Aspetti del messaggio di Fr. Teodoreto

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La Casa di Carità Arti e Mestieri

È il terzo atto del messaggio di opere che per motivi essenziali si riferiscono a Fratel Teodoreto.

Il Nostro non ne è stato propriamente il "fondatore", ma si deve al suo consenso, al suo incoraggiamento, alle sue preghiere e ai suoi consigli se oggi la Casa di Carità Arti e Mestieri è una realtà viva e operante.

Niente di più "lasalliano" della Casa di Carità che è Scuola gratuita rivolta all'istruzione e formazione professionale, sociale e cristiana dei giovani che s'avviano alle arti e ai mestieri.

Tant'è vero che l'idea d'una scuola professionale rivolta appunto ai figli del popolo, fu del Fratel Isidoro di Maria, nel 1919, quando nel marasma del dopoguerra fervevano le lotte di parte, si succedevano scioperi e serrate, e tafferugli e violenze erano un po' dovunque all'ordine del giorno.

L'idea era ardita, e per la complessità e onerosità dei mezzi occorrenti, e per la difficoltà di avere Fratelli per una nuova Scuola, tanto più professionale.

Tuttavia era idea quanto mai opportuna, dato lo sviluppo crescente della tecnica, dell'industrializzazione; dato l'aggravarsi dei problemi umani e sociali riguardanti il mondo del lavoro.

Occorreva una spinta straordinaria, e questa venne e fu decisiva.

La sera del 24 novembre 1919, Fra Leopoldo, ignaro del progetto che s'andava maturando, prostrato in preghiera davanti al Crocifisso, raccoglieva questo messaggio: "Per salvare le anime e per formare nuove generazioni, si devono aprire Case di Carità per impartire ai giovani arti e mestieri …

Non bisogna lesinare, si richiede qualche milione … Se non fanno quanto io chieggo, si scaveranno la fossa".

Fra Leopoldo annota: "questo detto è rivolto ai Sacerdoti e ai ricchi".

Comunque, stupore del Frate che non sapeva da che parte rivolgersi, stupore di Fratel Teodoreto che conosciuto questo "detto" non tardò a ravvisarvi una provvidenziale conferma dell'opportunità di quanto il Confratello aveva pensato.

Consenzienti i Superiori per l'impressione prodotta da tale coincidenza, si incominciò col riunire un Comitato promotore, composto di degne e zelanti persone.

Purtroppo sorsero presto dissensi e titubanze. La Commissione incaricata elaborò un precipitoso progetto di massima così impegnativo e gravoso da produrre nel Comitato la "sfiducia, la quale andò anzi aumentando allorché si venne a trattare la questione del locale"75 troppo grandioso per gli inizi.

Poi non fu compresa, sia pure in buona fede, l'insegna che il Signore voleva: quella "Carità" si sarebbe prestata, secondo alcuni, a fraintendimenti; neppure la gratuità parve cosa conveniente.

Così morì il primo tentativo di realizzare la Casa di Carità; ma non tutto andò perduto: ne nacque l'attuale Istituto Arti e Mestieri di corso Trapani "costruito dai Fratelli delle Scuole Cristiane della Comunità più povera della Provincia".76

E siccome parecchi vi avevano lavorato "animati da spirito soprannaturale … e con grande sacrificio, Iddio avvalorò i loro sforzi e mantenne le sue benedizioni sull'Istituto".77

Intanto – è Fratel Teodoreto che scrive - "negli anni 1917-18 i Catechisti tennero aperto nei locali di via delle Rosine un doposcuola per aiutare gli studenti delle Scuole secondarie inferiori ad eseguire i compiti e per far loro il catechismo.

Tra i 150 alunni di detto doposcuola, alcuni andarono in seminario, altri in ordini religiosi o entrarono nell'Unione.

Nel 1921 i Catechisti per sollevare i Fratelli di S. Pelagia da un lavoro eccessivo, li sostituirono nelle Scuole Serali sia per l'insegnamento scientifico, sia per il catechismo.

Nel 1925 alcuni Catechisti che si recavano ogni domenica a Poirino … per fare il catechismo e tenere l'oratorio, vi aprirono pure una Scuola festiva sul modello di quella aperta da S. Giov. Battista de La Salle a Parigi.

Lo stesso tipo di Scuola festiva ma più grande, venne aperta dai Catechisti in Torino nella Parrocchia di N. S. della Pace.

Questa Scuola prese grande sviluppo … e … ha per titolo scritto a grandi caratteri: "Casa di Carità ".

