Preghiera e santità, condizioni e cuore della missione |
A questo fine ho pensato di impostare il cammino del primo anno del nostro Piano Pastorale quasi esclusivamente sull'impegno della preghiera personale e comunitaria.
L'ho chiamato "l'anno della spiritualità", durante il quale saremo tutti invitati a vivere intensi e programmati momenti di preghiera, di ascolto della Parola di Dio, di lettura e riflessione su questa mia Lettera Pastorale al fine di conoscere meglio ed approfondire le vere motivazioni delle iniziative missionarie proposte.
Dovrà anche essere un anno di formazione dei collaboratori delle Missioni diocesane che saranno proposte e di organizzazione concreta delle varie iniziative che interesseranno parrocchie, zone, distretti e diocesi.
Questo "anno di spiritualità" non deve essere considerato un anno di preparazione al Piano Pastorale perché esso è Piano Pastorale.
La preghiera infatti non è un'aggiunta, quasi fosse un "optional", ma è la condizione per riuscire a realizzare con Dio un rapporto di fede convinta che ci faccia crescere nell'amore verso di Lui con una santità di vita e verso i fratelli con l'impegno di portare loro ancora una volta l'annuncio del Vangelo.
Ascoltiamo ora le parole del Papa, tratte dalla sua ultima Lettera Apostolica "Novo millennio ineunte", perché ci aiuteranno ad entrare nello spirito di questa proposta di un anno di preghiera come prima tappa del Piano Pastorale:
"Per una pedagogia della santità c'è bisogno di un cristianesimo che si distingua innanzitutto nell'arte della preghiera…
Nella preghiera si sviluppa quel dialogo con Cristo che ci rende suoi intimi: "rimanete in me e io in voi" ( Gv 15,4 ).
Questa reciprocità è la sostanza stessa, l'anima della vita cristiana ed è condizione di ogni autentica vita pastorale.
Realizzata in noi dallo Spirito Santo, essa ci apre, attraverso Cristo e in Cristo, alla contemplazione del volto del Padre.
Imparare questa logica trinitaria della preghiera cristiana, vivendola innanzitutto nella liturgia, culmine e fonte della vita ecclesiale, ma anche nell'esperienza personale, è il segreto di un cristianesimo veramente vitale, che non ha motivo di temere il futuro, perché continuamente torna alle sorgenti e in esse si rigenera.
E non è forse un segno dei tempi che si registri oggi, nel mondo, nonostante gli ampi processi di secolarizzazione, una diffusa esigenza di spiritualità, che in gran parte si esprime proprio in un rinnovato bisogno di preghiera? ( NMI 32 - 33 ).
A commento di queste parole del Santo Padre desidero citare un articolo del priore di Bose, Enzo Bianchi, che contiene richiami pertinenti con questo nostro progetto di Piano Pastorale e nel quale si legge:
"Nella chiesa cattolica oggi si vive un cristianesimo che appare come impegno, azione, militanza soprattutto a livello di diaconia, di servizio verso i bisognosi che sono nelle comunità cristiane e nella società.
È una stagione segnata dalla programmazione delle "attività ecclesiali" tramite organismi, comitati, commissioni… tutto nel lodevole intento di pervenire a un "fare efficace".
Ma se manca la preghiera, condizione assoluta perché lo Spirito Santo agisca nella vita del cristiano, allora tutto è votato alla sterilità: la stessa evangelizzazione si riduce a propaganda, la pretesa carità diventa una filantropia ideologica.
Pregare per un cristiano non è solo esprimere il "religioso", cercare dimensioni di pace e beatitudine, trovare effetti terapeutici, rischiando magari di cadere in "forme stravaganti della superstizione", ma è, innanzitutto e soprattutto, comunione con il Dio vivente, partecipazione alla sua stessa vita in Cristo.
Sicché il cristiano che prega può veramente affermare con Paolo: "non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" ( Gal 2,20 ).
Che tristezza invece dover oggi constatare quanti cristiani, per questa mancanza di conoscenza dell'autentica preghiera cristiana, sono sedotti da pratiche esoteriche, da metodi ed esperienze provenienti da altre religioni, soprattutto orientali" ( Avvenire, 11-3-2001, p. 20).
Ancora in questa Lettera Apostolica il Papa ci chiede l'impegno della santità come scelta prioritaria di vita e come "misura alta" della vita cristiana ordinaria.
La santità, infatti, è un dovere di sempre che ha la sua attualità e modernità.
Questa appassionata chiamata del Signore, anzi questa sua volontà ( 1 Ts 4,3 ), non esclude nessuno degli ambiti del vissuto umano e in questa direzione deve portare tutta la vita della comunità ecclesiale e delle famiglie cristiane.
Questo esige una vera e propria pedagogia della santità, che sia capace di adattarsi ai ritmi delle singole persone.
Si può quindi giustamente parlare di una "santità moderna", capace di consacrare l'ordinario svolgersi della vita, di usare tutti i mezzi che il nostro tempo mette a disposizione dei credenti, che sappia ricomporre l'ordine dei valori primari.
La modernità della santità, infatti, consiste nel ricordare all'uomo di oggi, così affascinato dalle grandi possibilità delle sue scoperte scientifiche, la necessità di saper stare al suo vero posto di creatura in totale dipendenza da Dio, il quale mai oscura la dignità della persona umana, pur ricordandole il suo limite.
Proprio per questo Dio, nel mistero dell'Incarnazione, si è fatto uno di noi e ci ha gratuitamente elevati alla partecipazione della vita divina.
Soltanto obbedendo al progetto di Dio su di lui l'uomo realizza in pienezza la sua umanità.