I nostri ritiri spirituali |
B70-A6
12 Gennaio 1936
In questa nebbia di cenere, non esistono al mondo altro che gli alberi stillanti la loro veste di brina, in una pioggia di chiarissime gocce.
Parlare della morte - per intendere la vita - ci è suggerito oggi dalla stessa natura.
E il Predicatore, Don Caramello, accenna proprio alle immagini naturali della morte.
Si tratta non pure di sapere che andiamo incontro alla morte, ma di ricordarlo.
Il Fratel Ispettore commenta la predica, rilevando una serietà della vita.
« Se Dio vorrà » - « A Dio piacendo » sono espressioni d'antica umiltà, che reggono l'edificio della vita più seria.
Ma seria allegramente.
Vuol dire che dobbiamo rallegrarci di esser pronti nunc et in hora.
« Siate preparati, perché il Figliuolo dell'Uomo vuole venire all'insaputa ».
Rallegrarci di essere pronti: ecco un pensiero su cui ci possiamo fermare - secondo il consiglio del Conferenziere, che insiste sulla necessità di concentrarsi.
« Rallegrarci d'essere pronti »: non si dà allegria più bella di questa: che si spera, che si crede di essere in stato di grazia, ossia che la morte sarà - direi finalmente - un più stretto abbraccio con Dio.
Per contro - notiamo più che bene - colui che vive nella dimenticanza della morte ( ossia della religione ), tutti i momenti che essa gli si parerà davanti, nelle sue forme più terrificanti ( e quante volte ciò gli accade! ) non potrà esser lieto.
Dunque pensare alla morte si risolve in un miglioramento della vita, in un accrescimento di gioia - anche se si conserva una naturale paura di morire.
Nel tempo della lettura spirituale, trovo in un libro:1 « Non v'ha cosa più preziosa del tempo, se viene considerata in ordine a un'eternità felice o infelice.
… Non vi è un solo momento che non ci possa valere un'eternità.
… Quale sarà la confusione di un uomo moribondo d'aver sì poco stimato, di essersi sì mal servito di un tempo tanto prezioso … ».
Un altro pensierino gentile è che la « terraferma » è null'altro che una sottile volta galleggiante, per così dire, su un mare di metalli infuocati quale è l'interno del nostro globo terracqueo.
E, leggiamo nel Fabre: « Questa fragile volta non deve essa fendersi qualche volta, cedere, essere inghiottita?
… Nel 1812 il suolo di Caracas nell'America del Sud, fu preso da una violenta convulsione e si agitò come un liquido che bolle.
In tre scosse, che durarono cinque secondi, l'opera di distruzione fu compiuta.
Alla prima le campane delle chiese si misero a suonare; alla seconda i tetti delle case crollarono con fracasso; e, prima che si fosse potuto rendersi conto di ciò che avveniva, irruppe la terza.
La città non era più: i suoi diecimila abitanti giacevano schiacciati sotto le rovine ». ( J. H. Fabre, La terra, Milano, Sonzogno, p. 77 ).
Questi fatti insegnano qualcosa: per esempio, quanto la terra meriti il nostro attaccamento. M. S.
Ancora appunti.
Gli uomini vanno cercando mille piaceri per non pensare alla morte.
Che cosa ci rivela la morte? la giustizia e la misericordia di Dio.
1 P. Francesco Nepvev. Pensieri, vol .III, Milano, pag. 12.