Claudio Brusa

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L'attività alla "Sorgente"

Il "Centro di Vita Spirituale" di Baldissero, più noto come "La Sorgente" - concepito alla fine degli anni '60, ma avviato, di fatto, a partire dal 1974 - è la molla della sua ripresa psicologica.

Il lavoro là condotto su gruppi sempre crescenti di giovani ( il Centro arriverà ad ospitarne 70 ) gli permette di riacquistare un ruolo chiave all'interno dell'Unione Catechisti.

Il Professor Bruno Giraudo così ricorda quell'impresa:

"Quando è tornato dall'incidente ha messo anima e corpo per lavorare sui giovani.

Credeva a questa scuola di formazione per Catechisti "

Dal 1972 Brusa, con spirito pionieristico, raccoglie attorno a sé un gruppo di giovani7 provenienti da diverse classi della Casa di Carità e li riunisce nella sala della biblioteca, da lui stesso voluta, per una serie di incontri settimanali incentrati sulla lettura e sul commento di brani del Vangelo.

Questi incontri verranno poi trasferiti a Baldissero, alle spalle di Superga, dove sorgerà il Centro di Vita Spirituale dell'Unione.

Nel 1968, infatti, l'Unione vi acquista un ampio casolare e la campagna circostante.

L'area, situata su un colle in località "Poggio Palazzo", comprende 50.000 m2 di terreno coltivati con vigneti, alberi da frutta e foraggio.

L'insieme è dominato dal Bric della Croce sul quale svetta, per l'appunto, una croce eretta dai residenti in occasione dell'anno santo 1900.

Curiosamente la località era stata requisita dallo Stato durante il secondo conflitto mondiale per insediarvi alcune postazioni della contraerea.

Sulla cima del colle era stato scavato un "bunker" destinato alle batterie, più sotto era sorta una casermetta per gli alloggiamenti dei soldati.

Il complesso era poi stato ceduto dal Demanio ad alcuni privati e da questi all'Unione; ecco come il dott. Conti, allora Presidente dell'Unione, ricorda quei momenti:

"Eravamo alla fine degli anni '60.

Una domenica stavo passeggiando in compagnia di un Catechista dalle parti di Baldissero quando, quasi per caso, siamo arrivati dinanzi all'ingresso di una vasta tenuta; incuriositi, ci siamo inoltrati nel podere fino a raggiungere una casermetta che si affacciava su un grande spiazzo.

Fu allora che sulla cima del colle sovrastante, scorgemmo la croce di granito che da il nome al Bric.

Lo interpretai come un segno della Provvidenza e decisi di acquistare il terreno.

Successivamente mi recai a trovare il dott. Bussi, responsabile alla Fiat dell'Assistenza al Volontariato e gli spiegai l'intenzione di costituire a Baldissero un centro di vita spirituale.

La cosa fu fatta presente a Valletta, allora Presidente della Fiat, il quale, cosa davvero strana, ci concesse una donazione di 10 milioni.

Nel frattempo, grazie al mio interessamento, una signora aveva aderito all'Unione Catechisti, sottoscrivendo un lascito testamentario a favore dell' Istituto che ottenne la proprietà di una casa.

Questa venne venduta, permettendoci di pagare le rate necessario all'acquisto della tenuta" ( Domenico Conti ).

La prima adunanza risale al maggio 1968, quando ancora la località era nota col nome di "Poggio Palazzo"8 e vi si svolgevano incontri per i soli Catechisti Consacrati.

Il complesso viene utilizzato parzialmente la domenica, specie nella bella stagione, ma i costi del trasporto e i problemi di riscaldamento ( una gelata aveva fatto scoppiare i tubi della caldaia ) impediscono una frequentazione assidua del casolare.

Lo stesso Conti cerca la collaborazione di alcuni sacerdoti, ma ogni progetto viene frustrato dalla distanza tra "Poggio Palazzo" e Torino che continua a creare problemi, in particolare ai Catechisti privi di automobile.

Si pensa addirittura di allestire una sorta di eremo di campagna per persone in cerca della pace interiore, ma tutto rimane a livello di idee.

Infine, si profila l'esigenza di creare un gruppo giovanile che possa fungere da polo di attrazione per gli allievi della Casa di Carità e dei Fratelli delle Scuole Cristiane.

A questo punto Brusa prende in pugno la situazione: nel '74, ottenuto l'assenso del Dott. Conti, si reca sul posto in compagnia degli allievi Borghi, Pizzomi, Audano e Lege chiedendo loro di dargli una mano per sistemare l'ambiente: "Ve la sentite - domandò loro - di lavorarci un pò '? "

La risposta fu affermativa e dopo le prime pulizie vi allestirono un campo estivo e un raduno di Capodanno.

È chiaro: lui da solo non poteva fare nulla, dipendeva completamente dalla disponibilità dei ragazzi, tanto più che era costretto a muoversi con le stampelle, però l'iniziativa era partita da una sua idea.

