Claudio Brusa

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Gli ultimi momenti

Uno degli ultimi impegni assunti da Brusa, è rappresentato dalle colonie estive organizzate a Baldissero per i ragazzi delle famiglie meno abbienti.

Per quanto tenti di non darlo a vedere, le aggravate condizioni di salute ( ricordiamo i problemi circolatori alle gambe ) trasformano queste sue scampagnate in imprese sovraumane.

Nel 1982, come da anni ormai, trascorre alla "Sorgente", insieme alla madre e ad alcuni allievi della Casa di Carità, il mese di agosto: terminate le vacanze, coltiva l'ambizione di presenziare, con tutti gli altri insegnanti, alla ripresa dell'anno scolastico.

Si vanno, però, frapponendo mille piccole difficoltà che ritardano la sua partenza da Baldissero.

La chiusura dei locali, la preparazione dei bagagli, nonché i soliti problemi di deambulazione che gli rendono doloroso ogni spostamento sulla lunga distanza, lo costringono a rimandare il ritorno.

Ogni piano, ogni previsione è sottoposta alla tirannia di fattori secondari e di imprevisti che gli impediscono di gestire in modo autonomo la propria giornata: questa situazione lo deprime molto, come avrà modo di confidare più tardi a Rollino.

La mattina del 2 settembre, verso mezzogiorno, Brusa rientra finalmente a casa.

Qualche ora dopo Rollino lo accompagna in una Pizzeria di Via Casteldelfino, a mangiare un boccone, quindi i due amici si dividono: Brusa trascorre il resto della giornata a casa, mentre Rollino si reca alla Casa di Carità di Grugliasco, dove dirige i corsi preserali ( 18,30-21,30 ), per poi rientrare verso le 22.

È ormai notte fonda quando Brusa avverte i primi sintomi di quel malore che, a giudicare dai fatti, l'avrebbe portato nel giro di qualche ora al decesso.

"Verso l'1 o 2 di notte, la mamma di Claudio venne a svegliarmi perché Claudio stava male.

Scesi subito e trovai Claudio in piedi pallido e tremante.

Mi raccontò che nella notte si era alzato come aveva fatto altre volte a bere un bicchiere di latte freddo dal frigo.

Mi raccontò pure che aveva avvertito, in quei minuti, un malore non ben definito accompagnato da sudore freddo, di qui la decisione di prendere una pastiglia di Buscopan.

La crisi, ora, era passata ma rimaneva in un penoso stato di prostrazione.

D'accordo con sua madre gli proposi di chiamare l'ambulanza per un pronto soccorso ospedaliere.

Claudio rifiutò decisamente questa proposta ( forse temeva un trauma doloroso durante il trasporto date le condizioni dei suoi piedi: sopportava con difficoltà anche solo il peso del lenzuolo e delle coperte ).

Decidemmo allora, con il suo consenso, di chiamare la guardia medica notturna, per una visita di controllo.

Dopo circa un quarto d'ora, si presentò una giovane dottoressa, che dopo avere controllato cuore e pressione sanguigna, non avendo riscontrato, in quel momento particolari problemi, prescrisse il Buscopan come calmante.

Cosa che Claudio già aveva fatto.

Durante la visita medica Claudio era calmissimo e perfettamente lucido, rispondeva a tono, descrivendo tutti i particolari del malore che lo aveva colpito, quello che si sentiva e quello che aveva fatto anche con qualche punta scherzosa come era sua abitudine.

Alla dottoressa domandai se fosse necessario l'acquisto di medicinali, cosa che lei escluse decisamente.

Dopo questo intervento Claudio si era ristabilito e si accingeva a prendere sonno.

Mi fermai ancora accanto al suo letto con la madre per circa mezz 'ora parlando sottovoce per rassicurarla.

E poi alla richiesta esplicita di Claudio che ci invitava a lasciarlo dormire, rientrai nel mio alloggio.

Erano circa le quattro del mattino.

Verso le sei fui svegliato da una telefonata della madre che mi comunicava angosciata la morte del figlio.

Mi precipitai a casa sua e lo vidi sereno nella posizione in cui l'avevo lasciato qualche ora prima: era passato direttamente dal sonno alla morte." ( Leonardo Rollino )

Tutto è concluso.

I 14 anni di purgatorio sono giunti al termine, anche se quella scomparsa improvvisa appare ancora oggi "traditrice".

Brusa probabilmente immaginava di affrontarla in modo diverso, con tutti i crismi della "buona morte", invece viene colto di sorpresa.

