Antonio Rosmini e la formazione professionale

B271-A8

Consenso per la causa di beatificazione

Antonio Rosmini Serbati ( ritratto di Francesco Hayez ).

In occasione dell'inizio della Causa di beatificazione di Antonio Rosmini, la Casa di Carità ha inviato all'Istituto della Carità, la Congregazione fondata dal Servo di Dio, la lettera qui riportata.

A tale lettera segue lo scritto di don Remo Bessero, Direttore di Charitas, il bollettino rosminiano, sulle tematiche sollevate nella suddetta lettera, cioè l'attenzione serbata da Rosmini per la formazione professionale e per le attività lavorative in generale.

Riteniamo che la profondità dei pensieri del Rosmini su tali temi possa ritornare di interesse e di profitto per i nostri lettori.

1. Lettera della Casa di Carità

Reverendo don Bessero,

la Casa di Carità Arti e Mestieri, ente di formazione professionale, fondato dall'Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata e dalla Provincia di Torino dei Fratelli delle Scuole Cristiane, si unisce ai numerosi consensi di gioia e di compiacimento per l'inizio della causa di beatificazione del Servo di Dio Antonio Rosmini.

L'abbondanza, anzi l'universo di tematiche che scaturisce dal pensiero, dall'azione e dalla figura del Rosmini, trova sotto molteplici filoni una stretta rispondenza nell'opera della Casa di Carità Arti e Mestieri, e nella sua proposta educativa: mi limito a rilevare la denominazione della Casa come Carità, per il radicamento delle Arti e dei Mestieri in Cristo Crocifisso e Risorto, sotto la protezione dell'Immacolata.

La Casa di Carità, in quanto ente di formazione professionale di proposta cristiana, rientra nel novero delle scuole cattoliche e sappiamo quale ricchezza dottrinaria e quale impegno operativo il Rosmini abbia profuso in tale settore.

Non sono informato se, e in quale misura, il Rosmini abbia intuito l'importanza e si sia impegnato in ordine all'istituzione di centri di formazione professionale, nella configurazione che tale attività di formazione cominciava ad assumere nel secolo scorso.

Ma da alcuni elementi della vita e degli scritti del Servo di Dio dovrei ritenere che egli ne abbia intravisto l'importanza e si sia concretamente impegnato.

Così ad esempio mi viene in mente l'attenzione che il Rosmini ha sempre avuto per i lavoratori artigiani e per i giovani di S. Giovanni Bosco; in una lettera indirizzata a questi, il Rosmini si ripromette di affidargli del lavoro per la tipografia con la stampa di alcuni suoi scritti.

Ho poi presente l'attenzione e la considerazione con cui il Rosmini prende in esame l'esercizio di un'arte meccanica, come impegno della persona in alternativa, ad esempio, allo studio.

Ella, reverendo don Dessero, sarà sicuramente in possesso di ulteriori e ben più ampi ragguagli da segnalarmi al riguardo e Gliene sarei veramente grato.

Unisco per completezza il depliant della Casa di Carità che d'altra parte ben conosce per esserci stato a svolgere dei ritiri spirituali.

Ancora lieto per tale circostanza, affidiamo all'intercessione del Servo di Dio Antonio Rosmini l'attività della Casa di Carità Arti e Mestieri.

Con i più deferenti saluti.

2. Risposta su Charitas di don Remo Dessero

Cerchiamo di rispondere ai due punti in cui lo scrivente si affida alla nostra modesta competenza.

Ci chiede anzitutto se Rosmini « si è impegnato per l'istituzione di centri di formazione professionale ».

Storicamente no, non è avvenuto, perché le circostanze - alle quali Rosmini era attentissimo - non glielo hanno richiesto.

Ma lo « spirito » del suo Istituto, che è aperto alla carità universale, sarebbe stato anche per questa iniziativa.

Possiamo aggiungere - anche se si tratta di cosa leggermente diversa - che fin da giovane, quando coltivava il progetto della Società degli Amici, Rosmini aveva ideato di istituire una tipografia per la stampa di scritti utili alla religione e alla società.

E più tardi, pensò di poter realizzare questo progetto affiancandosi all'opera di don Bosco a Torino: progetto che però non ebbe seguito.

3. Rosmini e le attività lavorative

Quanto poi a Rosmini stesse a cuore, per i religiosi del suo Istituto, l'esercizio delle arti meccaniche - come si diceva allora - ne sono prova le numerose e sapientissime disposizioni che egli da nelle Costituzioni dell'Istituto.

