Venite e vedrete |
CCC nn. 1878-1896; 1905-1912; 1928-1948 CdA nn. 1095-1101 CdG pp. 145-147
La politica è terreno di non facile comprensione e interpretazione: a volte appare come un ambito specialistico riservato a pochi intenditori, altre volte ci sembra una realtà nella quale è possibile intervenire soltanto con grandi numeri; a volte ci sembra un dibattito su questioni astratte e ideologiche, altre volte invece tanto concreto da non sapersi mai alzare al di sopra degli interessi economici di parte.
Ognuno di questi giudizi estremi può essere preso ad alibi da chi si illude di credersi esonerato dall'impegno civile e politico.
Ma ogni nostra scelta, come ha un risvolto personale, così ha anche un risvolto sociale e politico, e rinunciare a scegliere è anch'essa una scelta: lasciare che siano altri a scegliere al posto nostro.
Il credente non vive la propria fede come qualcosa che lo porta fuori da questo mondo, ma come un concreto e generoso impegno a far maturare in questo mondo i germi di quel regno di Dio che egli invoca ogni giorno nella preghiera che Gesù ha insegnato.
Sarà un impegno che unisce insieme giustizia, carità e intelligenza.
Il cristiano vive la carità nella dimensione sociale e politica, senza assolutizzazioni e disimpegni, nella prospettiva originale di un autentico e concreto servizio al prossimo, in un cammino di costante conversione e riconciliazione delle persone, oltre che delle strutture.
Per interrogare la fede cristiana sul tema della politica, per verificare se il vangelo ha qualche cosa da dire in proposito ed eventualmente cosa, per decidere in che senso si dia un rapporto tra fede e politica e in che senso debba invece affermarsi una rigorosa distinzione, il primo passo da fare è quello di raggiungere qualche chiarezza a proposito di questo termine spesso abusato.
Quando parliamo di società noi pensiamo a un gruppo umano in cui esistono legami di interdipendenza tra gli individui.
Non fanno società i passeggeri di un tram, solo occasionalmente raggruppati; fanno società, invece, i dipendenti di un complesso industriale, gli studenti di una scuola o gli abitanti di un paese.
Gli uomini si legano reciprocamente in vista di scopi determinati: per lavorare, studiare, divertirsi, formare una famiglia, costruirsi una casa …
Si associano o si organizzano per promuovere servizi di comune utilità: nel campo della scuola, delle attività sportive e culturali, dei problemi collegati al territorio …
Si è ormai affermata nella nostra cultura l'espressione "società civile" per indicare questa complessa rete di legami tra gli uomini, che è la risultante delle decisioni private: non solo di quelle dei singoli, ma anche di quelle dei gruppi che si costituiscono per gli scopi più diversi.
Appare subito evidente l'opportunità, anzi la necessità, che l'intricata rete di legami sociali che costituiscono nel loro complesso la società civile non sia abbandonata all'automatismo delle decisioni e delle reazioni di singoli e di gruppi, ma sia consapevolmente governata in vista del bene comune.
In vista di questo obiettivo si costituisce la società politica.
Ricorriamo a un testo del Concilio Vaticano II per una prima descrizione della società politica e dei suoi rapporti con la società civile, avvertendo che il testo usa il termine "comunità", anziché quello più comune di "società": "Gli uomini, le famiglie e i diversi gruppi, che formano la comunità civile, sono consapevoli di non essere in grado, da soli, di costruire una vita pienamente umana e avvertono la necessità di una comunità più ampia, nella quale tutti rechino quotidianamente il contributo delle proprie capacità, allo scopo di raggiungere sempre meglio il bene comune.
Per questo essi costituiscono, secondo vari tipi istituzionali, una comunità politica.
La comunità politica esiste proprio in funzione di quel bene comune, nel quale essa trova piena giustificazione e significato e dal quale ricava il suo ordinamento giuridico, originario e proprio.
Il bene comune si concreta nell'insieme di quelle condizioni della vita sociale, con le quali gli uomini singoli, le famiglie e le associazioni possono ottenere il conseguimento più pieno e più spedito della propria perfezione" ( Gaudium et spes, 74 ).
Le ultime affermazioni sottolineano un punto caratteristico dell'insegnamento sociale cristiano, che lo distingue da molte teorie politiche diffuse negli ultimi cent'anni: scopo della società politica non è sostituirsi alla società civile e alle sue molteplici espressioni ( famiglia, associazioni, movimenti, imprese … ), ma più semplicemente promuovere le condizioni che consentano a queste realtà di convivere in pace e di orientare il loro operato al bene più generale di tutti.
Il "bene comune" costituisce una realtà variabile in rapporto ai tempi e ai luoghi, alle storie concrete d'ogni singola società, ma includerà sempre e comunque alcuni principi irrinunciabili: il rispetto della persona in quanto tale, dei suoi diritti fondamentali e inalienabili, dell'esercizio della sua libertà anche in campo religioso; lo sviluppo del benessere sociale, rendendo accessibile a ciascuno ciò di cui ha bisogno per vivere una vita veramente umana; la pace, cioè la stabilità e la sicurezza di un ordine giusto.
Alla luce di tutto ciò possiamo dare un significato più preciso al termine "politica".
È politica ogni attività umana intesa a promuovere il bene comune.
In senso primo e più specifico, è politica il complesso di quelle attività nelle quali si concreta l'iniziativa dell'istituzione politica: l'attività legislativa del parlamento, l'azione amministrativa del governo, l'opera giurisdizionale della magistratura e le corrispondenti attività degli organi politici minori.
Poiché però l'istituzione nasce dalla società civile e deve sempre interpretarne e realizzarne la volontà, attività politica in senso più ampio è quella di ogni cittadino che nelle diverse forme concorra a determinare gli orientamenti e le decisioni degli organi politici.
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