Giovanni Baiano

Profilo spirituale

" In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.

Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna.

Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà ". ( Gv 12,24-26 )

Chi era Giovanni? In apparenza un giovane adulto qualunque che si divideva tra i doveri familiari, lavorativi e religiosi, conducendo una vita "normale" nella Torino degli anni trenta.

Costante era il lavoro personale di perfezionamento nel vivere la propria consacrazione, che da piccolo germe da interesse appena abbozzato, nella sua mente, divenne sempre più chiaro, maturando a poco a poco come il seme gettato nella terra buona.

Il brano di Vangelo riportato sopra racchiude in sé il segreto di una vita nei cui solchi ha seminato la Provvidenza e da cui sono nati frutti abbondanti.

Queste parole pronunciate da Gesù avevano colpito profondamente Giovanni che si trovò a viverle nella sua breve ma intensa esistenza, senza quasi averne la consapevolezza.

Linfa vitale fu per lui il carisma dell'Unione che lo spinse a donarsi senza riserve fino al sacrificio come quel seme che deve morire, per dare nuova vita.

a - Vita quotidiana

Non è che facesse qualcosa di speciale, pensava semplicemente ad essere un buon cristiano, che vuole amare Dio, un bravo figlio che si rende utile e anche un onesto imprenditore.

Come nota il fratello Albino, niente di eclatante era la sua vita, ma proprio nella semplicità del quotidiano stava la sua virtù: lo straordinario nell'ordinario!

Eseguire fedelmente al massimo delle proprie capacità e delle proprie forze gli incarichi affidati avendo come unico fine il piacere a Dio.

" Compiere il proprio dovere con diligenza per elevarne il frutto a Dio costantemente alla Sua presenza " ( dai suoi appunti personali ).

Giovanni, innamorato di Gesù Crocifisso, studiava tutti i modi per vivere la sua vocazione ottemperando i suoi obblighi in unione profonda con Dio, mirando a Lui in ogni cosa, facendo proprie le parole del suo maestro Fr. Teodoreto: " Abbiate sempre la mira a Dio ".

Questo divenne il suo scopo, questo l'unico fine della sua vita, al centro di tutto, con una volontà incrollabile ed un fiducioso abbandono tra le braccia della divina Provvidenza.

" Mettere al primo posto il fine vero, e poi servirmi di tutto il resto per il buon raggiungimento" ( Q-6, 21.04.1938 ).

Ed ancora " Ricevere tutto dalle mani di Dio con un fine superiore a quello materiale.

Il fine dovrà essere: corrispondere alla Grazia di Dio con pace e applicazione continua in relazione alla vita eterna ".

Uno sguardo di fede animava le sue azioni e i suoi propositi, trasfigurando i fatti quotidiani.

Gesù camminava con lui: " … perciò me Lo immaginerò sempre presente, dinanzi a me, nei miei cari nel mio prossimo, tra gli avvenimenti, e mi sforzerò di giungere al conseguimento di questa risoluzione ". ( Q-1, 8.9.1935 ).

Nient'altro che la nascosta sapienza delle piccole cose da nulla, quelle che non si vedono ma sono essenziali.

In questa semplicità fu tutt'uno il desiderio di farsi santo: " Volere la perfezione attraverso la carità, ossia amando Dio, sacrificandosi per Lui.

Ottenerlo nello stato attuale di vita giornaliera, sfruttando tutte le occasioni che si presentano.

L'obiettivo sia questo: farmi santo nelle presenti condizioni di vita: religiosa, familiare, di lavoro " ( Q-5, 31.05.1936 ).

Riflessivo, in ogni situazione agiva con prudenza cercando la volontà di Dio per trovare la soluzione adeguata ai problemi quotidiani con serenità ed equilibrio.

" Dare un tempo per ogni cosa a suo tempo, né più né meno.

Quindi dare a tutte le cose un'importanza adeguata e mai eccessiva.

Bensì darla a quelle cose utili per la vita eterna convincendosi che il polo operatore in noi è Gesù Cristo.

