Carlo Tessitore

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Il suo impegno per la Casa di Carità (1925-1972 )

Tessitore fu uno tra i primi Catechisti dell'Unione a condividere in pieno l'idea portante della Casa di Carità, sostenendo fin dall'inizio, con grande energia, l'indirizzo dato a quest'opera da Fratel Teodoreto, e prodigandosi per il suo sviluppo.

In verità, il proposito di collegare il catechismo parrocchiale ad un insegnamento tecnico per operai, stando alla testimonianza di G. di Sales, si deve all'intraprendenza di due anonimi Catechisti, poi appoggiati da Fratel Teodoreto.

Tessitore condivise subito questo progetto, in grado di fondere l'elevazione morale con l'emancipazione sociale, e se ne fece promotore, lavorando, con spirito costruttivo, alla sua realizzazione.

« L'8 settembre 1925, Natività di Maria, due Catechisti dell'Unione del SS. Crocifisso s'incontrarono casualmente per via, poco dopo le 18.

Uno di essi, che fu poi congregato, era diretto alla chiesa di Nostra Signora della Pace, dove insegnava catechismo ai ragazzi di quell'oratorio, mandatevi dall'Unione stessa, uno o due anni prima.

L'altro, un catechista - secondo la denominazione di allora - " ammissibile ", era avviato verso casa.

Percorrendo un tratto di strada insieme, vennero a parlare d'un argomento che stava a cuore al primo: come far breccia tra i grandi del circolo di quella parrocchia, per istruirli più a fondo in tema di religione. ( Vari tentativi già fatti erano andati a vuoto ).

L'altro catechista affacciò allora l'idea, trattandosi in genere di elemento operaio, di indire delle riunioni per i soci del circolo, le quali rappresentassero per loro anche un interesse pratico, d'ordine tecnico, di modo che l'uditorio sarebbe stato intrattenuto su argomenti di religione e di lavoro.

L'idea piacque. E senza frapporre indugio, i due mutarono direzione, recandosi in via delle Rosine a sottoporre la cosa al parere di Fratel Teodoreto, direttore dell'Unione Catechisti.

Il quale ascoltò, riflesse, suggerì: " E perché non dare all'idea addirittura un orientamento scolastico di tipo gratuito popolare, senza pretese, tanto per incominciare ?

Ma fareste qualche cosa di organico, con molto maggior probabilità di durata ». ( G. di Sales, "Origine della Divozione" ).

La Casa di Carità - scuola professionale festiva e serale - costituì, fin dall'inizio, per i Catechisti un impegno davvero notevole.

Trattandosi di un'attività che si svolgeva anche nei giorni festivi, interferiva con le attività che i Catechisti conducevano nell'ambito degli oratori domenicali e dei ritiri mensili.

In queste condizioni, come si può bene immaginare, il tempo libero di questi professionisti, che dopo otto ore di duro lavoro, si prestavano ad operare gratuitamente a favore dell'Unione, era ridotto al minimo.

A fronte di queste difficoltà, Tessitore seppe equilibrare gli impegni e riuscì a mantenere un clima di serena laboriosità: tutti gli elementi coinvolti nel volontariato didattico, dovettero sostenere orari molto impegnativi, ma senza, per questo, incorrere in pericolose e snervanti maratone lavorative.

Si decise, ad esempio, di spostare i ritiri spirituali nei giorni delle festività civili ( che allora erano numerose ), per dare la possibilità a tutti i membri dell'Unione di prendervi parte.

Lo sviluppo della scuola fu rapido, se paragonato alla grande mole di lavoro svolta dai Catechisti negli oratori parrocchiali, e sorsero diversi sedi distaccate presso le parrocchie dove già si impartivano lezioni di catechismo ( come S. Mauro, Allessano, Balangero, Settimo Torinese ecc. ).

Dopo un felice avvio, nel 1936, la Casa di Carità visse un momento difficile: un Catechista, poi seguito da altri insegnanti e collaboratori, non intese sottoscrivere la linea di sviluppo concepita da Fratel Teodoreto e le direttive di Tessitore ad essa ispirate: sulla base dell'esperienza maturata alla Casa di Carità, i fuoriusciti aprirono una scuola per proprio conto.

