I nostri convegni catechistici

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Celebrazione paraliturgica nel Santuario di N. S. di Lourdes, a Selvaggio di Giaveno foto 12

La scuola cristiana non è solo trasmissione di scienza, ma anche di vita cristiana, che si manifesta in opere costruttive.

E quale migliore attività potrebbero proporre i catechisti ai loro allievi, che la loro stessa missione catechistica?

Ecco perché all'inizio dell'anno scolastico 1967-1968 furono organizzati due convegni: il primo di due giorni a Gressoney, il 16 e il 17 settembre; il secondo di un giorno solo al Selvaggio di Giaveno, il 32 ottobre.

Nel primo convegno si mirò soprattutto a sensibilizzare l'animo dei giovani ai problemi dell'apostolato nella società moderna.

Nel secondo fu presentato in modo specifico l'apostolato catechistico e si posero le basi per il corso di preparazione al diploma di catechista parrocchiale da tenersi presso la Casa di Carità in due sezioni parallele, al sabato pomeriggio per gli allievi foranei e alla domenica mattina per quelli di Torino.

Ad essi partecipò una trentina di allievi, una élites, senza dubbio, ma destinata ad essere il fermento della massa scolastica.

D'altra parte i locali di Gressoney non avrebbero potuto ospitare un numero maggiore di giovani.

A Gressoney le lezioni furono tenute dal Fr. Umberto Marcato, direttore dello Scolasticato di Grugliasco dei F.S.C, e al Selvaggio furono tenute dal Fr. Gustavo Furfaro, Assessore Generale dall'Unione Catechisti.

L'interesse suscitato nei giovani fu veramente lusinghiero e lascia sperare frutti duraturi.

Diamo qui un sunto degli argomenti trattati e discussi.

Il Santuario del Selvaggio, visto di fianco

Gressoney, 16-17 Settembre 1967

La « due giorni » di Gressoney iniziò con un animato giuoco sulle balze montuose che circondano la casa di soggiorno estivo dei catechisti.

Il gioco non ebbe però semplice scopo ricreativo ma fu orientato in modo da costituire un'introduzione al lavoro di studio che sarebbe seguito.

Verso le 17 il relatore Fr. Umberto tenne la prima lezione su « i giovani e la fede ».

Esordì mettendo bene in luce l'importanza fondamentale dell'età dell'adolescenza per il passaggio dalla fede della fanciullezza ereditata dal proprio ambiente familiare, ad una fede consapevole accettata e seguita con la maturità di uomo responsabile dei propri orientamenti.

Quindi analizzò i fattori oggettivi che fanno evitare di cadere nella credulità irrazionale, cioè i motivi di credibilità offerti da Gesù con la sua vita ed i suoi miracoli e presentati a noi dalla Chiesa.

Per credere in qualcuno bisogna che questi si sia manifestato con segni e azioni esterne che ci permettano di dargli un assenso consapevole e responsabile degno di persone intelligenti e libere.

Ora i giovani, che si aprono alla vita, hanno questi « segni » della Divinità di G. Cristo e della sua Chiesa per aderirvi con una fede intelligentemente fondata?

Gruppo di Allievi Catechisti a Gressoney

Sì; il Concilio Vaticano II ci assicura che anche oggi non mancano i miracoli straordinari, ma sopratutto non manca quel « segno », grande e diffuso, di una testimonianza di cristiani che vivono veramente la pienezza della loro fede in tutte le condizioni di ambiente sociale e di livello culturale e scientifico.

Ma la fede per svilupparsi richiede pure fattori soggettivi nel giovane: egli deve avere il senso del sacro, una vita morale fondamentalmente orientata verso la conquista del vero e del bene, ed infine il desiderio di liberarsi dal male che sente intorno a sé ed in sé: vale a dire sentire il bisogno di quella salvezza che ci viene offerta dall'alto e senza di cui sarebbero completamente vani gli sforzi più generosi.