Noi non abbiamo che da seguire le sue grazie " ( colloquio del 21.10.1935 ).

Per Giovanni la santità, in accordo con lo spirito dell'Unione, coincideva con il sacrificio, con l'accoglienza gioiosa della croce nella propria vita, nell'imitare Cristo in un'adesione pronta alla Sua volontà.

Si affidava costantemente a Lui perseverando nel suo cammino a tratti aspro e faticoso con uno slancio tenace sia nell'apostolato che negli altri doveri.

" Accettare le difficoltà e i contrasti perché anche questi mi vengono da Dio e possono essere per me fonti di bene per il cielo e di aiuto su questa terra, se saprò accoglierle con rassegnazione e umiltà.

Convincermi che la vera gioia, la vera felicità, la soddisfazione completa e duratura, non ci può essere quaggiù, ma me la dovrò procurare bensì per il cielo " ( Q-6, 21.4.1938 ).

Il pensiero del Paradiso rinnovava la sua speranza e gli dava forza.

Anche l'idea della morte assumeva contorni positivi, divenendo per lui un termine di confronto per esaminare se stesso, stimolo a migliorarsi: " Il pensiero della Morte inteso come principio di vita migliore mi sia sempre vicino e mi sia spinta e molla potente per avanzare in perfezione: come li compio i miei doveri, con quale fine?

D'ora innanzi dovrò compierli per corrispondere alle grazie di Dio con pace e applicazione continua in relazione alla vita eterna " ( Q-1, 15.9.1935 ).

E ancora: " Soffrire sorridendo per piacere a Gesù.

Non si può arrivare al Paradiso in mezzo a tante delizie.

La gioia del mondo è fugace. Soffrire per amore della giustizia " ( da un foglietto ).

b - Vita di preghiera e spirito di obbedienza

A Giovanni stava molto a cuore la salute della sua anima, e tal fine si esaminava spesso con sincerità e senso critico, ammettendo le proprie manchevolezze in ogni ambito della sua vita, mirando alla santità, suo proposito principale.

Nulla lasciava al caso, curava ogni cosa nei particolari seguendo un suo orario, come tutti i giovani dell'Unione, e riflettendo in seguito su come aveva svolto e portato a termine i suoi impegni: la Messa, il Rosario, l'Adorazione, l'alzata, le adunanze, il colloquio settimanale.

Al mattino, il suo primo pensiero era per Dio: " Alzata pronta, farla precedere dal segno di croce e da un saluto alla Madonna e un pensiero all'Angelo Custode " ( Q-7, 13.8.1938 ).

Dimostrava di essere estremamente esigente con se stesso, specie negli ultimi anni della sua vita, quando troppi impegni lo assillavano e allora non sempre riusciva a destreggiarsi, nella sua vita spirituale: " Ho aderito all'Unione per servire Gesù.

Come lo servo? Ho lasciato il mondo per Gesù, eppure come mi comporto?

Povera vita religiosa, come la biasimo e trascino malamente!

Povero apostolato, come lo rintuzzo e lo servo avaramente!

La regolarità, la puntualità, lo slancio!!!

L'orario, che sballottamento, le pratiche religiose, che cenerentole.

Sono io che vedo male o è proprio così? Cosa devo fare? Due cose non le posso servire.

L'alzata, sonnolenza. Più raccoglimento. Preoccupazioni del lavoro. Comunione, scarsità di tempo, distrazioni … " ( Q-7, 15.8.1939 )

Il tempo che non dedicava alla Ditta e ai familiari era tutto per Dio e per l'Unione.

Ogni giorno partecipava alla S. Messa proponendosi di rafforzare la sua fede, e di seguirla con più fervore senza interromperla e con maggior raccoglimento: " Messa e Comunione: ritenerli come l'alimento indispensabile per la vita spirituale e come tali ottenerli a qualunque costo.

Intensificare il fervore, riconoscere il grande dono che Gesù mi fa con l'offrirmi la S. Messa e la Comunione.

