" È discesa in casa propria! " |
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La nobile e nota scrittrice Maria Ancilla von Gebsattel, già deputata al parlamento di Baviera ed attualmente superiora della St. Grignionhaus di Altotting, ha amorevolmente curato la riedizione di un volumetto su Lourdes, dovuto alla penna del Rev. Leo Gommenginger, ardentissimo cuore mariano, spentosi quaggiù nel 1938.
È un testo, che da quanti coltivano e promuovono il culto per la Immacolata Madre di Dio, non dovrebbe essere ignorato, tanto vivo è l'interesse che se ne sprigiona.
Prova ne sia l'indiscusso successo col quale la riedizione è stata accolta da pubblico e stampa in Germania.
Ne è già stata fatta la traduzione in italiano, purtroppo ancora inèdita.
Varrebbe senza dubbio a rinvigorire nei lettori la fede in Maria Santissima, la quale parrebbe così intervenire nelle cose del mondo più di quanto generalmente si possa pensare.
Il volumetto, dal titolo « Perché a Lourdes? » ,1 tratta della storia di quel lembo benedetto di terra pirenaica, prima delle apparizioni, tendendo a dimostrare particolarmente come fin dal cuore del medioevo Lourdes fosse stata feudo di Nostra Signora del Puy.
In codesto senso si esprime la storia e, prima ancora, la tradizione popolare, della quale ultima sarà certamente gradito conoscere il testo della stesura fattane su pergamena dal monaco Marvino verso la metà del tredicesimo secolo.
« Al tempo delle battaglie sui Pirenei, Carlo Magno aveva già occupato tutta la contea di Bigorre, escluso il castello di Mirambel, che ora si chiama Lourdes.
Il signore di codesta fortezza, di nome Mirat, non si voleva arrendere ad alcun mortale, se appena avesse potuto tenere, anche per un sol giorno, il castello, da tre parti assediato da Carlo Magno.
Il quale, stanco di così lungo assedio, volgeva già in animo di toglierlo, quando il Vescovo del Puy lo esortò a ricorrere a Nostra Signora del Puy ed a invocarne l'aiuto.
La Madonna incomincio allora a compiere miracoli.
Infatti, una aquila, roteando sul punto più alto del castello, trasse nel becco un gran pesce vivo ( ancor oggi quel punto è denominato a pietra dell'aquila ).
Il Mirat si avvantaggio del fatto, mandando al Re il pesce, con queste parole: « Non credere. Sire, che i viveri del castello si esauriscano presto, dal momento che possiamo pescare pesci di simili proporzioni ».
Ne fu indispettito il Re.
Ma lo rassicuro il Vescovo del Puy, al quale tutto riusciva chiaro, col dire: « La Madonna ha incominciato a far miracoli.
Lascia che io parli al Mirat ».
Ed il Re acconsentì di buon grado.
« Mirat! » - prese a dire il Vescovo - « Se non ti vuoi arrendere al gran Carlo, il signore più potente del mondo, arrenditi almeno alla più sublime e nobile Signora che mai sia stata, la Madre di Dio, venerata al Puy.
Se non vuoi riconoscere alcun signore, riconosci almeno una Signora. Io ne sono il servo. E siine tu il cavaliere! ».
Cosi rispose il Mirat, già colpito dal raggio della Grazia: « Si! Io depongo le armi.
Mi arrendo, con tutto quello che ho, alla Madre del Signore, a Nostra Signora del Puy.
In suo onore voglio diventare cristiano e suo cavaliere.
Però intendo farlo del tutto spontaneamente e pongo questa condizione: la mia contea non sia sottomessa mai ad altro signore all'in fuori di Lei sola.
E ciò valga per me e per tutti i miei successori! ».
Ed in pegno porse al Vescovo una manciata d'erba o fieno, raccolto dal terreno stesso sul quale essi si trovavano.
Il Re, religioso com'era, si rallegro molto che quel principe miscredente si volesse arrendere alla Regina dei fedeli.
Tolse l'assedio. Ed il Mirat si mosse con i suoi uomini alla volta del Puy, tutti portando sulla punta delle lande fastelli di fieno.
Giunti colà, il Mirat cosparse il pavimento della chiesa con tutto il fieno portato.
Si fece battezzare, lui, con tutto il suo seguito. Prese il nome di Lordus. Il qual nome passò poi al castello.
« Dal tempo del Mirat o Lordus, tutti i suoi successori, appena assunto il potere, si recavano in pellegrinaggio a Nostra Signora del Puy, scortati da nobili cavalieri, con lo stesso proposito e modo del Mirat, levando cioè sulla punta delle lande fastelli di fieno per cospargerne il pavimento della chiesa.
Codesta usanza durò fino all'epoca del conte Centullo, cioè dall'800 circa, periodo del regno di Carlo Magno, fino al 1118, anno in cui Centullo cambio i fastelli di fieno in una somma di 65 Sois Morlaas, con impegno, per sé e per i suoi successori, di pagamento annuo ».
Pur convenendo che nelle tradizioni popolari c'è del vero, non c'è alcuno che pretenda attribuire loro valore storico.
Il quale, in questo caso, è offerto da vari documenti, primo fra tutti, quello di Bernardo, conte di Bigorre ( Lourdes faceva parte di quella contea ), risalente al 1060.
Con tale documento che è un vero e proprio contratto feudale, il conte si obbligava, per sé e per tutta la sua discendenza, a corrispondere annualmente al Vescovo ed al Capitolo del Puy la somma di 60 Sols, a titolo di perpetuo vassallaggio da Nostra Signora del Puy.
E - sulle orme del giurista E. Brejon di Bordeaux che per primo l'aveva sostenuto - scendendo via via a Tibaldo, re di Navarra ( 1266 ), alla sentenza del Parlamento di Parigi ( 1291 ), allo scambio avvenuto nel 1307 tra il Vescovo del Puy e Filippo il Bello, del territorio di Lourdes e della contea di Bigorre per un tributo annuo di « trecento libbre del conio di Tours », con una successione appassionante di dati storici e di valide argomentazioni giuridiche, l'autore sottolinea come Lourdes sia sempre stata vincolata alla Madonna e sia ritornata a tributarle l'omaggio nell'antica forma di « fastelli d'erba del campo del conte », per l'ultima volta, nel 1828 o 1829, quando, ripristinato il vescovado del Puy, i re di Francia non osservarono più l'antico impegno.
Ne deriverebbe questa deduzione singolare: prima che, secondo la legge degli uomini, cadesse in prescrizione il diritto su Lourdes, competente alla Madonna in virtù di quell'antica donazione, fattale « in spirito di devozione e di religione », ella, la Vergine Santissima, vi apparve per rimanervi poi direttamente e per sempre signora.
Ciò che fece trionfalmente esclamare al Brejon: « È discesa non in Francia, ma in casa propria! ».
Fin qui, il testo. Dal quale deriverebbe un'altra deduzione, non meno singolare.
Questa: uno dei tre atti di penitenza, chiesti a Bernadetta il 25 febbraio dall'Immacolata - precisamente il terzo -, sarebbe proprio stato quello di masticare un ciuffo di quell'erba del campo del conte, che non le veniva più offerta per sudditanza nel tempio del Puy.
dis.
1 Leo Gommenginger Wuram in Lourdes?, prefazione di Mafia Ancilla von Gebaattel, Verlag St. Grignionliaus, Altotting, 1958; traduzione italiana, inèdita, di U. HuLer.