Comunicazione e missione |
Liturgia e comunicazione hanno molti aspetti in comune: entrambe si realizzano attraverso segni e azioni simboliche; entrambe richiedono gestualità e partecipazione.
Il rito liturgico esplicita il dialogo permanente tra Dio e il suo popolo: Dio lo raduna perché ha qualcosa da comunicare e il popolo, mosso da quella chiamata, è provocato a rispondere al dono offerto con l'atto di fede e il canto di lode.
La liturgia esprime questo meraviglioso scambio: è dunque un evento comunicativo perché in esso si attua il dialogo tra Dio e l'uomo.
Nell'esperienza liturgica accade quella forma di comunicazione della fede che altrove e altrimenti non potrebbe darsi.
La forma rituale infatti, in quanto azione, coinvolge tutto l'uomo e i suoi sensi, con oggetti, suoni, colori, luci, parole e gesti.
In tal modo la liturgia non è solo un mezzo espressivo di contenuti già elaborati, ma essa stessa diventa atto rivelativo e origine di una nuova comunicazione.
La creatività nell'ambito liturgico dovrà essere sempre commisurata al mistero donato, che rifugge da ogni manipolazione soggettiva o strumentale.
La forma liturgica non ha come suo primo compito quello di narrare gli eventi fondanti o di illustrare i contenuti della fede, ma di ripresentare, qui e adesso, la loro forza che salva e trasforma.
Una liturgia troppo preoccupata di rendersi comprensibile, presto o tardi smentisce se stessa: si fa pensiero o rappresentazione esteriore e cessa di essere celebrazione.
La comprensione della liturgia, prima che concettuale, dev'essere simbolica.
Il tempo e l'esercizio, i sensi e la materia, il corpo e lo spirito divengono componenti essenziali.
Affinché la liturgia possa sprigionare le sue risorse comunicative, deve attuare tutti i suoi codici peculiari.
Solo quando è salvaguardata la sua natura, fatta di comportamenti rituali, ricchi di senso e contenuto, la celebrazione introduce nell'esperienza del mistero divino che è esperienza della gratuità e della libertà.
Un ambiente comunicativo adeguato favorisce la messa in opera della celebrazione liturgica.
Valorizza i gesti e le parole, i segni e simboli, le luci e le ombre, i momenti pieni e i silenzi, i canti e le parole proclamate, gli spazi in cui si muove l'assemblea.
Il discernimento si nutre della consapevolezza che il linguaggio simbolico non aggiunge parola a parola, segno a segno, ma è luogo in cui si disvela un più vasto orizzonte di percezioni.
Infatti, l'azione liturgica ha l'obiettivo di ampliare le capacità percettive affinché il credente possa accorgersi di Dio oltre le cose e le parole, o meglio oltre la necessità delle cose e la grammatica delle parole.
A colui che presiede e a coloro che esercitano un ministero nella liturgia è perciò richiesta una precisa competenza e un alto livello di sensibilità comunicativa.
Si tratta anzitutto di attivare e modulare i diversi linguaggi, oltre la semplice formulazione verbale.
L'omelia è «parte della stessa liturgia».53
Senza il rispetto della sua natura rituale, la predicazione corre il rischio di oscillare tra consolazione e apologetica, trasmissione sistematica di contenuti dottrinali e adeguamento alle mode e alle tendenze linguistiche del mondo.
La natura dell'omelia va colta all'interno dell'esercizio del ministero della Parola.
« I fedeli ne ricavano frutto purché essa sia semplice, chiara, diretta, adatta, profondamente radicata nell'insegnamento evangelico e fedele al Magistero della Chiesa, animata da un ardore apostolico equilibrato, piena di speranza, nutriente per la fede, generatrice di pace e di unità».54
Occorre rispettare le cinque finalità dell'omelia precisate nell'introduzione al Lezionario:
guidare i fedeli a intendere e gustare la Scrittura;
aprire il loro cuore al rendimento di grazie;
condurli all'atto di fede per ciò che riguarda quella Parola che nella celebrazione si fa sacramento;
prepararli a una fruttuosa comunione;
esortarli ad assumersi gli impegni di una vita cristiana.55
I futuri presbiteri e i diaconi, nel periodo della formazione, dovranno essere adeguatamente aiutati ad acquisire le competenze utili per rendere l'omelia più immediata e comprensibile a tutti.
