Riflessioni sull'articolo 3 - terza parte

Settembre 1999 - Conti Domenico

- " I membri dell'Unione operano affinché la croce di Cristo si manifesti come trono di gloria, sorgente di perdono e di vita, di riconciliazione e di rinnovamento universale, suprema manifestazione della regalità del Signore " ( Nuove Costituzioni, art. 3 ).

I membri dell'Unione " operano " per il medesimo piano di salvezza del Signore Gesù, nel pieno adempimento, nello Spirito Santo, della volontà del Padre, come ha fatto Gesù.

Essi seguono, per operare come lui ha operato, la via che è Gesù.

La via del discepolo di Gesù, che è via di salvezza, è la via della croce, della croce gloriosa e glorificata di Cristo.

" Chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me " ( Mt 10, 33 ).

Occorre dunque operare seguendo il Signore.

Ma quali sono le condizioni, i presupposti necessari per percorrere la via del Signore, per seguirlo?

" Se uno viene a me e non odia suo Padre, sua madre, la moglie e i figli, i fratelli, le sorelle e persino la propria vita, non può essere il mio discepolo " ( Lc 14,26-28 ).

" Chiunque di voi se non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo " ( Lc 14,33 ).

" Se qualcuno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.

Perché se vorrà salvare la propria vita la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo la salverà " ( Mc 8,34-35 ).

La rinuncia ai propri averi

- Le condizioni per diventare discepolo di Gesù si distinguono per integrarsi come componenti dinamicamente correlate della sequela del Signore.

La rinuncia al proprio avere, il rinnegamento di sé, il prendere la propria croce devono essere mossi dal desiderio di essere con Gesù, di amarlo, di essere testimonianza del suo amore verso l'uomo, verso il mondo e verso la storia.

Infatti senza gesti concreti l'amore diventa presunzione d'amore, resta ancora amore di sé ad ogni costo.

I gesti concreti, senza amore motivante, si producono come strumentalizzazione dell'amore, volontà di autoaffermazione, conati velleitari di bontà e di solidarietà.

" Chi di voi non rinuncia a tutti i suoi averi non può essere mio discepolo ".

La rinuncia al proprio avere è essenziale per trasformarlo nell'essere in Cristo, nel comunicare con Cristo, nel concorrere a salvare il mondo.

I Catechisti sono chiamati a donare se stessi, la loro vita e ciò di cui dispongono, affinché gli uomini e le donne scoprano nel Signore, crocifisso risorto, la manifestazione dell'Amore, il volto misericordioso del Padre, la rivelazione e la salvezza dell'uomo, e nell'umanità piagata e gloriosa del Signore, la sorgente della resurrezione e della vita, il principio del rinnovamento universale.

- La rinuncia ai propri averi per i Catechisti si esprime concretamente nel generoso servizio perché i fratelli siano promossi nella loro qualità di chiamati, di soggetti responsabili, in Cristo Gesù, della vita della Chiesa e della società.

Rinnegamento di se stessi

- L' " operare " come dono di sé comporta il rinnegamento di se stessi.

Si tratta infatti di oltrepassare se stessi con il dono di se stessi, per fare la volontà del Padre.

Dono di se stessi, non per la propria autoaffermazione, dono di se stessi come lode, come ringraziamento, come risposta a Colui che è la sorgente della nostra vita, il principio della nostra identità, il fine di tutte le cose.

" Io sono l'Alfa e l 'Omega, il Primo e l'Ultimo, il principio e la fine " ( Ap 12,13 ).

Rinnegare se stessi non è calpestarsi, disprezzarsi, gettarsi via, il che è sempre orgoglio e superbia, ricerca disordinata del proprio successo o delusione di non averlo conseguito.

Rinnegamento di sé che è rigetto del farsi centro di una sinistra liturgia.

Rinnegamento di sé che è espiazione dei propri peccati e rifiuto di non voler altro che se stessi, di vedere gli altri, il mondo, la vita in funzione di se stessi.

Non si può operare per manifestare la gloria della croce di Cristo, la croce come sorgente di perdono e di vita se si rimane abbarbicati al rifiuto della detestazione dei propri peccati e del dono di se stessi.

Il rinnegamento di se stessi infatti si concretizza per e nel dono di Cristo al Padre, che è l'espressione suprema dell'amore, dell'agape.

Donarsi che significa mettere a disposizione se stessi per il bene, per la pienezza, per la felicità dei fratelli.