Fu lui, nel '72, a dire a Conti: "Visto che la casa è così poco frequentata non se ne può ricavare un centro d'incontro per i giovani?".

Nella primavera del '75 fummo contattati noi ( Roggero, Pacella, Renda ), ma allora i locali erano già abitabili, era già stato fatto un grosso lavoro di restauro, anche se si rendeva necessaria una continua opera di manutenzione che noi svolgevamo generalmente in primavera o in estate.

Brusa aveva presente certe realtà salesiane composte da un locale per le riunioni, un altro per la preghiera ecc.; avendo sempre un occhio di riguardo per i giovani, aspirava a ricreare gli stessi ambienti all'interno dell'Unione, per non dipendere troppo da realtà esterne.

L'idea iniziale era quella di creare un ambiente simile all'oratorio di don Bosco per i ragazzi della Casa di Carità, in modo da avvicinarli all'ideale di Fra Leopoldo, senza però assillarli con l'inquadramento associativo "( Luca Pacella )

In linea con un più vasto progetto di ritorno alle origini, Brusa vuole estendere le attività di manutenzione, gestite dai "pionieri" della Sorgente, anche a Vinchio d'Asti, dove l'incuria rischiava di trasformare la casa natale di Fratel Teodoreto in un rudere soffocato dai roveti.

Anche in quella circostanza il problema viene rilevato da altri ( nella fattispecie Rollino ), ma è Brusa a prendersi la responsabilità di recarsi una volta all'anno sul posto per mettere un po' d'ordine.

La cosa era organizzata come un campo estivo: ci si accampava per una settimana con tenda e sacco a pelo, si portava sul posto l'attrezzatura necessaria e si faceva un bei repulisti.

Per quanto umili e agresti, questi piccoli ( si fa per dire ) lavori di giardinaggio diventano occasione di "vita comunitaria": talvolta, infatti, vi prendono parte altri Catechisti come Giovanni Fonti, Pierbattisti e Roggero.

Non è la prima volta, del resto, che una comunità cristiana cerca la forza del carisma nella pratica del lavoro manuale: pensiamo al giovane "Francesco d'Assisi ed ai suoi primi compagni che iniziarono la loro avventura restaurando chiese diroccate.

"Perfino in queste circostanze non mancava mai la preghiera.

Del resto anche occuparsi della casa del Fondatore era un modo come un altro per tornare alle origini dell'Unione e Brusa questo fatto ce lo faceva sentire" ( Luca Pacella )

Per la verità, sulle prime, Brusa è un po' esitante: le grandi difficoltà di movimento lo mettono in condizione di dover dipendere dall'aiuto altrui in tante piccole cose.

Questa situazione già umiliante nella grande città, in campagna, forse, avrebbe potuto aggravarsi, ma i "pionieri" della "Sorgente" ( Borghi, Andano, Pizzomi ), lo rincuorano e sostengono validamente la sua idea.

Da parte loro, l'intenzione era solo quella di distrarre il Catechista, di sollevargli il morale, ma di lì a poco questa semplice buona azione si tramuta in una vera e propria attività di catechesi giovanile.

Quello che era un pretesto per divertirsi un po', diventa un progetto molto serio, specie per chi intraprende il noviziato.

Il gruppo dei visitatori del fine settimana, inizialmente composto dai soli "pionieri", salirà presto di numero, arrivando a toccare le venti, venticinque unità.

Attraverso un sistema di turni, alla "Sorgente" si avvicenderanno centinaia di giovani provenienti sia dalla Casa di Carità, sia dalle parrocchie frequentate dai Catechisti.

Il Centro comincia ad assumere una fisionomia ed un'organizzazione ben definite.

"Ho conosciuto Brusa nel 1974: insegnava Religione.

Seguiva un gruppo di postulanti.

Dopo aver visitato la "Sorgente ", Brusa se ne innamorò e cominciò a rimetterla in sesto.

Al venerdì sera si andava su a preparare l'ambiente per ospitare i ragazzi.

Si cominciava ad accendere la stufa per riscaldare le stanze in cui si dormiva.

Poi ci si organizzava per andare a prelevare le persone con le macchine ed il pulmino.

Si programmavano anche le letture, le attività, i giochi; il tutto era "condito" dalla preghiera.

Brusa non voleva che divenisse una cosa arida.

Il sabato mattina si andava a Messa, poi, intorno alle 9, 30 arrivavano i ragazzi.

Quelli provenienti dalle parrocchie li accompagnava Pierbattisti, quelli della Scuola li andava a prendere Roggero.

La cosa era impostata un po' come un ritiro, ma senza quella "pesantezza " che caratterizza i ritiri degli adulti.

C'era un breve momento dedicato all'accoglienza dei ragazzi che non conoscevano gli ambienti, seguiva la divisione dei gruppi, l'assegnazione delle camere e dei turni di corvée in cucina.

Nel pomeriggio si svolgeva l'incontro d'orientamento per far capire il senso dell'Adorazione e le motivazioni profonde che stavano dietro la fondazione della Casa di Carità ( questo ovviamente per i ragazzi del primo anno ).

