5 Febbraio 1969
Diletti Figli e Figlie!
Si fa oggi, come tutti sanno, molto parlare di libertà.
È questo un nome che risuona dovunque si discuta dell'uomo, della sua natura, della sua storia, della sua attività, del suo diritto, del suo sviluppo.
L'uomo è un essere in crescita, in movimento, in divenire; la libertà gli è necessaria.
Guardando più addentro nell'essere umano, si vede che l'uomo, nell'uso delle sue facoltà spirituali, mentre è determinato dalla tendenza al bene in generale, non è determinato da alcun bene particolare; è lui stesso che si autodetermina; e chiamiamo libertà il potere che la volontà dell'uomo ha di agire senza essere costretta, né internamente, né esteriormente.
E si è visto che questo libero arbitrio è così proprio dell'uomo da costituire la sua nota specificante, da fondare il titolo primo della sua dignità personale, e da conferirgli l'impronta caratteristica della sua somiglianza con Dio.
Nonostante la negazione filosofica, che ha voluto trovare un invincibile determinismo nell'azione dell'uomo, l'evidenza di questa prerogativa dell'uomo s'è così imposta praticamente ai nostri giorni, che si assocerà da tutti l'idea dei diritti dell'uomo a quella della libertà, e si parlerà comunemente di libertà dovunque si presenti una capacità umana di operare: libertà di pensiero, libertà di azione, libertà di parola, libertà di scelta, ecc., ricercandone le radici interiori: libertà psicologica e libertà morale, e descrivendone le specificazioni esteriori: libertà giuridica, libertà economica, libertà politica, libertà religiosa, libertà artistica, e così via.
La libertà polarizza d'intorno a sé una tale quantità di questioni, che la prima cosa da farsi a suo riguardo sarà quella di cercare qualche nozione più esatta, meno approssimativa e meno confusa di quella che nel frastuono della discussione ambientale ciascuno ne può avere.
A tema di così grande importanza e di così complessa vastità Noi non vogliamo qui portare alcun chiarimento dottrinale.
Desiderosi come siamo di richiamare l'attenzione vostra sulle grandi idee, che il Concilio ha riaffermato e sviluppato, Ci limitiamo, in una conversazione tanto elementare come questa, a ricordarvi che la Chiesa cattolica ha sempre sostenuto la dottrina della libertà umana e vi ha costruito il suo grande edificio sia morale, che religioso: impossibile essere veri cattolici senza ammettere questa somma prerogativa dell'uomo.
Sia la caduta originale, che ha prodotto certamente grandi disfunzioni nell'esercizio delle facoltà umane, sia l'esercizio del pensiero che scoprendo la verità vi rimane vincolato, sia l'intervento di quell'ausilio misterioso nell'operare nostro che si chiama la Grazia, sia l'azione divina nel mondo naturale, che chiamiamo Provvidenza, non annullano la libertà dell'uomo.
Non saremo mai grati abbastanza alla sapienza tradizionale della Chiesa cattolica che ha difeso nell'uomo in ogni modo questo regale dono della libertà, anche se compromesso, se complicato, se pericoloso.
Finché all'uomo si riconosce la capacità di ragionare ( cfr. S. TH., I-II, 17, 1, ad 2: ratio … causa libertatis ) e di volere, finché lo si considera cittadino del regno di Cristo, dobbiamo non solo ammettere, ma difendere in lui la prerogativa della libertà.
Aggiungiamo tuttavia un'osservazione fondamentale: l'uso della libertà non è facile.
Questa osservazione non contraddice, sì bene rispetta l'affermazione della libertà.
Essa ha bisogno d'un'educazione, d'una formazione.
E questo bisogno è così profondo per lo sviluppo autentico dello spirito e dell'operare umano, ed è così importante per la convivenza sociale, che la storia ci documenta quanto sia stato fatto, a torto o a ragione, per contenere, per reprimere, per negare l'uso della libertà.
Ne è nato un celebre e, si può dire, perenne conflitto fra l'uso della libertà e l'esercizio dell'autorità.
Libertà e autorità sono tanto spesso apparsi termini antitetici.