Verrebbe di pensare che egli si occupasse soprattutto per le attività intellettuali e culturali dell'Istituto; ma la sua, allora, non sarebbe stata carità « universale », perché il bene della persona non si ha soltanto nel campo spirituale e intellettuale; questo bene si realizza anche nel campo dell'attività materiale o esercizio delle arti meccaniche.

Rosmini dava a quest'attività un'importanza grandissima, proprio per la completezza della persona del religioso e di conseguenza per il bene di tutto l'Istituto.

Addirittura, non voleva che si ammettesse al noviziato « chi non fosse abbastanza istruito nelle lettere, e non conoscesse qualche mestiere che nell'Istituto si possa esercitare con utilità e con edificazione » ( n. 41 ).

Durante il noviziato, poi, vuole che il tempo lasciato libero dalla formazione spirituale e dalla sua pratica, sia speso in lavori manuali « come ad esempio fabbricare calzature, cucire vestiti, rilegare libri, lavorare al torchio, o anche zappare la terra, e altri lavori di tal genere, che si fanno con le mani e la fatica del corpo » ( n. 167 ).

4. La santificazione del lavoro

Voleva che il « lavoro » dei religiosi fosse « santificato » dalla retta intenzione dell'anima: « Quelli che devono dedicarsi alle attività pratiche, dovranno saper apprezzare il lavoro manuale, come parte specificamente assegnata loro dalla divina Provvidenza, e dovranno mostrare nella laboriosità, nell'applicazione e nell'operosità la propria perfezione e l'efficacia della carità e della benevolenza.

Infatti devono santificare ogni cosa esterna con la virtù interiore, cioè con un'intenzione rettissima, con il desiderio di vincere se stessi, di rinnegarsi, di patire, di sopportare, e di fare qualsiasi gran cosa per la gloria di Dio, per la virtù dell'obbedienza, per l'Istituto e per il vantaggio di tutto il prossimo.

A ciò deve tendere tutta la loro solida formazione » ( n. 168 ).

I religiosi dell'Istituto, quindi, se non sono destinati agli studi, « si dovranno esercitare tutti nelle arti manuali, secondo l'antica disciplina dei Padri ».

E nell'esercizio delle arti manuali, si augura Rosmini, « è buona cosa che i nostri diano alle altre persone esempio di diligenza, di operosità e di maestria » ( n. 289 ).

Quanto poi a quali « arti » - o mestieri o lavori - si devono esercitare, Rosmini suggerisce questo ordine, che è l'ordine del bene: « Si devono coltivare e santificare preferibilmente le arti che servono in casa; poi quelle richieste dai ministeri di carità da noi assunti o che in seguito si assumeranno; in terzo luogo, purché siano utili, quelle in cui i religiosi dimostrano maggiore attitudine e inclinazione, e che si possono apprendere con maggiore facilità e santità sia in casa che fuori; infine, in quarto luogo, fra le arti utili si devono scegliere le più utili rispetto alla natura del luogo e del tempo, e quelle necessarie alla convivenza umana » ( n. 291 ).

Indicazione di grande sapienza, e che può suggerire un ottimo criterio di scelta per qualsiasi opera di carità.

5. Il lavoro espressione di carità

Rosmini considera anche il caso che il prodotto del lavoro degli « artigiani » dell'Istituto possa essere venduto.

In tal caso prescrive che « il ricavato sia utilizzato in opere pie, prima di tutto per il sostentamento dei fratelli ».

E raccomanda: « In questa vendita si deve procurare di offrire agli altri esempio di onestà e moderazione cristiana, chiedendo un prezzo giusto, onesto e invariato, per non dar luogo a dispute » ( n. 785 )

E vuole che gli « artigiani » dell'Istituto « siano di grande aiuto nell'istruzione dei poveri, insegnando loro qualche mestiere con cui possano vivere del lavoro delle loro mani, e acquistare il timor di Dio insieme con il mestiere ».

E vuole che essi - sempre gli « artigiani » dell'Istituto - « precedano gli altri artigiani della medesima arte uniti in pie congregazioni, con il buon esempio, le fatiche assidue, la vita onesta, lavorando senza inganni, aiutando in molti modi le loro anime con consigli ed esortazioni, aiutando nelle grandi città i giovani inesperti e rozzi che vengono dalle province e dalle campagne e sono esposti a molti pericoli » ( n. 782 ).

E poi questa alta indicazione finale: « Come tutto nell'Istituto si deve fare in modo per così dire perfetto, così anche nelle arti manuali non si deve cercare la mediocrità, ma un'abilità superiore alla media.

Infatti, se gli artigiani dell'Istituto eccelleranno sugli altri, potranno giovare molto al prossimo in ciò che riguarda la vita presente e futura » ( n. 784 ).

Remo Bessero Belti