Gli Istituti secolari

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4. Condizione canonica del membri

Il c. 711 è di una importanza capitale sia per il diritto generale delle persone nella Chiesa, sia per la verità e il significato della vita consacrata secolare.

Per il fatto della sua consacrazione, un membro di istituto secolare non cambia la sua condizione canonica nel popolo di Dio, ossia, se laico resta laico, se chierico secolare resta chierico secolare; il canone aggiunge - era necessario? - « salve le disposizioni del diritto a proposito degli istituti di vita consacrata ».

È cosi posta, per la prima volta ed esplicitamente, la questione degli stati di vita nella Chiesa: un chierico si distingue dal laico; quest'ultimo era definito come non-chierico; chierici o laici possono essere religiosi.

La vita consacrata religiosa comporta una separazione dal mondo; la vita consacrata secolare, al contrario, è presenza al mondo e inserimento in un dato ambiente.

Fin dalla loro approvazione, gli istituti secolari hanno posto il problema degli stati di vita.

Chiericato e laicato sono stati di vita, come pure la vita religiosa.

Un chierico o laico religioso non è "secolare", ma oggi occorre distinguere.

Un chierico è religioso o secolare come un laico è secolare o religioso; tuttavia essere "secolare" non è una condizione particolare: il religioso esce da un gruppo di persone per distinguersi da esso; il "secolare" significa che non fa ciò che fa il religioso …

Ci sono tre gruppi di persone: chierici, religiosi, laici.

Era l'ordine del Codice del 1917 che fissava una lunga tradizione.

Con il c. 711 è cambiato lo stato della questione: il chierico è un ministro ordinato, il laico non lo è; il religioso si separa dal mondo, il secolare nella vita consacrata rimane secolare, nel suo stato di vita precedente.

Bisogna dunque distinguere chierici e laici in rapporto all'ordine sacro; religiosi o secolari in rapporto al mondo; consacrati e non consacrati in rapporto alla consacrazione mediante Ì consigli evangelici.

Tuttavia il non consacrato non fa gruppo associativo, mentre il chierico fa gruppo in rapporto al laicato: il laicato, sempre più cosciente del suo stato di vita, prende coscienza della sua missione propria.

Ma vi è il laicato o vi sono i laicati?

Il chierico ha un ministero determinato: il laico può essere celibe o sposato, vedovo o vedova, così come sarà fanciullo, adolescente, fidanzato, candidato al sacerdozio o chiamato alla vita religiosa.

Il laicato include un numero tale di situazioni che, quando si parla oggi di un laico impegnato, bisogna per questo fatto distinguerlo dagli altri laici.

Queste sfumature, che non si possono né ignorare né trascurare, pongono un problema più attuale.

Si può avere più di uno stato di vita?

Senza vedervi difficoltà maggiori, correntemente il chierico era membro del clero diocesano, il laico semplice fedele, il religioso era prima di tutto religioso …

Bisognava già sfumare, per parlare di un religioso laico, fratello converso o coadiutore, di un religioso sacerdote, canonico regolare, monaco, religioso di vita apostolica …

Tutto considerato, il c. 711 pone la questione di un duplice stato di vita: secolare e consacrato, chierico secolare e laico secolare, entrambi consacrati.

La cosa stupisce; non si era abituati a simili difficoltà!

Oggi, negli istituti secolari, un laico consacrato resta laico secolare, un chierico secolare resta secolare, diocesano.

Invece un chierico membro di una prelatura personale, è secolare senza essere diocesano; sarebbe stato equivalentemente diocesano, se la prelatura fosse stata riconosciuta come chiesa particolare, diocesi personale, come dice PO 10b.

Sia nel Concilio che nel Codice, la questione non è stata né sollevata, né chiarita; sono gli istituti secolari ad aver posto il problema, vitale del resto per essi.

La loro consacrazione di vita non li fa uscire dal loro ordine di persone, dal loro ambiente di vita, dal loro stato primario!

Ma il loro non è un caso unico.

Il Concilio ha ammesso il diaconato di uomini sposati; questi ultimi hanno un doppio stato di vita, quello del matrimonio e quello del diaconato: il primo è laicale, il secondo clericale …

Alla luce di questi fatti concreti, bisognerà un giorno rivedere il c. 207 del Codice attuale; bisognerà chiarire le posizioni del Vaticano II, di cui si capiscono le incertezze quando parla di "stato" o di "ordine" di persone e di "condizione di vita" in una stessa frase!

Non vi sono forse in Concilio due posizioni in rapporto al laicato?

È laico chi non è chierico, ed è laico chi non è né chierico né religioso.

La prima distinzione è di diritto divino?

La seconda non è una definizione, è una descrizione!

Ciò fa capire l'imprecisione di queste nozioni che includono realtà vitali per la Chiesa.

La vita consacrata è uno "stato di vita"; ciò è affermato nel c. 207 come nel c. 574.

La commissione ha deliberatamente evitato di riprendere un testo di LG 43b: testo polemico, esso rifiutava una posizione di Pio XII che diceva che i religiosi formano uno stato intermedio tra chierici e laici.

Così come è polemica la presa di posizione di LG 44d che esclude i religiosi dalla struttura gerarchica della Chiesa.

I religiosi vivono forse ai margini della gerarchia?

Questione compromessa da dibattici penosi.

E di quale gerarchia si parla? Abbiamo già segnalato queste posizioni partigiane; esse non onorano il Concilio Vaticano II e meno ancora i redattori di questi testi.

Resta una questione da chiarire: come interpretare in questo c. 711 il termine "laico"?

Nel senso di LG 31b, o nel senso di LG 43b?

Sembra bene che laico voglia dire "non-chierico"; ma il termine potrebbe intendersi come in LG 31b: è laico colui che non è né chierico né religioso.

Bisogna però precisare: qui chierico e laico conservano il loro senso primario: chi non è chierico è laico; entrambi possono essere nella vita consacrata.

Questa sarà religiosa o secolare; la prima separa dal precedente stato di vita, la seconda lo rafforza!

Questo rafforzamento è importante: un chierico, a titolo della sua consacrazione secolare, è a un titolo nuovo inserito nel suo presbiterium; un laico, in forza della sua secolarità consacrata, è inserito a titolo di una vocazione nuova e specifica nel laicato che egli non abbandona, e che non può abbandonare, se vuoi vivere la grazia della sua vocazione e della sua consacrazione di vita.

Si può concludere che il c. 711 esprime fortemente e indiscutibilmente la vocazione alla secolarità consacrata, come consacrazione e presenza, come fermento nell'ambiente e rafforzamento dello stato di vita nel quale fu ascoltata questa chiamata, e nel quale deve viversi la consacrazione.

Come noteremo anche in seguito, un istituto secolare non può cambiare la condizione originale dei suoi membri; il laico rimane nel laicato, il chierico secolare resta diocesano; una incardinazione di chierico in un istituto secolare è di fatto un controsenso.

Il c. 715 § 2 considera questo chierico ad instar religiosorum; come un religioso nei confronti del vescovo della diocesi in cui vive e lavora …

Due istituti secolari di chierici avevano l'incardinazione dei loro membri nell'istituto; uno è oggi società di vita apostolica, l'altro è prelatura personale.

Sarebbe stato più preciso e più chiaro proibire ogni incardinazione di chierici in un istituto secolare.

Ci si può chiedere se il c. 715 § 2 non contraddica il c. 711 per il fatto che l'incardinazione nell'istituto si oppone all'incardinazione normale nel clero secolare; d'altra parte, non si può dire che è "cambiata" la condizione canonica del chierico incardinato nell'istituto, se non è mai stato incardinato in una diocesi …

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