Seguiva il gioco a pallone, quindi l'Adorazione.

Dopo  cena si svolgevano i giochi serali oppure se i ragazzi erano ben affiatati si andava a piedi fino a Cordava.

Brusa puntava molto sull'alternanza gioco-preghiera in modo da evitare quell'insistenza che indispone i ragazzi.

In genere si respirava un 'aria di sana goliardia.

La domenica mattina, dopo un breve incontro mattutino, si andava alla Messa delle 11.

Dapprima ci indirizzarono a Baldissero, poi, per rendere la cosa più intima venne chiamato un sacerdote.

La Messa si svolgeva nella cappellina interna o all'aperto sotto un gelso secolare, in un ambiente molto suggestivo: vi partecipavano anche alcuni Catechisti con i rispettivi familiari ( Fonti, Pierbattisti, Cagnetta) " ( Luca Pacella ).

Roggero guida il pulmino sul quale trovano posto i ragazzini della quinta elementare e della prima media della parrocchia di San Vincenzo.

In altre occasioni vengono fatti salire sui pullman della linea di Superga e poi accompagnati a piedi fino a Baldissero.

Le spese alimentari, nei limiti del possibile, sono coperte dai contributi dei partecipanti, in base alle capacità di ciascuno, anche se molti, comunque, non sono in grado di sborsare neanche una lira.

Non sono certo le spese di gestione che spaventano Brusa, sempre molto generoso quando si tratta di aumentare il numero delle presenze.

Piano, piano, coll'aumentata affluenza di ragazzi, nella camerata trovano posto i letti a castello e le nuove coperte donate dalla signorina Emilia Mazzuri.

Non c'è solo il versante economico da tenere sotto controllo.

Alcuni genitori ( ad esempio quelli di Marino Renda ) notano il crescente coinvolgimento dei ragazzi, che ogni fine-settimana s'involano verso Baldissero, e chiedono informazioni.

Brusa, che da sempre cura molto il rapporto con le famiglie, organizza perciò una serie d'incontri coi genitori, tale da creare un'atmosfera di stima e fiducia reciproche.

Intanto, le responsabilità vengono distribuite: col passare del tempo i veterani della Sorgente acquisiscono esperienza e possono, così, essere coinvolti nell'animazione dei più giovani.

Tra Brusa e i ragazzi si crea una sana complicità, che permette al Catechista di entrare in sintonia anche con le personalità più turbolente, portandole ad un comportamento più equilibrato.

È un importante lavoro di recupero, che a scuola sarebbe sicuramente improponibile.

Nel corso dei soggiorni estivi il programma è per certi versi più intenso: sveglia "militare" ( registrata su cassetta ), Adorazione in cappella, colazione, svago, meditazioni, turni domestici, pranzo, giochi, preghiera, cena.

La confessione si svolge una volta alla settimana.

Al mattino ci si reca a Chieri per la Messa quotidiana e poi, sempre nel paese, si fa la spesa.

Gli adolescenti vanno e vengono da Chieri da soli per abituarsi al senso di responsabilità.

Tra le iniziative più interessanti spicca senz'altro la cosiddetta "giornata del deserto".

Si parte per i prati verso le 10 del mattino col pranzo al sacco: lo scopo dell'escursione consiste nell'abituare i ragazzi all'ascolto del silenzio", momento importante per quanti intendano seguire le orme di Fra Leopoldo ( 1383,11: '''il far preghiera nel silenzio della notte è figura dei solitari nel deserto" ).

Alle 17.00 si ritorna alla Sorgente.

Le altre gite hanno come meta Cordo va, il Bric della Croce e la casa di Fratel Teodoreto a Vinchio d'Asti.

Durante i campeggi, quando i ragazzi sono radunati intorno al fuoco, Brusa abbandona il suo stile rigido e un po' militaresco per ridere, cantare in compagnia e narrare le avventure vissute in montagna.

Non mancano le visite alle chiese e ai santuari9 di Torino e del Piemonte: in un'occasione la comitiva si spingerà fino a Toirano, in provincia di Savona.

Al di là della specifica organizzazione tecnica, oggi, a distanza di anni, quale senso possiamo attribuire a questa iniziativa?

Sicuramente vi era l'intenzione, neanche tanto dissimulata, di avvalersi del gioco e dello svago per rendere più familiare ai ragazzi la dimensione del sacro, spesso trascurata in famiglia.

Non si intendeva fare del semplice intrattenimento: quest'ultimo, quando c'era, mirava a creare un clima psicologico più disteso e quindi più funzionale alla trasmissione dei valori cristiani.

Brusa faticò un poco a trovare un sacerdote all'altezza di questa visione: l'ottimo Padre Piombino spesso doveva trattenersi a Genova; a questi seguì un sacerdote spagnolo dalle vedute "molto larghe", che frequentò per qualche tempo Baldissero, ma in breve abbandonò l'abito talare; infine arrivò Don Lanfranco.

Pur tra mille incertezze e ripensamenti, la "Sorgente" andava assumendo a poco a poco una sua precisa identità.

