Convegno ecclesiale di Verona |
Moderatore: Edoardo Patriarca, insegnante, Carpi ( MO )
Segretario: Maria Pia Bertolucci, libera professionista, Capannori ( LU )
17-18 ottobre 2006
Il contesto attuale di lavoro/festa è segnato da ambiguità e ambivalenza.
Nella Bibbia il lavoro è fatica, ma anche concorso al progetto di Dio; il lavoro è risorsa, ma anche segnato da un rapporto difficile con il denaro; è gioia e al contempo frustrazione; è relazione fraterna con gli altri, ma anche relazione che abbrutisce e sfrutta.
Così anche la festa: può essere contemplazione ma anche banale alienazione.
Se crediamo nella risurrezione del Signore ci spetta il compito difficile e mai definitivo di ridurre queste ambiguità.
Oggi i tempi della festa e del lavoro sono sempre più divergenti: è difficile conciliare i tempi dell'organizzazione del lavoro con quelli della vita familiare e personale.
Anche tra i giovani si assiste a un rapporto problematico: con il lavoro pensato per « guadagnare denari » e con la festa vissuta talvolta all'insegna dello sballo.
Come pure va tenuta presente la dimensione globale dei processi in atto.
Cosa saranno domani la festa e il lavoro?
Stiamo assistendo a trasformazioni profonde del lavoro e della festa e c'è da domandarsi se il lavoro sia ancora una dimensione fondativa per la vita dell'uomo.
La troppa precarietà non limita la possibilità di costruire un progetto di vita?
Nella traccia di ambito non si accenna alla disoccupazione ( nel sud in particolare ): ma senza lavoro come si può parlare di vita affettiva, di cittadinanza, di diritti sociali?
Non proponiamo un'agenda sociale, ma vogliamo recuperare l'essenzialità della speranza cristiana e la dimensione antropologica.
Festa e lavoro vanno incarnati nel quotidiano; essi non esistono senza l'uomo, senza la persona che fa il lavoro e vive la festa.
In genere parliamo poco della comunità che lavora, della testimonianza e della possibilità che il lavoro diventi preghiera e speranza creativa.
Come l'economia, l'impresa diventano luoghi della speranza nel Cristo risorto?
Occorre far emergere la concezione del lavoro come continuazione dell'opera di Dio.
Occorre agire sui modelli organizzativi del fare impresa coinvolgendo gli imprenditori e i lavoratori.
Ricordiamoci che sono le persone che lavorano: devono essere accompagnate, seguite, ascoltate e orientale.
Devono avere vicino una realtà cristiana che le capisce e offre loro opportunità.
L'accostamento lavoro e festa è una grande novità, ma occorre rovesciare la prospettiva.
È la festa della domenica che nei secoli ha cambiato la storia, che ha generato una nuova mentalità.
La domenica è giorno della speranza perché è la festa che da valore alle relazioni umane; ma la domenica è anche il primo giorno di lavoro di Dio, il giorno in cui riceviamo, nella liturgia, l'azione salvifica di Dio.
Invertendo il ragionamento emerge che è la festa, il giorno della gratuità e del dono, che « risuscita » il lavoro a servizio dell'edificazione della comunità.
Va approfondita anche la dimensione del tempo.
Il tempo è relazione con Dio e con gli altri: ma viviamo così il lavoro e la festa?
L'uomo ritiene di aver soggiogato lo spazio, il tempo però non può essere dominato, sfugge al suo dominio e rischia di dominarlo.
C'è disoccupazione nel sud, c'è il lavoro nero, il lavoro mal pagato, il lavoro precario-per-sempre.
La Chiesa deve fare la denuncia che si fa per questo annuncio.
Una Chiesa troppo cultuale, che non parla mai di dottrina sociale, appare lontana dalla vita delle persone.
Insomma non possiamo rinunciare a stare dentro le prospettive della storia e della città dell'uomo.
Infine, nelle nostre parrocchie dobbiamo cambiare qualcosa perché spesso non ci arriva la realtà della vita, perché siamo troppo chiusi in noi, talvolta formali e burocratici.
La speranza dobbiamo portarla fuori, incontrare la gente, gli immigrati.
Occorre riprendere la prospettiva antropologica e rimettere al centro la persona.
Abbiamo bisogno di alfabetizzarci e recuperare il senso profondo e cristiano delle parole festa/lavoro.
