Giovanni Fonti

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L'affiatamento dei fratelli Fonti

Aldo Gravino, dipendente dei Fonti dal 1934 al 1980, ricorda gli anni trascorsi alle dipendenze dell'azienda.

Le richieste di fornitura aumentarono nel tempo facendo crescere il numero dei dipendenti.

Si raggiunse un tetto di ben 92 addetti.

E la situazione pareva dover avere ulteriori sviluppi.

Durante una riunione, qualcuno fece la proposta: "Qua dobbiamo far fronte a delle consegne spaventose, dovremmo fare dei turni, peccato andare avanti per solo otto ore.

Non dico la notte, ma almeno due turni: raddoppiarne il personale!"

Al che, il signor Francesco replicò: "La ditta è un mezzo, non un fine".

Questo era il pensiero di tutta la famiglia che vedeva l'azienda come un servizio da rendere fornendo prodotti utili; nel contempo essa dava agli stessi titolari ed ai dipendenti, un sostentamento onesto e duraturo.

Gravino conferma l'impressione che ha ricevuto chiunque abbia conosciuto i suoi datori di lavoro: "I tre fratelli Fonti li vedo tutt'uno ".

C'era sempre accordo, in tutte le decisioni che si prendevano.

Sì, talvolta nascevano delle discussioni sulle direttive da seguire, ma erano subito risolte con la scelta migliore.

E venivano sempre prese in considerazione le opinioni di tutti.

Durante questi momenti, Giovanni spiccava per la sua grande apertura mentale verso le innovazioni, l'adattamento e il superamento delle situazioni sempre differenti che si presentavano.

I cambiamenti non lo spaventavano.

C'era sempre qualcuno che diceva "abbiamo sempre fatto così" ricevendo da Giovanni in tutta risposta: "No, da adesso in avanti…"

Giovanni continuava in ditta con la propria vita quotidiana l'opera di diffusione del messaggio evangelico.

Sorridente e lavoratore, infaticabile, cercava sempre di venire in aiuto con qualche idea al lavoro degli altri.

Nella sua giovinezza, Renato Assom lavorò per la ditta e ricorda che, prima di partire per il servizio militare, lavorava nel reparto meccanico: « In officina, di notte, io ero da solo, come saldatore elettrico.

Prima di ritirarsi, Giovanni mi raccomandava sempre di non addormentarmi.

Erano i tempi della seconda guerra mondiale: la sera vigeva il coprifuoco.

Ciò significava che si sarebbe dovuto interrompere tutte le attività.

Allora i fratelli Fonti mi avevano fatto un gabbiotto per contenere la luce del saldatore, di modo che non si vedesse dalla strada.

Una specie di separé ».

La famiglia, poi, portava la catechesi direttamente sul luogo di lavoro.

Don Vietto, e prima di lui un altro sacerdote, il salesiano don Cignatta, veniva chiamato per la preparazione degli operai alla Pasqua.

Il raduno che ne sortiva costituiva un'occasione per cementare quell'atmosfera di unione familiare aleggiante nelle ore di lavoro.

Racconta Mario Barletta, ex dipendente e amico, che veniva organizzata in ditta la preparazione.

Questa si componeva in una breve riflessione e nella possibilità di confessarsi, grazie alla presenza dei sacerdoti che si mettevano a disposizione per l'occasione.

Poi si andava alla Santa Messa.

Al ritorno in ditta, i dipendenti più vicini ai Fonti precedevano gli altri per aiutare ad allestire il rinfresco.

Si riprendeva a lavorare alle dieci del mattino e si proseguiva sino a mezzogiorno.

Poi ci si interrompeva per rispettare il sabato preparatorio alla Pasqua.

Sul lavoro estremamente attivo, Giovanni era anche molto socievole.

Era addetto ai rapporti coi clienti della ditta, per cui aveva occasione di viaggiare.

Prima della guerra si era recato in Albania per alcune forniture al governo locale.

Durante la guerra, lo sbocco produttivo della ditta prese una svolta: attraverso rapporti con enti locali, municipi ed altri, la ditta Fonti non esitò ad occuparsi di interventi di ricostruzione delle case lesionate dai bombardamenti.

Ostellino rammenta i lavori svolti al santuario della Consolata: di particolare impegno, un confessionale nuovo, la balconata superiore ed altri lavori.

Non solo: furono eseguiti anche dei lavori per conto del Collegio San Giuseppe alla Villa Nicolas Superiore, ora l'attuale centro La Salle.

La ditta Fonti affrontò quegli anni con spirito di adattamento e carità cristiana.

I ragazzi partiti per la guerra che avevano in precedenza lavorato nell'azienda, successivamente al ritorno ricevevano l'offerta di riprendere il loro posto.

Le famiglie bisognose ricevevano qualche aiuto, per esempio della legna da ardere.

Normalmente, la ditta si occupava di arredamenti scolastici e attrezzi ginnici.

Nel dopoguerra si fornì parecchi arredamenti scolastici ai militari.

Quando il mercato diminuì, la ditta si orientò verso la produzione di attrezzature ginniche professionali a livello internazionale.

Giovanni andava frequentemente all'estero alle mostre ( Monaco ) e prendeva contatti con molte persone del CONI.

Introdottosi nella Federazione Internazionale di Ginnastica ( F.I.G .) fece conoscenza col Presidente Gander e nel 1967 incominciò i colloqui con l'ingegnere tedesco Reuther che aveva brevettato delle attrezzature dalle caratteristiche dinamiche innovative.

Nel 1968 Giovanni ottenne l'esclusiva per l'Italia della fabbricazione di queste attrezzature tedesche.

Furono rifornite così molte palestre d'Italia e della Coni di attrezzi nuovi, fino alla scadenza dei brevetti.

Successivamente, la ditta ha optato per la fornitura comprensiva dell'omologazione delle attrezzature.

Nel 1981 la ditta Fonti eseguì il passaggio da s.r.l. a S.p.a. e dopo il 1986 Giovanni cessò la sua attività diretta nella produzione, diventando amministratore delegato, continuando a seguire il lavoro.

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