Brusa aveva ben presente le altre realtà associative del mondo giovanile, ma, pur apprezzandone il piglio se così possiamo dire "cameratesco" - cosa comprensibile viste le esperienze assai impegnative maturate alla SMALP di Aosta - manteneva una forte perplessità nei confronti di quei gruppi che pretendevano di far crescere i giovani senza il supporto dei valori tradizionali.

Il Cristianesimo, a giudizio di molti "educatori" laici, non è il perno, ma l'appendice varia ed eventuale della maturazione umana ed un Catechista come lui non poteva accettare questo declassamento.

"In molti gruppi più o meno vicini alla Chiesa i momenti di preghiera dipendono dallo spirito d'iniziativa dei sacerdoti, ma in genere non hanno un posto di primo piano.

Inoltre, Brusa, scrupoloso com'era - specie quando si trattava di fare escursioni d'alta quota - era rimasto negativamente impressionato dall'avventatezza di certi sedicenti educatori.

In gioventù, dalle parti del Rosa, aveva preso parte al salvataggio di un gruppo sportivo di ragazze francesi che avevano osato sfidare le nevi eterne in pantaloncini corti e mezze maniche, rischiando così l'assideramento a 3000 metri di quota.

Sono cose che non si dimenticano tanto facilmente.

Mi diceva: "ma dove credevano di andare senza maglioni, ne giacca vento?".

Lui, invece, nutriva il massimo rispetto per la montagna che anzi, ai suoi occhi, aveva forti connotazioni mistiche e simboliche.

Era un modo per avvicinarsi a Dio attraverso la fatica dell'ascesa e l'aiuto reciproco nei momenti di difficoltà: una metafora della vita, insomma, che il "capocordata " deve affrontare con la massima serietà " ( Luca Pacella ).

L'impostazione di fondo della "Sorgente", dunque, si distingueva nettamente dalla comune goliardia del villaggio vacanze.

Il diverso approccio all'alpinismo lo dimostra,.

Dopo l'incidente, ovviamente, Brusa non poteva più permettersi di scalare vette e ghiacciai e ne soffriva molto perché ai suoi tempi si era fatto onore.

I "pionieri" ( Borghi e gli altri ) si erano perfino offerti di portarlo in spalla su brevi percorsi, ma lui non accettò.

Tuttavia la "Sorgente" divenne ben presto la base di escursioni memorabili, che segnarono in modo positivo la maturazione di molti ragazzi:

"Una volta partimmo in 16, con tre tende.

Non tutti avevano voglia di andare in montagna.

Noi invece dopo i campi estivi prendevamo e partivamo all'avventura.

Avevamo interessi diversi.

Oggi i ragazzi dicono "andiamo alle Cupole ( le discoteche ) ", noi dicevamo "andiamo in vetta al tale monte".

E poi si sa la montagna è scuola di vita, non trovi tutto facile e quando un compagno è in difficoltà bisogna aiutarlo, bisogna "fare gruppo".

Al ritorno si presentava una breve relazione di quello che s'era fatto: tanti ragazzi hanno trovato un sostegno psicologico in queste esperienze di gruppo, hanno avuto l'occasione di formarsi nel carattere.

La "Sorgente" era la nostra vera base logistica: le gite, 5 o 6 all'anno, potevano durare anche due giorni.

Inizialmente i gruppi erano piuttosto numerosi, poi finimmo coll'essere non più di tre ( Roggero, Pacella, Renda ).

La Messa, l'Adorazione, le preghiere di rito non vennero mai trascurate, il momento ricreativo non era mai a discapito di quello formativo " ( Luca Pacella )

La missione di Fr. Teodoreto prevedeva l'educazione del cuore e la vita di preghiera in vista dell'assimilazione a Cristo.

In quest'ottica, l'attivismo della "Sorgente" può distrarci da quelli che sono i contenuti autentici dell'opera di Brusa, oscurando l'iniziazione alla "vita nuova" che il Catechista cercava di ottenere ricreando alla "Sorgente" quella famosa "fraternità" o "familiarità" ( nel caso dei rapporti coi giovani ) che Fr. Teodoreto raccomandava ai suoi Catechisti.

Realizzare queste aspirazioni tra i figli degli operai non era così scontato.

I ragazzi che frequentavano il Centro di Vita spirituale, non erano certo "figli di papa" viziati e iperprotetti; spesso, anzi, provenivano da contesti familiari "difficili" e si aspettavano di trovare nei membri dell'Unione un sostegno reale e tangibile per superare le difficoltà della vita.

Brusa non deluse mai queste attese.

"Io sono rimasto orfano 11 anni e ho attraversato vicissitudini familiari non indifferenti.

Di conseguenza le figure dei Catechisti, specie Brusa e Pietro Fonti, hanno svolto un ruolo di guida nella mia vita.

Poi, alla "Sorgente" ho trovato in Marino Renda un vero e proprio fratello.

Questo può dare un 'idea di cosa abbia rappresentato per me l'Unione in quel periodo tormentato della mia vita.

