Aborto e Legge di aborto
Documento del Consiglio Permanente della C.E.I.
1. - I Vescovi membri del Consiglio Permanente della C.E.I., prendendo in considerazione gli attuali problemi che in modo acuto agitano il nostro Paese, si sono soffermati sulle molteplici forme di violenza e di attentati alla vita e alla dignità della persona umana.
Già varie volte i Vescovi italiani si sono pronunciati contro i sequestri di persona, gli attentati politici, la violenza di piazza.
Un'attenzione particolare è stata rivolta al dibattito sull'aborto, che di giorno in giorno in forma sempre più audace coinvolge l'intera popolazione.
Nessuno può dubitare che il fenomeno dell'aborto sia tra quelli che maggiormente inquietino il nostro tempo.
Senza accettare le cifre propagandisticamente divulgate, dobbiamo tuttavia riconoscere che il fenomeno degli aborti procurati e clandestini va sempre più diffondendosi.
3. - Ma ciò che ancor più preoccupa è la mentalità abortista che si diffonde e talune delle motivazioni che frequentemente vengono portate come tentativi di giustificazione dell'aborto procurato.
Si adducono, a tale scopo, i casi pietosi, nei quali sono implicate la salute della madre, la prognosi infausta per lo sviluppo del nascituro, o anche le situazioni familiari e le condizioni economiche che possono sembrare quasi umanamente impossibili.
Altre volte e più gravemente si fa appello a una giustificazione in cui l'aborto viene richiesto come qualcosa di « necessario » o addirittura di « normale » per salvaguardare il « benessere », per non perdere la « felicità », per gestire ad arbitrio non solo la propria sessualità ma anche la stessa esistenza dell'essere umano non-ancora-nato.
4. - In tal senso ci pare di ravvisare, nelle dimensioni che il fenomeno dell'aborto oggi assume e soprattutto in molte motivazioni che lo animano, uno dei segni più tipici di una società e di una cultura che tende
ad esaltare la libera decisione dell'uomo come valore assoluto e autonomo;
a riporre nel benessere economico e nel piacere l'ideale della propria esistenza, perseguendolo anche col sacrificio della vita altrui;
a progettare e a costruire la propria storia, negando valore assoluto alla legge morale e ritenendo superfluo o addirittura insignificante il riferimento a Dio.
5. - Di fronte poi al fenomeno degli aborti clandestini e delle situazioni incresciose che vi sono connesse ( come i pericoli per la salute, la discriminazione sociale, e la speculazione di sanitari compiacenti ) sono parecchi oggi a sostenere la necessità, se non di liberalizzare, almeno di legalizzare l'aborto, come doveroso apporto positivo al bene comune nelle difficili situazioni attuali.
Sotto la pressione sempre più capillare e martellante, e spesso purtroppo determinante, di una larga parte della stampa, di fronte all'agitazione sfacciata di taluni gruppi, davanti al fatto della legalizzazione dell'aborto introdotta in altri Paesi e ai tentativi in atto di screditare quanti ancora credono nel valore intangibile di ogni vita umana, molte persone rischiano di abbandonarsi all'opinione corrente con rassegnazione passiva e sfiduciata.
6. - In tale contesto i Vescovi invitano i credenti e tutti gli uomini di buona volontà ad una responsabile riflessione sui dati della fede e sugli altissimi valori in gioco nell'attuale dibattito sull'aborto.
Primo compito dei Vescovi è quello di riaffermare l'universale, costante e chiara dottrina della Chiesa sulla valutazione morale dell'aborto procurato.
Dai suoi inizi sino ai nostri giorni, la comunità cristiana ha sempre dedotto dalla parola di Dio la condanna dell'aborto: l'aborto « inteso come interruzione volontaria e direttamente perseguita del processo generativo della vita umana » ( Il diritto a nascere, Documento del Consiglio Permanente della C.E.I., 11 gennaio 1972, n. 3 ) è un grave crimine morale, perché viola il diritto fondamentale all'esistenza, che Dio ha impresso in ogni essere umano, anzi viola tale diritto nei riguardi di un essere umano innocente e indifeso.