Al termine della sua lezione il conferenziere dettò alcune domande su cui i giovani, divisi in quattro gruppi, discussero animatamente per quasi un'ora per assimilare le nozioni sentite e per vederne le conseguenze pratiche nella propria vita.

Dopo la cena, ed una conveniente ricreazione, il relatore di ogni singolo gruppo espose le conclusioni a cui il gruppo era giunto nelle precedenti discussioni.

Al mattino seguente, dopo la S. Messa celebrata nella Cappella vicina alla casa, e una appropriata meditazione, ebbe luogo la 29a lezione in cui il Fr. Umberto parlò della « testimonianza » come dovere di carità cristiana.

Molto sovente i giovani sono delusi e sconvolti dall'ambiente che li circonda, rifiutano le parole degli adulti perché il loro modo di agire contraddice a quanto dicono.

I giovani vogliono Gesù vivo e vero, non un'immagine fredda ed astratta.

Vogliono vedere l'amore di Gesù Verbo Incarnato, riflesso nell'amore fraterno degli uomini.

Vogliono vedere l'amore misericordioso di Gesù che perdona, l'amore di Gesù che non viene mai meno.

Tanti hanno combattuto Cristo perché la testimonianza che ne avevano, da coloro che si professavano cristiani, era troppo misera.

La testimonianza, per essere ben accetta, dev'essere libera, giovanile, felice.

Libera da pastoie di passioni, interessi, paure.

Giovanile perché la giovinezza è vigore che porta alla conquista, è desiderio di arricchimento intellettuale, è apertura al dinamismo di Dio, è disponibilità a vedere ed accettare le possibilità degli altri.

Felice in contrapposizione a coloro che sono paghi, per dovizia di beni materiali, ma non felici.

Felici per superare la falsa opinione di molti che non si possa essere, ad un tempo, buoni e felici; infine perché capace di collegare il lavoro quotidiano con la gioia profonda dell'animo scevro da inquietudini.

Solo così sarà vera testimonianza della Buona Novella portata da Gesù come annuncio di felicità vera e definitiva a tutti gli uomini di buona volontà.

Anche per questa lezione furono dettate alcune domande che servirono di guida per la discussione di gruppo e per la relazione finale in comune.

Per questo lavoro di approfondimento sono state occupate quasi due ore senza che i giovani accennassero a stanchezza.

In questa adunanza parecchi giovani esposero i concetti che erano maturati nel loro animo: « Noi giovani vogliamo che l'iniziativa di compiere il bene parta da noi stessi e non ci sia imposta »

« Il bene non sempre è una scoperta che la persona matura compie con il giovane, ma sovente è un'imposizione dell'adulto che non ammette discussioni »

Ed infine i propositi raggiunti: « Noi dobbiamo cercare di compiere gioiosamente il bene come risposta all'infinito amore che Dio ha avuto per noi: così le difficoltà non intaccheranno la nostra gioia e non ci porteranno allo scoraggiamento ».

Dopo il pranzo ed un nuovo gioco all'aperto impostato in modo analogo a quello del giorno precedente, vi fu la lezione conclusiva sul Decreto Conciliare « L'apostolato dei laici ».

Così ciascuno poté riflettere che la sua vita cristiana non sarebbe degna di questo nome se non concretasse quanto udito nelle lezioni precedenti in una scelta precisa di qualche forma particolare di apostolato corrispondente alle proprie attitudini e possibilità.

Al fine di facilitare l'orientamento di ognuno nella scelta del suo apostolato il Fr. Umberto illustrò brevemente le varie forme di apostolato individuale e associato, sottolineando sopratutto i vantaggi di quest'ultimo che è segno dell'unità della Chiesa e che è tanto più necessario al giorno d'oggi in cui tutta la vita umana è fortemente associata.

Tra una lezione e l'altra

Infine tratteggiò brevemente la profondità e l'efficacia dell'apostolato catechistico: se in apparenza esso è molto umile, tanto più è indispensabile e meritorio.