Ancora una volta qualcosa sfugge al suo assillante bisogno di programmare, prevedere, inquadrare con rigore razionale gli atti dell'esistenza.

Perde le cose migliori senza preavviso, nel giro di pochissimi minuti: 14 anni prima la salute, ora la vita.

Ispirato dalla "dedizione totale" praticata da Fra Leopoldo, si abbandona completamente alla Provvidenza e questa decide per lui, stravolgendo gli orari e i piani della sua esistenza15, in modo sorprendente, quasi enigmatico.

Ciò nonostante, Brusa non diserta, rimanendo in prima linea fino all'ultimo.

Al riguardo suonano profetiche e perfino commoventi le parole scritte qualche anno prima ad un giovane Catechista associato:

« …oggi ( 10 febbraio 1969, ndr. ), vigilia della prima apparizione della vergine SS. A Lourdes, celebro il primo anniversario del mio incidente; credo che sia questo tra i più bei regali che la Madonna mi ha ottenuto anche se mi è costato e mi costa ancora rinunce e sacrificio, ma quanta strada mi resta ancora da fare! » ( Lettera EM 174, Torino, 10 febbraio 1969 ).

Già … tredici anni sono lunghi da passare!

Ma come scrive in un'altra occasione:

" …bisogna accettare di passare per la Croce, solo così si può comprendere il Crocifisso e con Lui, presentarlo agli altri; è quanto è stato chiesto più volte a fra Leopoldo da Gesù e da Maria Santissima come ad esempio l' 8 novembre 1908: "Figlio, ti sentiresti di passare per la via della passione per la quale passò il mio Divin Figlio?

Ove passerai spargerai benedizioni in nome del tuo Gesù …" ( Lettera EM144, Torino. 29. 11. 1968 ).

Brusa, evidentemente, ha il coraggio di ripetere "sì" a quel genere di domanda che Gesù gli aveva già rivolto tanti anni prima, nel giorno della consacrazione, quando era solo un ragazzo: "mi vuoi proprio bene?"( Diario leopoldino, II, 479,1 ).

La perseveranza nella prova lo trasforma in un modello esemplare di quel coraggio della sopportazione di cui fornisce abbondante testimonianza nella più grande discrezione, lui che pure è dotato di un coraggio fisico così "appariscente".

Le acrobazie con la fune, l'alpinismo, lo sci, ormai, sono ricordi lontani, poiché la forza che innalza a Cristo è di natura molto differente e si produce nel segno della debolezza ( "mi compiaccio nelle mie infermità … sofferte per Cristo: quando sono debole è allora che sono forte" 2 Cor 12,10 ).

Nel momento fatale rimane solo con se stesso, senza il conforto di una carezza, senza il calore umano di una presenza amica: la crudele repentinità della sua scomparsa sarà motivo di gravissimo dolore per i suoi cari - primi fra tutti la mamma e il nipote Mauro - ma anche per tutti gli ex allievi che avevano trovato in lui un amico, un confidente carissimo, un secondo padre.

Gli ultimi anni vedono il suo abbandono definitivo dell'insegnamento, la defezione di alcuni novizi, la riduzione delle attività alla "Sorgente" e perfino qualche contestazione ( 1977 ).

La vita non gli sorride più da molto tempo e in questo apparente insuccesso umano, in questo isolamento che accompagna le sue ultime ore, avvertiamo, anche se in forma ridotta, delle affinità con la condizione di Fra Leopoldo, il quale tradito dal teologo Bracco, pensò, a pochi giorni dalla fine, di essere stato abbandonato perfino da Fr. Teodoreto.

Brusa, lungi dal sentirsi tradito, avverte però il peso di un "impegno d'apostolato" che, esigente com'è, vorrebbe coronare con un grande afflusso di giovani nell'Unione: ma il suo desiderio resta inappagato.

Ecco, questo "dispiacere" umano può essere in parte accostato a quello che Fra Leopoldo aveva provato di fronte ai rifiuti opposti al suo Diario.

In verità, anche la sensazione ( ingannevole ) del fallimento fa parte della condivisione della Croce e il pensare che Brusa non lo sapesse, dopo le ore e ore trascorse a meditare e a interiorizzare il mistero della Passione, sarebbe davvero un grossolano equivoco.

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15 "Evidentemente Gesù ha avuto su di me un piano diverso da quello che io pensavo; che devo fare lamentarmi?
Non sarebbe giusto, ciò che conta è fare la sua volontà qualunque essa sia." ( Torino, 29.4.1970, Brusa a Mons. Michele Enrione, parroco della Madonna della Divina Provvidenza in Torino ).