Gli Istituti secolari

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17. Codice, Costituzioni e Diritto proprio

Lo studio della legislazione sugli istituti secolari mette in risalto un elemento tipico di queste norme: esse rimandano quasi esclusivamente alle costituzioni di tali istituti.

Le costituzioni, in forza del c. 587 § 1, formano il codice fondamentale dell'istituto, che deve essere approvato dall'autorità ecclesiale competente, sia dal vescovo di fondazione o del centro principale dell'istituto ( c. 595 ), sia dalla Santa Sede, se l'istituto è di diritto pontificio, o se la Santa Sede è intervenuta in maniera speciale nel momento della fondazione dell'istituto ( c. 595 ).

Sui 21 canoni di questo titolo, notiamo 12 rimandi alle costituzioni, 3 al diritto proprio.

Alle costituzioni rimandano i cc. 712, 714, 717, 720, 721, 722 § 3, 723 §§ 2 e 4, 724, 725, 727 e 729, al diritto proprio i cc. 716, 718 e 719.

Questo tallo suscita commenti che è bene segnalare; essi possono d'altra pane non soltanto far comprendere il senso di questa anomalia, ma anche situare meglio questi istituti nella vita della Chiesa.

Si è visto in essi anzitutto una ricerca di centralizzazione, o, come dicono altri, un modo di sottolineare la dipendenza degli istituii dall'autorità ecclesiale, che teneva ad affermarsi più vigorosamente in rapporto a questi istituti.

Sembra tuttavia che questa dipendenza sia il segno di uno sforzo comune per far fronte a ciò che può comportare l'inesperienza di questi istituti, e rimediare a situazioni poco o nulla definite.

Con il tempo, si farà luce un certo pluralismo, che esigerà maggiore flessibilità da parte della legge comune e più rispetto per i diversi carismi.

Quest'ultima osservazione conserva tutta la sua importanza.

Bisogna però anche osservare che gli istituti stessi desiderano una legislazione propria ferma e semplice, e preferiscono vederla codificata in un unico testo.

Di più, la vita consacrata secolare lascia maggior ampiezza alla responsabilità personale dei suoi membri, e ciò comporta una maggiore semplicità delle norme di vita ed esige un testo che si limiti all'essenziale.

E utile rilevare a questo proposito che i rimandi al diritto proprio riguardano punti di flessibilità maggiore nella vita consacrata secolare.

È vero che molti statuti o costituzioni di istituti secolari restano per il momento molto sobri, ma anche mollo giuridici.

Mancano per molti istituti una esposizione approfondita del carisma che non si limiti alla finalità dell'istituto, è un diritto proprio più dettagliato o più sollecito dell'elemento spirituale nella vita consacrala di questi istituti.

Certamente si può dire senza esitazione che la maggior parte degli statuii di istituti secolari non sono riusciti a unire in uno stesso lesto gli elementi spirituali e gli elementi canonici in maniera ispirante.

Sarà importante per l'avvenire applicare questa consegna del Concilio, ripresa dal c. 587 § 3 e che vale per tutti i testi di diritto proprio, e non solo per le costituzioni o statuti, come il canone in questione sembra restringere questo principio ai testi fondamentali.

Tutto considerato, dovendo essere concisi, questi canoni del Codice non hanno l'ampiezza necessaria per far fronte alla varietà e alla flessibilità della vita.

Forse, in luogo di tanti rimandi al diritto degli istituti religiosi, sarebbe stato più opportuno rimandare alle norme comuni, a condizione tuttavia che queste fossero emendale da una terminologia troppo religiosa e rivedute nella prospettiva che esigeva la vita consacrala secolare.

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