La « due giorni » si concluse ai piedi di Gesù Eucaristia con la Benedizione solenne, per chiedere al Signore di dare forza e fecondità ai propositi di bene.

Una lezione all'aperto

Selvaggio, 22-X-1967 - Relazioni del Fr. Gustavo

I giovani di oggi e l'azione apostolica …

Il tema proposto ci presenta tre gruppi di osservazione che meritano una chiarificazione preliminare:

1) I giovani di oggi e cioè i giovani del 1967.

Per compendiare penso che si possa dire che i giovani di oggi non sono né peggiori né migliori di quelli di ieri: li distingue da quelli di ieri questo fatto: vivono in condizioni ambientali differenti da quelle di ieri e da quelle di domani.

Se quindi una differenza c'è non è in essi ma nell'ambiente e nelle condizioni di vita in cui vivono.

Evidentemente queste differenze ambientali influiscono sulla loro mentalità, sul loro modo di agire, sui loro interessi … ma fondamentalmente in essi c'è sempre tutto quel complesso di buone qualità e anche di difetti proprio della loro qualifica di giovani: generosità, disponibilità, entusiasmo … ma anche apatia, fuga dal sacrificio, egoismo.

I germi di queste buone e meno buone qualità c'è in tutti: è lo sviluppo di esse che non è uguale in tutti.

È qui che si pone da parte di ogni giovane il problema della scelta e dell'orientamento della propria vita.

O valorizzare i lati positivi o valorizzare i lati negativi: l'esito è evidentemente ben differente.

2) Azione Apostolica.

Il giovane, per sua natura, è portato ad agire, a realizzare qualche cosa, se non altro nell'ambito dei suoi sogni e dei suoi castelli in aria.

Quante volte vi siete sorpresi a pensare a quello che vorreste fare, a quello che vorreste diventare.

E tutti in maniera diversa agite oggi per il vostro domani; nella scuola, nella preparazione al lavoro …

Ma il termine « Azione » è qualificato: l'azione è apostolica.

Apostolo non è solo colui che segue un'ideale, ma è colui che se ne fa propagatore, che vuoi convincere altri della verità, della bontà, dell'efficacia dell'ideale che lui per primo ha riconosciuto vero, buono, efficace …

La prima qualità che si richiede ad un apostolo è di essere lui personalmente convinto dell'ideale di cui si fa promotore.

E questa convinzione dipende in primo luogo dalla conoscenza profonda e sicura dell'ideale che si è proposto e che vuole diffondere fra gli altri.

3) La Chiesa.

« Che cosa è la Chiesa? » o, meglio: « Chi è la Chiesa? ».

Perché la Chiesa è una persona non una cosa.

« La Chiesa è la società dei veri cristiani, cioè dei battezzati che professano la fede e la dottrina di Gesù Cristo … partecipano ai suoi sacramenti e obbediscono ai Pastori stabiliti da Lui ».

A noi interessa fermarci sulla prima parte della definizione perché è la più essenziale, il resto ne è solo una conseguenza.

Oggi molti si limitano alla seconda.

Credono di essere cristiani perché vanno in Chiesa, perché obbediscono almeno esternamente ai Comandamenti e ai Precetti …

No, non è questa la Chiesa! La Chiesa è « Il popolo di Dio » dice il Concilio, è « il Regno di Cristo, già presente in mistero che per virtù di Dio cresce visibilmente nel mondo.

Questo inizio e questa crescita sono significati dal sangue e dall'acqua che uscirono dal costato aperto di Gesù Crocifisso e sono preannunciati dalle parole del Signore circa la sua morte in Croce: « Ed io quando sarò levato in alto da terra, tutti trarrò a me » ( L.G. 3 ).

La Chiesa è Gesù rimasto nel mondo e comunicato al mondo e quindi la Chiesa siamo noi tutti che « dopo essere stati incorporati a Cristo col battesimo e costituiti popolo di Dio siamo resi partecipi dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo » ( L.G. 31 ).

