28 Luglio 1976
Noi riprendiamo il tema, di cui abbiamo già precedentemente parlato, e cioè: « costruire la Chiesa »; bisogna che quanti sono seguaci di Cristo, nella fede e nella carità, facciano proprio il programma proprio di Lui, Cristo, che disse a Pietro: « Io costruirò la mia Chiesa » ( Mt 16,18 ).
Su tema di tanta ampiezza e di tanta importanza a noi basterà in questo elementare colloquio con voi, visitatori carissimi, accennare alla necessità di ristabilire in chiarezza il senso di questa parola fondamentale e, nell'uso che se ne è fatto, polivalente: che cosa significa Chiesa nel pensiero di Cristo?
È da notare che questa parola « Chiesa », già usata qualche volta nell'Antico Testamento ( Cfr. Dt 9,10; etc. ),
ricorre tre volte nei Vangeli ( Mt 16,18; Mt 18,17; );
ma gli studiosi del Nuovo Testamento la ritrovano ventitré volte negli Atti degli Apostoli,
sessantaquattro volte nelle Lettere di S. Paolo;
ricorre poi anche in altri testi apostolici e in molti anche della prima Tradizione ( S. Ignatii Antiocheni Ad Smyrnaeos, 8: dove appare per la prima volta l'espressione « catholica ecclesia » ).
E significa: assemblea, riunione, adunata, in ordine a qualche atto religioso; ed acquista il senso di comunità, spesso usato per indicare la comunità locale ( Cfr. 1 Cor 1,2; Rm 16,1; Ap 1,4 ), o collettiva domestica ( Rm 16,5; Col 4,15; etc. ).
La Chiesa è l'espressione sociale del « regno di Dio »; del « corpo mistico » di Cristo, di cui Egli è il Capo ( Ef 1,22-23; Col 1,17; Col 2,17 ), pienezza di Cristo ( Ef 1,23 ); la Sposa di Cristo ( Ef 5,25 ); e così via.
Troviamo nel Concilio un elenco di immagini varie, nelle quali si può ravvisare il significato molteplice del termine « Chiesa » ( Cfr. Lumen Gentium, 6 ).
Noi fermiamoci al simbolo già accennato, scelto da Cristo, quello di edificio di Dio, edificato da lui stesso: « edificherò la mia Chiesa ».
Dei aedificatio estis ( Cfr. 1 Cor 3,9 ), voi siete l'edificio di Dio, sentenzia S. Paolo, nella cui espressione, eco del pensiero del Signore, alcuni concetti costituzionali della Chiesa sono espressi, quello
dell'origine divina del mistico edificio,
del suo incremento parimente divino;
della sua composizione umana e sociale;
della sua intima e strutturale adesione ( Cfr. L. Cerfaux, La Théologie de l'Eglise, suivant St Paul, Paris 1948 ).
Una parola oggi molto usata sembra riassumere ed esprimere questo aspetto della Chiesa, ed è la parola comunione nel suo duplice riferimento a Dio e ai cristiani fra loro.
Il Concilio l'adopera sovente: la Chiesa è una comunione di fede e di carità ( Cfr. Lumen Gentium, 4, n. 9 spec., n. 13, n. 23, n. 49; etc. ).
Ed è questa una bellissima parola, che bene si applica all'edificio, che sotto la mano operatrice di Cristo, noi siamo chiamati a comporre; comunione, causa ed effetto della sua consistenza, della sua solidità, e, poiché si tratta d'un edificio vivente, qual è un corpo sociale, della sua vitalità.
Comunione vuol dire, nel nostro studio, la grazia, quando indica il rapporto unitivo con Dio;
vuol dire dilezione fraterna nella partecipazione della medesima fede, della medesima speranza e della medesima carità, quando indica il rapporto con i fratelli;
è come la circolazione del sangue in un uomo vivente e sano.
È un fattore d'unità spirituale e sociale in un organismo composito.
S. Paolo sigilla il concetto ed il precetto della comunione cristiana nella magnifica raccomandazione: « cercate di conservare l'unità dello Spirito nel vincolo della pace » ( Ef 4,3 ).
La comunione è dunque il cemento unitivo che collega le singole parti dell'« edificio Chiesa », sia nella sua composizione mistica, la comunione dei Santi, sia nella sua espressione comunitaria, la comunione cattolica, l'inserzione cioè organica e canonica nel corpo visibile della Chiesa stessa.
Noi dobbiamo riconoscere che questo carattere unitario della Chiesa si è fatto più evidente e più sentito ai nostri giorni.
Che esso interpreti il pensiero autentico e supremo di Cristo nessuno vorrà contestare ( Cfr. Gv 17 ); l'ecumenismo ne ha risvegliato l'esigenza per tutti, ed ha accresciuto la gioia e l'umiltà nei cristiani che già ne godono l'inestimabile beneficio, come ha prodotto un più cosciente tormento e un desiderio più generoso in coloro che alla perfetta comunione ancora aspirano.
Ma la comunione propria della Chiesa cattolica è tale bene che merita promozione e difesa anche nell'interno di essa, davanti ad alcuni fenomeni negativi, oggi purtroppo abbastanza diffusi, come l'equivoco sul pluralismo, non sempre valutato nel suo contenuto positivo, come l'efflorescenza primaverile dei rami d'un medesimo albero, vogliamo dire come la ricerca sempre nuova e l'espressione originale e molteplice della divina Verità del sacro « deposito » della fede ( Cfr. 1 Tm 4,6-7; 1 Tm 6,20; 2 Tm 1,12-14; etc. ); ma pluralismo ritenuto invece come legittimo « libero esame » soggettivo della Parola di Dio e del magistero ecclesiastico.
Così si dica della professione ormai invalsa in alcuni gruppi della critica sistematica alla disciplina ecclesiastica, del dissenso corrosivo ai danni della concordia e della collaborazione fraterna.
Non sono queste reazioni a certi limiti e a certi difetti, che pur sono nel campo cattolico, che possono costruire la Chiesa.
Non è questo il suo stile; o piuttosto non è questo il disegno che innalza ed abbellisce la Chiesa di Cristo.
Ma saranno piuttosto la bontà, l'amicizia, la concordia, la collaborazione, la solidarietà ( Gal 6,1-3 ), e quello spirito d'associazione fra fratelli nella fede e nella carità, ch'è oggi venuto purtroppo attenuandosi da un lato, ma in via di risorgere tuttavia dall'altro, a costruire la Chiesa viva, nuova ed autentica nel nostro tempo.
Con la nostra Benedizione Apostolica.