Gli Istituti secolari

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5. Portata degli impegni

È comprensibile che si tratti anzitutto della portata degli impegni, considerata l'espressione "secolare" che bisognava trovare loro, e che fu uno degli sforzi più innovatori degli istituti secolari.

Ma prima ancora di parlare dei consigli evangelici, è opportuno chiarire l'importanza e le dimensioni della consacrazione di vita secolare.

Pio XII ha assai felicemente fissato questo progresso dottrinale dicendo che l'elemento essenziale e fondamentale è la consacrazione a Dio e agli uomini, che assume le dimensioni della redenzione mediante il sacrificio di Cristo morto per amore del Padre e per amore degli uomini suoi fratelli.

Inoltre, questa consacrazione è una consecratio mundi, una consacrazione del mondo a Dio e una santificazione della creazione attraverso la preghiera e l'azione di uomini uniti con Gesù Cristo e mossi dal suo Spirito.

Questa visione globale costituisce la ricchezza, e diciamo pure l'originalità della vita interiore degli istituti secolari e dei loro membri; essa permette di vivere con ardore una presenza al mondo spesso nascosta e, a prima vista, inefficace, senza opere proprie e senza testimonianza pubblica, testimonianza comune a tutti i compagni di strada.

Cercando di vivere in piena secolarità i tre consigli evangelici, il loro senso profondo è stato meglio espresso come atteggiamento di filiazione divina in unione con il Verbo incarnato; è nello stesso tempo apparsa così la loro ricchezza di adattamento, salvo sempre restando l'essenziale di ogni consiglio in particolare.

Questo lavoro di ricerca, non ancora terminato, non poteva né doveva essere codificato.

Il c. 598 delle norme comuni era sufficiente; esso chiede a ogni istituto, alla luce del carisma proprio, di determinare come esso vive i consigli di castità, di povertà e di obbedienza, secondo il suo genere di vita particolare.

Lavoro che anche gli istituti religiosi sono ora invitati a fare, e che per essi fu in passato ostacolato da norme giuridiche troppo uniformi e troppo concrete del precedente Codice.

a. Povertà secolare

La povertà evangelica è stata vissuta da Gesù Cristo.

Essa esprime e rivela la sua filiazione, e raggiunge la sua pienezza in questa semplicissima parola: « Tutto ciò che è mio, è tuo », risposta data alla generosità del Padre verso il Figlio suo: « Tutto ciò che è tuo, è mio ». ( Lc 15,31 )

La povertà evangelica si situa dunque nella profondità della vita trinitaria.

E cosi assicurata la libertà d'anima necessaria a una vita consacrata secolare, che le permette di essere poveri nella ricchezza, slaccati dai beni di questo mondo mentre ci si serve di essi, mortificati nel loro uso personale senza nuocere alle esigenze della presenza consacrata in pieno mondo, e all'adattamento ai diversi ambienti di vita che una tale vocazione suppone.

La povertà vissuta in un istituto secolare non è necessariamente identica per rutti i membri; essa si vive in ambienti sociali diversi, anche se attua un punto comune di austerità e di generosità personali che tutti i membri vogliono salvaguardare.

È così posta la questione della povertà dell'istituto, che in una secolarità vera e radicale può rinunciare a proprietà proprie, a capitali ingenti e a risorse comuni assicurate.

Dato che questi istituti vivono dei contributi garantiti dai loro membri, l'istituto Stesso può vivere in piena povertà, senza avere beni stabili e redditizi, in dipendenza da ciò che offrono i membri - un minimo di partecipazione sarà fissato dalla direzione dell'istituto - anche per quanto riguarda la vita dei responsabili, se questi non possono conservare un loro lavoro professionale e far fronte alle proprie esigenze.

È tuttavia auspicabile che i membri dell'istituto conservino un contano con le realtà terrene, abbiano un lavoro professionale retribuito, e possano cosi vivere concretamente la loro secolarità consacrata.

Questa esigenza è vitale per la serietà di una vita consacrata secolare; essa ha necessariamente un influsso sull'organizzazione, sulla direzione e su una certa ripartizione delle responsabilità nel governo dell'istituto.

Tutti questi aspetti non fanno che rivelare la ricchezza e la varietà di forme che assume la povertà evangelica in una vita consacrata secolare.

b. Castità consacrata

La castità consacrata traduce l'atteggiamento di filiazione proprio della vita consacrata attraverso i consigli evangelici.

Essa non può essere vissuta che come dono di amore e come fedeltà della risposta che questo suscita: risposta di un cuore totalmente donato - come fu quello del Verbo incarnato - che conosce un solo amore, quello del Padre da cui ha ricevuto tutto, e quello degli uomini, fratelli nella sua incarnazione, salvati mediante la sua croce e ricondotti a Dio nella sua risurrezione, per essergli uniti nella sua ascensione che l'ha innalzato, come Agnello sacrificato, al trono di Dio.

