondatore.

Successivamente è stata intrappresa la pubblicazione integrale dei quaderni di Fra Leopoldo, nel testo redatto dal prof. Rostagni.

Il catechista Claudio Brusa ha contribuito non poco a farci conoscere le fonti determinanti specifiche dell'Unione con il sottoporci, periodicamente, stralci ricavati dagli scritti dell'uno e dell'altro dei nostri maestri.

A tutti i catechisti di Torino è stata distribuita anche una sintesi del pensiero spirituale e apostolico di San Giovanni Battista de La Salle e sono stati segnalati i nuovi documenti che regolano la vita dei Fratelli e del loro Istituto.

Ritiri, esercizi, adunanze generali e specializzate sono stati realizzati sempre con riferimenti essenziali e sistematici a quelle che avevamo definito come "fonti determinanti specifiche".

Purtroppo questo lavoro sinora non ha avuto nell'Unione tutta l'eco e la partecipazione che ci si attendeva.

Occorrerà esaminarne i motivi per adottarne i rimedi efficaci, atteso che, come si osserva nel "Perfectae Caritatis","un efficace rinnovamento e un vero aggiornamento non possono avere luogo senza la collaborazione di tutti i membri dell'Istituto" ( n. 4 )

Ad ogni modo il Fondatore non si cambia, come non si cambia il carisma originario dell'Unione.

E pur rimanendo docili a qualsiasi eventuale decisione del governo della Chiesa sugli scritti di Fra Leopoldo, noi per intanto non possiamo ignorarli, perché non li ha ignorati il nostro stesso Fondatore.

È dalle sue mani e come pensiero fatto suo nella preghiera continua e nella dedizione della sua esemplare carità, che noi li abbiamo ricevuti e come tali li dobbiamo custodire e studiare e basarci su di essi sino a quando non ce ne fosse chiaramente sconsigliato o proibito dalla Chiesa.

5.03 Sull'intimità con Gesù Crocifisso uniti a Maria SS. Immacolata capolavoro della redenzione e madre dell'umanità redenta: nucleo spirituale dell'Unione

Un particolare lavoro di ricerca è stato svolto intorno all'atteggiamento interiore, alla disposizione profonda, all'orientamento quotidiano di vita che il Signore offre ai catechisti e vuole da loro.

Sulla base del messaggio di Fra Leopoldo ricevuto - come dicevamo - dalle mani del nostro venerato Padre e Fondatore tale nucleo ispiratore e propulsore è stato individuato nella costante intimità con Gesù Crocifisso.

Tale intimità essenziale e programmatica già era stata promessa dal Signore a Luigi Musso nella chiesa di San Dalmazzo, appena ricevuta la S. Comunione.

Successivamente il motivo centrale e ricorrente di tutti gli insegnamenti ricevuti da Fra Leopoldo, e l'essenza stessa della vita del Servo di Dio, costituito "maestro" del grande Ordine che deve venire.

Numerose riunioni di catechisti congregati sono state dedicate alla ricerca e all'approfondimento di tale tema di vita negli scritti di Fra Leopoldo. ( Allegato 1 )

Purtroppo non tutti hanno dimostrato di comprenderne il valore e l'importanza.

Mi corre perciò l'obbligo di affermare ancora una volta che senza l'intimità con Cristo Crocifisso, intimità che Egli ci offre e alla quale ci chiama, l'Unione si riduce - almeno per quello che dipende dagli uomini - a una mera parvenza, a un mero fatto organizzativo e istituzionale, senza vita, né fecondità.

E ancora una volta sento di dover richiamare l'attenzione di tutti sul fatto che l'insegnamento di Fra Leopoldo altro non è che un aiuto carismatico, perché facciamo nostro e diffondiamo l'insegnamento del Signore.

"Rimanete in me e io rimarrò in voi.

Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non resta nella vite, così neppure voi se non rimanete in me.

Io sono la vite, voi i tralci.

Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla …"

"Ciò che glorifica il Padre mio è che voi portiate molto frutto, e così vi dimostrate miei discepoli.

Come il Padre ha amato me così anch'io ho amato voi: rimanete nel mio amore" ( Gv 15,4s ).

"Gesù risponde loro: È venuta l'ora in cui il Figlio dell'uomo deve essere glorificato.

