Carlo Tessitore

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La famiglia d'origine

Carlo Tessitore nasce al principio del secolo appena trascorso, il 4 ottobre del 1902, ad Orio, fra i rigogliosi e verdeggianti paesaggi del Canavese, non lontano dal lago di Candia.

È il primogenito di due coniugi poco più che ventenni: Carlo Antonio Tessitore e Anna Gaudino.

Al maschietto seguiranno ben presto quattro sorelline: Maria Teresa, Caterina, Giuseppina, Anna.

Carlo non ha mai fatto mistero dell'affettuoso orgoglio che lo legava alla terra natale.

Il paese di Orio, situato sulla prima collina morenica che si incontra andando da Torino verso Ivrea, è una zona agricola piuttosto ricca: vi si trovano boschi di castagni, frutteti e campi di frumento.

Una parte del suo territorio, inoltre, è coltivata a vigneti, che producono due vini molto pregiati, l'Erbaluce e il Passito.

Tessitore stesso notava come non fosse facile trovare un paesaggio così composito: il bosco, le viti, i campi di grano e granturco … l'occhio è sempre attirato da panorami sorprendenti, mai monotoni.

Il nonno di Carlo, Pietro Gabriele, era un proprietario benestante, ma poco attaccato al denaro; da buon economo non esitava a concedere prestiti e ad aiutare i braccianti afflitti da debiti.

Carlo Antonio Tessitore, padre del catechista, era il suo secondogenito.

Poiché, secondo una consolidata tradizione, le proprietà di famiglia non potevano essere frazionate più di tanto, le prospettive professionali, per il secondo nato, erano due: la carriera militare o quella religiosa.

Carlo Antonio entrò, così, nel seminario di Ivrea.

Conclusi gli studi, però, non volle seguire la strada del sacerdozio, che gli era stata imposta dal padre.

Rientrato ad Orio e sposata Anna Gaudino, l'ex seminarista, intorno ai primi anni del '900, si trasferisce a Torino, dove risale la scala sociale partendo dai gradini più bassi.

Dapprima si pone al servizio di una famiglia.

Quindi, viene assunto dalla società del gas, che lo impiega nell'accensione manuale dei lampioni cittadini.

In questa attività veniva talvolta affiancato dalla moglie, che, specie in inverno, quando il freddo si faceva più intenso, lo aiutava porgendogli personalmente i fiammiferi.

Spesso Carlo Antonio tornava a casa bagnato e infreddolito: la cosa destava in famiglia una certa preoccupazione, poiché, a quel tempo, tra le mura domestiche, regnava sovrana l'umidità e, nelle classi meno agiate, le polmoniti "fulminanti" non risparmiavano neanche gli uomini più robusti.

Accendere i lampioni nelle gelide serate invernali, a lungo andare, poteva rivelarsi dannoso per la salute.

Ovvio, che Carlo Antonio pensasse a nuove soluzioni.

In breve, infatti, si iscrive ad un concorso bandito dalle ferrovie e riesce ad entrare nelle liste del personale viaggiante, superando le prove col massimo dei voti ( ottiene 10 nel tema di italiano ).

Allo scoppio della Grande Guerra ( 1915-1918 ) viene richiamato alle armi e parte per il fronte: la moglie e le figlie si rifugiano ad Orio ( gli aerei austriaci stavano già bombardando Milano ), mentre il primogenito resta a Torino, ospite di una famiglia di conoscenti, per proseguire gli studi.

Al termine del conflitto, il capofamiglia torna a casa apparentemente illeso e riprende il lavoro sui treni, ma non per molto.

Ha già raggiunto il grado di capotreno, quando le malattie contratte in trincea lo portano alla tomba.

Fino al giorno della sua scomparsa, Carlo Antonio assicura alla famiglia Tessitore un livello di vita più che dignitoso.

Purtroppo, alla sua morte, la moglie si ritrova in gravi ristrettezze economiche: anche la pensione maturata dal marito è troppo esigua.

Correva l'anno 1921, Carlo aveva 19 anni ed aspirava al sacerdozio, quasi volesse incarnare quella vocazione che il padre aveva vissuto come un'ingiusta imposizione.

Ma la madre, appena il ragazzo le confida questo proposito, sprofonda nell'angoscia: "Anche tu mi lasci sola?".

La donna, infatti, rischia di rimanere in balia degli eventi con 4 figlie appena adolescenti: M. Teresa, la maggiore, aveva 17 anni, Caterina quindici, Giuseppina dodici, Anna, la più piccola, appena undici.

Prendendo atto delle apprensioni materne, Tessitore, di fronte alle evidenti difficoltà familiari, rinuncia alla vita religiosa.

