Peter Chan

L'amico birmano

Piero Chan mi ha guarito dal pericolo dell'indifferenza che minacciava la mia vita.

Mi ha salvato dall'abisso in cui stavo per precipitare a forza di guardare con troppa insistenza alle cose del mondo.

Mi ha insegnato come sia indispensabile il contatto quotidiano con gli umili, i poveri, i residuati umani, i respinti dalla società.

Mi ha detto che in essi dovevo vedere Dio.

Eravamo due vite parallele alla ricerca del meglio.

Adesso Peter, il mio amico birmano, è una meteora nel cielo che illumina la « Messa del povero ».

Fratel Gustavo, più di me e con cuore più grande, lo ha seguito dal giorno del suo arrivo in Italia e ne ha tracciato un ritratto con un calore circonfuso di tenerezza.

Piero possedeva qualità eccezionali, unite e collegate da un solido senso del dovere.

La domenica prima di ammalarsi mi aveva confidato: « Spero di tornare in Estremo Oriente, di andare in Cina, da dove proviene la mia famiglia, appena mi sarò laureato.

Un medico può fare molto per i suoi fratelli.

Per questo motivo, prego ogni giorno la Madonna, la tua Madonna di Fatima, della quale hai scritto con tanto amore ».

Non era mai stato a Fatima, ma aveva viaggiato con lo spirito scolpendo dentro di sé quella meravigliosa struggente bellezza che è il donarsi senza riserve per rendere felice il prossimo.

Il mondo d'oggi ha bisogno di milioni di Peter Chan.

Egli ha trasmesso a chi lo circondava il gusto della semplicità, della carità, del sacrificio.

Quello che la Madonna disse ai tre pastorelli, Giacinta, Lucia e Francesco nella Cova da Iria, Peter lo ha praticato sin dall'infanzia: « Fate penitenza. Dite a tutti di pregare. Siate il modello del mondo ».

Sono frasi rese oggi incomprensibili dall'usura dei cuori.

Ma Peter le ha applicate a se stesso anche per noi.

Lo ha fatto con quel casto sorriso sulle labbra che era un dolce rimprovero verso chi avesse osato lamentarsi.

È morto offrendo i suoi dolori per la redenzione degli altri, dei molti giovani che stanno cercando la strada dell'avvenire.

È morto come Giacinta, senza vedere i genitori e le sorelle.

Il suo « Consummatum est » lo ha pronunciato in una corsia d'ospedale, mentre fuori il mondo continuava nella sua kermesse di affari e di piacere.

Amore e dolore fusi insieme hanno troncato d'improvviso il suo sogno più bello.

Ma Peter è più vivo che mai.

Vivo in mezzo a noi con la sua anima, con il suo ricordo.

Se n'è andato come Teresa del Bambino Gesù, la Santa di Lisieux.

Ci ha lasciato un insegnamento nella sua breve esistenza: la sua vita è stata la fede; la sua voce, il silenzio; il suo respiro, la speranza; la sua parola, l'amore; il suo destino, l'eternità.

Del suo dolore ne ha fatto scintilla; della sua sofferenza ne ha fatto semente perché la nuova primavera fiorisse domani.

Da lui ho compreso che bisogna imparare ad amare per vivere meglio e soffrire per amare di più.

Elio d'Aurora

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