In verità, in verità vi dico: Se il chicco di frumento non cade in terra e vi muore, resta solo; se invece muore porta molto frutto"…

"Quanto a me, allorché sarò innalzato da terra tutti attirerò a me" ( Gv 12,23s ).

L'intimità con il Signore Crocifisso ci è proposta fin dai primordi della nostra vocazione e consacrazione catechistica.

Se è vero che lo sviluppo della vita cristiana presenta un primo tempo in cui dominano le esigenze dell'ascesi, sarebbe illusione pensare che ciò possa realizzarsi se non in Cristo, in Lui e per Lui.

Parimenti si può dire dell'orazione, che se ai primordi è prevalentemente discorsiva e meditativa, tuttavia anche in questa fase abbisogna di un minimo di contemplazione, di uno sguardo interiore e affettivamente pregnante rivolto a Gesù come al nostro "Amabilissimo Signore".

La conformità con Cristo Crocifisso rimane sempre la forma di vita cristiana quaggiù, rimane la vita secondo l'uomo nuovo come si deve svolgere nella esistenza terrena.

La nostra fecondità spirituale e apostolica dipende strettamente dalla perfezione di tale nostra conformazione.

Secondo la parola di Dio, i detti di Fra Leopoldo ci insegnano che l'intimità con Gesù Crocifisso si realizza e si vive "in unione alla Vergine Immacolata" che ne è ad un tempo il modello supremo e la madre, in forza di Cristo Signore.

Basta scorrere i detti di Fra Leopoldo, e la stessa presentazione che ne ha fatto Fratel Teodoreto, per constatare la verità e la validità di quanto affermato.

Tralascio di inoltrarmi in un argomento importante e fondamentale perché ritengo che possa essere più propriamente ripreso nella fase successiva dei nostri lavori assembleari.

5.04 Sulla consacrazione catechistica

L'approfondimento inteso al rinnovamento delle Regole e Costituzioni è stato condotto e proposto ritenendo come fondamentale e programmatica l'insegna "Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata".

Ogni punto delle Regole e l'insieme di queste è stato studiato e penetrato per coglierne la coerenza, la operatività, la essenzialità, la efficacia affinché ogni membro dell'Unione e l'Unione nel suo complesso viva e manifesti appieno l'ideale di una "Unione", unione di "Catechisti", Catechisti "del SS. Crocifisso" e "di Maria SS. Immacolata".

Con fedeltà si è cercato di vagliare ogni cosa corrispondendo alla volontà del Signore.

"Riguardo la pia Unione del SS. Crocifisso, il titolo non si cambia; è il nome che prenderà l'Ordine che ne verrà ( dal diario di Fra Leopoldo, 22 dicembre 1920 ).

È in forza di tale orientamento che si è molto insistito nell'indicare nella "consacrazione" il modo d'essere dei catechisti congregati e, in senso lato, il modo d'essere dei catechisti associati.

Consacrazione a Dio per Cristo Signore, consacrazione a Gesù Crocifisso per essere in Lui e per Lui consacrati a Dio e al mondo.

Consacrati al servizio degli uomini per la loro crescita e salvezza; gli uomini considerati nella loro concretezza personale, nelle loro forme di convivenza e di organizzazione di vita, nel divenire della storia verso la meta dalla quale dipende, in definitiva, il senso profondo e autentico della vita umana e per rapporto alla quale si manifesta la vocazione ultima di ogni uomo e dell'umanità.

È stato colto più chiaramente il rapporto esistente tra la consacrazione battesimale e cresimale e la "consacrazione catechistica".

I voti, la pratica di essi e dei consigli che questi comportano, la pienezza della carità che tutto ciò deve esprimere e alimentare, sono stati particolarmente approfonditi secondo il punto di vista suesposto.

Così è stata rilevata la necessità di riprendere e integrare il capitolo dello zelo, quello della castità e della povertà.

Anche il dettato dell'obbedienza si è dimostrato bisognoso di essere ripresentato secondo le esigenze della "consacrazione catechistica".

Gli stessi primi articoli delle Regole che determinano il significato, la portata e l'impegno della "consacrazione catechistica" vanno ripresi e riformulati.

La ricerca condotta nel sessennio ha dimostrato la validità delle considerazioni e delle affermazioni dell'Assemblea del 1966 sull'attività professionale dei catechisti, specie se congregati.