Brusa non ha mai preteso di sostituire mio padre, in un 'occasione me l'ha detto chiaramente, ma di fatto per me è stato davvero come un padre" ( Luca Pacella ).

L'assistenza religiosa era un aspetto importante di quello che voleva essere un "Centro di Vita Spirituale".

Essa era curata con viva partecipazione da alcuni sacerdoti vicini alla Casa di Carità: in particolare uno di questi, Padre Piombino, per sensibilità ed esperienze personali si avvicinava molto alla spiritualità del Crocifisso:

"Eravamo seguiti da alcuni religiosi: Padre Lanfranco era il nostro direttore spirituale.

L'abbiamo conosciuto tramite il dottor Dezzani, il medico ateo che si occupava del recupero psicofisico di Brusa.

Don Rugolino, invece, era il cappellano della Casa di Carità, veniva a Baldissero a celebrare la Messa e riprendeva un certo discorso educativo che facevamo a scuola.

Il Barnabita Padre Piombino, che in quel periodo risiedeva a Moncalieri, era il padre spirituale della Casa di Carità: la Madonna gli era apparsa confidandogli alcuni segreti che costituiscono la continuazione di Fatima.

Essi sono conservati a Roma.

Inoltre, a Genova seguiva un giovane che, sotto Pasqua, riviveva nella sua stanzetta la Passione di Gesù Cristo: gli apparivano anche le stigmate.

Brusa ci teneva partecipi di queste cose anche per lo sviluppo dell'Adorazione" ( Luca Pacella ).

Al di là di fatti più o meno misteriosi, sui quali la Chiesa non si è espressa ufficialmente, colpisce molto l'attenzione prestata alla dimensione mistica della vita cristiana ed il pressante invito a non sottovalutare la diffusione dell'Adorazione, su cui si regge gran parte della missione catechistica.

Dopo la convalescenza, il ritorno alla Casa di Carità fu, in un certo senso, un altro trauma per le sicurezze di Brusa in quanto gli influssi della contestazione si erano ormai fatti sentire anche nelle scuole professionali.

Il cambiamento della comune sensibilità in materia di disciplina, lo stravolgimento dei valori tradizionali, la messa in ridicolo di certezze secolari aveva trovato Brusa completamente "spiazzato":

« L'anno dell'incidente, 1968, è coinciso con un cambiamento radicale della società.

Quando Brusa è tornato a scuola ebbe una nuova sofferenza psicologica: "Non riuscivo a capire i giovani" diceva.

Non riusciva ad entrare in sintonia con le nuove generazioni come una volta » ( Marino Renda ).

Ma non c'erano solo le difficoltà inerenti allo scontro generazionale, con tutte le complicazioni derivanti dalla crisi militare americana in Vietnam.

Bisognava fare i conti anche col cosiddetto "spirito post-conciliare" che spesso deformava il contenuto oggettivo dei "documenti conciliari"10.

In entrambi i casi Brusa cercò e trovò argomenti e persone capaci di trarlo d'impaccio: potevano essere gli studi sulla Sindone divulgati anche alla Sorgente, ovvero uomini di valore come il dott. Dezzani, in grado di affrontare le questioni più dibattute dai contestatori.

"Brusa era stato testimone di molti momenti difficili.

Durante la guerra alcuni Catechisti avevano lasciato l'Unione.

Nel 1949 un altro gruppo non se la sentì di emettere i voti perpetui.

Nel 1966, a Concilio Vaticano appena chiuso, alcuni settori del mondo cattolico guardavano con preoccupazione alla teologia della Croce temendo che potesse pregiudicare l'intesa con le nuove generazioni: "Voi siete ancora col Crocifisso, ma Gesù è risorto … " ci dicevano" ( Domenico Conti ).

"Brusa non ha mai avuto paura delle novità.

Certo c'era il problema dell'evoluzione dei costumi giovanili, ma lui non si è tirato indietro.

Da questo punto di vista la presenza del dott. Dezzani è stata molto preziosa.

I suoi interventi durante i Seminari dedicati ai problemi "scottanti " dell'adolescenza, come sessualità e affini, sono stati fatti con l'approvazione di Brusa.

In un'occasione particolare il Catechista è intervenuto personalmente per risolvere il problema di un ragazzo appena quindicenne che era stato "abbindolato " da una donna col doppio della sua età.

Ha fatto presente la situazione anche presso i genitori, ma solo dopo che il ragazzo ha chiesto aiuto " ( Luca Pacella )

Per la verità, Brusa non ha mai demonizzato il '68 e le novità post-conciliari, anzi ha saputo cogliere le ragioni profonde di quelle provocazioni.

Del resto, come è noto, ogni effetto ha la sua causa.

Piuttosto, ciò che più lo turbava era la scissione che spesso riscontrava tra la professione di fede e le relazioni personali.

In effetti, molti cattolici praticanti, in chiesa danno prova di un ossequio ineccepibile, ma sul lavoro possono trasformarsi in spietati sfruttatori.