Prendere la nostra croce

- Come sviluppo del rinnegamento di se stessi, il Signore indica la necessità di prendere la croce.

" Prendere ", un gesto fermo, preciso e fiducioso.

" Prendere " la parte di croce salvifica che ci è riservata.

" Prendere " come accettare, come avvalersi delle sofferenze e delle tribolazioni che incontriamo nel nostro cammino verso il Signore.

Sofferenze fisiche e morali, sofferenze connesse con i nostri limiti e le nostre miserie, sofferenze che si incontrano nell'impegno di fedeltà a Dio e all'uomo, sofferenze che incontriamo nell'impegno di superare se stessi per essere buoni, sofferenze che incontriamo nello sforzo di essere miti e umili di cuore, di amare il prossimo come il Signore ci ha amati.

Prendere con le croci incontrate anche quelle connesse con lo sforzo di superare l'esaltazione di se stessi, il pessimismo, lo scoraggiamento, il senso del malinteso abbandono, una negativa passività.

Il vero amore di se stessi, con cui dobbiamo amarci, con cui dobbiamo amare gli altri, richiede che prendiamo ogni cosa dalle mani di Dio, dall'amore di Dio, dall'amore con cui Egli ci ama e ci ha amati fino alla morte di croce.

- " L'invito di portare la croce non è un precetto arbitrario, ma interpreta ed esprime un'esigenza interna derivante dall'inserzione del battezzato in Cristo.

Infatti chi vive la vita di Gesù accetta il suo modo di vedere, di apprezzare il Padre, il mondo e se stesso, e quindi è già Crocifisso con Cristo " ( Gal 2,20 ).

Per lui il mondo è crocifisso e lui è crocifisso per il mondo ( Gal 6,14 ).

Lo spirito di Cristo opera affinché il cristiano partecipi ai sentimenti di Gesù ( 1 Pt 4,1 ).

Il " suo uomo vecchio " è crocifisso in lui ( Rm 6,6 ).

" In particolare chi accetta la carità, come l'orientamento fondamentale della sua vita, impegna la sua esistenza nel servizio degli altri " ( Gv 13,12-20; Mt 23,6-18; Lc 22,24-28 ).

Ora, come spiega il Vaticano II, chi partecipa all'impegno di Gesù per gli altri sperimenterà l'inevitabilità della croce, " che dalla carne e dal mondo viene messa sulle spalle di quanti cercano la pace e l'amicizia " ( GS 38 ).

" Infine vale per tutti la necessità psicologica che la dedizione profonda e genuina al Signore si realizzi attraverso la sfida esistenziale e della prova" ( Rm 5,3-5 ).

Il prendere la croce non è solo importante per purificare la propria fede, ma " completa nella carne quello che manca ai patimenti di Cristo, in favore del suo corpo che è la Chiesa " ( Col 1,24 ).

Pio XII, nell'Enciclica " Mystici corporis ", " estende la dottrina attribuendo alla croce del discepolo un'efficacia anche in favore delle altre membra del corpo mistico ".

La Chiesa riconosce anche che la vita della Madre di Gesù e dei santi ha un valore meritorio e soddisfatorio tanto da far parte del " tesoro della Chiesa ".

" Ora, tutto ciò esige che sia possibile una partecipazione non solo alle sofferenze di Cristo, ma anche all'efficacia di esse " ( LM 62 ).

Si potrebbe dire " che la partecipazione volontaria alle sofferenze di Cristo è " quasi sacramento " di una partecipazione più intensa all'opera santificatrice della croce, in quanto esprime e produce un clima in cui Cristo vuole comunicarsi con maggiore abbondanza per il tramite di coloro che accettano di essere soci della sua passione ".

Il rinnegamento di se stesi, il prendere la propria croce vanno vissuti nell'amore di Cristo.

Amore per il Padre, amore per ciascuno di noi.

Se non si entra nell'amore di Cristo, l'insegnamento del Signore diventa incomprensibile e impraticabile.

Il rinnegare se stessi non è infierire contro di sé, ma è liberarsi da ogni attaccamento disordinato contro l'ordine delle cose, contro l'amore, contro la vita, contro l'impegno per la vita.

- " Chi avrà trovato la sua vita, la perderà e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà " ( Mt 10,39 ).

" Perché chi vorrà salvare la propria vita la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà  " ( Mc 8,35 ).

" Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà " ( Lc 9,24 ).

" Per causa mia e del Vangelo ", " per me ": il motivo del rinnegamento di sé, del prendere la propria croce sta tutto nell'amore, l'amore di Cristo, l'amore per Cristo e il suo vangelo che è il vangelo di salvezza perché è il vangelo dell'amore.

Il rinnegamento di sé e il prendere la propria croce non è dunque scomparire nella morte, ma procedere per il cammino della vita, la vita che è Gesù: " Io sono la via, la verità, la vita " ( Gv 14,6 ).

" Io sono la resurrezione e la vita " ( Gv 11,25 ).

- " La croce è sinonimo di disponibilità, di abnegazione, di libertà nei confronti di se stessi, delle sicurezze umane.

Fedeltà indiscussa, seguire l'esempio di Gesù, fare come ha fatto lui, sono condizioni per diventare collaboratori, per trasmettere la chiamata di Dio ad Israele, per annunziare il messaggio della venuta del Regno e compiere i segni e i prodigi che la confermano "

La sequela del Signore

- " La sequela è espressione della conversione permanete a Gesù Cristo ".

Seguire Gesù, in tutte le cose, è decisione che deve qualificare in radice la vita.

La condizione fondamentale per la sequela è voler fare, come e per Gesù, la volontà del Padre; è massima espressione di fede e di fedeltà a Dio, è risposta alla fedeltà di Dio.

" La sequela è legame, comunicazione con Cristo, è camminare in, con e per lui, per la via che egli ha percorso in obbedienza al Padre ".

Per questo occorre vivere con Gesù, in sintonia di comunione.

Occorre il colloquio perseverante della fede in tutte le cose, mediante tutte le cose, nella nostra condizione di laici e di secolari.

- Occorre esercitare un continuo discernimento per rendersi conto di che cosa significa seguire Gesù Cristo.

Seguire Gesù Cristo " è vivere, è amare, crescere in fedeltà, impegnarsi nella costruzione del Regno e a solidarizzare nella giustizia e nell'amicizia ".

Occorre da parte dell'uomo, da parte nostra una grande disponibilità permanente per discernere tratti comuni tra la nostra vita e quella di Gesù affinché si esprimano esigenze di armonia e non di un parassitismo ripetitivo.

La vitalità della sequela non dipende essenzialmente dal ripetere certe operazioni esteriori o interiori, ma nel confrontarsi costantemente con la luce che viene da Gesù, dal suo Spirito.

Non può essere una sequela di abitudinarietà che non venga rinnovata costantemente nel rapporto con Gesù prima di agire o di operare durante e dopo aver agito e operato.

" La vitalità prevalente della sequela è intima e ineffabile, si concretizza nella relazione di amore e di fede con Gesù Cristo e di fedeltà ".

" I Catechisti riconoscono nello Spirito Santo, promesso da Gesù nell'imminenza del suo sacrificio, Colui che intercede nei nostri cuori con gemiti inesprimibili, il maestro interiore che insegna la verità di Gesù, la sorgente della condivisione con Cristo, crocifisso risorto.

Docili all'azione dello Spirito di Gesù rimangono in lui per essere nel mondo, mente, cuore e mano di Cristo " ( Nuove Costituzioni, art. 11 ).

- " Sequela " comprende il rapporto di differenza sorto tra Gesù Cristo e gli uomini che si unirono a lui, e tra gli uomini del tempo di Gesù e gli uomini del dopo Gesù.

Si è cercato di ricostruire la vasta gamma di stili e di comportamenti.

Ma il compito si è dimostrato inesauribile.

" Camminate dunque nel Signore Gesù Cristo come lo avete ricevuto, ben radicati e fondati in lui, saldi nella fede come vi è stato insegnato, abbondando nell'azione di grazie.

Badate che nessuno vi inganni con la sua filosofia e con molti raggiri, ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo " ( Col 2,6-8 ).

" È in Cristo che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità " ( Col 2,8 ).

Le ragioni che dobbiamo scoprire e vivere riguardano Cristo, causa efficiente, causa finale, causa esemplare, causa meritoria della nostra salvezza, della nostra sequela.

Insegnamenti scritturali sulla sequela

Vi sono insegnamenti che riguardano gli apostoli e i discepoli, ma non mancano insegnamenti che riguardano tutti i fedeli.

Ne riportiamo alcuni.