L'eccellenza dello stato di consacrazione rispetto a quello comune dei fedeli è stato colto proprio nella più intima partecipazione alla Passione e Morte del Signore ( cfr. Mt 10,35-40 ).

Sono state come riscoperte le esigenze della "consacrazione catechistica" per rapporto all'essere del cristiano da praticare e da manifestare ( cfr. Lc 9,22-26; Lc 12,49-54; Lc 14,25-35 ), per rapporto alla vocazione ( cfr. Lc 9,57-61 ), per rapporto all'apostolato catechistico ( Lc 12,1-12 ), per rapporto alla legge evangelica della fecondità: "Se il chicco di frumento non cade in terra e vi muore, resta solo; se, invece, muore, porta molto frutto" ( Gv 12,24 ).

In questo modo è maturata la convinzione di dovere ripetutamente sollecitare e favorire ancor più che per il passato, un impegno di vita più chiaramente e vigorosamente totalitario, permanente, costante sino alla morte, come si conviene a chi, chiamato da Dio alla "consacrazione catechistica", ha inteso rispondere alla chiamata di Dio consacrando tutto se stesso e la propria attività per sempre ( cfr. formula di consacrazione ).

Più ancora che dei professi i catechisti sono dei consacrati, la loro professione è consacratoria.

5.05 Sulla apostolicità della consacrazione e della secolarità dei catechisti

Già durante gli incontri tra i rappresentanti degli Istituti italiani in preparazione del Convegno internazionale degli Istituti Secolari, erano emerse posizioni non condividibili sulla secolarità, come nota peculiare del nostro stato di vita.

La secolarità risultava concepita come semplice adeguamento al secolo così come si trova.

L'apostolicità era ridotta a mera conseguenza meccanica di un simile adeguamento.

Una secolarità in se stessa salvifica e di per se stessa apostolica, secolarità autosufficiente ai fini del regno di Dio.

Una secolarità che per conseguirla richiederebbe la rinuncia a tutte le opere organizzate di apostolato, le quali, chissà perché, sarebbero da considerarsi proprie dei soli religiosi, ma contradditorie rispetto alla condizione secolare.

Essere dei secolari: ecco insomma la parola d'ordine per i membri degli Istituti Secolari.

Per cui l'intrapprendere iniziative educative o assistenziali cristianamente fondate non sarebbe coerente con la vocazione propria degli Istituti Secolari.

Per la stessa evangelizzazione sarebbe come consentita la partecipazione senza però che gli Istituti Secolari organizzino nulla che possa costituirsi come propria attività di gruppo.

Nell'esporre queste idee confido nella vostra comprensione, atteso che debbo accontentarmi, per brevità di svolgimento, di indicazioni sommarie.

Durante il Convegno, in certi gruppi di lavoro, le suddette posizioni sono state ancor più radicalizzate ed estese a tutti gli altri principali componenti dell'ideale di vita comune a ogni Istituto Secolare in quanto tale.

Ho esposto qualcuna delle idee raccolte durante i lavori del Convegno, non per farne la cronistoria o per tentarne una valutazione, ma bensì per ricordare certi filoni di pensiero per i problemi che ci riguardano.

Si è tentato di influenzare non poco i partecipanti al Convegno e soprattutto i Responsabili Maggiori, quasi tutte donne molto delle quali già piuttosto anziane, al fine di giungere a tappe forzate all'istituzione di una Conferenza mondiale degli Istituti Secolari: un organismo che avrebbe dovuto premere all'unanimità anche per un rinnovamento della legislazione canonica negli Istituti Secolari, in modo che ne fosse esaltata la secolarità secondo una certa concezione.

Come primo risultato sembrò si mirasse a ottenere una nuova Costituzione Apostolica che riconoscendo come superata la "Provida Mater Ecclesia" riformulasse tutti i principi fondamentali del nostro stato di vita, secondo una certa concezione della secolarità più sociologica che teologica e spirituale.

La nostra opposizione a tale ordine di idee è stata assai ferma e portata innanzi senza riguardi umani.

Il punto di vista esposto in rappresentanza dell'Unione, esposizione che voi conoscete avendone ricevuta una sintesi, è stato quello basato sul carattere primordiale dell'apostolicità da cui sgorgano tutte le altre peculiarità e modi di essere essenziali, compresa la stessa secolarità.