In detta Casa di Carità venne trasportata la Scuola serale di via delle Rosine ( Sezione Industriale iniziata dai Fratelli)  e fu la Divina Provvidenza che volle salvare, almeno in parte, quelle Scuole Serali tenute dai Fratello con tanti sacrifici e senza interruzione dal 1846 ad oggi".78

La prima Casa di Carità Arti e Mestieri nacque così, realizzata dai Catechisti; prima con corsi festivi ai quali presto s'aggiunsero quelli serali; l'ultimo passo furono i corsi diurni inaugurati nella vecchia sede di via Feletto nell'anno 1949-50 e trasferiti con tutto il resto nella moderna sede attuale, in corso Benedetto Brin.

L'esperienza ha dimostrato che l'insegna "Casa di Carità Arti e Mestieri" è programmatica, e che unita ai "detti" di Fra Leopoldo favorisce un orientamento generale che ha del prodigioso.

Questa Scuola la si potrebbe definire come espressione viva e operante dell' "umanesimo cristiano del lavoro".

Essa si configura in primo luogo come opera educativa per le nuove generazioni di lavoratori, e conseguentemente come movimento sociale promotore di un clima nuovo di giustizia e di solidarietà cristiana.

Il programma è: "salvare le anime" e "formare nuove generazioni", "impartendo ai giovani arti e mestieri".

Non v'è infatti salvezza alcuna senza "formazione".

Il cristianesimo non è una pura metodologia di salvezza, un rito magico che ignora la sostanza di ciò che è da salvare.

Senza verità che illumini, senz'amore che riscaldi, l'uomo non è "salvo", cioè non si consolida unificandosi, nella sua indistruttibile pienezza entitativa, né quindi si stabilisce nel gaudio e nella gloria del suo essere stato definitivamente corrispondere e unito all'Essere.

Salvare e formare si equivalgono.

Tuttavia il primo termine esprime la lotta contro la perigliosità intrinseca della vita terrena, il riscatto dal male che incombe in chi vive quaggiù; il secondo termine invece piuttosto considera lo svilupparsi dall'intimo, il tendere plastico verso l'attualità del proprio dover essere, il consolidarsi profondo dell'uomo.

Comunque, il compito terreno ( nel nostro caso il mestiere ) è tutt'altro che estraneo al fine ultraterreno.

L'uomo non vive mai una pura storia terrena.

Il compito pur valendo di per se stesso, non è assolutamente chiuso e definitivo, ma è rimando all'ulteriorità a cui "allude" e verso cui si sforza, e perciò appunto verso cui si costituisce come "via".

Formare cristianamente nuove generazioni "mediante" il mestiere è uno degli scopi essenziali dell'Opera.

Infatti il mestiere ( in quanto importa impegno profondo ed equilibrato concorso d'intuizione, di precisione, di scelta dei mezzi efficaci, di sforzo fisico, di tenacia costruttiva, di sanamente critico, di forti virtù morali ), ha un potere educativo formidabile sempre che venga impartito ed esercitato umanamente e meglio ancora cristianamente, e cioè avendo di mira in primo piano il fatto umano e spirituale che esso comporta e in cui si risolve, tanto per quello che concerne il lavoro. quanto per quello che riguarda il prodotto e la sua destinazione.

Il mestiere non può rimanere un mero strumento di produzione, strumentalizzante l'uomo, ma deve farsi consapevole e libera esplicazione personale, trasfigurazione e nobilitazione del mondo, ascetismo purificante, redenzione, compito di fraternità, momento di elevazione, contemplazione, nell'azione, imitazione della divina fecondità.

Tutto questo in forza della disciplina che il mestiere impone, per le virtù che esige, per la libera inventività che lo promuove e lo dirige, per quell'afflato di amore generoso che richiede e secondo cui deve esplicarsi, per quella religiosità che lo intride.

L'aggiornamento tecnico, l'esame accurato dei problemi umani che il mestiere comporta, diventano perciò un dovere, e un mezzo indispensabile per la concreta educazione dei giovani, i quali vengono del resto sensibilizzati all'adempimento puntuale dei doveri di stato, come estrinsecazione di carità.

Prima ancora però è indispensabile che il mestiere sia visto così da chi lo fissa nella struttura e nel ritmo, e da chi lo esige esercitato, poiché non c'è disumanità che non si paghi prima o poi, poiché ogni violenza è disordine ed instabilità che non può non ripercuotersi anche là dove si attendeva un durevole ed abbondante profitto.

