La Chiesa in Italia dopo Loreto |
Il Convegno è stato poi evento della pace del Risorto: nella forza del dono ricevuto col Battesimo, abbiamo sperimentato la ricchezza di quanto ci unisce e ci fa Chiesa, la gioia di essere popolo di Dio, « radunato nell'unità del Padre, del Figlio e dello spirito Santo.16
Questa esperienza di unità non ha certo annullato le differenze che abbiamo portato con noi, ma le ha collocate nella giusta dimensione.
L'inedita capacità comunicativa con la quale si è espressa nel Convegno questa fondamentale comunione ecclesiale, ci ha tenuti lontani sia dall'irenismo sia dall'intolleranza.
Abbiamo compreso che nessuno ha diritto di lamentarsi o di sentirsi vittima delle sue solitudini, se prima non si è riconosciuto colpevole delle sue solitudini, e non ha saputo farsi carico della mancanza di riconciliazione che tutti ci attraversa.
Abbiamo sperimentato uno stile di Chiesa nutrito di dialogo e di ricerca comune: anche in questo ci ha confortato, e ora ci impegna, la parola del Papa: « Per la solidale edificazione della casa comune è necessario che sia deposto ogni spirito di antagonismo e di contesa, e che si gareggi piuttosto nello stimarsi a vicenda ( cfr. Rm 12,10 ) nel prevenirsi reciprocamente nell'affetto e nella volontà di collaborazione, con la pazienza, la lungimiranza, la disponibilità al sacrificio che ciò potrà talvolta comportare ».17
Emerge così un altro fondamentale criterio di vita ecclesiale, sul quale dovremo sempre misurarci tutti: « La verità di Cristo domanda di essere realizzata nell'amore, per condurre in tal modo alla fraternità.
Nella sua essenza profonda essa è, infatti, manifestazione dell'amore, e solo nella concreta testimonianza dell'amore può trovare la sua piena credibilità.
Perciò le comunità cristiane sono chiamate ad essere luoghi in cui l'amore di Dio per gli uomini può essere in qualche modo sperimentato e quasi toccato con mano ».18
Vivere il dono della riconciliazione in un impegno di permanente conversione al Signore, e pertanto « pacificare gli animi, moderare le tensioni, superare le divisioni, sanare le ferite eventualmente inferte tra fratelli, quando si acuisce il contrasto delle opzioni nel campo dell'opinabile, e cercare invece di essere uniti in ciò che è essenziale per la fede e la vita cristiana »,19 è un aspetto fondamentale anche del messaggio di Loreto.
Per portare riconciliazione, dobbiamo essere Chiesa riconciliata, perciò stesso capace di apertura ecumenica con gli altri fratelli cristiani ed esperta nel promuovere il dialogo della salvezza nei più vasti e anche più difficili ambiti della comunità degli umini.20
Con verità e con amore siamo infatti inviati a ripetere in questo nostro mondo: « Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio » ( 2 Cor 5,20 ).
20. - Questo impegno di proclamare la grande speranza del perdono e della riconciliazione non ci esime dal fronteggiare oggi con nuova decisione il dramma del peccato e del « mistero di iniquità », cioè « di quel mistero di divisione che ha avuto inizio nella rivolta contro Dio e nel rifiuto di servirlo, e che nella realtà presente si configura come peccato dell'uomo, che si oppone a Dio ( cfr. Gen 3,1ss ), e come peccato del mondo, che rifiuta Cristo ( cfr. 1 Gv 4,3 ).
Secondo il messaggio biblico, richiamato da Giovanni Paolo II, il peccato ha la sua sede originaria nel cuore della persona e si ripercuote nelle strutture sociali ».21
L'iniziativa di Dio che vuole salvi tutti gli uomini e li conduce alla conoscenza della Verità, si esprime in una rinnovata proposta di pace ed ha il suo punto centrale negli eventi sacramentali della nostra riconciliazione, che culminano nell'Eucaristia e trovano singolare efficacia nel Sacramento del perdono.
Questi eventi sacramentali ci convincono a stare sempre sotto la Croce e a vivere nella gioia la rinascita alla vita nuova che la misericordia divina ci dona con inesauribile generosità.
Bisogna ricordare, però, che se la prassi di riconciliazione dei cristiani nelle diverse fasi della vita deve ritrovare nell'Eucaristia e nel Sacramento della riconciliazione la fonte sua propria, il Sacramento va tuttavia annunciato e celebrato assumendo i concreti impegni di riconciliazione nella vita.
Secondo la grande tradizione della Chiesa, e in consonanza con una vera pedagogia della fede, le nostre comunità ecclesiali anche dall'esperienza di Loreto sono sospinte a vivere precisi itinerari di riconciliazione, diversificati ed integrati nella pastorale globale della comunità.