In quanto siamo chiamati ad essere apostoli in un certo modo, siamo perciò dei consacrati e dei secolari.

Dei consacrati come risposta a una chiamata missionaria, che ci sollecita a quella singolare e plenaria donazione costituita dalla nostra consacrazione.

Dei secolari, in quanto chiamati ad essere apostoli non solo nel mondo, ma come per mezzo del mondo.

La secolarità non è un mero dato di fatto sociologicamente inteso, ma il modo d'essere a cui il mondo, la società aspira, ma al quale non perviene con pienezza, superando ogni ambivalenza e ambiguità, se non per Cristo Signore e in vista di Lui.

Su questo ordine di idee non insisto, ma mi limito a rinviare alla sintesi a cui prima ho accennato.

Ad ogni modo, il nostro intervento è stato, in questo senso, fermo e deciso anche in seno alla Commissione preparatoria della Conferenza internazionale dei Responsabili Maggiori degli Istituti Secolari.

Ed è proprio per nostra insistenza che la proposta di Statuto elaborata dalla Commissione, nel suo primo articolo, afferma essere l'apostolicità degli Istituti Secolari il fine della Conferenza, riportando le parole stesse del Decreto "Perfectae Caritatis": "che essi siano realmente come fermento nel mondo per dare vigore e incremento al Corpo di Cristo" ( ibid. 19 ).

La nostra secolarità è peculiare in quanto apostolica, nasce cioé dalla chiamata a essere apostoli "nel mondo", cioé nelle espressioni secolari di vita, e "come per mezzo del mondo", vale a dire come per mezzo di tali condizioni e attività, servizi e funzioni.

Tale prospettiva comporta una riconsiderazione in Cristo Signore e Redentore delle realtà mondane e secolari, delle forme di vita in cui l'umanità in forza di quanto le è immanente e specifico viene ( non senza dolori, colpe, fatiche e morte ) realizzando e significando.

Una riconsiderazione a un tempo carismatica e escatologica, in ordine cioé a Dio creatore e redentore e fine ultimo del mondo umano creaturale.

Naturalmente, puntando sull'uomo in quanto coronamento e fine della creazione materiale e cosmica, della quale egli per certi aspetti fa parte e vi è come coinvolto, sull'uomo nel quale e per il quale lo Spirito di Dio, per il Cristo, fa nuove tutte le cose.

5.06 Sulla secolarità consacrata dei catechisti

Pur comportando l'Unione una vera e completa professione dei consigli evangelici nel mondo, nel corso dell'ultimo sessennio è stata avvertita una più viva esigenza di considerarci come parte del mondo laicale.

Non certo per una minore considerazione dello stato religioso vero e proprio, ma per l'intento di meglio concepire il servizio apostolico a noi proprio.

Secondo una prospettiva squisitamente apostolica è sembrato più significativo ed efficace il porci come laici a servizio dei laici, realizzando in primo luogo una testimonianza di vita cristiana che fosse orientatrice ed esemplare principalmente per il mondo dei laici.

La necessità di vivere da laici accanto a laici, condividendo le loro condizioni di vita, dimostrando come con ogni genere di vita e di linguaggio si possa e si debba ordinare a Dio per Cristo Signore, e lo si possa in quanto ogni cosa è essenzialmente ordinabile e riferibile a Dio proprio come conferma della sua consistenza entitativa e del suo valore, e come ogni genere di vita e di linguaggio possa diventare annuncio e testimonianza resa a Dio, esigenza di santità, fattore della comunione con Dio.

"Nessuna condanna dunque pesa più ora su quelli che sono in Cristo Gesù.

La legge dello spirito che dà la vita in Cristo Gesù ti ha liberato dalla legge del peccato e della carne.

Quello che era impossibile alla legge, ridotta all'impotenza dalla carne, lo fece Dio che, mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato per vincere il peccato, condannò il peccato nella carne di Cristo, affinché tutto ciò che prescrive la legge si compisse in noi la cui condotta non è ormai più conforme alla carne, ma allo spirito" ( Rm 8,1-4 ).

