27 Agosto 1969
Diletti Figli e Figlie!
Noi Vi preghiamo: cercate di capirci.
Di capirci in una delle sollecitudini maggiori del nostro ministero, quella di svegliare il senso religioso negli animi degli uomini del nostro tempo.
Ciò che vi diciamo si connette con quanto dicevamo in altre Udienze, come questa, circa il dovere e il bisogno della preghiera.
Come si può indurre l'uomo moderno a pregare?
e ancor prima di pregare ad avere quel senso vago forse, ma profondo, misterioso, stimolante di Dio, che è la premessa della preghiera?
La preghiera è un colloquio; un colloquio della nostra personalità attualmente cosciente con Lui, con l'Interlocutore invisibile, ma avvertito presente, il sacro Vivente, che riempie di timore e di amore, il Divino Ineffabile, che Cristo, ( cfr. Mt 11,27 ) facendoci il grande, inestimabile dono della rivelazione, ci ha insegnato a chiamare Padre, cioè fonte necessaria e amorosa della nostra vita, invisibile e immenso come il cielo, come l'universo, dov'Egli si trova, tutto creante, tutto penetrante e continuamente operante.
Come risvegliare questo fondamentale senso religioso, nel quale soltanto la nostra voce minima ma piena di significato, piena di spirito, trova la sua atmosfera, e può esprimersi gemendo o cantando la sua filiale parola: Padre nostro, che sei nei cieli?
Risvegliare, dicevamo, nell'uomo moderno questo senso religioso, come si può? ( cfr. Guardini, Introd. alla preghiera ).
Perché noi avvertiamo l'enorme e cresciuta difficoltà, che oggi la gente incontra nel parlare con Dio.
Il senso religioso oggi si è come affievolito, spento, svanito.
Almeno così pare.
Chiamate come volete questo fenomeno: demitizzazione, secolarizzazione, razionalismo, autosufficienza, ateismo, antiteismo, materialismo …
Ma il fatto è grave, estremamente complesso, anche se si presenta in pratica così semplice, e invade le masse, trova propaganda e adesione nella cultura e nel costume, arriva dappertutto, come fosse una conquista del pensiero e del progresso; sembra caratterizzare l'epoca nuova, senza religione, senza fede, senza Dio, come se l'umanità fosse emancipata da una condizione superflua e oppressiva ( cfr. Gaudium et Spes, n. 7 ).
Così non può essere, voi lo sapete; ricordate forse - per dire tutto con un'immagine - la parabola del « filo dall'alto » dello Joergensen, quel filo che sostiene tutta la trama della vita, spezzato il quale tutta la vita si affloscia e decade, perde il suo vero significato, il suo stupendo valore; quel filo è il nostro rapporto con Dio, è la religione.
Essa ci sostiene e ci fa sperimentare in una gamma ricchissima di sentimenti, la meraviglia di esistere, la gioia e la responsabilità di vivere.
Noi siamo certissimi di ciò.
Il nostro ministero vi è essenzialmente impegnato, e soffre osservando come la nostra generazione faccia fatica a conservare e ad alimentare questo senso religioso sublime e indispensabile.
Comprendiamo, figli del secolo, le vostre difficoltà, specialmente quelle d'ordine psicologico; e ciò accresce il nostro interesse, il nostro amore per voi.
Vorremmo aiutarvi, vorremmo offrirvi quel « supplemento di spirito », che manca alla gigantesca costruzione della vita moderna.
Il nostro ufficio apostolico e pastorale va in cerca perciò della soluzione dei grandi problemi pedagogici del nostro tempo.
Pedagogici, cioè quelli relativi alla formazione e allo sviluppo dell'uomo nella sua integrità, nella interpretazione della sua vera e misteriosa natura, delle sue facoltà, e finalmente dei suoi destini.
La pedagogia della verità e della pienezza porta l'uomo alle soglie della religione, al bisogno di Dio, alla recettività della fede.
E la pedagogia è scienza aperta a tutti, ed è arte connaturata con la vita genuina ed onesta.
Chi possiede d'istinto quest'arte meglio dei Genitori?
e chi dovrebbe conoscere i segreti, se non gli educatori?
e in genere tutti coloro che parlano agli uomini, i pubblicisti, gli artisti, i politici?
e non dovrebbe ciascuno di noi essere buon maestro a se stesso?
a che servono altrimenti la coscienza e la libertà?
Ebbene: la religione è al vertice dell'educazione umana; anzi, ancora prima che al vertice, è alla radice di essa; « fondamento e coronamento » è stato detto in celebre testo ( art. 36 del Concordato ), quando la linea dello sviluppo umano abbia la sua direzione logica e finalistica ( cfr. Maritain, Pour une phil. de l'éduc., p. 157 ss. ).
Perciò chiamiamo in nostro aiuto voi stessi, e chiunque ami davvero l'uomo e abbia l'intuizione della sua necessità religiosa.