Niente, nel campo umano è un puro dato di natura su cui si possa esercitare il diritto, di conquista e di assoluta strumentalizzazione: il profitto stesso che viene dal lavoro è intriso di valore umano, e deve avere un'alta destinazione umana.

Certo, quel "di Carità", riferito al lavoro, è parola del Cristo.

Infatti nel lavoro vi è qualcosa di naturalmente "evangelico" che attende ed invoca il Cristo per potersi pienamente manifestare e sublimare.

Con tutto l'uomo il lavoro, massima estrinsecazione ed affermazione umana, attende la Redenzione.

Per comprendere ciò bisogna calarsi nell'intimo stesso del processo che il lavoro comporta, bisogna penetrare dentro le strutture proprie dell'umana operosità; ma con Cristo, alla luce del suo esempio e del suo messaggio.

Questo non solo per capire le interiori antitesi in cui il lavoro si dibatte, ma per portarvi soccorso e soluzione liberatrice.

Senza Gesù il mestiere non ritrova compiutamente il suo complesso senso "umano" e tanto meno quello divino.

Senza di Lui l'esplicazione del mestiere non riesce a sciogliere in una sintesi di vita superiore, le contraddizioni che lo affliggono, cioè la spontaneità dell'azione e la costrizione che la disciplina, la gioia della realizzazione e il dolore dello sforzo e l'oppressione della monotonia, l'esaltazione della persona e la sua strumentalizzazione nella prestazione, la ricreatività del gioco e la serietà dell'impegno responsabile.

Risolvere queste antinomie, significa scoprire il senso della vita che le spieghi e le faccia aspetti, per l'uomo, di un unico slancio elevante, slancio che è ad un tempo penitenza e santificazione, riscatto e sublimazione.

Così, quel "Casa di Carità " riferito all' "Arti e Mestieri", armonizza quelli che per molti, oggi, sembrano contrasti irriducibili.

"Casa di Carità Arti e Mestieri": l' "umanesimo cristiano"non ha da rimanere astratto e più o meno sovrapposto al "tecnicismo" e al "produttivismo" ma si sviluppa e si esplica assumendo il mestiere, la professione, il momento tecnico-produttivo quale suo importante aspetto, facendo della "prestazione" professionale una manifestazione intelligente e libera, e perciò trascendente, d'amor di Dio e di amor del prossimo.

Non solo, nell'insegna è risolta l'antitesi tra "cultura" e "specializzazione" in quanto la "Casa", e per di più "di Carità", cioè l'uomo, il cristiano, rimane il fondamento e l'orizzonte in cui il mestiere va considerato ed esercitato facendolo nucleo di attività impegnata ed organizzata, che di riflesso aiuti la crescita coerente ed armonica della personalità anche negli altri settori.

" … di Carità".

È indispensabile che il mestiere si produca come Carità, in tanto verso Dio, affinché sia di onore e di rispetto verso se stessi e verso il prossimo. Infatti se è vero che l'uomo deve impegnarsi nel compito professionale, questo deve avvenire senza che l'uomo si dissolva, per così dire, in esso, anzi è indispensabile che ci si impegni al punto di trascenderlo nel suo libero tendere a Dio nel Cristo.

D'altro canto, la carità pur impegnando seriamente i giovani nel lavoro, li preserva dall'idolatria e dall'asservimento, facendoli serenamente fiduciosi dell'esito che essi rimettono alla misericordia e provvidenza divina.

In fondo, è un problema di fini quello che angustia il mondo, è un problema di punti ultimi di convergenza.

Non sono da chiamarsi in causa tanto le aberrazioni prossime e presto palesi, quanto piuttosto quelle remote, di fondo.

Il male non è tanto nel "tecnicismo" e nel "produttivismo" quanto piuttosto è nell'aver perduto o non mai acquistato il senso della loro redimibilità in una visione "cristocentrica".

Non per nulla il "manifesto programmatico" della Casa di Arti e Mestieri viene dal Crocifisso.

L'incontrarsi con Cristo, il lavorare per Cristo, l'instaurare ogni cosa in Cristo: è l'unica autentica "rivoluzione", e perciò anche autentica "conservazione", che salverà con tutto il resto anche il mondo del lavoro.

Ancora, che una Scuola debba essere "Casa", è sottolineare vigorosamente il compito educativo, è riaffermare la responsabilità di "paternità" che sono proprie dell'educatore, è richiamare i discepoli alla docilità, alla fiducia, alla riconoscenza "figliale" verso il maestro.

"Casa", ricorda che l'attività del giovane non si esaurisce nel solo ambito dei cantieri e delle officine: "Casa" ricorda che la persona umana va rifocillata, protetta, amata in tutto e al di sopra di tutto, fuorché di Dio, a cui è destinata come figlio al Padre.