Rinnovare con la S. Messa l'offerta di ogni mia opera, attività della giornata " ( Q-7, 13.8.1938 ).

L'Adorazione e il Rosario, anch'essi quotidiani, erano importanti per lui: "Divozione e S. Rosario, le guide che mi difendono dai pericoli.

Recitarli più col cuore che con le labbra.

Sono le armi a mia disposizione per vincere ogni dubbio, ogni indecisione, ogni battaglia " ( Q-7, 13.8.1938 ).

Si proponeva di fare una visita al SS. Sacramento anche tra una commissione e l'altra lungo la giornata.

" Visita al SS.: non perderla mai! " ( da un foglietto ).

E poi ancora l'Angelus: " Giaculatorie e Angelus più ferventi e regolari ", la meditazione quotidiana, che faceva di norma sul libro l'Imitazione di Cristo: " Imitazione di Cristo: trarne ogni giorno un pensiero buono ", e la lettura spirituale: " Lettura spirituale: occorre darle tutto il suo valore, perciò lettura assidua.

Insistere tempestivamente, scegliere bene, sottoporre all'approvazione dei superiori " ( Q-7, 13.8.1938 ).

" Giaculatorie: coltivare questa abitudine intensificando l'unione con Dio, in modo da interessarlo di ogni mia attività.

Onde averlo vicino nel prossimo e negli affari come nelle pratiche " ( Q-7, 13.8.1938 ).

Per iniziativa di Giovanni, i due fratelli, Ferdinando e Albino lo seguirono per un certo periodo nella partecipazione all'Adorazione Eucaristica notturna presso i Sacramentini, nella Chiesa di S. Maria di Piazza, che si teneva ogni primo Sabato del mese.

Studiava il Regolamento, specialmente gli articoli riguardanti i voti.

Per la castità e per l'obbedienza aveva una particolare attenzione.

" Mai dire di no, meglio se costa, e se costa molto, in qualsiasi cosa ci sia chiesto, in qualsiasi carica ci sia affidata.

Sempre dir di sì, perché è Gesù che vuole così " ( Q-5, 29.06.1936 ).

" Perciò si tratta di spiritualizzare e avvalorare quello che già faccio.

E in che modo? abbandonarmi nella direzione dei superiori.

Offrire tutto a Nostro Signore " ( da un foglietto ).

Giovanni era inoltre molto devoto a S. Luigi Gonzaga e in un suo quaderno vi è riportata una preghiera di affidamento con il proposito di perseverare nella virtù della castità.

La riconoscenza che Giovanni provava verso Dio, portava una vera e propria repulsione per il peccato, facendogli dire: " Io mi trovo così vicino a Gesù per sua grazia speciale!

Non solo devo astenermi dal peccato per corrispondere a tanto Suo amore, ma ancor più il pensiero di tante anime ingrate mi induca a stringermi intorno a Lui e riparare prima i miei mali commessi e poi gli altrui peccati " ( Q-1, 9.10.1935 ).

La sua fede salvò il giovane fratello Albino da una grave doppia broncopolmonite settica, per la quale il medico lo dava ormai per spacciato.

Giovanni recitò una novena a Don Rua e Albino da un giorno all'altro uscì dalle crisi e in breve tempo si riprese.

c - L'intimo travaglio di un'anima

Giovanni alla morte del padre nel 1938 aveva 27 anni e quella prematura scomparsa lo lasciò in uno stato di grande sgomento, e gli fece vivere dei momenti di prova e di forte conflitto interiore.

Egli si ritrovava con il peso della ditta sulle spalle, e con i suoi cari, soli come lui, da mantenere.

" La mancanza del papà mi è penosa.

Quando ho tempo di pensarci le occupazioni mi strappano questo pensiero.

Ma è un dolore che mi purifica e mi soddisfa di soffrire.

Mi sento solo, incapace del posto che tengo, della responsabilità, dell'esempio del mio comportamento; e vedo la mia miseria " ( Q-7, 15.8.1939 ).