Il '68 aveva in parte denunciato queste ipocrisie e Brusa ne intuiva il fondo di verità, pur mantenendo fortissime riserve sullo spaesamento morale che aveva accompagnato il fenomeno.

La sua attenzione, dunque, più che sui grandi scontri ideologici si concentrava sulla qualità morale dei rapporti personali, che i Catechisti, attraverso la condivisione delle situazioni, erano chiamati a "cristianizzare".

Ma da troppo tempo ormai, se pure si denunciava l'ipocrita scissione tra fede formale e quotidianità, venivano meno le persone votate a ricucire questi strappi tra la Chiesa e la vita reale.

In risposta a tutto ciò, Brusa, che aveva dedicato le sue sofferenze alle nuove vocazioni, aveva tentato di focalizzare le
sue attenzioni sul versante interno dell'Unione, senza attendere aiuti esterni da ambienti che non comprendevano appieno le ragioni della laicità consacrata:

"C'è sempre stato il pensiero che le vocazioni dovessero nascere dai Fratelli.

Questo fatto per molti era un pretesto per trascurare il problema del ricambio generazionale.

Ma non era il caso di Brusa che ha costantemente curato le vocazioni alla Casa di Carità. "( Domenico Conti )

Ed era sempre Brusa a cogliere la necessità di tornare alle origini del carisma di fondazione, per imprimere nuova linfa nelle ramificazioni dell'Istituto e rinnovare, così, le fila dei suoi militanti, anche a costo di riportare in auge la spiritualità di Fra Leopoldo che così tanti problemi creava alle "relazioni diplomatiche" dell'Unione Catechisti:

"Il Catechista Cesone sosteneva la diffusione dei detti di Fra Leopoldo, ma quando alle adunanze li citava, i suoi interventi non suscitavano alcun interesse, ma anzi venivano interrotti.

Dopo la pubblicazione curata da Brusa, invece, gli scritti di Fra Leopoldo incominciarono ad essere letti con la massima naturalezza durante i pranzi che si svolgevano in occasione di questi incontri. " ( Domenico Conti )

Come dimostrano le lettere inviate agli ex-allievi non vi era alcuna riserva, da parte di Brusa, a sfruttare i detti di Fra Leopoldo per far opera di apostolato.

In molti ricordano il peso e il prestigio di cui godevano i Diari di Fra Leopoldo a Baldissero ( vedi Luca Pacella ).

Nelle missive redatte dopo l'incidente, essi vengono citati in continuazione, secondo sequenze tenute insieme da denominatori comuni molto appropriati ( primo fra tutti la vicinanza affettiva con Gesù necessaria a superare le prove della vita ); le riflessioni svolte da Brusa sui detti denunciano, poi, un'acutezza d'introspezione e uno spirito di sintesi che potevano derivare solo da un sincero attaccamento alla figura del francescano di Terruggia.

Date queste premesse l'acquisto della Sorgente da parte dell'Unione, assunse per Brusa un significato particolare, sembrava, cioè, la conferma di un disegno di rifondazione spirituale.

Si può discutere sulle modalità con cui venne utilizzato questa sorta di piccolo cenobio per laici consacrati, tuttavia non si può negare che Brusa, vi scorgesse l'embrione di un "centro di addestramento" per la militanza della Croce.

Chi ha avuto occasione di frequentare la Sorgente ricorda un clima di serena "vita comunitaria", privo di tutte quelle ritrosie e schermature che potevano incontrarsi nell'ambiente scolastico.

Sfruttando esigenze banali, come i piccoli lavori manuali necessari a riordinare la casa o a trasferire il mobilio, i ragazzi intrecciavano con Brusa rapporti di amicizia profondi e genuini, assimilando molto più di quanto avrebbero potuto fare seguendo un corso di cultura religiosa.

Questa era la catechesi per "condivisione" che i giovani novizi avrebbero dovuto apprendere in vista della loro missione nel mondo: "Si faceva esperienza di vita comunitaria ( dal sabato pomeriggio alla domenica sera ).

Talvolta lo stesso Brusa, nonostante l'infermità, veniva in macchina guidando personalmente la sua 127.

La prima volta mi sono auto-invitato: Roggero era l'insegnante d'officina e aveva chiesto a noi allievi di dargli una mano, il sabato mattina, per trasportare le vecchie stufe giù dal terzo piano e caricarle su un furgone.

La cosa mi aveva incuriosito e dopo aver mangiato a casa mi sono recato anch'io alla Sorgente.

Dopo la parentesi invernale dedicata allo sci, ripresi a frequentare la Sorgente in primavera ed in estate.

Non si faceva nulla di particolare: gioco, preparazione del cibo, pulizie, preghiere in comune.

La domenica mattina si andava a Messa e al pomeriggio, durante l'adorazione, si svolgevano meditazioni sul Crocefisso legate alle intenzioni particolari dei giovani.

Brusa, nei momenti di preghiera, sapeva infondere una grande carica spirituale e non solo formule " ( Marino Renda )

Il Catechista torinese era l'anello di congiunzione tra il mondo giovanile e l'Unione.