Festa e lavoro sono dono di Dio: sentiamo in ciò un forte desiderio di speranza, di una visione integrale dell'uomo della festa e del lavoro, una dimensione che non può che essere circolare e unitaria, vissuta nella dimensione del dono.
È altresì una questione culturale: sono in atto cambiamenti sociali profondi, la prassi di vita concreta spesso ci allontana dalla festa che diviene tempo libero da consumare.
Come pure il lavoro immaginato come mero strumento per il consumo.
Come vivere la dimensione della speranza in un tempo di frammentazione?
Nel lavoro, come trasmettere il paradigma della parola dei talenti che significa competenza, dedizione, professionalità?
E come attraversare il tempo della festa sotto il segno del dono e della gratuità?
Come impedire che la precarietà distrugga le relazioni sociali e familiari?
Sono stati troppo trascurati gli itinerari formativi: la Chiesa fa i documenti ma rimangono nelle librerie o nelle biblioteche; occorre una maggiore corresponsabilità tra laici e presbiteri.
Abbiamo un grave ritardo e non siamo più allenati a correlare principi e stili di vita coerenti.
Va rimessa al centro la dottrina sociale della Chiesa; dopo la pubblicazione del Compendio, il riassunto del Compendio, ormai l'argomento sembra esaurito: ma quanti laici lo conoscono, lo vivono testimoniandolo?
Desideriamo una Chiesa più presente e più amica, capace di ascolto, capace di sintesi vitale tra dottrina sociale della Chiesa e lavoro/festa.
Una presenza di qualità, con una pastorale e un racconto più vicini al mondo del lavoro.
Riteniamo vada data particolare attenzione all'analisi sulle strutture di peccato: occorre inventare nuovi modelli organizzativi nel lavoro e nelle imprese più a misura di persona e famiglia.
I temi della responsabilità sociale, della vocazione imprenditoriale, di un'economia più giusta e solidale possono divenire temi generatori per una pastorale e un'azione laicale segnata dalla speranza nel Cristo risorto.
Riscoprire la vocazione come gusto di vivere, testimonianza e stili di vita, conversione pastorale che accolga il movimento della festa e del lavoro: essi sono i due fuochi dell'ellisse della vita cristiana.
Riteniamo urgente una formazione mirata ai « risultati » in cui proporre la pluralità delle figure laicali, una teologia sociale che parte dall'educazione all'attualità e una proposta di stili di vita costruttori di reazioni umane autentiche.
Una formazione concreta a partire dalla conoscenza del territorio.
Più impegno delle aggregazioni laicali nell'educare allo spirito critico e un'attivazione di luoghi veri di discernimento comunitario.
Una parrocchia che sta nel territorio diventa un laboratorio di discernimento sui temi della vita concreta illuminati dalla dottrina sociale della Chiesa.
La liturgia domenicale deve significare la dimensione della festa e del lavoro, in essa si può sperimentare la conversione.
La parrocchia infine stia sulla piazza e aiuti i giovani e le famiglie a vivere una dimensione possibile della festa.
Una pastorale diocesana di ambito: sono auspicabili uffici pastorali più integrati, una pastorale e una catechesi che ascoltino e raccontino le persone nel lavoro.
Una particolare attenzione andrà data al mondo degli immigrati: un impegno di solidarietà in compagnia con loro.
Come pure andranno combattuti dalla comunità cristiana il caporalato, il lavoro malato, il lavoro mal pagato e sfruttato.
Chiediamo una rinnovata attenzione al sud, una ripresa del documento Chiesa e mezzogiorno: sviluppo nella solidarietà.
Maggiore attenzione all'impresa, una realtà che può migliorare la qualità del territorio: etica dell'impresa, responsabilità sociale, sviluppo sostenibile sono temi che andranno affrontati anche nella comunità cristiana.
Come per il lavoratore, non si può lasciare l'imprenditore da solo.
Il progetto Policoro ( evangelizzazione, formazione, reciprocità nord-sud ) è un esempio di progetti che possono essere riproposti anche in altre zone del paese, come volano e occasione di incentivo.
Anche i beni ecclesiastici sono un'opportunità per avviare con i giovani esperienze imprenditoriali e di impresa sociale.
Infine dobbiamo farci attenti a una legislazione che aiuti la conciliazione dei tempi nella famiglia e invitare i credenti all'astensione dal consumo nel giorno della domenica.
Vorremmo infine ricordare il lavoro prezioso in casa e la risorsa del « tempo pensionato », che non sono lavoro a reddito economico ma hanno un enorme valore sociale e di valore aggiunto.
Indice |