Convegno ecclesiale di Verona |
Moderatore: Michele Marchetti, direttore dell'Ufficio formazione, cultura, promozione e sviluppo del Centro Sportivo Italiano, Roma
Segretario: don Grazio Francesco Piazza, professore stabile di teologia dogmatica alla Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia meridionale, sez. « San Luigi », Napoli
17-18 ottobre 2006
Le comunità ecclesiali vivono in maniera diffusa la fatica e il disagio di una relazione al contesto culturale non sempre sorretta da adeguata capacità di discernimento.
È stata ribadita la necessità di una Chiesa che non si limiti a conservare l'esistente, alla semplice erogazione di servizi, ma che sappia raggiungere la vita delle persone.
In tal senso, c'è bisogno di promuovere una più ampia corresponsabilità e di valorizzare il ruolo dei laici.
Essa può svolgere, però, un ruolo pubblico, solo se non si riduce a essere un'eredità culturale del passato, ma è attualmente creduta e vissuta dalle persone concrete, nella sua verità e autenticità.
Ciò implica la formazione di un laicato pronto a rilanciare in termini vissuti e concreti la tematica dei rapporti tra fede e ragione, capace di vivere la fede non in modo intimistico o spiritualistico, ma come testimonianza incisiva che si misura con i problemi del mondo alla luce del Vangelo.
L'analisi e la narrazione delle esperienze ha delineato alcuni punti significativi:
- notevole differenziazione socioeconomica tra nord e sud, pur nella comune e condivisa necessità di ripensare una rinnovata cultura del lavoro, soprattutto per i giovani;
- necessità di superare una situazione diffusa dì precarietà e di disumanizzazione del lavoro e della festa;
- marginalità « interrogante » di alcune categorie di disagiati ( stranieri, donne, giovani, anziani, disabili, carcerati … ), i quali faticano a trovare accoglienza e possibilità di vivere la loro esperienza di fede anche all'interno delle nostre Chiese;
- perdita dell'univocità e della simmetria del rapporto tra cittadinanza e lavoro;
- presenza di strutture di peccato ( criminalità, mafia, connivenza, sfruttamento del lavoro di quelle categorie di disagiati ecc. ) le quali impediscono una piena realizzazione dei tempi, dei luoghi e dei linguaggi del lavoro e della festa, cristianamente orientali; si tratta anche di liberare il lavoro per liberare il sud da quelle componenti che radicalizzano le precarietà e, attraverso la politica, diventano strumento di controllo del lavoro e, quindi, dell'uomo;
- cultura del lavoro che fatica a essere elaborata e interiorizzata sia per l'emergenza della disoccupazione, sia per modelli lavorativi individualisti, arrivisti, esasperati … anch'essi non rispettosi dell'uomo, del primato della persona.
Alcune dimensioni fondamentali sembrano interpretare, in maniera più profonda e umanizzante, il lavoro e la festa: spazio, tempo e linguaggio.
Esistono i ritmi/tempi del lavoro e della festa, così come occorrono i luoghi e spazi di relazione perché lavoro e festa possano realizzarsi nel rispetto dell'uomo e della donna.
Sui linguaggi, le nostre Chiese appaiono in ritardo.
Il richiamo alla popolarità richiede un adeguamento dei linguaggi al senso comune.
In genere, il significato del lavoro e della festa è mutuato da quello che il linguaggio di tutti i giorni consegna; il desiderio, invece, è quello di esplicitare la novità e il valore aggiunto specifico del linguaggio della fede.
Si definisce, così, un itinerario che parte dalla piazza, viene rivisitato - nel discernimento personale e comunitario della Parola e della comunione di vita - all'ombra del campanile, per poi tornare a provocare la piazza, con il valore aggiunto della fede.
Appare necessario un accompagnamento mistagogico quale via essenziale dell'annuncio di fede e contesto di esperienza della festa come dono e gratitudine, attraverso un modello antropologico cristiano che faccia emergere la provocazione della speranza nelle situazioni di limite: accoglienza del limite e liberazione dalle limitazioni.
Si tratta di tradurre nel vissuto dell'uomo l'esperienza del Risorto come consapevolezza di sé, sollecitudine verso l'altro, contribuendo alla costruzione di istituzioni giuste.
Il contesto di questa speranza è espresso dalla carità ecclesiale come modello che ripropone la freschezza dell'ecclesiologia del Vaticano II.
Sono emersi parole e temi che richiedono elaborazioni e ulteriori approfondimenti:
- la comunità come luogo di discernimento del rapporto lavoro e festa, perché chiamata a organizzarne, tutelarne e assicurarne: ritmi, tempi, spazi e luoghi, linguaggio e forme di comunicazione;
- la formazione nei seminari su questi temi e sulle associazioni di riferimento che si occupano del lavoro, del tempo libero, dello sport, del turismo, in un'ottica di corresponsabilità organica e sostanziale dei laici aggregati;
- la giustizia sociale, il giusto salario, l'etica sociale del lavoro, come orizzonti di sollecitazioni nei confronti del pubblico e del privato sociale.
Si tratta di rilanciare gli elementi essenziali, l'alfabeto della dottrina sociale della Chiesa, come contenuti di specifica e mirata formazione dei laici e nei seminari.
La Chiesa chiami lo Stato alle sue responsabilità e coinvolga i laici in un protagonismo non più rinviabile, proprio per dare braccia e gambe alle affermazioni di principio.
