Francesco Fonti

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Tre episodi illuminanti

Nel 1981, quando la ditta Fonti fu trasformata in Spa, Obialero, che già nel lontano 1950 aveva sostituito Claudio Brusa alla direzione dell'officina meccanica, riprese la collaborazione con Francesco Fonti, dopo avere lavorato per qualche tempo ( 1980 ) presso un'industria dolciaria di nome SPES.

Nel 1984, l'ex apprendista di Castelrosso, venne nominato Consigliere: Francesco, infatti, congiuntamente al fratello Giovanni, intendeva ritirarsi dagli affari delegando al suo fidato collaboratore gli incarichi di maggiore responsabilità.

In termini economici fu un buon periodo: vennero stipulati contratti con l'Arabia Saudita, con la Libia, con l'Albania.

I fratelli Fonti indicavano le direttive generali e Obialero, in base alle istruzioni ricevute, si recava a trattare direttamente con gli addetti commerciali delle Ambasciate per ottenere la firma del contratto.

A proposito di questi clienti "esotici" mi sono rimasti impressi nella memoria dei ricordi curiosi.

Una volta ho avuto l'onere e l'onore di incontrare, a Milano, l'addetto commerciale dell'ambasciata dell'Albania, giunto appositamente da Roma per discutere i termini di una commessa di attrezzature da pallacanestro.

Dopo le prime trattative mi chiese uno sconto sulle forniture.

Tornai di volata a Torino dove lavorai tutta la notte con Francesco Fonti alla stesura del nuovo contratto.

Il mattino seguente, accompagnato da mia moglie, ripresi il treno per Milano dove l'addetto mi fece fare un po' d'anticamera, perché sulla lista d'attesa c'erano prima di me altri fornitori.

Avevo intravisto che al momento di concludere l'affare saltavano fuori bicchieri e bottiglie, e che il padrone di casa era "su di giri", ma non immaginavo tanto …

Comunque sia, dopo aver firmato il contratto senza muovere obiezioni, l'addetto mi disse: "adesso per festeggiare l'accordo bisogna bere la nostra grappa".

Ho tentato di fare resistenza, ma i suoi collaboratori sono stati perentori; un rifiuto avrebbe costituito una grave offesa.

Il fatto è che hanno utilizzato dei normali bicchieri da pranzo, riempiendoli fino a metà.

Mia moglie, che mi attendeva nel bar sottostante all'ufficio, vedendomi arrivare tutto paonazzo in volto ha chiesto delle spiegazioni ed io ci ho messo un po' a farle capire che mi ero adattato agli usi del popolo albanese.

Ho dovuto scolarmi una bottiglia d'acqua da un litro per diluire l'alcool che avevo in corpo; diversamente non sarei arrivato a casa.

Al mio ritorno Francesco mi ha fatto i complimenti: era un buon affare da 70-80 milioni di lire ( 1981 ). ( Obialero )

Un'altra occasione di stretta collaborazione tra Obialero e Francesco Fonti era fornita dagli incontri organizzati dalla Federazione Internazionale di Ginnastica.

Fonti si presentava a lavoro ultimato, mentre Obialero arrivava a Roma con una settimana di anticipo per scaricare il materiale e seguire i lavori di montaggio.

I campionati assoluti europei del 1981 organizzati nel PaIaEur, costrinsero il collaboratore di Fonti a lavorare nella capitale per 12 giorni.

Fu allestito un palco da 1000 metri quadri, alto un metro e venti da terra, sul quale vennero montati gli attrezzi: operazione delicata, che richiedeva un controllo metodico per evitare di fare brutte figure in Eurovisione.

Francesco Fonti, seduto accanto ai "pezzi grossi" dell'atletica internazionale, era presente al momento delle gare e doveva rispondere di eventuali problemi.

La cronaca aziendale e la grande storia si intrecciavano.

Correva l'anno 1981: Obialero era giunto a Roma per iniziare il lavoro una domenica mattina.

Il mercoledì precedente ( 13 maggio ), il Papa era stato ferito dal terrorista turco Ali Agcà.