Anche ai nostri giorni la soluzione di questa antitesi pone problemi gravi, sia nel campo pedagogico, che domestico, o sociale e politico; ed anche in quello ecclesiastico.
Oggi non ne parleremo qui.
Noteremo invece come dobbiamo educarci all'uso sempre più umano e cristiano della libertà.
Non potremo progredire nella vita cristiana, né in quella ecclesiale, se non avremo progredito nell'autentico e legittimo uso della libertà.
Dovremo togliere dalla nostra mente certi pseudoconcetti della libertà.
Ad esempio: quello che la confonde con l'indifferenza, con la pigrizia, con l'inerzia dello spirito; con la libertà di non far nulla; con il letargo egoistico delle energie della vita e con l'oblio dell'imperativo fondamentale che le dà senso e valore, il dovere.
La libertà ci è concessa per compiere con virtù propria il nostro dovere.
Altro concetto errato, e purtroppo assai diffuso, è quello che confonde la libertà guidata dalla ragione e consistente nell'autodeterminazione della volontà con l'acquiescenza agli istinti sentimentali, o animali che pur sono nell'uomo.
Correnti modernissime di pensiero rivoluzionario sostengono e divulgano questa falsa concezione, che seduce l'uomo a perdere la propria vera libertà per diventare schiavo delle proprie passioni e delle proprie debolezze morali: ce lo insegna il Signore: « Chi commette il peccato è schiavo del peccato » ( Gv 8,34 ).
È un fenomeno classico e sempre attuale, ed oggi più che mai, nella emancipazione moderna dalla legge esteriore e dalla legge morale.
Altra deformazione anch'essa di moda della libertà è quella che la fa consistere nell'assumere di proposito, a priori, una posizione di contrasto con l'ordine esistente, ovvero con l'opinione degli altri.
La libertà troverebbe la sua vera espressione nella contestazione, sia questa ragionevole, o no.
È questa una via, e pur troppo abbastanza breve, per perdere la libertà, sia per l'irrazionalità che introduce come elemento sistematico nella logica dello spirito, sia per le reazioni ambientali ch'essa può facilmente provocare: le controcontestazioni.
E di più dobbiamo guardarci dalla follia che reputa libertà propria l'offesa a quella degli altri.
Lotte d'ogni genere sono sorte e sorgono ogni giorno per il cattivo genio di questa sfrenata libertà: la chiameremo piuttosto licenza, prepotenza, mala educazione, inciviltà, non libertà.
La quale, proprio perché emanazione d'un lume divino sul volto umano ( cfr. Sal 4,7 ), e perché derivante dalla ragione e residente nella regale facoltà umana, ch'è la volontà, ha il senso delle sue autentiche espressioni, cioè dei suoi limiti, i quali poi le aprono e le custodiscono il campo delle sue affermazioni: la verità per prima, come ancora c'insegna Cristo: « La verità vi libererà » ( Gv 8,32 ), dal peccato, dall'errore, dall'ignoranza, dal pregiudizio.
Il bene, poi e soprattutto.
La legge, quella giusta, s'intende.
L'Autorità, quella specialmente che si definisce « Madre e Maestra ».
Lo Stato, anche, concepito come istituzione organizzata, garante e tutrice dei diritti della persona umana, e integratrice del loro esercizio nell'armonia del bene comune, non come fonte unica e sintesi totalitaria e arbitraria della convivenza sociale.
Meditiamo, con lume cristiano, le parole correnti, relative alla libertà: autonomia, volontarietà, scelta, rivoluzione, dispotismo, ecc. e procuriamo di darvi il senso che le deriva dal pensiero cristiano, a noi ricordato dal Concilio, con tanti richiami.
Ecco, ad esempio: « Non mai come oggi gli uomini hanno avuto un senso così acuto della libertà, e intanto si affermano nuove forme di schiavitù sociale e psichica …
Il mondo si presenta oggi potente e debole ad un tempo, capace di operare il meglio e il peggio, mentre gli si apre dinanzi la strada della libertà o della schiavitù » ( Gaudium et Spes, 4, 9 ).
È il bivio antico e presente.
Sappiamo scegliere; e Cristo c'insegni come.
Con la Nostra Apostolica Benedizione.