« Nutriva una particolare venerazione per la madre, che, del resto, era ricambiata » ( Claudio Civalleri ).

Trascorre, così, la giovinezza tra Torino e Orio, alternando agli studi di ragioneria, il lavoro nei campi dello zio, soprannominato affettuosamente "barbatin".

Alcune fotografie lo ritraggono in tenuta da lavoro, con un cappellaccio in testa e la cascina sullo sfondo.

In questo modo ha occasione di conoscere la fatica contadina e quella intellettuale.

Il suo rispetto per il prossimo, forse, si nutriva anche di queste esperienze.

« Ha sempre studiato e lavorato, sacrificando il proprio tempo libero per aiutare tutta la famiglia » ( Claudio Civalleri ).

Fin dall'adolescenza, il giovane Carlo, acquisisce una sana abitudine che non abbandonerà mai più negli anni a venire: la Messa quotidiana.

Ogni mattina, infatti, quando la chiesa di Orio è ancora chiusa, si reca a piedi nella vicina Montalenghe, distante circa 5 Km, per assistere alla funzione delle ore 7.

Non mancano momenti di svago.

In autunno, dopo la Messa, ama concedersi una pausa di ristoro nelle vigne di famiglia, dove gusta l'uva, ormai matura ( questo diventa, ovviamente, un pretesto più che valido per fare penitenza e saltare la colazione ).

A Torino, gli studi procedono speditamente: dopo il diploma in ragioneria viene assunto come impiegato al Banco S. Paolo.

Quindi, forte di un brillante curriculum scolastico, si iscrive all'Università, dove, in qualità di studente lavoratore, riesce a laurearsi, a pieni voti, in Scienze Economiche e Commerciali.

In seguito ottiene un impiego presso la Cassa di Risparmio di Torino, dove avrebbe ricoperto incarichi prestigiosi.

Le sorelle, intanto, prendono strade diverse.

Maria Teresa ( nata nel 1904 ), una volta sposatasi, avvia ad Orio una serie di iniziative imprenditoriali ( prima un mulino, poi una pasticceria, quindi una cartiera ), infine si trasferisce in Liguria dove apre una pensione in società con due coniugi.

Senza figli, ma legatissima ai nipoti, muore a Cogoleto nel 1974, per un arresto cardiaco.

Caterina ( nata nel 1906 ), pur essendo la più energica delle sorelle, rimane in famiglia.

Dopo aver risieduto in via Bologna ed in via San Donato, convince Carlo a trasferirsi in via Villa Quiete, presso un'elegante palazzina situata di fronte all'Istituto del Sacro Cuore.

Carlo diceva di aver ceduto alle insistenze delle sorelle che mal sopportavano l'appartamento di via S. Donato.

Dopo la morte della madre ( 1943 ), il Presidente dell'Unione condivide con Caterina la nuova residenza fino al 1954, anno in cui la sorella muore in seguito a problemi cardiaci.

Giuseppina ( nata nel 1909 ) sempre afflitta da una grande nostalgia per Orio, vive gli inverni torinesi con grande disagio e perciò, dopo il matrimonio, torna ad abitare in campagna.

Mette al mondo tre figli, Mariuccia, Marcella e Domenico, ma muore prematuramente, a 47 anni, nel '56, per un ictus cerebrale dal decorso rapido.

Anna ( nata nel 1910 ), la beniamina di tutta la famiglia, che, in considerazione dell'età, era benevolmente dispensata dai lavori stagionali richiesti a tutti i familiari ( vendemmia e mietitura ), sposa un ufficiale d'aeronautica, Alberto Civalleri.

Dalla loro unione nasceranno sette figli che allieteranno non poco, con la loro spensierata vivacità, i rari momenti di svago di zio Carlo.

Per Anna il fratello resta un punto di riferimento, visto che, in più occasioni, la donna si trova a gestire da sola l'educazione e gli studi dei figli: il marito, infatti, a causa del lavoro, che lo porta a viaggiare nel centro e sud Italia, si assenta da casa per lunghi periodi di tempo.

Anna, in sintonia con le aspirazioni del fratello, si prodiga per fornire ai figli un'istruzione scolastica e religiosa completa.

I sette fratelli, nei limiti del possibile, frequenteranno scuole private dirette da religiosi.

Carlo Tessitore, lungi dal rinchiudersi nella "torre d'avorio" della professione, non rifugge la compagnia dei nipoti, e anzi, malgrado i numerosi impegni, la sfrutta al meglio per trasmettere nel modo più accattivante possibile i suoi valori di laico consacrato.

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