Oggi, è quanto mai urgente e necessario dimostrare in primo luogo con la concretezza della vita laicale come l'antitesi tra sacro e secolare è priva di fondamento, come l'essere per Dio è l'unico modo per poter essere per l'uomo, autenticamente e pienamente.

Nessuno infatti "è per l'uomo" più di Dio, come si dimostra tangibilmente in Cristo Signore.

Non si può essere per l'uomo se non volendolo in Dio e per Dio, se non amandolo dello stesso amore con cui Cristo lo ha amato.

La ricerca del valore autonomo dell'uomo che pregiudizialmente si vorrebbe come negatore di Dio, è sfociata nella negazione dell'uomo stesso, risultandone negata la sua costitutiva ed essenziale relazionalità e riferibilità, che fanno dell'uomo una realtà a suo modo onninclusiva e onniaffermativa e perciò stesso individuale e comunitaria, singolare ed universale, presenza e valore, storia e non semplice successione, espressione manifestativa, progettualità trasformante e non semplice determinazione, aspirazione e significanza e non mero fatto bruto e divenire senza senso.

Dunque, "secolarità consacrata" come volontà di portare a pienezza, per Cristo Signore, tutte le essenziali relazionalità e riferibilità attuali e virtuali, in forza del potenziamento e dell'attualizzazione della fondamentale e dominante relazionalità con Dio e riferibilità a Dio.

Per questa via il "secolo" in certo modo si supera, si trascende e trapassa nell'eternità.

Del resto, sono proprie delle attività e dei compiti umani, in quanto "umani", e l'esigenza di santità ( e non solo quella della "efficienza" ) e la loro capacità di concorrere a produrla, sempreché attuati in Cristo Signore e perciò liberati dalla schiavitù della corruzione.

Infatti è cosa "umanissima" e massimamente umanizzante il santificarci per mezzo delle nostre attività e dell'assolvimento dei nostri compiti umani.

Dunque: "laicità consacrata", ossia modo d'essere "secolare" che, donandosi a Dio per Cristo Signore, si libera e si apre nella prospettiva di un cielo nuovo e di una terra nuova dove risplenderà appieno il suo valore e la sua autonomia nella pienezza della giustizia.

5.07 Sulla consacrazione secolare dei catechisti

Sempre con l'intendimento di conseguire il rinnovamento delle Regole e Costituzioni, come punto di arrivo e di partenza insieme per un rinnovamento personale e comunitario, durante il sessennio è stato pure approfondito il significato e la funzione della "consacrazione secolare" dei catechisti.

Consacrazione "secolare" che confermando la condizione secolare dei catechisti la finalizza al servizio del "secolo" da ricapitolare in Cristo Signore.

"Essere per il mondo", "essere per l'uomo", ed esserlo semplicemente, non significa esserlo "esclusivamente", in quanto essere per l'uomo soltanto significa non essere affatto per l'uomo.

L'uomo infatti, non è "soltanto" se stesso, ma è la totalità delle cose a suo modo.

L'uomo è anche il mondo delle sue realizzazioni, è anche natura e cosmo, è la storia che in lui confluisce e che con lui continua, è anche, in certo modo, Dio in quanto pensato da Dio, creato da Dio "a sua immagine e somiglianza" e a Dio destinato.

L'uomo è soprattutto oggetto di un amore particolare di Dio, per il quale il Verbo incarnato si è dato sino all'immolazione; l'uomo è chiamato alla comunione con il Padre, per il Figlio, nello Spirito Santo.

Dunque, "consacrazione secolare" è "consacrazione all'uomo" così come è chiamato a essere in profondità e non soltanto come può sembrare in superficie.

La consacrazione "secolare" più che mai deve rendere i catechisti "solidali" con gli uomini, pronti a condividere tutto ciò che loro appartiene, anche i problemi, le esigenze, i bisogni, i fallimenti, le contraddizioni, eccetto la volontà di affermarsi fuori e contro Dio.

Essi debbono desiderare, con l'aiuto di Dio, di essere, come Gesù, provati in tutto, tranne il peccato ( cfr. Eb 4,15 ), tanto più che anch'essi sono peccatori e debbono convertirsi nella penitenza.

I catechisti debbono risolvere le contraddizioni proprie e altrui, le deviazioni, le inimicizie, la durezza del cuore e la impotenza per rapporto al bene dominante e risolutivo: tutto con Gesù Crocifisso e come continuazione di Lui, nel tempo.