Perciò l'istruzione e la formazione cristiana è fondamentale all'opera educativa svolta e la impegna fortemente in questo senso: "Tutto l'andamento delle Casa di Carità che si edificheranno splenda cristianamente e cattolicamente".79

Nemmeno le persone di cultura possono mancare in un'opera simile intesa a plasmare nel giovane non solo il lavoratore, ma anche il membro di famiglia, il cittadino, comunque l'uomo e il cristiano, in tutte queste manifestazioni e in se stesso.

Programmi ed iniziative poggiando ed alimentandosi ad un terreno dichiaratamente cristiano, tendono a risolvere i delicati problemi inerenti l'educazione dei giovani, col vero, col buono e col bello.

Insomma, la giustizia della carità non impone solo la giustizia economica, ma principalmente quella spirituale.

Del resto la "cultura" è la forma di ricchezza più pregiata e indispensabile.

Questo nell'ambito della Scuola, la quale benché autonoma quanto lo richiede il suo intento che non può essere subordinato a chicchessia, è tuttavia inserita nel contesto sociale e prossimamente collegata da un lato alle famiglie dei giovani, e dall'altro alle imprese di produzione.

La gratuità assoluta verso le prime, richiede un concorso convinto e solidale delle seconde.

La storia ormai trentennale dell'Opera poggia sul cardine dell'assoluta gratuità per gli allievi.

Senza la gratuità, d'altro canto, è di fatto impossibile per troppi l'accesso a quell'indispensabile mezzo di sostentamento e di attività intelligentemente produttiva che è il mestiere.

Senza aver la pretesa di asserire o meno la giustizia o l'ingiustizia legale di una situazione, si attende il soccorso della Provvidenza attraverso l'aiuto fraterno di coloro che più direttamente beneficiano dell'Opera svolta dalla Scuola.

È un diritto di tutti quello di poter esplicare un'onorata seppur umile attività, è un dovere di chi può e se ne serve, il concorrervi.

Comunque è un aiuto che il fratello che ha, dà al fratello che non ha.

Così la Casa di Carità si articola anche come movimento diffusivo di principi sociali cristiani specialmente tra imprenditori e dirigenti, oltreché tra gli allievi.

Così essa si presenta come Scuola professionale a fianco delle Aziende, dalle quali attende orientamenti e sussidi tecnici e mezzi economici, e alle quali fornisce maestranze consapevoli, disciplinate, animate da sincero spirito di collaborazione.

L'autonomia che le è propria assicura da un lato il conseguimento di quelle finalità e iniziative difficilmente raggiungibili sotto altre insegne che non siano quelle scolastiche. Infatti si tratta di proteggere la delicata opera di assecondamento e di stimolazione educativa dai sussulti della produzione; si tratta di facilitare al massimo l'intesa e la fiducia reciproca tra maestro e discepolo; si tratta di rendere più stretti possibili i rapporti coi genitori.

Ma non basta - ripetiamo, - una Scuola così concepita si offre come terreno d'incontro e di reciproca comprensione tra datori di lavoro e i giovani lavoratori e consente di gettare basi sicure alla loro futura collaborazione nel settore produttivo.

Ci sembrano in questo modo scongiurati il paternalismo o l'indifferenza imprenditoriali, la schiavitù e l'inconsistenza umana dei lavoratori, l'esautoramento delle prerogative educatrici che sono proprie della famiglia e per essa della Scuola, lo strozzamento della circolazione di grazia che da Cristo alla Chiesa e da questa alla Scuola raggiunge le giovani anime e per esse si riversa negli ambienti di lavoro facendoli luogo di elevazione umana e di santificazione ad un tempo.

Attualmente, importanti industrie hanno incominciato a considerare la Casa di Carità come la Scuola di lavoro indispensabile a formare almeno una parte delle loro maestranze.

Il meccanismo delle sovvenzioni è vario.

Ai contributi del Ministero del Lavoro si aggiungono quelli delle Aziende in base al numero dei Buoni Scuola prenotati.

In più vi si sommano i concorsi di Enti pubblici e privati, di benefattori che compresi dell'estrema importanza dei problemi imposti dalla indispensabile elevazione cristiana delle giovani leve del lavoro, intendono contribuirvi.

La gratuità è assoluta, benché non manchino le offerte spontanee di allievi ed ex-allievi, offerte per le quali più che per l'entità delle somme, sono un confortante segno di riconoscenza e di attiva partecipazione alla vita della "Casa" comune.