- " Venite a me, voi tutti, che siete affaticati ed oppressi ed io vi ristorerò ".

" Prendete il mio giogo sopra di voi ed imparate da me, che sono mite ed umile di cuore e troverete ristoro per le anime vostre ".

" Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amato.

Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici " ( Gv 15,12-13 ).

" Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri.

Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri " ( Gv 13,35 ).

" Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tutto come te stesso " ( Lc 10,27-28 ).

" In genere Gesù chiede ai seguaci un'obbedienza che va fino alla rottura dei legami familiari e professionali che intralciano la comunione di vita stabile con lui e trattengono dal seguirli nei suoi spostamenti, dal prestare al suo servizio e collaborare con lui nell'instaurazione del regno " ( Lc 17,31 ss. ).

- Il pensiero di San Giovanni a proposito della sequela per sommi capi si svolge come segue.

" Ë giunta l'ora che sia glorificato il Figlio dell'uomo.

In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto.

Chi ama la sua vita la perde e chi odia la vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna.

Se uno mi viole seguire mi segua e dove sarà io lo sarà anche il mio servo".

Seguire è imitare, penetrare la vita e la missione in Gesù.

La sequela è " chiamata " vissuta " tenendo fermo lo sguardo di Gesù, autore e perfezionatore della fede " ( Eb 12,2 ).

- Secondo San Paolo la sequela si sviluppa dalla vita " in Cristo " e dall'imitazione.

È in Cristo che il Padre sceglie e predestina i suoi eletti e comunica la sua carità, la sua luce, la sua forza.

Il cristiano non ha che un solo problema: " L'amore a Cristo, l'essere in lui; attraverso Cristo raggiungere il Padre in cui è salvezza ".

" Nell'unione con Gesù Cristo il cristiano resta unito anche con i fratelli, diventa membro di una comunità nuova, il corpo di Cristo, che si costruisce nella carità " ( Ef 4,16 ).

Principio di unità e di vita è lo Spirito Santo che riempi il corpo glorioso di Gesù Cristo e in lui si comunica alle membra che in esso vengono inserite attraverso il battesimo  ( 1 Cor 12,3 ).

L'altra categoria paolina per la sequela è l'imitazione.

In altri termini si tratta di seguire il cammino che Cristo percorre.

" Cristo non è oggetto da imitare, è il soggetto attivo che deve ispirare la condotta del credente.

Nell'unione a lui la persona costituisce e realizza la propria identità e perciò l'adesione a lui non si pone tanto sulla linea delle cose da fare, quanto della realizzazione " del noi ": il momento operativo e successivo a quello conformante ".

" Cristo è il soggetto in, con e per cui il credente pensa, ama, opera ".

- Seguire Cristo oggi è " penetrarne la portata per l'uomo d'oggi significa riproporsi il problema di Gesù Cristo, della sua opera, della sua missione ".

" Seguire è imitare e imitare è più che ammirare: è calcare le orme di Colui che ci ispira; penetrare la vita e la missione di Gesù per conoscere a chi è Colui a cui il Padre attira; Colui che ci chiama, ci interpella, ci precede nella casa del Padre, opera non per sostituirsi a noi ma per renderci operante in sé.

La sequela non è la via alla perfezione, è la stessa perfezione, è l'identificazione della persona in Cristo che è salvezza per ogni credente ( Rm 1,16 ).

L'identificazione in lui unifica ma non massifica, struttura ma non è fissista, coinvolge, ma non deresponsabilizza; ci pone nell'eterno, ma non vanifica il tempo.

" Nella sequela esiste un solo problema: Gesù nell'umanità e l'umanità in Gesù ".

- La " sequela " è cammino, crescita nella croce di Gesù Cristo, " impressa nell'uomo mediante il battesimo.

È insieme segno " della nuova condizione delle persone della carità e della vittoria di Cristo ".

La sequela è l'imitazione di Cristo in San Paolo sono espressa da " vivere in Cristo " ai suoi eletti.

Cristo continua la sua carità in loro ( Rm 3,8 ss. ), la sua luce, la sua forza ( Ef 6,10 ).

Nell'unione con Cristo si resta uniti anche con i fratelli diventando membra del corpo di Cristo e si costruisce nella carità.

Principio di unità e di vita lo Spirito Santo che, nel corpo glorioso di Cristo, il crocifisso risorto, si comunica alle altre membra del corpo di Cristo.