Quasi metà degli allievi lasciarono la scuola madre, ma anche in questa occasione i Catechisti, e Tessitore in particolare, dimostrarono grande carità e fermezza.

Nel 1939 gli iscritti alla Casa di Carità di Via Feletto erano saliti a 800.

I locali erano esigui e Tessitore, come Presidente, si trovò davanti ad un bivio: o respingere le domande di iscrizione e limitare il numero degli allievi o attivarsi per individuare una nuova sede ( "Nella intimità del Crocifìsso" ).

Il 16 giugno 1939, festa del Sacro Cuore di Gesù, Cesone andò a riferirgli che in c.so Brin era stato messo in vendita un terreno edificabile.

Il posto indicato era ideale, in mezzo alle fabbriche; l'area sufficiente, equo il prezzo, buone le condizioni di pagamento.

Tessitore era determinato a concludere l'affare: "non avevamo soldi, non avevamo niente, ma io non ho voluto perdere l'occasione", diceva.

Il 31 maggio 1940 venne firmato il contratto per l'acquisto definitivo del terreno.

Possiamo quindi affermare che la scuola di c.so Benedetto. Brin è stata fatta costruire su impulso di Tessitore.

Fedele alle indicazioni di Fra Leopoldo, il Presidente decise, con l'assenso dei Catechisti, di adottare il nome "Casa di Carità Arti e Mestieri".

In seguito, a conferma della bontà di quelle scelte, si verificò una serie di avvenimenti favorevoli che molti giudicarono come il chiaro sintomo di un intervento della divina Provvidenza.

L'opera poteva avviarsi avendo a disposizione inizialmente il solo terreno ed un prestito di 15 milioni del Cardinale Maurilio Fossati, ma nel dopoguerra avvenne un fatto inaspettato.

« Un intervento della Signora Maria Romana De Gasperi ( la moglie dell'omonimo Presidente del Consiglio, contattata dal geom. Bosso ndr. ) alla quale non diremo mai abbastanza grazie, consentì alla "Casa di Carità" di beneficiare dei fondi UNRRA e cioè di quei fondi messi a disposizione all'Italia dalle Nazioni dell'Alleanza Atlantica per la sua opera di ricostruzione …».7

La posa della prima pietra, alla presenza del Cardinale Fossati e di Fr. Teodoreto, avvenne il 29 giugno 1947, festa dei SS. Pietro e Paolo.

La ditta costruttrice "Bosso & Ferrerò" usufruì dei finanziamenti UNRRA a patto di aprire, per i lavori in corso, un cantiere scuola per disoccupati, secondo le disposizioni allora previste dal Ministero del Lavoro.

L'autore del progetto era l'architetto Felice Bardelli, affermato professionista torinese, autore tra l'altro di cinque o sei edifici religiosi presenti nella nostra città, quali, ad esempio, la chiesa del Redentore e quella di San Giuseppe Cafasso.

Tessitore ebbe modo di coordinare e supervisionare la progettazione della nuova scuola, definendo le sue dimensioni, il numero delle aule, la distribuzione dei corsi; fu sua anche l'idea di lasciare momentaneamente liberi i due piani più alti, l'ultimo dei quali avrebbe ospitato la cappella e la tomba di Fr. Teodoreto, quasi a voler significativamente riservare la parte più elevata dell'edificio alle cose dello spirito.

Nel complesso le strutture della scuola furono sovradimensionate ( per 1500 allievi ) sia per accogliere, in un avvenire non troppo lontano, un numero maggiore di studenti, sia per poter esibire, nell'immediato, la proprietà di un immobile in grado di accedere facilmente ai prestiti bancari.

Queste misure non furono sufficienti: le spese non riguardavano solo i materiali edili, ma anche svariate dotazioni "minori" ( impianti elettrici, banchi, lavagne ecc. ) che non rientravano nelle voci dei finanziamenti americani.

I fornitori cominciarono ad esercitare forti pressioni su Tessitore: fu allora che, grazie anche all'infaticabile attivismo di Giovanni Cesone, il Presidente allestì una fittissima rete di contatti ( epistolari e non ) con potenziali "sponsor".