E così conseguire la propria e altrui redenzione liberatrice.

È impensabile che con questa relazione io possa ripresentarvi tutto il pensiero e gli orientamenti di vita maturati particolarmente in questo ultimo sessennio.

Quello che mi sono prefisso è di ricordare almeno per sommi capi l'itinerario percorso in vista del conseguimento del tanto auspicato rinnovamento delle Regole e Costituzioni.

Prima di concludere questo punto, voglio ancora ricordare quanta luce di vita ci è venuta ogni volta che con animo filiale abbiamo attinto a San Giovanni Battista de La Salle anche su questi argomenti.

Proprio per rapporto al tema di cui sto trattando ricordo quel punto dei Trattatelli che insegna ai Fratelli:" Non fate veruna differenza tra gli affari propri del vostro stato e il negozio della vostra eterna salute e perfezione.

Siate certo che non opererete mai così bene la vostra salute, e non acquisterete mai tanta perfezione, quanto adempiendo bene i doveri del vostro stato, purche ciò facciate per conformarvi alla volontà di Dio".

5.08 Sulla catecheticità della consacrazione secolare dei catechisti

L'essere membri dell'Unione si risolve tutto nell' "essere catechisti", senza riserve e senza residui.

"Catechisti", sempre e dovunque.

Catechisti per mezzo di qualsiasi attività o iniziativa.

Il che suppone la disponibilità di ogni cosa dell'uomo, delle sue essenziali espressioni e manifestazioni, del suo linguaggio e del suo parlare qualunque essi siano, ad annunciare il mistero di Cristo.

Anzi, suppone che tutto in quanto annuncia il Signore, secondo il suo modo proprio, consegua una compiutezza e uno splendore che diversamente non conseguirebbe.

Basti riflettere sulla profondità e ampiezze che termini comuni e consueti come padre, via, porta, pastore, pane, acqua, vita vengono ad assumere allorché annunciano l'Evangelo, diventano parti integranti di esso.

Non esiste dunque né espressione umana, né soprattutto linguaggio umano che non possa o non debba annunciare il Signore che è venuto, che viene e che verrà.

Ciò non toglie che questo annuncio o insegnamento debba essere fatto con forme e modi più propri e diretti, oltreché con ogni altra attività umana.

Certo è che senza l'annuncio e l'insegnamento più proprio e diretto è praticamente impossibile giungere ad annunciare il Signore con le altre attività umane.

Se non si parla mai di Dio e del suo Cristo espressamente e direttamente, è impossibile parlare di Lui in altri modi.

Il punto di arrivo poi non è tanto quello di "parlare di Cristo", bensì quello di "parlare Cristo" con la parola e con la vita.

Ma ciò è opera dello Spirito, e dipende dalla nostra disponibilità alla sua iniziativa e operazione dentro di noi e per mezzo di noi.

Lui, lo Spirito che ha generato il Verbo incarnato nel seno della Vergine.

Lui soltanto può rigenerarlo in qualche modo in noi e come per mezzo di noi.

Anche per queste motivazioni il sessennio testé trascorso è stato ampiamente dedicato alla crescita della consapevolezza e della disponibilità circa l'azione rigenerante dello Spirito Santo.

Ancora, i suesposti orientamenti sono stati proposti anche come motivazione della "modernità" e della "attualità" della nostra presenza al mondo e del nostro servizio.

Senza contare che il presente è, per così dire, il tempo di Dio.

5.09 Sul significato e sulla pratica dei consigli evalgelici di povertà castità e obbedienza in ordine alla consacrazione catechistica e secolare

Tutta la parte relativa ai voti e alle virtù connesse, la ricerca della perfezione della carità che tutto ciò comporta; ogni cosa è stata riconsiderata alla luce del valore programmatico dell'insegna "Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata" e di quanto è stato accennato sulla apostolicità, consacrazione e secolarità dei membri dell'Unione.

Questi capisaldi della vocazione catechistica debbono caratterizzare in modo più evidente ed organico il complesso degli insegnamenti e delle prescrizioni di cui si compongono il nostro Regolamento di vita e le nostre Costituzioni attuali.