Questo amore filiale, nella sua forma piena esige il celibato; si esprime nella continenza perfetta, è vissuto nelle esigenze della castità di questo stato, e cerca di esprimere sempre più fedelmente l'amore unico e totale del Padre, vissuto nella filiazione divina, in unione con Cristo, nella forza dello Spirito.

In questa visione trinitaria, si può comprendere che cos'è il consiglio di castità consacrata e come esso superi i precetti e le esigenze della castità nel matrimonio cristiano e nel celibato ordinario.

Vissuta in pieno mondo, la castità consacrata conosce atteggiamenti propri di contatto franco con gli altri, di prossimità nel servizio degli uomini, di nobiltà di cuore e di libertà di spirito che una simile vita consacrata suppone; ciò significa che il consiglio deve essere vissuto come una lunga esperienza di vita donata agli altri, senza attaccarsi a un amore umano che ostacolerebbe il dono totale di sé a Dio in Gesù Cristo.

La castità consacrata diventa allora una purità di intenzione che invade ogni lavoro umano, ogni contatto di società, ogni attività professionale.

Essa è scuola di amore divino e non può non irradiare su un ambiente aperto ai veri valori dell'amicizia, del dono di sé, dell'aiuto vicendevole e della generosità.

Vissuta così, la castità consacrata raggiunge la trasparenza dell'amore filiale di Cristo per il Padre suo.

Amore divino al quale si partecipa tanto più, quanto più si segue Cristo da vicino in tutta la sua vita.

c. Obbedienza filiale

Cristo vive in pienezza la sua filiazione divina nell'obbedienza filiale.

Il suo amore trova riposo facendo la volontà del Padre, che è il suo nutrimento; la sua povertà si traduce così nell'abbandono totale per appartenere tutto a lui.

L'obbedienza filiale è prima di tutto amore, dono e abbandono nel dono.

Essa sarà nel Verbo incarnato l'espressione di ciò che egli è: l'immagine del Padre, il riflesso della sua bontà, l'irradiazione del suo splendore, la luce della sua gloria.

Questa obbedienza alla volontà del Padre gli permette di rimanere nell'amore, come dichiarò Cristo stesso: se uno conserva la sua Parola, Dio verrà a lui, farà la sua dimora in lui; Dio dimorerà in lui e lui in Dio.

Gli istituti secolari hanno ritrovato queste profondità dell'obbedienza.

Non vivendo in comunità, dove la dipendenza continua da una fraternità guidata da un superiore e il ritmo quotidiano sono una scuola di obbedienza, è stato loro necessario, per situare il consiglio nella loro vita, fare della volontà di Dio la loro prima osservanza, cercare di riconoscerla nelle circostanze della vita, accettarla quando Dio nella sua chiamata li consacra a sé e permette loro di consacrarsi così a lui nel suo Figlio, nella forza di un medesimo amore, lo Spirito che santifica.

Così la loro consacrazione è atto di Dio e risposta alla sua chiamata, consacrazione di tutta la vita in dipendenza dall'appello ascoltato, dalla missione ricevuta, dalla presenza da garantire in pieno mondo, secondo il carisma dell'istituto; ogni membro ha una responsabilità personale, una azione individuale, una presenza agli altri differente, nell'ambiente in cui Dio l'ha posto per nascita, per vita familiare, per scelta professionale, per influsso sociale, per lavoro gratuito e aiuto reciproco generoso.

L'obbedienza secolare è prima di tutto questa obbedienza filiale vissuta nelle circostanze della vita, negli appelli degli uomini, nelle attrattive divine.

Là dove manca un responsabile umano, si esprime Dio nel concreto della vita; là dove non è imposta una decisione concreta, gli statuti prevedono discernimento e ricerca di un bene migliore; là dove manca il contatto diretto, gli scritti dell'istituto permettono uno studio regolare, una intelligenza migliore del mistero vissuto.

Si comprendono così le esigenze dell'obbedienza nella secolarità consacrata; si vede che, ritrovando le profondità di una vita di filiazione, gli istituti secolari fanno ritrovare i fondamenti dell'obbedienza religiosa, che, se non è filiale, non è obbedienza consacrata.

d. Consacrazione e consigli

Considerando il senso profondo dei consigli, la loro unità come espressione di una stessa filiazione divina, per noi adottiva, si comprende facilmente che gli istituti secolari hanno posto l'accento sulla consacrazione della vita attraverso i consigli stessi.

L'importanza data alla consacrazione si comprende tanto meglio in quanto questi istituti non fanno "professione" di vita consacrata; il riserbo di una vera secolarità vi si oppone.