La Chiesa sono io: io giovane con le mie capacità e le mie deficienze, perché sono io che rappresento la Chiesa là dove mi trovo, che porto Gesù là dove vivo, che manifesto il volto del Signore Gesù ai miei fratelli: io che porto Gesù oggi nel 1967.

La manifestazione del suo volto ai miei fratelli sarà più o meno fedele: questa è la mia responsabilità!

La missione della Chiesa è sempre quella di portare Gesù in ogni tempo e in ogni luogo: cambiano la maniera, le modalità, secondo le epoche, i paesi, le civiltà.

E noi lo portiamo nel mondo di oggi, nell'Italia di oggi, nella Torino di oggi, nel tale rione, nella tale officina, perché la nostra qualità di laici ci impone di portare Gesù come laici, non come preti; il nostro modo di evangelizzare sarà la nostra testimonianza in pieno mondo operaio, sarà la Parola di Dio vissuta nel nostro ambiente.

Chiariti così i termini del nostro tema, passiamo ad esaminare più particolarmente la nostra parte in questa azione apostolica.

La possiamo riassumere con questa frase: « Io, N. N., innestato in Cristo con il Battesimo e la Cresima sono Chiesa e continuo nel mondo l'azione apostolica.

Il cibo del corpo, dopo quello dello spirito

Per portare e far vivere Gesù, lo devo conoscere.

Giovanni l'Evangelista ci descrive con termini molto belli come ha conosciuto Gesù.

« Il giorno seguente Giovanni il Battista si trovava di nuovo là con due dei suoi discepoli; e, fissato lo sguardo in Gesù che passava, disse: « Ecco l'Agnello di Dio! ».

I due discepoli udirono queste parole e andarono dietro a Gesù.

Gesù si volse e, notato che lo seguivano, domandò loro: « Chi cercate? ».

Essi gli dissero: « Maestro! Dove abiti? ».

Egli rispose loro: « Venite e vedrete ».

Andarono e videro dove Egli abitava; e rimasero con lui per quel giorno.

Era circa l'ora decima ( le quattro ).

Andrea, fratello di Simon Pietro, era uno dei due che avevano udite le parole di Giovanni e avevano seguito Gesù.

Imbattutosi pertanto con suo fratello Simone gli disse: « Abbiamo trovato il Messia che vuol dire il Cristo e lo portò da Gesù ».

Elementi di questa chiamata: Giovanni il Battista, un catechista che indica e fa conoscere Gesù.

Giovanni e Andrea lo ascoltano, vogliono conoscerlo e lo seguono.

C'è da parte loro un passo verso Gesù, un desiderio di vederlo e di conoscerlo meglio, e Gesù risponde subito con il suo invito.

È bastato il piccolo atto di andare a Lui, di dimostrare che lo si voleva conoscere e subito Gesù risponde venendo verso di loro.

Rimangono con Lui; ma il giorno dopo ne sono già così conquistati che desiderano farlo conoscere ad altri e diventano essi stessi catechisti, conquistatori.

Anche voi sentite parlare di Gesù sovente, come molte folle di allora sentivano parlare di Gesù, ma non basta sentirne parlare: occorre che ad un certo momento ci sia la vostra iniziativa, e questa dipende solo da voi.

Essa consiste nel desiderio di conoscerlo meglio; magari il solo chiedere a Gesù « Dove abiti? » che possiamo esprimere con una preghiera: « Signore, che io ti conosca!

Chi sei tu, Signore perché io possa credere in te? ».

È la preghiera del cieco nato, guarito da Gesù.

È la domanda di S. Paolo: « Chi sei tu? ».

È questo il primo passo da fare verso di Lui!

Allora Gesù si muoverà verso di noi, si volgerà a noi e ci dirà: « Vieni e vedi ».