Parimenti, bisogna superare ogni frattura fra la vita personale e comunitaria e l'Eucaristia, sacramento centrale della nostra riconciliazione: di qui nasce l'urgenza di una catechesi e di un rinnovamento liturgico che esprimano chiaramente quanto il mistero pasquale sia rilevante per la vita.
Così si dica del giorno del Signore, momento in cui la comunità accoglie e testimonia la riconciliazione nella sua espressione di gioia e di festa, e si impegna nella solidarietà verso i sofferenti e di missione verso i lontani.
Se la vita che Dio trasmette mediante il ministero della Chiesa si esprime in pienezza nell'amore, è necessario che questo ministero ecclesiale, oltre ad essere pace ridonata a chi ha peccato, sia servizio riconciliato con la gente:
ministero che si dirige a tutti, non solo a gruppi ristretti;
ministero che ama la gente povera,
ministero che è partecipazione alla storia delle persone, capacità di ascoltare ed insieme di aiutare tutti ad ascoltare, per far crescere nella verità e nella responsabilità;
ministero che sa parlare il linguaggio che parla la gente, secondo una destinazione popolare della misericordia e della pedagogia di Dio.
A questo proposito, è necessario prendere piena coscienza del rapporto indissolubile tra catechesi, sacramenti e azione caritativa.
Dobbiamo inoltre acquisire una adeguata competenza nella lettura dei bisogni, delle povertà, dell'emarginazione: un osservatorio permanente, capace di seguire le dinamiche dei problemi della gente e di coinvolgere direttamente la comunità ecclesiale in modo sistematico, non dovrebbe mancare in nessuna Chiesa locale.
Grazie all'opera dello Spirito, la comunione della Chiesa in Cristo è la via per accogliere il dono di Dio e protendersi verso la costruzione del Regno, di cui la Chiesa stessa è sulla terra germe ed inizio.22
Accogliamo qui un interrogativo dominante nel nostro Convegno, che il Papa ha voluto riprendere: « Come potrebbe la comunità cristiana essere " segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano " ( Lumen gentium, n. 1 ), se non vivesse in Cristo questa indissolubile unità anzitutto al proprio interno, così da essere Chiesa riconciliata ed, anzi, primizia del " mondo riconciliato ( cfr. S. Agostino, Sermo 96, 8 )? ».23
In questa luce, il Santo Padre ha voluto rendere « omaggio alla profonda unità che lega i Vescovi italiani tra loro e col successore di Pietro » ed ha ribadito « l'essenziale ruolo che, nel piano di salvezza sono chiamate a svolgere le Chiese particolari.
In religioso ascolto della parola di Dio ( cfr. Dei Verbum, n. 1 ), radicate nel mistero di Cristo mediante la partecipazione alla divina Liturgia ( cfr. Sacrosancturn Concilium, n. 2 ), impegnate nella testimonianza della carità ( cfr. Gaudium et spes, n. 26 ), raccolte intorno ai Vescovi, successori degli Apostoli ( cfr. Christus Dominus, n. 16 ), le Chiese particolari sono, nel mondo e per il mondo, segno visibile dell'amore misericordioso del Padre, per il conforto e la piena liberazione dell'uomo ».24
Appare chiaro il rilievo della figura del Vescovo, segno e strumento primo e costituzionale dell'unità e del riconoscimento ecclesiale, chiamato - nella comunione universale con il collegio episcopale e con il Papa - ad essere Maestro e Pastore, a praticare l'accoglienza e l'apertura, a operare il discernimento e, se necessario, la correzione, a promuovere l'incontro e il dialogo.
È necessario pertanto che intorno al Vescovo e grazie al suo ministero si realizzi l'unità di tutte le componenti della Chiesa locale: e questo nella promozione e nel discernimento di tutti i carismi e di tutti i compiti ministeriali.
Ognuno di essi ha caratteristiche proprie e in vario modo tutti sono riferiti al Vescovo.
Le vocazioni al ministero ordinato - presbiterato e diaconato permanente - e quelle di speciale consacrazione devono essere oggetto di singolare attenzione e di accorto accompagnamento.
La vocazione e la missione dei laici, in tutta la ricchezza di possibili forme ministeriali, esige qui di essere riconosciuta in maniera sempre più piena, nello spirito dell'ecclesiologia del Vaticano II.
La maturità dei cristiani deve esprimersi con chiara volontà di partecipazione nella Chiesa, nella complementarietà dei servizi e per il bene comune.
Viene in tal modo confermata la validità degli organismi collegiali per i quali si auspica una effettiva rappresentatività e la competenza a capire i problemi reali della comunità cristiana e della gente.