Nell'omelia devono trovare spazio anche i riferimenti alle concrete situazioni di vita, in modo da favorire quel discernimento spirituale e culturale di cui l'uomo di oggi ha particolare bisogno.
Occorre tener conto dell'uditorio e della mentalità diffusa, profondamente segnati dai processi mediatici, per calibrare nel migliore dei modi linguaggio, ritmo e tono.
Molti momenti della vita liturgica e dell'esperienza religiosa sono oggi oggetto di trasmissioni televisive e radiofoniche e vengono diffusi anche attraverso le reti informatiche con grande utilità per l'esperienza religiosa di tante persone.
Occorre operare «per il continuo perfezionamento contenutistico e tecnico di queste trasmissioni».56
L'impatto e il ruolo dei mezzi della comunicazione sociale vanno valutati con attenzione, soprattutto in presenza di celebrazioni sacramentali, dove risultano fondamentali la sobrietà delle immagini e la pertinenza del commento.
Per la natura e le esigenze dell'atto sacramentale non è possibile equiparare la partecipazione diretta e reale a quella mediata e virtuale, attraverso gli strumenti della comunicazione sociale.
Pur rappresentando una forma assai valida di aiuto nella preghiera, soprattutto per chi è malato o impossibilitato a essere presente, in quanto offre « la possibilità di unirsi ad una Celebrazione eucaristica nel momento in cui essa si svolge in un luogo sacro»,57 va evitata ogni equiparazione.
Per questo stesso motivo risulta fuorviante trasmettere celebrazioni sacramentali in differita o in modo ripetitivo attraverso i media.
Tanto meno si può pensare che le celebrazioni sacramentali possano avvenire tramite i media, come ipotizzato da alcuni per il sacramento della penitenza.58
Molte emittenti radiotelevisive trasmettono la santa Messa nei giorni feriali e soprattutto la domenica.
Tale trasmissione deve essere autorizzata dall'Ordinario del luogo e preparata adeguatamente seguendo i criteri stabiliti dall'autorità ecclesiastica.59
Dove tali trasmissioni sono abituali, è necessario predisporre una convenzione tra la diocesi o la Conferenza episcopale ( nazionale o regionale ) e l'emittente, affidando al competente ufficio per le comunicazioni sociali, coadiuvato dall'ufficio liturgico, la verifica delle modalità di ripresa e di trasmissione.
La comunità ecclesiale, da cui la santa Messa viene trasmessa, consapevole della peculiare situazione dovuta alla presenza di strumenti mediatici, si impegnerà a rendere la celebrazione esemplare, anche attraverso un'accurata preparazione dei fedeli e particolari accorgimenti da concordare con gli operatori della comunicazione, evitando alterazioni alla natura dell'atto celebrativo.60
Avendo tali trasmissioni come pubblico privilegiato, anche se non esclusivo, persone ammalate e anziane, è auspicabile un sempre maggior coinvolgimento da parte delle comunità cristiane che, nel contesto parrocchiale o negli istituti di cura, possono creare un utile collegamento.
Infatti «la trasmissione televisiva o radiofonica costituisce un aiuto prezioso, soprattutto se integrato dal generoso servizio dei ministri straordinari che portano l'Eucaristia ai malati, recando ad essi il saluto e la solidarietà dell'intera comunità».61
Indice |
53 | Sacrosanctum Concilium 52 |
54 | Paolo VI, Evangelii Nuntiandi 43 |
55 | Sacra congregazione per il culto divino, Ordo lectionum Missae 41 |
56 | Pontificia commissione per le comunicazioni sociali, Communio et progressio 150 |
57 | Giovanni Paolo II, Dies Domini 54 |
58 | Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali, La Chiesa e Internet 9 |
59 | C. E. I. Norme per la trasmissione televisiva della Messa 9-18 |
60 | Pontificia commissione per le comunicazioni sociali, Communio et progressio 150-152 |
61 | Giovanni Paolo II, Dies Domini 54 |