Occorre che con maggiore evidenza e incisività sia stabilito il rapporto concreto tra consacrazione da un lato e voti e virtù dall'altro; tra consacrazione e pienezza della carità, nel rapporto apostolicità, consacrazione e secolarità.

Ancora, occorre determinare le motivazioni e le dimensioni "catechistiche" dei voti e delle virtù.

Parimenti, occorre rivedere e riformulare tutto il capitolo dello zelo.

Ad ogni modo la linea seguita durante il sessennio è stata, ripeto, quella di reinterpretare, riconfermandolo, ogni punto dell'attuale Regola alla luce del titolo programmatico e delle sue implicanze e dei suoi sviluppi nel senso su esposto.

Si è cercato insomma di superare una pratica di vita fatta di tante osservanze per rapporto a tante singole prescrizioni, ma quasi senza un volto suo proprio, senza un'anima vivificante.

Una osservanza che rischia di sottrarre le nostre più profonde motivazioni di vita tanto personali che comunitarie, al senso e alle esigenze della vocazione catechistica.

Non sempre tutti i catechisti hanno dimostrato di comprendere le ragioni di tali sollecitazioni, che peraltro non erano intese a sottovalutare gli sforzi già compiuti e i risultati già acquisiti, ma a favorirne semmai gli sviluppi e la maturazione ( cfr. art 1 e art 81 delle Regole e Costituzioni ).

La ricerca condotta nel sessennio ha confermato la validità delle considerazioni e delle affermazioni dell'Assemblea del 1966 sull'attività professionale dei catechisti, specie se congregati.

Ad ogni modo, appare necessario procedere alla revisione degli articoli destinati a delineare il significato, la portata e l'impegno della "vocazione catechistica", pur dovendosi riconoscere che gli attuali primi articoli rappresentano una notevole affermazione in tale direzione.

5.10 Convegno dei catechisti del 1968

Sempre nel quadro delle iniziative per il rinnovamento delle Regole e Costituzioni, è da ricordare pure il Convegno che riunì in Torino i catechisti di tutte le Sedi e Gruppi dell'Unione, provenienti anche dal Perù e dalla Spagna, e che registrò pure una sentita partecipazione di Fratelli.

Quasi tutti voi, perché presenti, ricorderete l'avvenimento che si svolse in Torino dal 15 al 21 settembre del 1968.

Grande ne fu l'entusiasmo e i temi trattati ebbero in seguito una buona influenza, anche se i risultati sin qui registrati sono piuttosto limitati.

Infatti nel clima di aggravata crisi religiosa e di giustificazione di vita che ha coinvolto molti cristiani e influito non poco sugli stessi istituti di perfezione e sul clero, in un mondo contradditorio e senza pace, dominato da concezioni e prassi radicali e secolaristiche è assai difficile che temi come quelli trattati durante il Convegno, possano, a breve termine, conseguire risonanze e risultati notevoli.

( Basti ricordare i temi dell'educazione cristiana nel mondo d'oggi, l'Unione e la Scuola Cristiana, lo stato di consacrazione nella condizione secolare, lo stato coniugale ispirato ai consigli evangelici e così via. )

Eppure questa è la via che l'Unione deve percorrere, costi quello che costi.

Basterebbe questa sola constatazione per dimostrare la difficoltà del cammino che dobbiamo percorrere, decisamente contro corrente, e la dedizione e il sacrificio che sono richiesti a ognuno di noi.

5.11 Sulla vocazione del catechista associato

La figura del catechista associato e la sua formazione, rappresentano ancora oggi uno dei punti deboli dell'Unione.

La Sacra Congregazione dei Religiosi e degli Istituti Secolari, per il passato ci aveva comunicato il suo giudizio: i catechisti associati così come sono configurati dalle attuali Regole non possono considerarsi membri, sia pure in senso lato, di uno stato di perfezione.

Non volendo rimaneggiare a tavolino alcuna norma di vita, si è tentato - particolarmente in quest'ultimo sessennio - di impegnare gli attuali catechisti associati affinché da un rinnovato sforzo di ricerca e di dedizione fosse possibile cogliere meglio la volontà di Dio circa il loro modo d'essere e la loro forma di vita.

Malgrado i ripetuti tentativi compiuti con giovani e con adulti e nonostante che l'ideale del catechista associato appaia più chiaramente, nella pratica si sono evidenziati due problemi pregiudiziali da risolvere.

