Venite e vedrete |
CCC nn. 914-933; 1618-1620 CdA nn. 1075-1079 CdG pp. 270-272
Unico grande comandamento e unica vocazione che accomuna tutti i cristiani è l'amore a Dio e ai propri fratelli.
Si tratta per tutti di divenire santi, grandi nell'amore, come Dio lo è.
È una chiamata rivolta a quanti vivono la vocazione al matrimonio e a quanti sono incamminati sulla via della castità consacrata o del celibato nel ministero presbiterale.
Gesù ha incarnato l'amore che Dio ha per tutti e ha inaugurato un modo nuovo di rispondervi.
Un modello rivoluzionario per i suoi contemporanei, per i quali il non sposarsi o il non avere discendenza era ritenuta una sventura se non una maledizione.
Il vangelo e la vita di Gesù annunciano che l'amore non ha una sola realizzazione e che il matrimonio non è un destino senza alternativa.
Nella grandezza e nella libertà dell'amore divino, di cui siamo imitatori sempre parziali, possiamo essere chiamati a percorsi diversi.
La sessualità, l'essere uomini o donne, racchiude in sé un appello, non un destino; è un invito alla comunione gratuita, fedele, feconda, accogliente, non una legge biologica orientata alla conservazione della specie.
Cercare l'amore di Dio come possibile e come l'unico amore necessario ed eterno; non dedicarsi a nessuno in modo esclusivo, ma lasciare che siano i percorsi della vita a proporti quel prossimo che ha bisogno di trovare in te una trasparenza della compassione divina; coinvolgere tutto te stesso, anche il tuo corpo, nell'attesa operosa di un altro Sposo, il Cristo, del quale tutti gli sposi della terra sono immagine: tutto ciò è possibile e può riempire una vita.
"La castità "per il regno dei cieli" ( Mt 19,12 ) … libera in maniera speciale il cuore dell'uomo, così da accenderlo sempre più di carità verso Dio e verso tutti gli uomini" ( Perfectae caritatis, 12 ).
La castità consacrata è una scelta coraggiosa e impegnativa: chiede di andare oltre il desiderio naturale immediato ( 1 Cor 7,32-35 ).
Per questo si sostiene e si alimenta solo in Dio, nel dialogo con lui e con la forza che viene dai sacramenti, i segni del suo amore.
Come l'amore degli sposi, anche la castità consacrata sarà un amore "gratuito".
Non si resta celibi per non impegnarsi in una vita di coppia o per sottrarsi alle responsabilità di una famiglia.
La verginità o il celibato si scelgono per amare più intensamente Dio e gli uomini; per dare un segno che, anche senza una persona che risponda al tuo amore, è possibile amare dando e trovando gioia; che si può riempire una vita prendendosi cura di chi semplicemente ha bisogno, anche se non ha legami né di sangue né di affetto con te; per dire con la vita che Dio è Persona e ci ama realmente, anche se i sensi non lo percepiscono e perfino l'animo talvolta si affatica ad attenderlo.
Sarà un amore "fedele".
Non si resta celibi per non legarsi a nessuno, per chiudersi nella propria individualità, ma per lasciarsi afferrare dall'amore di Dio e legarsi a filo doppio con la storia degli uomini.
Quanti, magari senza saperlo, sono alla ricerca di Dio in ogni amore, hanno bisogno di incontrare sulla loro strada qualcuno che sia annuncio vivente dell'amore incessante e assoluto di Dio, un segno della cura che Dio ha per ogni uomo, perché nessuno vada perduto ( Gv 6,39 ).
Per questo, solitamente, anche la scelta di vita verginale o celibataria si esprime con una promessa che impegna tutta la vita, talvolta formulata aderendo alla regola di una comunità religiosa o monastica, talvolta irrevocabilmente pronunciata nell'intimo di se stessi.
Per questo la vita religiosa, che dà forma a questa scelta, prevede solitamente l'impegno con voto alla ricerca obbediente della volontà di Dio, anche quando le sue vie fossero lontane dalle proprie.
La castità consacrata sarà un amore "fecondo".
Sarà una fecondità diversa da quella del concepire un figlio, ma se l'amore di chi vive da celibe non suscita vita e non se ne prende cura, non è immagine dell'amore divino.
Perché ci si rivolgerebbe al sacerdote chiamandolo talvolta "padre", se non perché egli, con l'annuncio della parola di Dio, la celebrazione dei sacramenti, il dono della propria vita, genera figli alla Chiesa e si prende cura di ogni figlio di Dio, soprattutto di chi è il più piccolo e il più indifeso?
La capacità generatrice della sessualità non è l'unica fecondità.
E come la sessualità non traduce l'amore divino quando a priori esclude la fecondità e non si apre alla vita, così la castità consacrata senza fecondità spirituale, cura amorevole della vita altrui più che della propria, sarebbe esclusione egoista dell'appello a generare vita che il nostro stesso essere sessuati esprime.
La castità consacrata sarà un amore "accogliente", ancora più netto nell'esprimere il suo essere rivolto a tutti.
Anche coloro che scelgono la vita monastica non si chiudono in una cella per pensare solo alla propria anima, ma, al contrario, per abbracciare tutto il mondo con la loro intercessione, chiudendo fuori ogni ringraziamento e ogni ricompensa da parte di alcuno per mantenersi aperti a tutti.
Diversamente, il loro sarebbe un egoismo, per quanto ascetico, non un riflesso dell'amore divino.
"Nel cuore della Chiesa io sarò l'amore", diceva santa Teresa di Gesù Bambino, missionaria dalla propria clausura.
Il celibato e la castità consacrata non sono modi di sottrarsi all'amore che chiede sempre di farsi concreto e personale, ma impegno ad accogliere ogni singola persona in ogni situazione concreta come se fosse "l'amato del mio cuore" ( Ct 3,1 ).
Diventano così, per ciascuno, annuncio e anticipazione della comunione piena con Dio, per sempre.
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