Francesco Fonti

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Conclusione

Francesco Fonti è una figura chiave per capire lo spirito autentico della laicità consacrata.

È il modello dell'imprenditore cristiano che, senza infingimenti, affronta giorno per giorno la sua scelta di vita, tralasciando le "sicurezze umane" per affidarsi a quella "legge divina", nemica di ambizioni ed arrivismo, che il più delle volte, per il sentire comune, sembra condurre alla rovina economica.

Ciò nonostante, Francesco Fonti non è mai stato un romantico "perdente".

Sostenuto e affiancato da una famiglia quasi interamente consacrata al lavoro e al Crocifisso, è sempre rimasto al passo coi tempi, ha tenuto saldamente in mano le redini di un'azienda immersa nella competizione economica, si è adattato in modo vincente ai cambiamenti strutturali che hanno sconvolto il mondo del lavoro e della scuola ( pensiamo alla rivoluzione informatica ).

Ha investito profitti ed energie non solo nello sviluppo dell'azienda familiare, ma anche in quella realtà parallela che era la Casa di Carità: questo atteggiamento è da un punto di vista contabile "scarsamente remunerativo".

Molto probabilmente il giudizio di qualche esperto di marketing, in merito ai criteri instillati da Fratel Teodoreto nella mente del giovane Francesco, sarebbe fortemente negativo.

Non c'era neanche un ritorno d'immagine, in questi investimenti, poiché le Costituzioni dell'Unione imponevano umiltà e nascondimento.

Discutendo casi analoghi ci si sente spesso dire che alcuni "santi sociali" torinesi, in termini pubblicitari, sono stati assai più lungimiranti, avendo usato tutti i mezzi a disposizione affinché gli interventi di recupero, compiuti a favore della gioventù indigente, avessero una risonanza nazionale.

Ma è proprio qui che entra in gioco la differenza del carisma fondativo.

Fr. Teodoreto trasmise ai suoi Catechisti una spiritualità ed una missione assolutamente originali, non certo per appagare un capriccio personale, bensì per rispettare la volontà divina espressa nei Diari di Fra Leopoldo.

I grandi Catechisti impiegati in professioni esterne alle Opere dell'Unione - Tessitore, De Maria, Fonti - si regolarono di conseguenza, veicolando il loro apostolato nell'anonima routine del lavoro quotidiano e incarnando, nei fatti più che a parole ( le testimonianze dei dipendenti di Francesco Fonti sono molto preziose in questo senso ), un modus operandi in grado di conciliare le esigenze delle professioni moderne con la "verità tutta intera" difesa da Fr. Teodoreto e Fra Leopoldo.

Come detto altrove, professionisti di razza quali Tessitore, Fonti e De Maria, rappresentano, senza clamore ma nel nascondimento confacente al loro stato, gli "esperimenti riusciti" della cristianità militante integrata nel mondo.

Sono cioè la dimostrazione - provata sul campo spietato dei fatti, dei numeri, dei risultati - grazie alla quale può essere smentita la pretesa mancanza di realismo12 rinfacciata da un certo progressismo ai cristiani "tutti d'un pezzo".

Paolo Pio Perazzo muore nel 1911, Francesco Fonti nasce nel 1909 … ma il progetto che germoglia e si dipana dal loro esempio non muore, a dispetto dei pareri contrari che accompagnarono per lunghi anni l'opera di Fr. Teodoreto.

La "buona battaglia" può essere combattuta, rispettando tutte le "regole" ( è proprio il caso di usare questa parola ), restando saldamente ancorati alla realtà concreta del XXI secolo.

Se vogliamo rispettare il dettato evangelico, al di là del "buonismo" tollerante oggi alla moda, e liberarci dalla crosta disgustosa dell'ipocrisia che tanto indignava nostro Signore ( anche i Catechisti sono esposti alla terribile colpa dei farisei ), è necessario recuperare quel coraggio della coerenza che marchia in modo indelebile la vita di Francesco Fonti.

Oggi, al contrario, è la trasgressione ad essere segno di "virilità esistenziale", di coraggio interiore: proprio secondo quella diabolica dinamica descritta da Dostoiewskj in "Delitto e castigo".

Il nichilista ripudia la morale per attestare in faccia ai "deboli" la propria superiorità.