Formalità, compostezza, dignità del ruolo ecc. impedivano a molti altri sodali di intrattenere coi ragazzi la stesso tipo di rapporto squisitamente "paterno" che distingueva Brusa.

Un certo timore reciproco divideva le due categorie; con Brusa questo muro di ghiaccio venne meno, senza per questo compromettere l'autorevolezza della sua figura, ne la qualità dei valori trasmessi.

Tutto era funzionale a "rialzare la Croce" in vista della "nuova e santa generazione", non c'erano secondi fini.

"Nel '74 era molto difficile radunare i ragazzi e farli pregare raccolti davanti al Crocifisso.

Brusa non faceva lezioni di catechismo, ma condivideva la sua spiritualità con chi partecipava agli incontri di preghiera …

Ha saputo riportare la spiritualità di Fratel Teodoereto negli anni '70 …

Quando andavo a mangiare in convitto o durante i ritiri lo vedevo anche con gli altri Catechisti.

Questi erano più "formali", un po' distaccati, con molte difficoltà a comprendere i giovani. …

Brusa invece era una figura paterna … Sarebbe ideale se ogni giovane trovasse un punto di riferimento fuori della famiglia, che sappia comprendere e cogliere i giovani in modo amichevole e genuino, senza strumentalizzarli o sfruttarli per il proprio tornaconto " ( Marino Renda )

Oggi con la crisi demografica e la diffusione di un certo nichilismo radical-chic il problema delle vocazioni è diventato più urgente di quanto non lo fosse negli anni '70.

Molti movimenti attuano una caccia all'uomo senza quartiere, nella quale i giovani più promettenti sono contesi e tallonati in maniera ossessiva ( come succede ormai anche nel nostro Esercito, dove si è scatenata una disperata ricerca di volontari ): gli altri, lo scarto della produzione, sono abbandonati al loro destino.

È una tendenza penosa che mette al primo posto l'interesse del singolo Ente, quando in verità, prima di tutto restano i "diritti di Dio", mentre il resto verrà elargito "in sovrappiù", come recita il Vangelo.

Brusa ha coltivato la "nuova generazione" in vista di risultati tangibili anche sotto il profilo delle vocazioni, ma, a costo di fallire, non ha mai disatteso il criterio dell'autentico missionario cristiano: prima di ricevere, bisogna dare.

"Sono andato alla Sorgente con una apparente religiosità, ma non ero molto credente.

Io provenivo dalle fila della FGCI ( Federazione Giovanile Comunisti Italiani ) dove si guardava al cattolicesimo con la massima indifferenza.

Del resto neanche i miei genitori potevano definirsi praticanti.

Solo dopo l'incontro con Brusa, ho cominciato a pensare all'esistenza della vita dopo la morte.

Grazie a lui ho scoperto la fede.

Sono stato guidato in tutto il resto della mia vita dal ricordo di questa esperienza " ( Marino Renda )

In alcuni casi gli intenti di Brusa non furono affatto compresi.

Qualcuno pensò addirittura che il Catechista intendesse "forzare" la mano ai giovani della Sorgente per costringerli ad entrare nelle fila dell'Unione Catechisti.

In verità, i diretti interessati, interpellati sull'argomento, hanno ricordi ben diversi.

Certo Brusa nutriva la legittima speranza di far sorgere a Baldissero qualche nuova vocazione, ma nulla ha mai avuto il sapore dell'imposizione o della costrizione.

"Brusa una volta mi ha accennato al fatto che a giudizio di qualcuno stava tentando di indirizzare i giovani verso una vocazione che non sentivano.

Nulla di più sbagliato: personalmente sono sempre stato libero di fare le mie scelte in piena coscienza.

Certo come tutti coloro che si occupano di giovani sperava che qualcuno prima o poi potesse seguire le sue orme, ma parlare di "forzature " in questo caso è davvero una calunnia.

Piuttosto aveva alcune idee precise sui Catechisti: l'idea, ad esempio, che tutti i membri dell'Unione dovessero per forza lavorare nella Casa di Carità non lo convinceva affatto, proprio perché questa tendenza limitava quella varietà di situazioni che era stata caldamente raccomandata da Fr. Teodoreto.

Ricordando la sua esperienza di lavoro presso la Ditta Fonti mi confidava che anche in quel contesto sentiva di realizzare pienamente la propria vocazione.

In genere, poi, ritornando al discorso sui giovani, più di ogni altra cosa gli premeva che questi, indipendentemente dalle scelte fatte, imparassero a non separare l'esperienza spirituale dalla vita di tutti i giorni: c'è gente infatti che in chiesa si atteggia ad agnello, ma in ufficio si trasforma in iena.

Brusa ci insegnava la coerenza interiore: non si tratta di agitare bandiere o di predicare a tutti i venti, ma di fondare sulla verità i rapporti interpersonali" ( Marino Renda )

La crescita del seme della fede impiantato col battesimo è lo scopo di ogni autentica Catechesi e i risultati evidentemente non sono mancati.