Ecco i campi della nostra ricerca di Gesù:

nella preghiera perché si faccia conoscere;

nella vita di grazia per poterlo meglio introdurre nella nostra vita, nello studio del suo insegnamento ( lo chiamiamo Maestro ) della sua vita, della sua dottrina;

nello studio delle necessità dei nostri fratelli che ci presentano il volto di Gesù oggi nel 1967.

È di qui che parte il nostro impegno con Lui.

Se non c'è questa premessa è inutile che parliamo di azione apostolica, di apostolato …

Se non siamo decisi a fare questo passo, tutto quanto possiamo sentire e ascoltare resta lettera morta.

Questo passo ci può essere indicato da altri ma chi deve farlo siamo noi e nessun altro può compierlo per noi.

E dove Io possiamo meglio conoscere?

Gesù ha già risposto a questa nostra domanda: « Quando avrete innalzato il Figliuolo dell'Uomo allora conoscerete chi sono io » ( Gv 8,28 ).

Ma bisogna accoglierlo: « È venuto nella sua proprietà e i suoi non l'hanno accolto.

A tutti quelli però che l'hanno accolto, a quelli che credono nel suo nome, ha dato il potere di diventare figliuoli di Dio » ( Gv 1,11-12 ).

Questo passo verso qualcuno o qualche cosa nella vita tutti lo fanno.

Molti si accontenteranno di subire la loro sorte; si accontenteranno di essere imbarcati senza mai esserne impegnati.

Si rifiuteranno o saranno incapaci di una presa di posizione netta e cosciente del loro destino e di quello degli altri.

Si rifiuteranno di prendere sul serio la loro vita.

Alcuni crederanno di essere liberi di fronte al mondo e non s'accorgeranno di trovarsi impegnati da tante cose che condizioneranno la loro vita, che li impegneranno, richiederanno loro dei sacrifici, delle rinunce …

Forse un giorno avevano intravisto l'ideale di Gesù nella loro vita, ma non l'hanno accolto e si trovano impegnati a vivere per altri ideali.

Il giovane ricco è stato uno di questi.

Poteva essere un apostolo, un fondatore del Regno di Dio: è apparso per un attimo nella vita di Gesù ed è scomparso seguito da uno sguardo di tristezza di Gesù!

I discepoli di Emmaus si sono trovati nella stessa condizione: avevano creduto per un certo tempo, ma Gesù era morto ed essi si allontanavano …

Gesù li rincorre e lo riconoscono; la loro vita diventa un'altra: ritornano a predicare Gesù agli altri si fanno catechisti!

Preghiamo Gesù che ci insegua per chiamarci a Lui anche quando pare che la sua vita non ci dica più niente, anche quando ci pare che la sua morte ci disorienti: è proprio quello il momento in cui abbiamo più bisogno che Gesù non ci lasci scappare e ci dimostri che proprio con la morte di Croce ha compiuto la sua opera di Redenzione e ha dimostrato il suo amore per noi.

Testimoniare … Gesù nella vita

Se la vita di preghiera e la vita di grazia ci avranno portati a impegnarci nella conoscenza di Gesù attraverso allo studio di Lui, se avremo chiarito la nostra responsabilità nel mondo in cui viviamo potremo passare a considerare quale lavoro ci attende in questo mondo.

Per meglio comprenderne la portata facciamo alcune considerazioni:

sono un giovane con tutti i problemi e le esigenze connessi con tale condizione;

sono uno studente e vivo quindi nel particolare ambiente della scuola;

sono cristiano: ho cioè una vita soprannaturale e sono inserito per il Battesimo e la Cresima in quella speciale realtà che è il Corpo Mistico di Gesù;

sono studente alla casa di Carità Arti e Mestieri: mi trovo cioè in una speciale organizzazione che ha un fine non solo di istruzione e di preparazione professionale alla vita, ma che ha tra gli scopi suoi principali quello di aiutarmi a prepararmi ad una vita di autentica testimonianza cristiana.

Queste sono realtà di cui devo tenere conto se voglio che il mio studio e la mia preparazione siano coerenti con la mia situazione.