8. - Leggiamo nella costituzione Gaudium et spes ( n. 51 ) del Concilio Vaticano II: « Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l'altissima missione di proteggere la vita: missione che deve essere adempiuta in modo umano.
Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura; e l'aborto come l'infanticidio, sono abominevoli delitti ».
Nel nostro tempo ripropongono lo stesso insegnamento le Conferenze Episcopali, ripetuti interventi di Paolo VI e la recente Dichiarazione sull' aborto procurato della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede ( 18 novembre 1974 ).
Questo insegnamento della Chiesa « non è mutato ed è immutabile » ( Paolo VI, Salutiamo con paterna effusione, discorso del 9 dicembre 1972 ).
9. - In una società violenta, nella quale il rispetto dell'uomo, soprattutto debole e indifeso, rischia di eclissarsi sempre più, tutti i cristiani e gli uomini di buona volontà sono chiamati a tenere vigile la coscienza della grandezza del carattere sacro e del valore di ogni vita umana: di essa solo Dio è l'origine e il fine ( cfr. Gen 2,7; Sap 15,11 ), essa è vigilata dal suo amore eterno ( cfr. Rm 8,28-30; Ef 1,4; Gen 4,10 ) e difesa dal suo comandamento « Non uccidere » ( cfr. Es 20,13; Mt 5,21 ).
« La vita umana è sacra - afferma Giovanni XXIII -; fin dal suo affiorare impegna direttamente l'azione creatrice di Dio.
Violando le sue leggi, si offende la sua Divina Maestà, si degrada se stessi e l'umanità, e si svigorisce altresì la stessa comunità di cui si è membri » ( Mater et Magistra, n. 181 ).
10. - Non solo la fede, ma già la stessa ragione umana condanna l'aborto procurato come soppressione di un essere umano.
« Il rispetto alla vita umana si impone fin da quando ha inizio il processo della generazione.
Dal momento in cui l'ovulo è fecondato, si inaugura una vita che non è quella del padre o della madre, ma di un nuovo essere umano che si sviluppa per proprio conto.
Non sarà mai reso umano se non lo è fin da allora » ( Dichiarazione sull'aborto procurato, n. 12 ).
« Del resto anche se ci fosse un dubbio concernente il fatto che il frutto del concepimento sia già una persona umana, è oggettivamente un grave peccato osare di assumere il rischio di un omicidio » ( Ibidem, n. 13 ).
11. - I dati della fede e della ragione ci assicurano dunque della grave illiceità obiettiva di ogni aborto procurato.
Conseguentemente nessuna legge che pretendesse di legalizzarlo, potrebbe renderlo moralmente lecito.
Perciò « riaffermiamo che, quand'anche e comunque fosse liberato in certi casi dalle sanzioni della legge civile, l'aborto non perderebbe mai il suo carattere di crimine morale » ( Il diritto a nascere, n. 8 ).
Il dibattito sulla revisione del Codice penale italiano, anche in tema di aborto, al di là di punti meritevoli di attenzione ( come una più adeguata collocazione nel contesto dei delitti contro la persona umana e la famiglia ), spinge taluni a chiedere, se non una piena liberalizzazione, una vera e propria legalizzazione, che ammette in alcuni casi l'aborto.
Una normativa in tal senso deve essere però valutata secondo precisi criteri morali, sui quali invitiamo tutti a riflettere attentamente.
13. - Una legalizzazione dell'aborto, che significasse un riconoscimento da parte dello Stato di un diritto all'aborto, sia pure in casi determinati e a certe condizioni, è contraria alla retta ragione, la quale esige anche da parte dello Stato l'obbligo di assicurare l'assoluto rispetto di ogni vita umana innocente, specie se indifesa.