È il terribile equivoco sorto intorno alla "debolezza invincibile" descritta da San Paolo, un equivoco che, favorito dall' "ignoranza religiosa" combattuta dai Catechisti, diffonde tra i giovani comportamenti ambigui e svianti.

Per un verso partecipano in massa ai cortei pacifisti, sostengono persino le opere di volontariato, ma poi, nei fine settimana, smessa la maschera umanitaria, danno sfogo al peggiore edonismo.

È inutile fare gli struzzi, nascondendo la testa sotto la sabbia del perbenismo: la crisi progressiva della famiglia, le stragi familiari, le nevrosi giovanili sono la spia di questa schizofrenia interiore.

Si ha quindi bisogno, a cominciare dal lavoro e dalla scuola, di figure "intimamente vere e coerenti" che incarnino fino in fondo ( anche per smuovere la tiepidezza dei meno giovani! ) modelli di vita integralmente cristiani.

Altrimenti, di fronte alla convivenza col male, anche quanti continuano a perseverare nel cattolicesimo praticato, perderanno la speranza nella "nuova e santa generazione" promessa da Fra Leopoldo.

Francesco Fonti ha posto sulla spietata bilancia della vita moderna ( fallimento - successo ) la sua solidissima ponderatezza cristiana, il suo modo di costruire le cose e le persone ragionando sul lungo periodo, la forza di un carattere insensibile ai capricci del secolo.

Perché la vera debolezza nasce dall'impressione del momento, dal condizionamento delle mode passeggere, dai proclami degli istrioni di turno ( nichilisti o pensiero-debolisti che siano ).

Al contrario, l'autentica fortezza appartiene a coloro che, come Francesco Fonti, hanno ignorato le lusinghe della popolarità proprio per poter fondare il loro progetto di vita sulla Roccia - come scriveva Fr. Gustavo Furfaro nel citato articolo - della charitas cristiana, che eleva quanto più "abbassa" agli occhi del mondo.

Su quanti amici poteva contare un imprenditore così singolare?

Ha mai dovuto rinunciare a riconoscimenti o a favori importanti a causa della sua testarda e a tratti severa coerenza ideale ( testimoniata da molti collaboratori e talvolta scambiata per durezza di carattere )?

Non ci sentiamo di azzardare una risposta categorica, ma, in cuor nostro, specie dopo aver esaminato la vita del più "umile" dei Catechisti, Pietro Bagna, non pensiamo che Fonti riscuotesse ovunque plausi e consensi.

La Croce implica alcune rinunce, che poi sono investimenti essenziali per l'eternità e tra queste spesso i laici consacrati devono mettere in conto il pedaggio da pagare alla "solitudine", all' "incomprensione", alla "mancanza di affetti" che non siano quelli della famiglia d'origine.

Riflettendo sulla vicenda di Brusa, oseremmo dire di più, bisogna mettere in conto anche il "tradimento" ( involontario, per carità ) di antiche amicizie.

Qualcuno, ripensando alle amarezze patite dai grandi Catechisti ( Brusa, Bagna, De Maria ), ci ha parlato di vicende "tristi".

Allora non ha capito nulla … ne della Croce, ne della laicità consacrata.

Sono lacrime "leggere" quelle versate da Fonti quando raccontava le traversie di Paolo Pio Perazzo ( che evidentemente riusciva a compatire meglio di altri, per affinità di vocazione ), così come sono lacrime "leggere" quelle versate da Bagna di fronte ai parenti che lo visitavano al Cottolengo: il tempo vola, la Croce è leggera, la beatitudine eterna.

Chi ha il coraggio di patire oggi, domani esulterà nella gioia accanto a nostro Signore, il più grande degli amici.

Il Catechista Fonti Francesco, con la sua fede sconfinata e quanto mai concreta ( visti i ruoli ricoperti ) nella Provvidenza, ha scelto di non "servire due padroni" e ha vinto la "buona battaglia".

Ciò deve essere motivo di gioia per chiunque si riconosca negli ideali di Fr. Teodoreto.

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12 La consapevolezza di questa funzione è resa evidente da un articolo, apparso sull'opuscolo illustrato "Scuola Festiva e Serale Casa di Carità Arti e Mestieri - La Nuova Sede" (1946), nel quale Fonti, esponendo i problemi degli operai, proponeva una duplice formazione ( istruzione ed educazione ) da attuarsi "in senso umano e cristiano" per poi apporre accanto al proprio nome una qualifica molto significativa: "Industriale".