In tal modo potrà essere superato il rischio di una pastorale di emergenza, che si limiti a seguire i bisogni, cercando di coprire in qualche modo spazi di annuncio e di servizio rimasti scoperti; e si collaborerà invece per favorire una programmazione pastorale, che veda responsabilmente coinvolte tutte le componenti del popolo di Dio, valorizzati tutti i carismi e coordinato il cammino della Chiesa locale.
La comunione nella Chiesa locale va promossa ed accolta pure nel rapporto con le associazioni e i movimenti: essi « costituiscono, in effetti, un canale privilegiato per la formazione e promozione di un laicato attivo e consapevole del proprio ruolo nella Chiesa e nel mondo ».25
Tuttavia « perché la ricchezza dei carismi che il Signore ci dona porti il suo pieno contributo all'edificazione della casa comune, è necessario innanzi tutto il riferimento costante al proprio Vescovo, principio visibile e fondamento dell'unità della Chiesa particolare ( Lumen gentium, n. 23 ).
Ogni " ambiente " ecclesiale, come anche ogni problema che in esso può sorgere, trova nella Chiesa particolare e nella concretezza delle sue strutture il " luogo " provvidenzialmente predisposto, a cui fare riferimento nella ricerca della soluzione adeguata ».26
È dunque primaria la necessità di una forte comunione e comunicazione nella Chiesa locale, anche attraverso organismi rappresentativi dell'apostolato dei laici, espressione dell'impegno comune del popolo di Dio.
Analogo discorso va fatto per la presenza dei religiosi e delle religiose nella Chiesa particolare: il dono che essi esprimono va vissuto in costante rapporto tra le stesse famiglie religiose e nella comunione della Chiesa intorno al Vescovo, anche mediante un'attiva partecipazione allo studio e all'attuazione del progetto pastorale.
Perché la comunione ecclesiale sia esperienza di riconciliazione, essa deve nutrirsi di uno stile di dialogo, che sappia congiungere la verità e l'amore.
Emerge così, innanzi tutto, l'importanza del dialogo ecumenico, che porta a vivere la tensione carità-verità come espressione dell'amore e della ricerca che si dirige all'unità in Cristo.
L'ecumenismo si presenta così non come una attività fra altre, ma come una dimensione fondamentale di tutte le attività della Chiesa.
27. - Sempre con un corretto stile di dialogo, vanno poi considerate alcune situazioni particolari, quali sono quelle dei divorziati risposati o, per altro verso, quelle dei sacerdoti che hanno abbandonato l'esercizio del ministero.
Per queste situazioni è necessario tenere simultaneamente presenti il principio della comprensione e della misericordia, e il principio della verità e della coerenza.27
Sul piano pastorale, inoltre, il dialogo va tenuto aperto senza irenismi e senza paure, nella consapevolezza che la comunione ecclesiale. è per tutti un cammino mai esaurito, un traguardo da perseguire sempre nella storia personale e comunitaria.
Una comunità ecclesiale che voglia essere veramente riconciliata non può, infine, non farsi carico dei problemi della migrazione, promuovendo uno scambio fecondo tra le comunità degli emigrati e la Chiesa locale in cui essi vivono.
Occorre oggi anche creare, dove non ci sono, strutture di accoglienza per gli immigrati, specie dal terzo mondo, stimolando al contempo un'adeguata legislazione a tutela dei loro diritti umani.
In questo contesto trova la sua collocazione anche una pastorale di riconciliazione con le comunità composte da minoranze etniche e linguistiche: la Chiesa locale deve diventare spazio di incontro e di fecondo scambio delle ricchezze legate alle diverse tradizioni culturali.
Indice |
16 | San Cipriano, Dee Oratione dominica, 23. |
17 | Giovanni Paolo II, Allocuzione al Convegno …, cit. n. 6 |
18 | Ivi, n. 5 |
19 | Giovanni Paolo II, Esort. Apost. Reconciliatio et paenitentia, n. 9, 2 dicembre 1984 |
20 | Cfr. Ivi, n. 9 |
21 | Conf. Episc. It. Insieme per un cammino di riconciliazione, 22.2.1985, n. 23/b, pg. 19 |
22 | Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogrn. Lumen gentiurn, n. 5 |
23 | Giovanni Paolo II, Allocuzione al Convegno …, cit. n. 4 |
24 | Ivi, n. 2 |
25 | Giovanni Paolo II, Allocuzione al Convegno …, cit. n. 6 |
26 | Giovanni Paolo II, Allocuzione al Convegno …, cit. n. 6 |
27 | Cfr. ivi, n. 5 |