Rinnegare o non riconoscere qualcuna di queste situazioni rende mancante il lavoro della mia preparazione.

Inoltre, dato che tutto questo avviene per Divina disposizione se trascuro qualcuno di questi elementi mi rendo responsabile.

Uditorio attento

Queste realtà esistono anche se io le trascuro.

Sono talenti che Dio mi ha dato e li possiedo anche se per sventura non li faccio fruttificare: dovrò renderne conto.

Qualche considerazione: sono un giovane.

Un giovane è davvero tale quando, superata la fase dell'egoistica chiusura infantile, comincia ad aprirsi agli altri, quando, dopo aver continuamente preso dalla società per tanti anni comincia anche a dare ( apertura sociale ).

Non potendosi, oggi, nella nostra società attuale, per vari fattori, attuare completamente nell'età giovanile, questa apertura, tra la fase dell'egocentrismo infantile e quella della completa donazione degli adulti, c'è una fase intermedia di un'apertura ristretta ad un limitato gruppo di persone, di altri giovani coetanei.

Sono studente e mi trovo con altri nell'ambiente che prepara alla vita di domani.

Questo ambiente è in fase di rapida trasformazione e presenta molti aspetti negativi e molti aspetti positivi.

Devo però tenere presente che non è l'ambiente in sé che ha tali aspetti ma le persone che lo compongono e quindi anch'io con i miei compagni.

Sono cristiano; il Battesimo mi ha fatto Chiesa.

Anche se sono laico io non sono, né posso essere una parte solo passiva ( che solo riceve … ) ma devo essere anche una parte attiva, devo anche dare.

La Chiesa è una società … anzi è organismo vivente, è il Corpo Mistico di Cristo.

Per far del bene a me devo far del bene anche agli altri.

Il Battesimo esige non solo che io mi comporti bene, ma anche che abbia a rendere testimonianza agli altri della mia Fede.

La Cresima poi mi impegna a difendere la Fede e a diffonderla a costo di qualunque sacrificio: è questo l'Apostolato.

Sono studente alla Casa di Carità; questa particolare mia condizione voluta da Dio mi impegna maggiormente perché ho maggiori occasioni di sentire l'invito all'impegno apostolico, perché il mondo del lavoro ha maggior bisogno di autentiche testimonianze e Gesù vuole entrare nel mondo del lavoro per mezzo mio.

Chi ha più luce deve rischiarare il cammino degli altri che non ne hanno.

Chi più ha ricevuto di Fede la deve dividere con altri, chi meglio conosce Gesù deve aiutare gli altri a conoscerlo.

Da Queste considerazioni ne deriva che: vivendo nel mondo, lavorando nelle realtà terrestri, vivendo accanto ad altri che lavorano in queste realtà terrestri ho l'impegno di consacrare queste realtà terrestri, ho l'impegno di aiutare gli altri a consacrare queste realtà terrestri.

È questa la testimonianza che devo rendere: individuale: con la presenza, la parola, la mentalità, la carità, la partecipazione al culto pubblico …; associata: unendomi a quelli che come me hanno compreso il dovere di rendere testimonianza non per isolarmi dal resto, ma per un aiuto reciproco, per un sostegno vicendevole, per un arricchimento e una preparazione organizzata, per una maggior certezza di perseveranza, per una presenza più viva di Gesù con noi: « Dove sono due o più persone riunite nel mio nome io sono in mezzo ad essi ».

Varie sono le forme associate di apostolato ( Conferenze di S. Vincenzo, Azione Cattolica … ) ma se ho ben compreso la prima parte del nostro incontro, tutte, per essere vero apostolato, devono avere una base catechistica e cioè devono svolgere un'azione catechistica per mezzo di strutture differenti e per mezzo di attività varie: raccogliere stracci, visitare i poveri, insegnare agli ignoranti.

Se non hanno un fine catechistico restano sempre e soltanto delle strutture non animate dalla presenza di Gesù, non impegnate a portare Gesù, sia pure con la sola testimonianza ( è catechesi anche quella ).