Questa catena di sostenitori,8 dovuta anche alla posizione occupata dallo stesso Tessitore all'interno della CRT, unitamente ad una oculata politica del "dilazionamento", permisero di salvare la nuova creatura dell'Unione.

Ad un certo punto, infatti, sembrava che questa dovesse essere abortita, prima ancora di prendere forma: c'erano i muri ( molto spessi, visto che la manodopera assunta doveva essere addestrata nell'arte muraria ), ma mancava tutto il resto.

« Il buon Fratel Teodoreto - raccontava Tessitore al nipote - mi guardava e alzava le braccio al cielo, gli altri catechisti mi guardavano e alzavano le braccia al cielo e … io dovevo tirare fuori i soldi per pagare! ».

« Mio zio - ricorda il nipote - era già direttore della prima agenzia della CRT.

Aveva contatti a qualsiasi livello, politico e industriale…

Grazie ai corsi di formazione i ragazzi della Casa di Carità venivano collocati con successo in varie industrie ». ( Claudio Civalleri ).

Al principio dell'anno scolastico 1950/51 ( metà ottobre ), a lavori ancora incompiuti, avvenne il trasferimento della scuola dalla sede di via Feletto 8 al nuovo edificio di Corso Brin.

Sempre per iniziativa di Tessitore, intanto, erano stati avviati i corsi diurni ( 1948 ).

Il numero degli allievi aveva superato ormai il migliaio di unità, mentre circa 60 professori si dedicavano gratuitamente all'insegnamento.9

« Furono trasferiti là i corsi serali, furono chiusi quelli festivi …e s'iniziarono i corsi diurni, con i quali la "Casa di Carità" raggiunse la sua compiutezza ». ( Bollettino, 1985-1, pag. 2 ).

Nel 1953 il Ministero del Lavoro riconobbe alla scuola il titolo di "Centro di formazione professionale" che dava accesso ai contributi pubblici.

Questo obiettivo fu raggiunto  grazie ad un'insistente campagna di promozione nel corso della quale molte autorità ( sindaci, ministri del lavoro, parlamentari ) vennero a verificare di persona il funzionamento della scuola.

Il Bollettino, nei primi anni '50, riporta dozzine di dichiarazioni lusinghiere rilasciate da politici e industriali, sia italiani che stranieri.

Si infittiscono anche le collaborazioni ed i rapporti con le grandi aziende ( Lancia, Michelin, Officine Moncenisio, Nebiolo, Microtecnica, Giustina ecc. ) e le relative cerimonie commemorative contornate da premiazioni e distribuzioni di medaglie agli allievi più capaci.

La "Casa di Carità", insomma, si è fatta un nome e gran parte del merito di questa grandiosa opera di sviluppo del consenso, va riconosciuta senza dubbio a Carlo Tessitore.

Quella per la Casa di Carità fu una lotta combattuta con le armi del buon senso e della fede, ma lo scontro con la gelida spietatezza degli importi di spesa e dei bilanci annuali, in certi frangenti, appariva davvero insostenibile.

Tessitore avrebbe avuto agio, dall'alto della sua posizione professionale, di condurre ben altra vita, di svincolarsi dalle angosce derivanti dalla gestione dell'Istituto, coltivando i suoi interessi prediletti: il canto gregoriano, lo studio della teologia, la botanica.

Per trenta lunghi anni, invece, restò in trincea a combattere per "i suoi ragazzi".

I momenti di crisi e di scoraggiamento che, a più riprese, minarono lo sviluppo della Casa di Carità furono molteplici e avrebbero potuto costituire un ottimo pretesto per abbandonare la fragile navicella dell'Unione ai marosi del destino.

I precedenti non mancavano. Negli anni trenta, prima ancora che fosse acquistato il terreno di Corso Brin, la scuola professionale ( allora in via Feletto 8 ) era stata funestata da un grave dissidio interno, che Tessitore, a distanza di mezzo secolo, non esitava a bollare con parole di fuoco: « … ci furono delle difficoltà interne, tra il Consiglio Generalizio dell'Unione … e la direzione della Casa di Carità, insofferente di disciplina, assai intraprendente, ma disordinatissima, tanto da chiedersi se quella scuola fosse ancora un'opera dell'Unione Catechisti.