Il primo problema è posto dal fatto che essendo il catechista associato chiamato, di norma, al matrimonio, occorre superare le divaricazioni e le contrapposizioni tra le esigenze della vita catechistica e le esigenze della vita coniugale e familiare.

Se la fidanzata prima e la sposa poi non condividono l'ideale catechistico o ne rimangono estranee, si entra facilmente in una sorta di conflitto di esigenze, di tendenze, di rapporti che spesso finisce con gravi disorientamenti e insostenibili compromissioni.

Il problema da risolvere è dato dalla necessità di concepire e realizzare l'ideale catechistico come un potente fattore di comunione di vita, in Cristo Signore, di due in uno, come richiede il Matrimonio.

Un secondo problema è quello derivato dalla necessità di presentare e di accettare l'ideale catechistico come una autentica vocazione anche per il catechista associato.

Le tendenze sono di farne o un impegno volontaristico supererogatorio o la partecipazione a una certa solidarietà o una sorta di surrogato di una vocazione mancata, mancata perché a suo tempo non corrisposta o perché creduta di intravvedere troppo tardi.

Queste difficoltà nascono il più delle volte dal non aver compreso l'esigenza di santità connessa con il "sacramentun magnum" di cui parla San Paolo.

Basti ricordare l'altissimo significato e la spirituale operatività del Matrimonio secondo San Paolo, senza dimenticare il comando della perfetta castità rivolto a tutti i cristiani, così come il Concilio Vaticano II ha rigorosamente ribadito.

La soluzione di questi due problemi costituisce pure la premessa affinché l'ideale di vita del catechista associato possa svilupparsi e approfondirsi secondo le esigenze della partecipazione, sia pure in senso lato, ad uno stato di consacrazione apostolica.

Soltanto allora il discorso sulla consacrazione del catechista associato, nella sua partecipazione allo spirito dei consigli evangelici mediante impegni appropriati, il discorso sull'apostolicità della vita di sposo e di padre, potrà essere costruttivamente ripreso sfuggendo il pericolo di cadere in insegnamenti e prescrizioni non conformi al volere di Dio.

Insomma, dalla soluzione dei suddetti problemi dipende l'attuazione dei punti di lavoro, proposti dall'Assemblea Generale del 1966 ( cfr. cap. VI Deliberazioni assembleari ).

Mi auguro che anche da questa Assemblea ordinaria possano essere formulati orientamenti e proposte a tale riguardo.

5.12 Sulle Costituzioni dell'Unione

Uno dei lavori che non è stato possibile impostare durante il sessennio è stato quello relativo al rinnovamento delle Costituzioni dell'Unione.

L'argomento, cioé dell'ordinamento dell'Unione comprensivo di tutti i rapporti essenziali che la costituiscono come comunità e ne regolano la vita in quanto Istituto di perfezione cristiana e di apostolato.

La crisi generale dei rapporti tra autorità e libertà, autorità e comunità, autorità e partecipazione responsabile ha determinato un clima assai poco propizio a rinnovamenti istituzionali che siano davvero il frutto di una concorde ed unanime ricerca della divina volontà.

Si è preferito operare nella concretezza della vita stimolando al massimo il senso di responsabilità e di partecipazione secondo una visione di fede e di carità, sempre presentando non questa o quella volontà umana, ma lo sforzo di ricercare insieme la divina volontà.

Nel contempo è stato sollecitato lo spirito di obbedienza, l'autentica obbedienza cristiana che non è passiva e supina soggezione, ma attiva e continua ricerca di Dio nella fede, secondo un ordine di rapporti da Lui voluto.

La sollecitazione alla responsabilità ha comportato interventi talvolta anche energici, per richiamare gli interessati a ricercare nel Fondatore e nelle sorgenti dell'Unione, nell'unione fraterna a qualunque costo, il punto di riferimento che non può e non deve mancare.

Per questo alle varie Sedi e Gruppi è stato chiesto con insistenza di sviluppare e consolidare i rapporti sia epistolari che personali con la Sede Generalizia.

Per questo, anche se vi sono state crisi, incomprensioni e anche defezioni, credo si possa oggi guardare con migliori e più sicure prospettive all'avvenire dell'Unione.

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