Convegno ecclesiale di Verona |
Moderatore: Giuseppe Barbaro, professore incaricato di diritto di famiglia alla LUMSA, Taranto
Segretario: Marco Carmine, libero professionista, Novara
17-18 ottobre 2006
I tempi in cui viviamo sono quelli che Dio ci ha donato e, in quanto dono di Dio, vanno vissuti nella dimensione della speranza.
La famiglia è spesso rappresentata nei suoi aspetti patologici; difficoltà e sofferenze non sono estranee al vissuto familiare ma diventano passaggio per raggiungere il Risorto nella misura in cui i coniugi, riconoscendosi ogni giorno nuovi, vivono l'amore scambievole riproducendo la relazione trinitaria.
L'immagine di una siffatta famiglia, che testimonia la gioia del Risorto, è ancora oggi per l'intera società un annuncio di speranza.
La famiglia dunque continua a essere, per le altre famiglie e soprattutto per i giovani, il più importante strumento di trasmissione della cultura e della fede.
Essa costituisce strumento di contrasto a una comunicazione che vede i suoi destinatari unicamente come soggetti di una relazione funzionale di tipo consumistico.
Le relazioni familiari non esauriscono tuttavia l'intero panorama delle relazioni affettive.
Queste ultime devono caratterizzare l'intero corso della vita di uomini e donne, dal grembo materno fino al suo naturale compimento passando attraverso eventi dolorosi come abbandoni, malattie e morti.
La stessa vita dei presbiteri esige relazioni affettive, tra i confratelli e con i membri della comunità, caratterizzate da uno stile di comunione fraterna.
Una spiritualità fortemente comunitaria è quella richiesta ai membri della Chiesa che oggi è in Italia, una spiritualità che postula una capacità di amare l'altrui parrocchia, l'altrui associazione o movimento come il proprio.
Un progetto culturale cristianamente orientato e una pastorale integrata richiedono di mettere al centro la persona.
La persona tuttavia si realizza solo se entra in relazione con l'altro diverso da sé.
La prima relazione che l'uomo sperimenta è quella con Dio.
È relazione d'amore che chiede di riprodursi in infinite relazioni d'amore con le altre creature.
Occorre ripartire dal racconto della Genesi per comprendere la realtà della relazione uomo donna, messa in crisi dal peccato e ricomposta dal sacrificio di Gesù.
Cristo sposo della Chiesa sposa è icona non delle sole relazioni coniugali ma di tutte le relazioni umane.
Il paradigma di tali relazioni deve essere l'amore di Cristo per l'umanità che si colora delle più varie sfumature di amore: coniugale, filiale, fraterno, amicale.
L'amore, solo se alimentato dall'esperienza della Parola vissuta, diviene testimonianza e nel contempo annuncio.
L'affettività e la corporeità diventano via e strumento per la trasmissione dei contenuti della fede secondo la pedagogia di un Dio che accoglie e ama per primo e per primo perdona.
È necessario educare alla vita affettiva i membri delle nostre comunità, rendendoli capaci di comprendere il vissuto di tutti quelli che incontrano.
In tal modo si recupera anche la verità del matrimonio dove il « per sempre », elemento costitutivo dell'amore, si contrappone alla precarietà e all'individualismo e va proposto come valore anche per i non credenti.
Per superare l'apparente assurdità della speranza cristiana, che nasce dal grido di un Dio che muore sulla croce, occorre tradurre il messaggio evangelico in un annuncio credibile e vivibile per tutti.
Viene formulata una proposta condivisa e prioritaria di programmare una formazione integrata e permanente di tipo antropologico, che presti particolare attenzione alla sessualità, alla corporeità e all'etica, affidata a persone dotate di conoscenze, competenze e coerenza e destinata anche a presbiteri e seminaristi.
Accanto a questa, percorsi di spiritualità, finalizzati all'ascolto e alla meditazione della Parola di Dio.
Vi è poi una esigenza di individuare modelli formativi adeguati per annunciare la speranza cristiana nelle occasioni di incontro istituzionale delle coppie con la parrocchia ( matrimonio, battesimo figli ecc. ).
Si desidera che una particolare attenzione venga dedicata alla formazione degli animatori perché siano preparati e motivati a incontrare i membri della comunità locale nelle strade e nelle case, senza attendere che siano loro a venire in parrocchia.
Emergono poi l'esigenza e la proposta di una pastorale non settoriale pensata e fruibile da giovani e adulti, da coniugati e vergini nell'ambito liturgico e catechistico piuttosto che in quello lavorativo.
La realizzazione di una rete informativa che consenta una comunicazione circolare di esperienze e testimonianze agevolerebbe poi la condivisione tra le varie comunità ecclesiali.
Le famiglie infine sono ormai consapevoli che, da sole, non ce la possono fare a esigere dalle istituzioni un'adeguata attenzione che si traduca in provvedimenti legislativi o regolamentari che promuovano la loro formazione.
Di qui la necessità e l'urgenza che le famiglie, sempre in maggior numero, si associno tra loro proponendosi come testimonianza di solidarietà interna e nel contempo come erogatrici di servizi per le altre famiglie, reale attuazione del principio di sussidiarietà.
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