Se della catechesi abbiamo questa visione, che è quella reale, vediamo come il campo di essa si apra grandemente: c'è una azione personale di preparazione, c'è una azione di comprensione dell'ambiente e di uomini, c'è una azione personale e associata concordata di penetrazione in uomini e ambienti per farvi risuonare la parola di Gesù.

Entriamo così veramente nel piano della Salvezza che Dio ha predisposto per gli uomini, ne diventiamo parte attiva, ne diventiamo operai militanti, non restiamo passivi dinanzi a questo meraviglioso piano della Salvezza.

Daremo un poco del nostro tempo e del nostro sacrificio, ma proveremo davvero l'entusiasmante gioia di essere utili a qualche cosa di importante nelle mani di Dio e soprattutto aiuteremo Gesù a vivere ancora oggi nel 1967 nel nostro mondo.

Quale è questo Piano della Salvezza? E cioè quale è l'azione Apostolica della Chiesa in cui vogliamo entrare come laici?

Eccolo:

1) Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi e giungano alla conoscenza della verità ( 1 Tm 2,4 ).

Egli li chiama a diventare suoi « figli adottivi » ( Rm 5 ) in vista della vita eterna.

Questo mistero di salvezza Dio lo rivela e lo realizza.

Egli fa conoscere agli uomini il suo piano per disporli a ricevere la ricchezza della sua grazia.

2) « Dopo aver parlato per bocca dei profeti, a più riprese e sotto vari aspetti, Dio ha parlato per mezzo del suo Figlio ( Eb 1,1-2 ).

È per mezzo di Gesù Cristo che la salvezza è rivelata; in Gesù Cristo la salvezza si è compiuta.

Egli è parola di verità e « a tutti coloro che l'hanno accolta ha dato il potere di diventare figli di Dio » ( Gv 1,12 ).

3) Inviato dal Padre per annunciare e realizzare la salvezza, Gesù manda gli Apostoli: « Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi » ( Gv 20,21 ).

La missione apostolica della Chiesa viene così definita: « Andate, insegnate a tutte le genti; battezzatele nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo » ( Mt 28,19 ).

L'annuncio del Vangelo è un compito essenziale della Chiesa.

Essa invita l'uomo a rispondere nella fede all'appello di Dio, ad accogliere la salvezza che gli viene offerta.

4) La Chiesa effettua questo annuncio del Vangelo attraverso il « ministero della Parola » ( At 6,4 ).

La catechesi è al centro di questo ministero; è la funzione pastorale che trasmette la Parola di Dio per destare e nutrire la Fede.

8) « Costituito dallo Spirito Santo a governare la Chiesa di Dio » ( At 20,28 ) il Vescovo è nella sua diocesi colui che presiede la catechesi.

Tutti coloro che annunciano la Parola partecipano della sua missione.

6) Ai pastori che hanno ricevuto l'incarico del gregge, la Chiesa ricorda che l'insegnamento della fede è « il loro primo e principale dovere ».

7) Membro attivo della Chiesa in grazia del Battesimo, ogni cristiano è responsabile dell'annuncio del Vangelo: partecipa alla missione apostolica della Chiesa.

8) Quando Gesù insegna, Gesù rivela se stesso: « Io sono la Via, la Verità e la Vita » ( Gv 14,6 ).

Nella sua parola egli rivela ciò che Egli è; in lui si manifesta il disegno di amore del Padre.

Questo avviene anche per la Chiesa che è « Gesù Cristo diffuso e comunicato ».

9) È indispensabile che dei Catechisti siano associati alla missione di catechesi.

In ragione del loro stato di vita essi portano un contributo originale all'educazione della fede.

10) Per la loro vita cristiana nel mondo, i catechisti sono i testimoni del Vangelo che illumina e penetra le realtà umane.

Anzi essi aiutano i catechizzati a comprendere come si vive la propria fede in tutte le situazioni dell'esistenza.