I diritti dell'uomo e, a base di tutti, il diritto al rispetto dell'esistenza, sono nativi e inalienabili, sono impressi da Dio tramite la natura umana: non dipendono pertanto né dai genitori, né dall'individuo, né dallo Stato.
Lo Stato non è fonte originaria bensì garante doveroso dei diritti umani: come non li crea, così non può distruggerli.
Suo preciso compito è di riconoscerli, di tutelarli e di promuoverli per il bene di tutti.
14. - Né si può invocare a favore di una legge di legalizzazione il motivo di risolvere in questo modo il gravissimo fenomeno della frequenza degli aborti clandestini, attuati spesso in situazioni di pericolosità sanitaria o di speculazione.
Infatti se si legittima la pratica dell'aborto, non solo non si elimina l'abuso della clandestinità, ma, in una società che va perdendo il senso e il valore dell'essere non-ancora-nato, si allarga e accelera un processo di egoismo e di rifiuto della vita come sta a dimostrare l'allarmante esperienza dei Paesi nei quali l'aborto è stato liberalizzato o comunque legalizzato.
15. - Per questi motivi uno Stato che pretendesse di non ritenere più il carattere criminale dell'aborto, riconoscendo ad alcuni il diritto di richiederlo e ad altri la fàcoltà di effettuarlo, compirebbe un arbitrio, mancando a un dovere e arrogandosi un potere ch'esso non possiede; e minerebbe alla base il senso stesso della sua presenza nella convivenza sociale.
16. - Pertanto, qualsiasi normativa circa l'aborto, richiede innanzitutto che la legge lo riconosca come reato.
E ciò comporta, anche per ragioni educative, la previsione di pene nei confronti di chi lo commette o in qualche modo concorre a commetterlo.
È chiaro infatti che la pena ha pure una funzione educativa, tanto più urgente quanto più alti sono i valori che rischiano di essere compromessi.
Perciò la sua eliminazione nel caso dell'aborto è destinata facilmente ad affievolire, se non addirittura a spegnere, la coscienza dei più circa l'aborto quale « crimine contro la vita umana ».
E ciò assume una sua peculiare gravità, se si paragona il dispositivo giuridico circa la soppressione degli uomini già nati, sempre perseguita penalmente in modo grave, e quello circa la soppressione dei nascituri che, pur essendo del tutto innocenti e indifesi, non sarebbe in nessun modo perseguita.
17. - Pur essendo inaccettabile una legge che depenalizzi l'aborto, rimane però aperto il problema di una possibile revisione delle sanzioni penali per l'aborto procurato, nel senso della loro entità e qualità.
Al riguardo riconosciamo che è conforme a giustizia tenere in debito conto oltre le aggravanti anche le attenuanti che riducono in alcuni casi la colpevolezza e il dolo.
Tuttavia le une e le altre devono essere previste e determinate, nella forma più precisa e chiara possibile, dalla legge stessa.
Pur riconoscendo l'importanza di una normativa giuridica per la convivenza ordinata di una società e per la soluzione del problema dell'aborto ci rendiamo conto che mai è possibile risolvere in questo modo i casi difficili e pietosi.
Per questo si rende necessaria un' azione educativa più ampia e profonda, capace di generare e di sostenere una forte coscienza umana e cristiana di fronte al compito di rispettare e promuovere ogni vita d'uomo, e in particolare la vita non-ancora-nata.
19. - Applicando al nostro caso una parola del Signore Gesù, la quale può illuminare e guidare l'impegno di tutti e di ciascuno in favore della vita, ripetiamo: « chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me » ( Mc 9,37 ).
Ci è affidato cosi il compito che « sia resa possibile, sempre e dappertutto, ad ogni bambino che viene in questo mondo un'accoglienza degna dell'uomo » ( Dichiarazione sull'aborto procurato, n. 23 ), considerato come immagine vivente del « Figlio dell'uomo ».