" La fede operante in amore è segno di partecipazione alla vita di Cristo ".

" Essere, vivere in Cristo, deve costituire l'ispirazione unica ed esclusiva del battezzato ".

La sequela comporta la fedeltà a Dio e la solidarietà con l'uomo; la presenza attiva nella Chiesa e di questa nella società; la conduzione della vita personale e familiare.

La sequela del Signore ci rende partecipi dell'opera che svolge e ci responsabilizza con le nostre doti e capacità, nella trasformazione della storia e del mondo.

Ripetendo un pensiero già espresso occorre affermare che la sequela è crescita nella croce di Cristo, " impressa " nell'uomo con il battesimo.

Questo cammino è operare con tutto se stesso, nella propria vita, in ogni tempo e in ogni luogo " affinché la croce di Cristo si manifesti nella testimonianza e con la parola come trono di gloria, sorgente di perdono e di vita, di riconciliazione e di rinnovamento universale, suprema manifestazione della regalità del Signore ", così come recita l'art. 3 delle nuove Costituzioni.

" La sequela è sviluppo dell'incorporazione in Cristo, vita nella sua agape, nella sua croce.

Seguire è, l'abbiamo già detto, essere in Cristo, essere in Cristo che si serve di atteggiamenti e di comportamenti da assumere e da atti da seguire, è un modo di essere, di vivere, di esistere; è essere in comunione di vita e di pensiero con Gesù Cristo, vivo nelle comunità che credono in lui.

- Seguire Cristo non significa codificare i concetti espressi su di lui e sulla sua missione e aderire ad essi, parlarne, difenderli, elaborarli, trascurando il rapporto vivo e vitale con lui a cui di riferiscono.

La comprensione di Cristo che salva è intelligenza di amore, si sviluppa nella partecipazione alla sua vita, matura all'interno di essa.

Coloro che camminano con lui e lo amano, ascoltano la sua voce, crescono nel mistero della sua vita e di ogni vita, che diventa autentica nella partecipazione alla vita di Dio, nella comunione con il Padre e con lo Spirito.

" Tutto ciò deve diventare credibile nell'esperienza di ogni giorno ".

Il dono che Cristo offre in nome del Padre, già ora, anche se in modo imperfetto ( 1 Gv 3,2 ), è vivere nella vita nella quale Gesù è risorto.

La vita nella quale Gesù è risorto ci ripresenta e si ripropone la vita nella quale ha dato tutto se stesso per amore del Padre e per amore dell'uomo.

All'origine della chiamata del Padre c'è l'invito che Cristo trasmette agli uomini della partecipazione alla vita della Trinità.

- Non occorre insistere nell'analisi delle esigenze e dei fatti della sequela, trascurando la sorgente da cui scaturisce e da cui trae tutta la vitalità.

Occorre invece cercare di sviluppare il rapporto personale con Gesù attraverso le esigenze e i fatti della sequela.

Il " seguace " è qualcuno che si sorprende trasformato nell'agape e si lascia condurre, portare da quella misteriosa trazione che fonda la libertà, orienta le scelte, sostiene nella realizzazione, rende disattenti ai calcoli, sprigiona fedeltà e inventiva, costruisce il " noi " della comunione nei rapporti comunitari.

" Il fedele cresce nell'intimità con Cristo, accoglie in lui l'agape del Padre che … porta a diventare sorgente di comunione.

La via nella quale Gesù porta coloro che lo seguono è l' " amore fino alla fine " ( Gv 13,1 ) per il Padre e per gli uomini; l'eucaristia il dono di sé.

Quando all'origine c'è altro i rapporti sono di gregario, di suddito, ammiratore, esecutore, non di discepolo ".

Stiamo molto attenti che nella sequela non debbono esistere rapporti astratti, anonimi, ripetitivi.

Impariamo da Fra Leopoldo!

Rapporti vivi, concreti, personali con il dono di se stessi, della propria attenzione al Signore, con parole nostre rivolte a lui, sempre intenti all'ascolto di Gesù, con la massima confidenza, lo slancio più affettuoso.

Sequela che si alimenta anche con la lotta alle proprie difficoltà nei nostri rapporti con il Signore e con gli altri, per aprirci sempre di più a Gesù.

Occorre crescere nel ritenerci conosciuti da lui in tutto ciò che ci riguarda: la sequela è rapporto personale, cammino fiducioso, slancio d'amore con tutta umiltà.