Inoltre le Aziende interessate versano ai giovani assistiti premi in denaro, in base al punteggio conseguito, e si sobbarcano le spese

dei libri e della cancelleria.

In Italia un'opera simile, benché ancora modesta in quanto alla estensione, si dimostra all'avanguardia per la vitalità e I'organicità feconda dell'impostazione, aderente ai multiformi aspetti tecnici, economici, educativi, sociali e apostolici che il problema affrontato comporta.

Tutto ciò è quanto si può dedurre da quello che il Signore ha manifestato a Fra Leopoldo, ed è quanto la tradizione lasalliana dovrebbe produrre, o almeno, così pare.

Per questo Fratel Teodoreto sostenne senza smentite, quest'Opera, e guidò i suoi Catechisti, che la realizzarono.

E poi, non è forse l'On.mo Frère Athanase-Emile che dopo aver parlato ai Fratelli della Casa di Carità li invita: "En prendre occasion pour rappeler le but primordial pour Iequel avons été établis? ".80

I risultati sinora raggiunti, fanno pensare che cosa sarebbe del "problema operaio", se l'Istituto dei Fratelli da cui sorse l'idea della Scuola ( Scuola che il Signore stimolando e approvando volle caratterizzata come Casa di Carità ), decidesse di riprendere ogni cosa su vasta scala, utilizzando magari l'esperienza di Torino.

Tanto più, se si riflette che ormai molti abitanti della campana si riversano nelle città a lavorare; e pur mantenendo dimora nei paesi d'origine finiscono, causa esigenze di lavoro e soprattutto per la mentalità purtroppo prevalente nei cantieri e nelle officine, di distaccarsi sempre più dalle assidue cure dei parroci; non solo, ma si vengono disancorando dalle migliori tradizioni locali per cadere in una genericità "umana" povera e desolante.

Il costituire Scuole operaie cristiane non solo nei capoluoghi, ma anche nei punti nevralgici del circondario, ci pare un contributo, d'importanza incalcolabile, alla soluzione cristiana di complessi problemi economici, morali e sociali.

Tra l'altro, il fornire localmente maestranze preparate e disciplinate, potrebbe essere, assecondando il decentramento delle industrie, un aiuto al decongestionamento delle città.

Per queste sedi foranee, oltreché per le sedi provinciali, assistendo ed animando iniziative locali, tuttavia le richieste sono più numerose e continuano ad aumentare: ma mancano i Catechisti …

D'altra parte, le Scuole operaie cristiane sarebbero un magnifico campo di apostolato efficace anche per l'Azione Cattolica.

È quello che da due anni i giovani del "Ferrini" stanno realizzando a Torino, presso il Collegio S. Giuseppe, non certo senza l'esempio e l'esperienza anche dell'Unione.

Insomma, il problema della qualificazione professionale è, almeno in Italia, vivissimo.

Molte sono le iniziative più e meno improvvisate sorte per affrontarlo.

Gli imprenditori si stanno movendo in cerca di scuole; del resto non mancano possibilità di ricevere contributi statali.

Attualmente esistono circostanze assai favorevoli alla moltiplicazione delle Case di Carità ; fra qualche anno, forse, sarà troppo tardi e molte cose andranno definitivamente perdute.

Comunque, la Scuola professionale cristiana è oggi uno dei mezzi più aggiornati ed efficaci per contribuire al rientro nella Chiesa di tutta una moltitudine di lavoratori, e per concorrere all'elevazione generale e cristiana della società.

Per quanto gravi siano i problemi soprattutto formativi di questa nuova classe di insegnanti e di istruttori, accetteranno i Fratelli di moltiplicare le Case di Carità?

Non potrebbe essere questo un potente richiamo di nuove e valide vocazioni, un contributo ad un approfondimento delle caratteristiche essenziali del loro Istituto?

È possibile almeno, favorendo vocazioni catechistiche appoggiare una grandiosa affermazione della Casa di Carità, oltreché a Torino, in qualche altra grande città d'Italia, a Milano, ad esempio?

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75

Fr. Teodoreto, in Fra Leopoldo, pag. 186.

76 Ibid., pag. 290.
77 Ibid., pag. 287-288.
78 Da un manoscritto di Fr. Teodoreto contenente uno schema di conferenze ai Fratelli.
79 Così Gesù a Fra Leopoldo il 27-12-1919. Cfr. Fr. Teodoreto, in Op. cit., pag. 182.
80 Frère Athanase-Emile, Circulaires Instructives et administratives, n. 328, pag. 28.