In memoria di Giovanni XXIII |
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Fu il Papa di tutti! Il Papa dei grandi e dei piccini, il Papa dei potenti e degli umili, il Papa degli uomini di cultura e degli uomini semplici, il Papa dei sofferenti e dei peccatori: il Papa che ritornò Gesù in terra nei suoi atteggiamenti, nei suoi insegnamenti.
A tutti parlò e da tutti si fece capire perché quando è il cuore che detta la parola si fa convincente e penetra in profondità nel cuore che ascolta.
E ora che la sua voce è spenta, il nostro cuore ritorna ai suoi insegnamenti, alle sue indicazioni, alle sue esortazioni.
A noi, dell'Unione, è particolarmente gradito e confortante il riprendere e rileggere il discorso rivolto ai componenti il Comitato Permanente degli Enti Cattolici per la Formazione Professionale.
Abbiamo sotto gli occhi il documento pontificio.
Ha una data: 31 maggio 1962!
Un anno esatto è trascorso da allora al 31 maggio 1963, giorno in cui Papa Giovanni, dopo aver ricevuto il Santo Viatico, chiede il suo Crocifisso e così dice agli astanti: « … nelle mie conversazioni notturne, ho sempre avuto davanti questo Gesù Crocifisso, con le braccia aperte per ricevere tutti.
Perché questo è il compito della Chiesa Cattolica e Apostolica, della Chiesa Romana: operare all'avverarsi della preghiera del Divino Maestro: Ut unum sint, ut unum sint … ».
Le due date idealmente si collegano nel nostro spirito.
Il messaggio di Papa Giovanni alla nostra Unione è in esse racchiuso: Crocifisso e Formazione Professionale dei giovani.
Essere sempre davanti al Crocifisso, con le braccia aperte, per ricevere tutti e particolarmente questa gioventù operaia per cui la Chiesa ha un compito da realizzare; operare per la unità di una società che si va dividendo sul piano ideologico e sul piano reale, operare per l'incontro tra il mondo della cultura ed il mondo del lavoro; operare per la intesa fattiva della classe dirigente e della classe operaia.
Questo è l'insegnamento di Papa Giovanni, così ampiamente e profondamente sviluppato in quel prezioso documento che è la Mater et Magistra: essa è tutta da meditare dal laicato impegnato nell'apostolato perché « nell'educazione sociale un compito importante spetta alle Associazioni e alle Organizzazioni di Apostolato dei Laici, specialmente a quelle che si propongono come obiettivo specifico la vivificazione cristiana dell'uno e dell'altro settore dell'ordine temporale.
Infatti, non pochi mèmbri di quelle Associazioni possono far tesoro della loro quotidiana esperienza per educare sempre meglio se stesse e per contribuire all'educazione sociale dei giovani ». ( Mater et Magistra 214 ).
Ed è il Papa stesso che, quasi a commento delle sue indicazioni, diceva il 31 maggio 1962, nell'udienza più sopra indicata: « Oggi non è più questione di lettura rispettosa dei documenti sociali della Chiesa: oggi i Cattolici sono impegnati a tradurli nella realtà della vita moderna, a farli penetrare nella legislazione sociale, a beneficio di tutta l'umanità ».
Poi, con chiara e pastorale visione, prospettava un quadro quanto mai reale e preoccupato della situazione del giovane lavoratore: « Certo la vostra opera si trova di fronte a problemi gravi.
Basti pensare al numero di coloro - nel nostro paese circa mezzo milione all'anno - i quali entrano nell'industria, nell'artigianato, nei servizi, nell'agricoltura.
Sono giovani, e anche giovanissimi, che dalla famiglia si trovano trasportati in un ambiente nuovo, per il quale sono impreparati, sia dal punto di vista psicologico, sia spesso anche da quello tecnico e professionale.
Sorgono altri problemi, si assume diverso atteggiamento, si affacciano le prime contrarietà.
Chi darà la forza di convinzione a queste giovani anime:
1° per rimanere fedeli ai propri propositi;
2° per imporsi col prestigio del talento, della preparazione e della dignità personale;
3° per difendersi dai pericoli ideologici, quando i legami con la famiglia e con la parrocchia si allentano o non sono più quelli di prima ».
Alla diagnosi faceva seguire le paterne indicazioni per una opera cristiana efficace: « Le scuole professionali di arti e mestieri, i centri di addestramento che voi sostenete, hanno la responsabilità di offrire a questa gioventù l'armatura spirituale di cui scriveva San Paolo nella lettera agli Efesini; di impartire una formazione professionale che abbracci tutto l'uomo, e ne formi la mente e il cuore.
1°) Sono necessario grandi idee, che penetrino nelle menti, suscitandovi ardore di verità ben apprese, affinché nell'ambiente del lavoro possano vivere in serenità la propria grandezza di figli di Dio;
2°) è opportuna la presentazione della dottrina cristiana in forma semplice e suasiva, che offra una visione unitaria del Credo e del Decalogo;
3°) né devono mancare gli elementi di una piena formazione civica e di una sana cultura generale, perché il giovane lavoratore si inserisca dignitosamente nel quadro della vita pubblica;
4°) tali elementi uniti ad opportuna preparazione tecnica e professionale, daranno fiducia ai giovani lavoratori, facendoli procedere nel lavoro con le affermazioni alle quali hanno diritto ».
A conforto dell'opera che l'Unione svolge, resta ancora nell'animo il ricordo della parola paterna e riconoscente del Padre comune: « Desideriamo poi esprimervi la Nostra compiacenza per l'oggetto delle vostre cure: la formazione professionale dei giovani.
L'opera vostra non ha soltanto vasti riflessi sociali.
Essa è apostolato, e aggiunge un capitolo nuovo all'apologetica.
Voi date saggio delle materne sollecitudini della Chiesa verso le esigenze del mondo operaio ».
Essa è stimolo e incoraggiamento: al nostro cuore, pur nel dolore del distacco, essa ritorna come il ricordo di un particolare atto di predilezione del Padre che si china verso i suoi figlioli e su loro fa scendere la sua benedizione compiacente, accompagnata dal caratteristico gesto delle mani che, come nelle benedizioni degli antichi Patriarchi, vorrebbe appoggiarsi sul capo di ognuno in segno di affetto e di protezione.
Così amiamo ricordare Papa Giovanni XXIII: il Papa della Maternità della Chiesa preoccupata della Pace della grande Famiglia umana.