Il tragico evento ovviamente non fermò i lavori.

Nel PaIaEur si potevano incrociare i grandi nomi dello sport mondiale, che, col pretesto di saggiare le attrezzature, mostravano spesso i lati più sorprendenti del loro carattere.

Persone un po' eccentriche, provenienti da Paesi lontani, con le quali Francesco Fonti e i suoi più stretti collaboratori dovevano fare i conti.

Questo per dire che l'imprenditore-Catechista non viveva certo fuori dal mondo.

In quell'occasione Titov, il presidente russo della Federazione Internazionale, era salito sul palco durante il mio allestimento.

Era furente perché gli avevano rubato tutti i bagagli all'aeroporto.

Dava l'impressione di essere uno spauracchio.

Ad un certo punto, avvicinatesi al nostro settore, ha posato una mano sulla parallela che stavo controllando, quasi volesse verificarla di persona.

Intuivo chiaramente che desiderava parlare, sfogarsi con qualcuno, ma conosceva pochissimi vocaboli italiani.

E qui accadde l'imprevisto. Abbandonata l'aria truce e minacciosa, mi disse "Ciao" e indicando la sua pancia piuttosto prominente, e poi la mia, mi fece capire a gesti qualcosa come "anche tu sei grasso".

Cosa strana, perché io non sono mai stato in sovrappeso.

Poi, in un impeto d'affetto incomprensibile mi ha abbracciato e baciato alla russa.

Potete immaginare il mio imbarazzo!

In un modo o nell'altro le nostre parallele lo avevano lasciato soddisfatto e gli avevano fatto passare il cattivo umore. ( Obialero )

A Roma i fratelli Fonti avevano coltivato delle amicizie di "alto livello".

Mantenevano dei contatti al Viminale con la Protezione Civile, perché da anni la loro ditta riforniva di attrezzature la Scuola Nazionale dei Vigili del Fuoco.

Anche dopo la cessione dell'azienda, Francesco tornava sovente nella capitale, per sollecitare i finanziamenti a favore della Casa di Carità.

Sempre affiancato dal buon Obialero, di giorno frequentava gli uffici del Ministero e poi, alla sera, si incontrava col rag. Prosperi, un revisore dei conti del Ministero del Lavoro, col quale aveva stretto un ottimo rapporto.

Si davano appuntamento al ristorante "Il Nazareno".

Queste escursioni romane, diedero modo ad Obialero, di conoscere meglio le convinzioni semplici ma profonde che, in materia di religione, sostenevano l'animo forte e sereno del Catechista.

Questa semplicità può scandalizzare i coltissimi fautori della teologia fenomenologica, ma, in verità, a ben guardare - specie per quanto concerne problemi "scottanti", come l'azione del demonio - la ritroviamo in molti santi, a cominciare dal poverello d'Assisi.

Durante le nostre permanenze a Roma ( che in genere duravano dal giovedì al sabato ), alla sera, dopo cena, amava fare una passeggiata dalle parti del Castro Pretorio.

Così, una volta, mentre tornavamo all'albergo mi ha raccontato del demonio.

Francesco era convinto che il diavolo operasse in molte situazioni - in me questa convinzione è meno radicata - e per dimostrarmelo mi raccontò un fatto realmente avvenuto.

Paolo Pio Perazzo, il pioniere dei laici consacrati torinesi, era giunto a Roma per far approvare le Costituzioni del suo sodalizio.

Era convinto che il demonio avrebbe duramente contrastato la sua particolare missione e, difatti, una sera, mentre era intento a pregare lungo una strada, venne morso da un cagnolino.

Al che, senza esitare, proferì una frase lapidaria: "Ciapin stavolta l'ha faila" ( il diavolo stavolta me l'ha fatta ).

Il cane era rabbioso e Perazzo, rimasto vittima a Roma e poi a Torino di diagnosi errate (!), morì nel giro di qualche settimana.

Francesco aveva le lacrime agli occhi mentre mi raccontava questa storia.

L'episodio la dice lunga sulla sensibilità del suo animo. ( Obialero )

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