" Prevedere e prevenire il senso di dover rispondere del fatto altrui.

L'assillo di occupazioni, di impegni, scarsità di tempo, difficoltà, contrasti, contrattempi.

Ristrettezze finanziarie, di disponibilità, di perfezionamento " ( Q-7, 15.8.1939 )

" Sento il peso della direzione in casa.

L'incapacità di sopperire a questa deficienza, incomprensione o necessità per la mamma, di consiglio per F. [ Ferdinando ], di appoggio e incoraggiamento per A. [ Albino ] ".

" Come mi comporto con A. F. [ Albino e Ferdinando ]? Cosa richiedo, quali pretese, cosa do a loro?

Come li sostengo nelle loro difficoltà? "( Q-7, 15.8.1939 ).

" Sul lavoro sento il peso della responsabilità.

Il dover essere, il pensare, provvedere, disporre a tutto! " ( Q-7, 15.8.1939 )

Egli doveva sentirsi come un secondo papà, oltre che dirigente ancora inesperto: doppiamente responsabile e bisognoso di sostegno, forse anche di affetto.

" Il desiderio di essere compreso, di aprirmi a qualcuno, di confidarmi " ( Q-7, 15.8.1939 ).

Un adulto insicuro con tante cose da mettere a fuoco e responsabilità importanti dietro la quali era ancora vivo il dolore per la perdita di una figura così significativa come il padre.

Giovanni sente acutamente il bisogno di sganciarsi dagli impegni che premono e confondono, le preoccupazioni lavorative che divengono prioritarie e soffocano l'interiorità, la vita di un consacrato che vuole vivere l'unione con Dio, esigenza spirituale profonda.

" Sul lavoro, quante volte mi viene il pensiero di smettere, di allontanarmi, di sottrarmi al peso della lotta, ma poi riprendo con più lena, ma per poco purtroppo " ( Q-7, 15.8.1939 )

I seguenti suoi appunti se ci immergono nel suo conflitto, ci indicano anche la strada percorsa da Giovanni per uscirne.

" Ecco le occupazioni si accavallano, i contrasti e le difficoltà corrono tra il frastuono assordante della vita, gli eventi rumoreggiano alle porte del cuore, e squassano, scrollano, è una lotta continua, con l'esteriorità che avanza stritolando minacciosa, con l'interiorità che tenta ribellarsi e mettersi in posizione di difesa per resistere e prendere il sopravvento.

È una lotta estenuante che richiede un cuore forte, una volontà gagliarda che reagisca e intuisca gli attacchi.

Soltanto il contatto con Gesù Eucaristia può dare forza, vigoria per opporsi a questa marea che sale da ogni dove e tenta di travolgere.

È Lui che si erge faro luminoso a indicare la rotta " ( Q-7, 15.8.1939 ).

Infine Giovanni temeva di avere dei desideri troppo ambiziosi che riguardavano l'azienda, non convenienti alla sua scelta di consacrato laico nel mondo perché non rispecchiavano pienamente il genere di vita di chi ha sposato la povertà per Cristo.

" Ma se devo essere staccato dai beni della terra, come faccio a pensare di perfezionarli ogni giorno …

Saper valutare il mio posto è superbia, ambizione? Non so.

Eppure in me è una continua lotta tra il sì ed il no, devo amare la povertà e nello stesso tempo difendere un patrimonio ".

E poi ancora " … ho scelto ( per lo meno Dio mi ha chiamato ) l'Unione per servirLo meglio, per sfuggire al mondo, e poi mi trovo proprio legato con filo doppio, volevo essere tutto di Dio ed invece mi trovo proprio incatenato al mondo delle mie esigenze " ( da un foglietto ).

Ma Giovanni, colmo di fiducia filiale, correva dal Signore e in Lui trovava rifugio, prendeva coraggio per ripartire.

Pregava così: " O Gesù, che tutti disponi al bene di coloro che ti amano, fa sì che io veda in ogni evento il tuo volere " ( Q-7, 15.8.1939 )

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