È vero che rimaneva irrisolta la grave questione delle vocazioni, tuttavia l'impegno di Brusa, se non altro, permetteva di allargare la "base d'ascolto" della spiritualità leopoldina.

Attorno alla promozione dell'ideale cristocentrico, ruotavano tutta una serie di attività secondarie che costituivano, in un certo senso, quello spicchio di "vita comunitaria" all'interno del quale veicolare il modello di vita del laico consacrato.

Ancora oggi permangono degli interrogativi circa la reale funzione della Sorgente in rapporto alla missione dell'Unione: è chiaro che Brusa vedeva in essa un autentico "Centro di Vita Spirituale" che in prospettiva, forse, doveva diventare una sorta di "piccolo seminario" per giovani Catechisti.

Di certo resta nella memoria di molti come un'oasi di serenità nella quale più che la dottrina ( anche se la catechesi sulla Sindone ha lasciato tracce molto profonde ), contava la maturazione interiore della persona.

I giovani che più restarono vicini al Catechista torinese per un verso ricordano il dispiacere che questi patì quando vide molti dei "pionieri" della Sorgente abbandonare l'Unione Catechisti, ma d'altro canto ci tengono a ricordare che più di altri Brusa mise i ragazzi nelle condizioni di trovare la propria strada, senza mai serbare rancore per quanti avessero deciso di abbandonare l'Istituto.

"Brusa ha aiutato così tanti giovani a trovare uno scopo nella vita, che mi fa strano che se ne parli così poco.

A mio giudizio è il classico esempio di "santo celato".

Nell'ordine, quelli che mi hanno aiutato a trovare la mia vera "vocazione " sono stati Brusa e Padre Piombino.

Io ero convinto di dover fare il Catechista ero già quasi al Noviziato.

Brusa non mi ha mai forzato la mano: "tu devi entrare nel Noviziato nel momento in cui ti senti sicuro di dover fare questo passo ".

Se n 'è accorto subito che c'era un 'altra persona nella mia vita, a quel punto mi sono confidato e lui si è limitato a dirmi: "non puoi tenere il piede in due staffe, devi scegliere: o l'una o l'altra ".

Peraltro, dopo la mia decisione di lasciare l'Unione ha sempre mantenuto ottimi rapporti con la mia famiglia.

Ha conosciuto mia moglie, ci siamo rivisti in più occasioni e, ora che ci penso bene, credo che l'ultimo suo biglietto l'abbia scritto proprio a me, poche ore prima di morire.

Me l'ha consegnato suo fratello Alfio quando, saputo del decesso, sono andato in Via Campiglia a salutare il mio ex professore per l'ultima volta.

Il destino ha voluto che Brusa sia mancato pochi giorni prima del mio matrimonio: lui era tra gli invitati, ovviamente" ( Luca Pacella ).

Chi ha fatto un minimo di esperienza nei cosiddetti "gruppi cattolici", sa benissimo che il congedo è spesso caratterizzato da strascichi poco piacevoli, quali dissapori o atteggiamenti scostanti.

Non fu così per Brusa la cui "paterna amicizia" ( anche gli allievi più affezionati continuarono a dargli del lei e a chiamarlo "professore" ) non venne mai oscurata da sentimenti meno che limpidi.

Questo modo disinteressato di regolare i rapporti interpersonali, guardando le cose in prospettiva, appartiene a quel genere di cose che ci permettono di mantenere intatta la nostra fiducia nella natura umana, nonostante le meschinità che talvolta si celano sotto la falsa cortesia e i sorrisi diplomatici di tanti sedicenti cristiani.

Indice

7 Molti di loro diventeranno insegnanti e dirigenti presso la Casa di Carità.
8 Il nome "Sorgente" venne scelto poco più tardi nell'intento evidente di far pensare ad un ritorno alle fonti della spiritualità del Crocifisso ed in particolare ad un passo del Vangelo di Giovanni: "Se qualcuno ha sete, venga a me e beva.
… come disse la Sacra Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno.
Questo lo disse riferendosi allo Spirito che stavano per ricevere coloro che credevano in Lui" ( Gv 7,37 ).
"La Sorgente è a tutti gli effetti il Crocifisso stesso" ( Domenico Conti ).
9 Brusa curava molto l'aspetto culturale di queste visite: con l'ausilio di appositi manuali e opuscoli illustrativi faceva da "cicerone" alle varie comitive, sforzandosi di fornire una presentazione adeguata dei santuari e dei monumenti della Cristianità passati in rassegna durante le gite.
10 "Per quanto riguarda il testo del Catechismo ti sconsiglio quello "olandese".
Testi "post-conciliari" attualmente non saprei segnalartene, anche noi abbiamo lo stesso problema con i giovani e per il momento temporeggiamo usando dei testi di ripiego, se avrò notizia di qualche cosa per gli adulti ti informerò" ( Torino, 5 ottobre 1970, Brusa al Prof. Federico Ruffinello di Napoli )