2. Riflessioni sull'esperienza
Vi è ancora distanza tra mediazioni teologiche e dottrina sociale della Chiesa, segnata da un linguaggio troppo parenetico, negativo e poco propositivo, positivo e condiviso.
La festa è così offerta come esperienza di risurrezione ed evento che riaccende le speranze, che riconcilia le relazioni, sviluppando il senso della carità ecclesiale, della gioia e della missione.
La dimensione eucaristica della domenica, dono e compito, spinge a valorizzare il modello cristologico dell'incarnazione per fecondare il vissuto dell'uomo e in esso coltivare e costruire il lavoro come vocazione alla santificazione.
Sono tanti, infatti, i segni di santità diffusa tra i laici, nella quotidianità del loro impegno nel mondo.
La Chiesa si configura non come agenzia sociale, ma come istanza profetica, capace di difendere il valore e la verità dell'umano per tutti.
Le nostre comunità siano percepite come casa accogliente dove ciascuno possa incontrare il Risorto.
Da una pastorale di conservazione si approda a una pastorale missionaria e di primo annuncio, attraverso l'essenzializzazione della pastorale e una più ampia condivisione delle responsabilità.
Il cammino della Chiesa sia cammino di popolo, che tutti raggiunge e tutti coinvolge.
Solo persone formate al senso della Chiesa organica e differenziata, nutrite dall'ascolto della Parola e dalla celebrazione dei sacramenti possono diventare capaci di « traforare » il quotidiano superando la sua opacità.
Occorre che la comunità si faccia carico di itinerari di primo annuncio e insieme di una catechesi permanente.
Preziosa risulta in molti casi l'azione educativa di associazioni e movimenti che chiede di essere ulteriormente valorizzata e integrata nella vita della comunità ecclesiale, evitando percorsi paralleli.
Educare è passione del possibile, è non rassegnarsi al presente, è speranza.
E opportuno ritornare ai mezzi poveri e all'essenzialità del Vangelo, ridare centralità ai rapporti interpersonali e alla parrocchia, luogo povero per eccellenza, luogo ecclesiale concreto.
Vi è un diffuso desiderio di liberarsi dalla sindrome di Emmaus.
L'urgenza dei bisogni della città richiede un ritorno gioioso e convinto a Gerusalemme.
Con questi rimandi fondativi, la comunità diviene luogo di condivisione delle problematiche e fonte di discernimento delle competenze e delle risorse del territorio, capace di anticipare e sperimentare, di porre creativamente stili e segni di speranza, contestando le strutture di peccato, dando risposte di senso alla profonda questione sociale che è rappresentata dall'urgenza educativa.
3. Un approccio pastorale integrato
Lavoro e festa innestano proposte, percorsi, scelte e stili di vita che chiamano i cristiani a « mettersi in gioco ».
Alcune linee prioritarie:
- collegare i documenti scritti a un'azione sperimentale concreta, sollecitando filiere di cooperazione tra i movimenti e i livelli ecclesiali: connettere l'approfondimento e il riferimento dottrinale a una specifica e mirata promozione culturale;
- rimettere in rete alcuni documenti, tra tutti Chiesa e meridione d'Italia. Educazione alla legalità, ancora attuali per i temi proposti e per i metodi enunciati;
- favorire la diffusione tra i laici di una diaconia non solo liturgica, ma anche sociale e civile;
- promuovere la conoscenza capillare della dottrina sociale della Chiesa nella catechesi, nell'omiletica, nella formazione di giovani e adulti, così che illumini situazioni personali e collettive nel territorio;
- modellizzare progetti di intervento ( ad es. progetto Policoro, Barnaba, SPES ecc. ), da sperimentare nei diversi ambiti, anche rinnovando la sensibilità ecologica;
- incrementare la formazione e la crescita di una sensibilità cristiana che porti all'animazione dei tempi e dei luoghi ordinariamente vissuti nella società civile: villaggi turistici, campi sportivi, fabbriche, luoghi dello svago;
- evidenziare la responsabilità sociale delle imprese, soprattutto nel contesto cattolico, cercando di promuovere la buona prassi del bilancio sociale preventivo e non solo consuntivo;
- pensare alla Chiesa - parrocchia come possibile sistema di generazione di impresa e di lavoro.
Si tratta di promuovere, all'interno di reti significative costituite da associazioni, parrocchie e movimenti, quelle evidenze di prodotti e servizi che possano offrire nuove opportunità di lavoro ai giovani e a quelle categorie particolarmente svantaggiate nell'articolazione economica; si suggerisce di favorire la dimensione creativa del lavoro, stimolando l'autoimprenditorialità e il sistema cooperativistico;
- rilanciare l'impegno concreto delle parrocchie, valorizzando quelle esperienze positive già vissute - colonie, oratori impegnati nell'animazione dei tempi e degli spazi dei più giovani, circoli ecc.; tra questi assume rilievo la cura del turismo religioso e dei pellegrinaggi;
- formare all'identificazione e alla cura di nuovi luoghi e tempi del lavoro e della festa ( incluso internet ), nel tentativo di offrire spazi di socialità e di incontro;
- diffondere la cultura dell'amore verso la festa e il lavoro per qualificare le professionalità e il suo valore testimoniale;
- ricollocare al centro di queste attenzioni le famiglie come snodo decisivo, perché si riapproprino dei loro tempi di relazione interpersonale.
La famiglia è la prima che offre luce particolare al lavoro e alla festa.
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