Voi potete, percorrendo l'esperienza stessa del nostro mondo, cercare e scoprire i sentieri verso il senso religioso, verso il mistero di Dio, e poi verso il colloquio e l'unione con Dio.
Poniamo un caso, ch'è, si può dire, di tutti: quello dell'immagine fascinatrice del cinematografo, della televisione.
Essa assorbe quasi tutta la disponibilità di vita interiore, della gioventù specialmente.
L'immagine multiforme si stampa nella memoria, e poi nella mente; se cercate con assiduità, talora ossessionante, essa vi sostituisce il pensiero speculativo, la popola di fantasmi vani ( cfr. Sap 4,12 ), la stimola all'imitazione, la esteriorizza, e la abbassa al livello del mondo sensibile.
Come può trovare posto la vita spirituale, la preghiera, la sospensione al primo Principio, ch'è Dio, in una coscienza ingombra da questa abituale importazione di immagini, spesso futili e nocive?
Occorre introdurre in questa coscienza un momento di sospensione, di riflessione, di critica.
Un « cineforum » ben guidato può essere un primo ricupero di autonomia liberatrice dalla suggestione dell'immagine; il pensiero galleggia sul sogno fantastico; un giudizio di forma; e se questo non si limita a misurare le impressioni ricevute col metro tecnico o estetico, ma le confronta con l'idea di uomo, con la vita morale, uno slancio verso l'alto, cioè verso la sfera spirituale e poi, in dati momenti, verso quella propriamente religiosa, è forse possibile, anzi è forse più forte.
I ricettori, cioè gli spettatori, dice il Concilio, particolarmente i più giovani, si addestrino ad un uso misurato e disciplinato di questi strumenti di comunicazione sociale; inoltre cerchino di approfondire le cose viste, udite, lette, e, discutendone con educatori e persone competenti, imparino a formulare un retto giudizio » ( Inter mirifica, n. 10).
Bisogna percorrere in salita la strada dell'esperienza sensibile, che per la sua attrattiva e il suo oggetto ci porta a vivere in discesa.
Al « divertimento », in senso pascaliano ( Pensées, 11 ) cioè alla distrazione, che ci porta fuori di noi e spesso in un'esperienza malsana, occorre rimediare con un ritorno in noi stessi, e qui attendere l'incontro religioso, tonificante e ineffabile.
Potremmo considerare un altro paradigma, quello del lavoro industriale e burocratico, che riduce l'uomo ad « una sola dimensione »: quella limitata, uniforme, meccanica, spesso puramente fisica, disumana e estenuante.
Dopo tale lavoro l'uomo è sfinito, è vuoto; come può avere quel senso di se stesso e di Dio, di cui stiamo parlando?
Il semplice riposo fisico non basta; ed ecco allora un bisogno di libertà e di svago, che possono essere onesti e legittimi, ma che sempre non valgono a rendere al lavoratore stanco e materializzato la sua statura di uomo e di cristiano.
Occorre una terapia che lo rialzi: il silenzio, l'amicizia, l'amore domestico, il contatto con la natura, l'esercizio del pensiero e del bene.
Allora la preghiera è facile e viva.
Nessuno forse vi è migliore candidato di lui, se al suo segreto bisogno e alla sua sofferta attitudine soccorre l'offerta d'un momento religioso intelligente ed amico: la piccola e dolce preghiera in famiglia e la messa festiva, possono essere valido conforto.
La vita riacquista allora la sua dignità, il cuore la sua capacità di amare e di godere.
È questo il grosso problema dell'assistenza religiosa alle categorie lavoratrici moderne.
Ma ciascuno può trovare la propria via per risolverlo; e la via maestra è quella di tuffarsi un'ora nella comunità ecclesiale, dove la Parola di Dio richiama la nostra, supplicante, e inneggiante, e dove la Presenza sacramentale di Cristo ci sazia di fede, di speranza e di amore.
Rinunciamo per ora a considerare il caso della mentalità derivante dalla cultura moderna, e fondata in genere su criteri di razionalità scientifica e di pessimismo logico e psicologico, cioè priva di quei principii razionali che rendono possibile l'ascensione metafisica e l'accettazione della fede, e perciò della vita religiosa coordinata con la moderna cultura.
La mediazione pedagogica può essere data in questo caso - ed è il caso della « contestazione » attuale - dalla ricerca sapiente di ragioni di vita, valide a restituire la fiducia nel pensiero speculativo e nel divenire dell'ordine sociale: quelle ragioni di vita postulano facilmente il senso religioso e si effondono gioiosamente nella scoperta del messaggio cristiano.
Ciò che importa dunque è cercare la via per trovare la vita, che solo il contatto con Dio ci può dare.
Ripensateci anche voi, con la Nostra Apostolica Benedizione.