Ciò non impedisce, come vedremo, che gli impegni siano "pubblici" nel senso del diritto, senza essere pubblici nella vita sociale della Chiesa e per l'ambiente in cui i loro membri vivono.

Assumendo come regola di vita i consigli evangelici nel loro senso pieno e come scelta definitiva, colui che Dio chiama - e questa chiamata è primaria: è consacrazione da parte di Dio - risponde in Cristo all'amore del Padre e vuoi vivere la sua filiazione come figlio adottivo, ma in piena fedeltà al dono ricevuto, al carisma dell'istituto, alle esigenze personali della sua vocazione di vita consacrata in pieno mondo.

Queste esigenze saranno, in tutte le circostanze della vita, una chiamata nuova e una occasione di un dono sempre più completo.

Si potrebbe dunque parlare di una consacrazione attraverso i consigli; fu del resto questa la posizione del Concilio in un titolo del progetto di LG.

L'espressione fu ripresa in PC.

La commissione ha scelto questa espressione nell'ultimo titolo scelto per lo schema dì questa parte del Codice: Gli istituti di vita consacrata mediante la professione dei consigli evangelici.

Essendo troppo lungo, fu abbreviato, e divenne: Gli istituti di vita consacrata.

La denominazione è oggi corrente.

Più dottrinale e più profonda di ogni altra, essa esprime l'essenziale: la consacrazione attraverso la chiamata divina alla quale risponde la consacrazione a Dio mediante i consigli evangelici.

e. Consacrazione e impegni

Ponendo l'accento sull'importanza della consacrazione ed evitando di parlare di "professione", gli istituti secolari hanno ricollocato le altre forme di impegni nella loro vera luce.

La consacrazione è il fatto primario: è la risposta globale alla chiamata di Dio; voto, promessa, giuramento o ogni altra forma di impegno vengono solo a evidenziare un obbligo preciso senza riferirsi all'insieme del dono che si vuoi fare ed esprimere.

Inoltre, la materia di tali impegni e sempre definita, per essere meglio determinata e chiaramente delimitata.

Questi impegni si riferiscono all'attualizzazione dei consigli; essi non esprimono l'insieme del dono.

Solo la consacrazione a Dio è consacrazione agli uomini; solo la consacrazione unisce in un unico atto tutti gli altri impegni; solo la consacrazione include l'incorporazione nell'istituto, la quale può avvenire solo donando se stessi a Dio in risposta alla sua chiamata.

L'incorporazione non è la conseguenza della consacrazione: è inerente ad essa per il fatto che suppone il carisma proprio dell'istituto e intende attuarlo secondo una vocazione personale e una chiamata divina identificata e accettata come volontà di Dio e consacrazione da parte di Dio.

Per questo fatto, tutti gli altri impegni diventano secondari; se gli uni sono fatti a Dio, altri si fanno a causa di Dio, ma alla fine tutti ricevono il loro peso e il loro valore in quanto sono inclusi nell'atto essenziale, la consacrazione.

Ne deriva un'altra conseguenza: la consacrazione è da parte di Dio un atto di amore che si esprime in una scelta e in una chiamata divine; la risposta di colui che accoglie questa chiamata, la segue e vuole attuarla, è anch'essa atto di amore e, nel dinamismo dei consigli, atto di amore filiale verso il Padre, accettando il dono dello Spirito, il carisma che è norma di vita riconosciuta e approvata dalla Chiesa.

Atto di amore che supera tutte le altre virtù coinvolte nell'attuazione di questo dono di sé a Dio, e per Dio agli uomini salvati da Gesù Cristo.

Atto di amore che pienamente vissuto è atto trinitario, essendo un atto di amore verso il Padre, come figli e nel Figlio, e portato nello slancio di amore, dono dello Spirito.

Gli istituti secolari non vogliono parlare di "professione"; hanno fatto tutto il possibile per non essere considerati "religiosi"; sono giunti fino a evitare di impegnarsi con voto.

La loro ricerca di secolarità li ha condotti ad approfondire ciò che era la loro risposta a Dio come consacrazione attraverso i consigli.

Essi hanno cosi ricondotto tutta la vita consacrata ai valori fondamentali della consacrazione della vita, sia nella vita religiosa, sia nella vita secolare, vita di presenza e di inserimento nel mondo.

Essi hanno fatto di più: hanno messo in evidenza l'importanza della consacrazione come atto apostolico, come primo apostolato, e hanno richiamato i religiosi a questa dimensione apostolica della loro professione, soprattutto se nel silenzio e nella solitudine essi rinunciano alle opere di carità e di apostolato per appartenere totalmente a Dio solo.

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