Sugli scritti di Fra Leopoldo Maria Musso dei Minori

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Egli incominciò i suoi scritti così: « Gloria a Dio Padre, gloria al Figlio, gloria allo Spirito Santo ».

« A maggior gloria di Dio e alla Sua SS. Madre, Maria Vergine ».

« A noi poveri mortali, solo di passaggio su questa terra, per guadagnare eterni gaudi nel Cielo, non può esserci cosa più utile, né più consolante che cominciare quaggiù quell'unione felice, la quale dovrà poi compiersi perfettamente in Paradiso, con una vita veramente cristiana, col rendere tutti i momenti della nostra giornata fecondi di frutti per l'eternità, invocando a tal fine continuamente la bontà, la misericordia di Dio che ci conceda giorni pieni di meriti e di virtù, vivendo così per Iddio e con Dio Gesù Crocifisso ».

Con queste parole Fra Leopoldo ricorda e insegna diverse cose importanti:

1° - Insegna a cercare prima di tutto e innanzitutto la gloria di Dio e l'onore della SS. Vergine Maria.

2° - Ricorda la nostra condizione di pellegrini su questa terra.

3° - Richiama il pensiero del gaudio eterno del Paradiso e ci fa conoscere la cosa più utile e più consolante per noi su questa terra: quella cioè di cominciare quaggiù la unione con Dio per mezzo di una vita veramente cristiana ripiena di virtù praticate per Iddio e con Gesù Crocifisso.

Questi ricordi e insegnamenti di Fra Leopoldo, accompagnati dagli esempi che ci ha lasciato, faranno impressione su quelli che hanno lo spirito dell'Unione.

Ci dice che la cosa più utile e più consolante per noi è quella di unirci a Dio e vivere uniti a Lui, ma tale unione non può effettuarsi se noi non ci doniamo interamente a Dio.

Fra Leopoldo si è dato a Dio completamente e senza riserve nel tempo in cui frequentava la Chiesa di S. Dalmazzo in Torino, mentre era in mezzo a tutte le difficoltà opposte dal demonio, dal mondo e dalla carne, e per tutta la sua vita non ha ritirato mai tale donazione.

Dio vuole che il cristiano, appena giunto all'età di ragione, si dia e si consacri a Lui con tutto il cuore, confermando così l'offerta che fu fatta di lui nel S. Battesimo.

Ma purtroppo sono pochi i cristiani che, giunti al momento in cui incominciano a conoscersi e a riflettere, fanno a Dio una donazione completa di se stessi.

La maggior parte, anche di quelli che praticano la pietà, ignorano per tutta la vita in che consista il darsi così a Dio completamente.

Molti di essi si tracciano un piano di vita con pratiche di pietà secondo, le proprie idee e non secondò quelle di Dio; vogliono bensì sottomettersi alla grazia fino a un dato punto, ma non intendono di lasciarsi guidare da essa in modo assoluto e in ogni cosa.

In tutto ciò che non è espressamente comandato e in quelle cose nelle quali non si sottoposero spontaneamente, detti cristiani si credono in diritto di disporre di sé e ritengono che Dio non esiga una dipendenza completa in tutti i particolari della loro vita.

Dio certamente non costringe la nostra libertà, ma se noi vogliamo incominciare quaggiù la nostra unione con Lui, dobbiamo dare e abbandonare interamente noi stessi alla Sua Santa Volontà.

Sono pochi quelli che fanno generosamente a Dio questa donazione di se stessi; pochissimi sono quelli che perseverano in essa e che la portano a compimento.

Molti, dopo essersi dati a Dio, non tardano a riprendere se stessi e a dirigersi, chi più e chi meno, secondo i desideri del proprio spirito e dell'amor proprio.

Costa sacrificio alla natura lo stare costantemente sotto la dipendenza di Dio, e perciò essa istintivamente slega il giogo a poco a poco: oggi in una cosa, domani in un'altra e finalmente arriva a scuoterlo interamente.

Ecco perché certe anime dopo aver cominciato bene, si perdono! tante altre non entrano in Cielo se non dopo aver sofferto un lungo e terribile Purgatorio; e il numero dei Santi è così piccolo.

Eppure nel numero dei Santi sono compresi quelli che, a qualunque età, sia che abbiano conservato la loro innocenza battesimale, sia che l'abbiano perduta, vivendo anche per qualche tempo nell'abitudine del peccato, si sono finalmente dati seriamente a Dio ed hanno adempito i disegni di perfezione che Egli aveva su di essi.

Questo insegnamento sulla vita morale e soprannaturale, ricordato e praticato così bene da Fra Leopoldo, è talmente importante che senza la sua pratica non è possibile essere veri discepoli di Gesù Cristo.

Ecco, nella pratica, in che consiste: Darsi a Dio e consacrarGli tutti i nostri pensieri, tutti i nostri affetti, tutte le nostre opere, in modo che lo spirito nostro non si occupi che di Lui e delle cose alle quali Egli vuole che pensiamo nei diversi momenti della vita: che il nostro cuore non ami che Lui e le creature per Lui, secondo l'ordine che Egli ha stabilito: che tutto ciò che facciamo e soffriamo sia per Lui, e che la sua gloria, il suo beneplacito siano il nostro ultimo fine e la nostra principale intenzione.

Darsi a Dio vuol dire rinunciare di condurre noi stessi per lasciarci guidare in tutto dalla grazia: vuol dire non aver più volontà propria in nessuna cosa e non volere se non quello che Dio vuole: è rimettere in Dio la nostra libertà affinché ne disponga e la diriga come gli piace.

Il cristiano che si è dato a Dio non appartiene più a sé, e non ha più nessun diritto su se stesso; egli si mette nelle mani di Dio e di quelli che lo rappresentano; quindi non si permette nessun desiderio, non inizia il minimo affare, né fa nulla di sua propria volontà.

In una parola, egli è passato sotto il dominio di Dio e ha sempre gli occhi rivolti a Lui per conoscere la sua volontà e si tiene sempre pronto ad eseguirla, senza ragionare, senza addurre nessuna scusa e senza opporvi le sue inclinazioni e le sue ripugnanze naturali.

Questa dipendenza sembra a prima vista spaventosa e difficile, ma Dio sa addolcire e alleggerire il suo giogo, e coll'amor suo lo rende non solamente soave, ma pieno di delizie.

Fr. Teodoreto delle S. C.