19 Marzo 1997
1. L'odierna solennità ci invita a contemplare la particolare esperienza di fede di san Giuseppe accanto a Maria ed a Gesù.
La Chiesa propone Giuseppe alla venerazione dei fedeli come il credente pienamente disponibile alla volontà divina, come l'uomo capace di un amore casto e sublime verso la sua sposa, Maria, e come l'educatore pronto a servire nel bambino Gesù il misterioso progetto di Dio.
La tradizione, in particolare, ha visto in lui il lavoratore.
"Non è egli forse il figlio del carpentiere?" ( Mt 13,55 ), esclamano gli abitanti di Nazaret di fronte ai prodigi operati da Gesù.
Per loro, egli è soprattutto il falegname del villaggio, colui che nel lavoro esprime se stesso, realizzandosi davanti a Dio nel servizio ai fratelli.
Anche la comunità cristiana ha considerato esemplare la vicenda di san Giuseppe per tutti coloro che sono impegnati nel vasto e complesso mondo del lavoro.
Proprio per questo la Chiesa ha voluto affidare alla sua celeste protezione i lavoratori, proclamandolo loro patrono.
2. La Chiesa si rivolge al mondo del lavoro contemplando la bottega di Nazaret, santificata dalla presenza di Gesù e di Giuseppe.
Essa vuole promuovere la dignità dell'uomo di fronte agli interrogativi ed ai problemi, ai timori ed alle speranze connessi con l'attività lavorativa, fondamentale dimensione dell'esistere umano.
Essa sa che suo compito è quello "di richiamare sempre la dignità e i diritti degli uomini del lavoro e di stigmatizzare le situazioni in cui essi vengono violati, e di contribuire ad orientare questi cambiamenti, perché si avveri un autentico progresso dell'uomo e della società" ( Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 1 ).
Di fronte alle insidie presenti in certe manifestazioni della cultura e dell'economia del nostro tempo, la Chiesa non cessa di annunciare la grandezza dell'uomo, immagine di Dio, e il suo primato nella creazione.
Realizza tale missione principalmente attraverso la dottrina sociale, che "ha di per sé il valore di uno strumento di evangelizzazione"; è infatti dottrina che "annuncia Dio e il mistero di salvezza in Cristo ad ogni uomo e, per la medesima ragione, rivela l'uomo a se stesso.
In questa luce si occupa dei diritti umani" ( Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 54 ).
La Chiesa ricorda a quanti tentano di affermare il predominio della tecnica, riducendo l'uomo a "merce" o strumento di produzione, che "il soggetto proprio del lavoro rimane l'uomo", poiché nel piano divino "il lavoro è « per l'uomo », e non l'uomo « per il lavoro »" ( Laborem exercens, 5-6 ).
Per lo stesso motivo, essa contrasta altresì le pretese del capitalismo proclamando "il principio della priorità del lavoro nei confronti del capitale", poiché l'attività umana è "sempre una causa efficiente primaria, mentre il capitale, essendo l'insieme dei mezzi di produzione, rimane solo uno strumento o la causa strumentale" del processo di produzione ( Ibid. 12 ).
3. Questi principi, mentre ribadiscono la condanna per ogni forma di alienazione nell'attività umana, risultano particolarmente attuali di fronte al grave problema della disoccupazione, che oggi investe milioni di persone.
Essi rivelano nel diritto al lavoro la moderna garanzia della dignità dell'uomo che, senza un lavoro degno, è privo delle condizioni sufficienti per lo sviluppo adeguato della sua dimensione personale e sociale.
La disoccupazione infatti crea in chi ne è vittima una grave situazione di emarginazione ed un penoso stato di umiliazione.
Il diritto al lavoro deve pertanto coniugarsi con quello alla libertà di scelta della propria attività.
Queste prerogative, tuttavia, non vanno intese in senso individualistico, ma in riferimento alla vocazione al servizio e alla collaborazione con gli altri.
La libertà non si esercita moralmente senza considerare la relazione e la reciprocità con altre libertà.
Queste vanno intese non tanto come limite, ma come condizioni dello sviluppo della libertà individuale, e come esercizio del dovere di contribuire alla crescita di tutta la società.
Il lavoro è, quindi, un diritto innanzitutto perché è un dovere, che nasce dalle relazioni sociali dell'uomo.
Esso esprime la vocazione dell'uomo al servizio ed alla solidarietà.
4. La figura di san Giuseppe richiama l'urgente necessità di dare un'anima al mondo del lavoro.
La sua vita, segnata dall'ascolto di Dio e dalla familiarità con Cristo, si presenta come sintesi armonica di fede e di vita, di autorealizzazione personale e di amore per i fratelli, di impegno quotidiano e di fiducia nel futuro.
La sua testimonianza ricorda a quanti lavorano che, solo accogliendo il primato di Dio e la luce che proviene dalla croce e dalla resurrezione di Cristo, potranno realizzare le condizioni di un lavoro degno dell'uomo e trovare nella fatica quotidiana "un barlume della vita nuova, del nuovo bene, quasi come un annuncio « dei cieli nuovi e di una terra nuova », i quali proprio mediante la fatica del lavoro vengono partecipati dall'uomo e dal mondo" ( Laborem exercens, 27 ).