Alla fine gli elementi ribelli se ne andarono …e anche questa bufera era passata ». ( Bollettino, 1985-1 )

Tessitore, grazie anche ad una grande dose di ottimismo e sangue freddo, non si fece mai sopraffare dalle avversità.

Era infiammato da una sorta di "zelo inestinguibile", per la santa "Opera" che era stato chiamato a costruire.

La "missione divina" affidatagli dal buon Dio aveva assunto, per lui, i toni di una sfida epica, in grado di marchiare in modo indelebile un destino: il suo.

Le difficoltà, in un certo senso, invece di abbatterlo, esaltavano le sue doti migliori.

« Dimostrava un sano ottimismo, una grande fiducia nella vita e nella Provvidenza …

Proprio perché aveva una visione del soprannaturale che lo aiutava a vivere così ». ( Michele Bertero ).

« L'ho conosciuto negli ultimi anni della sua vita, malfermo sulle gambe… andavo a prenderlo quando c'era qualche funzione alla Casa di Carità, e me ne parlava con entusiasmo, come di una cosa sua.

Mi parlava di quando era sorta, dei sacrifici che aveva fatto… ». ( Domenico Bovero ).

« Negli ultimi tempi, poco prima della morte, diceva: "Mi piacerebbe essere sepolto alla Casa di Carità, in mezzo ai miei ragazzi…"». ( Claudio Civalleri ).

Il 27 febbraio 1959, durante l'ultimazione dei lavori d'ampliamento - i quali registrarono un'intensificazione delle visite di parlamentari e ministri, tanto che nel 1958 la scuola venne definita, in Parlamento, un "modello di Istituto Professionale"10 - la salma di Fr. Teodoreto venne traslata presso la Casa di Carità.

L'articolo del Bollettino che riporta la notizia è seguito, non a caso, da un invito rivolto ai privati, probabilmente vergato dallo stesso Tessitore, che delinea molto bene il senso di una "missione" dalle finalità, certamente, non solo didattiche.

« Non si perda mai di mente che chi collabora con la Casa di Carità Arti e Mestieri … agevola la penetrazione del Vangelo in una società che sempre più paganeggia in un egoismo … ciecamente insensato ». ( Bollettino, gennaio-aprile 1959, pag. 29 )

Il fulcro dell'ammonimento risiede in quel "non si perda mai di mente", cui possiamo aggiungere un'altra affermazione, sempre riferita alla Casa di Carità, che troviamo nella conferenza tenuta dal Presidente a Bordighera nel 1951: "è Gesù che suscita questa iniziativa e che infiamma l'ambiente dove essa è suscitata".

Quando lo scoraggiamento prende il sopravvento significa che qualcosa ha smesso di bruciare.

Il grande orgoglio nutrito da Tessitore per la "sua" Casa di Carità, forse nasceva proprio dal fatto di essere riuscito a mantenere sempre "alta" la temperatura spirituale di quella scuola.

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7 Vedi: C. Tessitore, "II sessantennio della Casa di Carità Arti e Mestieri", Bollettino, 1985-1, pag. 2
8 Questo era il termine ufficiale adottato negli appelli del Bollettino dove, in quel periodo, apparivano richieste di questo genere: "Allo scopo di poter riprendere il regolare ritmo dei lavori … preghiamo tutti i nostri Sostenitori di venirci in aiuto per provvedere …: Ferro per inferriate barre 10 x 40 …
Impianti sanitari n. 70, Impianto calorifero: caldaia, tubi, termosifoni; Impianto elettrico: filo, conduttori, lampade, prese ecc. (cfr. Bollettino, nov.-dic. 1948, pag. 8. )
9 Vedi: C. Tessitore, conferenza ai novizi dei FSC, "Il nostro Istituto Secolare", Bordighera, 1951
10 Il Bollettino, gennaio-giugno 1958, pag. 17