Se " camminiamo con " i nostri rapporti prima o poi non mancheranno di personalizzarsi, se cresciamo con l'occhio rivolto al Signore sempre più ci conosceremo attraverso la sua conoscenza di noi.

Nella sequela sentiamo spesso di essere appellati dal Signore: " Mi ami Tu? ".

" La sequela in quanto legame con la persona di Cristo pone il discepolo sotto la legge di Cristo, cioè sotto la legge della croce che è la legge dell'amore, dell'agape ".

Alcune precisazioni circa la lotta contro il male

- Il messaggio della croce non è messaggio di cupo pessimismo.

Chi è unito a Cristo, e la croce ci unisce a lui profondamente come quasi-sacramento, partecipa " alla particolare provvidenza del Padre ( Mt 6,33 ), alla pace di Cristo ( Gv 14,27 ), alla sua gioia ( Gv 15,11 ), e pregusta la partecipazione futura della sua gloria, tanto da poter dire che chi è seguace del Crocifisso non riceve solo la vita eterna, ma, insieme con le persecuzioni, riceve anche il " centuplo " in questa vita ( Mc 10,30 ).

Tuttavia " il dolore che schiaccia la personalità " è contrario alla volontà del Creatore.

Se il dolore che impedisce che si eserciti il proprio dovere con animo sereno, è lecito, anzi spesso conforme con la perfezione cristiana, evitare o diminuire la sofferenza, in quanto ciò è compossibile con la volontà del Padre ".

La croce non spiega il male, ma può dargli un senso e con ciò diminuirne il peso.

" Ora il credente, nella luce del discorso sulla croce, scopre che il male per lui può avere una funzione positiva, in quanto lottando contro il male evitabile e sopportando pazientemente il male inevitabile, conformandosi a Cristo e sotto l'influsso della grazia di Cristo, egli può ottenere un valore positivo per sé e per gli altri, come, per esempio, espiare i peccati e perciò stesso il male diminuisce ".

" La lotta contro il male e la pazienza nel sopportarlo non sono alternative, sono due aspetti per lo più conseguibili di atteggiamenti cristiani davanti al male ".

- La sequela di Cristo comporta l'adempimento di tutti i doveri civili ed ecclesiali, sociali e comunitari; doveri familiari, professionale, politici, economici, culturali, propri della condizione di lavoro e di vita dei laici e dei secolari.

Tutto ciò richiede impegno senza presunzione e senza tergiversazioni.

La sequela di Cristo è sequela per il Regno: Regno di verità e di vita, Regno di santità e di grazia, di amore e di pace.

La sequela di Cristo è impegno di operare per il bene comune della Chiesa e della società, secondo il cuore di Cristo, così come raccomandava ai suoi Fratelli il Santo de La Salle, impegno di espiazione e di preghiera.

Se dalla fede non si possono direttamente dedurre le soluzioni concrete dei problemi e dei bisogni sociali, la fede, nutrita dalla carità, può ispirare il nostro impegno di ricerca e di realizzazione per soluzioni conformi alla dignità dell'uomo, alla sua identità di creatura chiamata a diventare figlio di Dio.

Persona umana, comunità ecclesiale, famiglia e società sono le principali realtà nelle quali e per le quali esercitare la sequela di Gesù, in lui e con lui.

Conclusione

- L'operare dei membri dell'Unione, secondo quanto è richiesto dall'art. 3 delle nuove Costituzioni, non è possibile se non si rimane in Cristo, nel suo amore.

" Rimanete in me e io in voi.

Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me.

Io sono la vite, voi i tralci.

Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto perché senza di me non potete fare nulla " ( Gv 15,4-5 ).

" In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli " ( Gv 15,8 ).

" Rimanete nel mio amore " ( Gv 15,10 ).

" Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena " ( Gv 17,13 ).

Nel realizzare la sequela del Signore ricordiamoci sempre le parole di Gesù:

" Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me.

Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il male! " ( Gv 16,33 ).

Inoltre non dimentichiamo la promessa di Gesù nell'imminenza del suo sacrificio:

" Quando verrà lo Spirito di verità egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che ha udito e vi annunzierà le cose future.

Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve lo annunzierà " ( Gv 16,13-14 ).

Amen!

Tutto e sempre con Maria, ai piedi della croce, Vergine Immacolata, Madre di Gesù e Madre nostra.