Il dovere, ad un tempo umano e cristiano, dell'« accoglienza » si configura, nella nostra società attuale, anche in questi termini urgenti e impegnativi: accogliere, fare spazio a ogni uomo che viene in questo mondo, nella consapevolezza di accettare, ancora una volta, anzi innumerevoli volte, un figlio di Dio da sempre amato dal Padre ( cfr. Ef 1,4 ) e un fratello di Gesù Cristo.
20. - Vivendo questa accoglienza, ispirata dalla carità di Cristo e dalla giustizia verso l'uomo, i cristiani offriranno la testimonianza di una mentalità e di una condotta così rispettose della vita e attente alle difficoltà degli altri, da essere una vera e autentica alternativa alla scelta o alla legalizzazione dell'aborto.
I cristiani, però, non debbono limitarsi alla testimonianza personale, ma debbono esprimere anche proposte concrete e operative per impegnare singoli e società a eliminare le cause che conducono all'aborto.
Rinnoviamo al riguardo l'invito del Concilio Vaticano II ai cristiani circa l'impegno democratico di far « valere il peso della propria opinione » perché « le leggi corrispondano ai precetti morali e al bene comune » ( Apostolicam Actuositatem, n. 14 ).
21. - In modo più particolareggiato rivolgiamo l'appello all'azione preventiva, alla politica familiare e sociale, alla educazione morale.
« È necessario porre in atto una serie di iniziative per far fronte al problema della gravidanza indesiderata nel matrimonio, quali:
una tempestiva opera di vera educazione sessuale e di preparazione al matrimonio, per formare a un autentico senso di paternità responsabile;
indicazioni chiare circa i metodi di regolazione delle nascite, conformi alle dichiarazioni della Chiesa circa la moralità coniugale;
la diffusione di consultori prematrimoniali e matrimoniali, accessibili e disponibili per tutti » ( Il diritto a nascere, n. 11 ).
22. - Per le situazioni dolorose - quali la violenza subìta, la giovanissima età, il pericolo grave della madre, la diagnosi precoce di malformazioni del nascituro - l'aiuto è da trovarsi realisticamente « in una coraggiosa politica familiare, che abbia, tra gli altri, questi intenti improrogabili:
un piano di educazione a una matura responsabilità di fronte al problema della procreazione;
una maggiore protezione della gestante in difficoltà;
una assistenza adeguata alle maternità illegittime o pericolose;
un soccorso tempestivo e qualificato ai minori malformati o sofferenti; una politica della casa particolarmente attenta alle condizioni dei più disagiati;
un impegno economico e sociale capace di garantire occupazione e reddito per tutti ( Il diritto a nascere, n. 9 ).
Un modo particolare per venire incontro a tali situazioni dolorose è la pratica dell'adozione speciale, che offre una evangelica testimonianza di amore per la vita che nasce e di fraterna comprensione per chi è in difficoltà.
La situazione attuale impegna noi e i fedeli tutti a vivere la « novità » cristiana di cui siamo i destinatari e dobbiamo essere i testimoni.
La fede infatti ci apre ad una visione dell'uomo che ne rivela tutta la grandezza, quella di essere « immagine di Dio in Gesù Cristo »;
la carità ci stimola senza sosta ad un'opera di promozione dei valori umani;
la speranza ci sostiene di fronte alle difficoltà e ai contrasti e non ci lascia mai soddisfatti dei progressi raggiunti per il bene di tutti gli uomini nostri fratelli.
Seguendo le linee qui tracciate i cristiani saranno sempre più nel mondo un segno visibile del Dio « amante della vita» ( Sap 11,26 ) e testimoni efficaci di Gesù Cristo che ha detto « Io sono la resurrezione e la vita » ( Gv 11,25 ).
Roma, 6 febbraio 1975.
+ Antonio Card. Poma Presidente della C.E.I.