Catechismo maggiore |
Il quarto comandamento: Onora il padre e la madre, ci ordina di rispettare il padre e la madre, di obbedire loro in tutto ciò che non è peccato, e di aiutarli nei loro bisogni spirituali e temporali.
Il quarto comandamento ci proibisce di offendere i genitori con le parole, con le opere e in qualsiasi altro modo.
Questo comandamento, sotto il nome di padre e di madre comprende ancora tutti i superiori, così ecclesiastici, come secolari, ai quali perciò dobbiamo obbedire e portare rispetto.
L'autorità che i genitori hanno di comandare ai figliuoli, e l'obbligo ai figliuoli di obbedire, viene da Dio che costituì ed ordinò la famiglia, acciocché in essa l'uomo trovi i primi mezzi necessari al suo perfezionamento materiale e spirituale.
I genitori hanno il dovere di amare, alimentare e mantenere i loro figliuoli, di provvedere alla loro educazione religiosa e civile, di dar loro buono esempio, di allontanarli dall'occasione di peccato, correggerli delle loro mancanze, ed aiutarli ad abbracciare lo stato al quale sono chiamati da Dio.
Iddio ci diede l'esempio di famiglia perfetta nella Sacra Famiglia, nella quale Gesù Cristo visse soggetto a Maria santissima e a S. Giuseppe fino ai trent'anni, cioè fino a quando incominciò ad esercitare la missione affidatagli dall'Eterno Padre di predicare il Vangelo.
Se le famiglie vivessero da sole, separate una dall'altra, non potrebbero provvedere ai propri bisogni, ed è necessario che si siano unite in società civile, a fine di aiutarsi a vicenda per il perfezionamento e la felicità comune.
La società civile è l'unione di molte famiglie dipendenti dall'autorità di un capo, per aiutarsi scambievolmente a conseguire il mutuo perfezionamento e la felicità temporale.
L'autorità che governa la società civile viene da Dio, che la vuole costituita a bene comune.
Si, tutti quelli che appartengono alla società civile hanno l'obbligo di rispettare e di obbedire l'autorità perché viene da Dio, e perché cosi è richiesto dal bene comune.
Si debbono rispettare tutte le leggi che l'autorità civile impone, purché esse non siano contrarie alla legge di Dio, secondo il comando e l'esempio di nostro Signor Gesù Cristo.
Coloro che fanno parte della società civile, hanno, oltre l'obbligo del rispetto e dell'obbedienza alle leggi, il dovere di vivere concordi e di adoperarsi ciascuno coi mezzi e con le forze proprie affinché essa sia virtuosa, pacifica, ordinata e prospera a comune vantaggio.
Il quinto comandamento: Non ammazzare, proibisce di dar morte, battere, ferire o fare qualunque altro danno al prossimo nel corpo, sia per sé, sia per mezzo d'altri; come pure di offenderlo con parole ingiuriose e di volergli male.
In questo comandamento Iddio proibisce anche il dar morte a se stesso, ossia il suicidio.
Perché l'uccisore si usurpa temerariamente il diritto che ha Dio solo sulla vita dell'uomo; perché distrugge la sicurezza dell'umano consorzio, e perché toglie al prossimo la vita, che è il più gran bene naturale che ha sulla terra.
È lecito uccidere il prossimo quando si combatte in una guerra giusta, quando si eseguisce per ordine dell'autorità suprema la condanna di morte in pena di qualche delitto; e finalmente quando trattasi di necessaria e legittima difesa della vita contro un ingiusto aggressore.
Si, Iddio nel quinto comandamento proibisce anche di nuocere alla vita spirituale del prossimo con lo scandalo.
Lo scandalo è qualunque detto, fatto o omissione, che è occasione ad altri di commettere peccati.
Lo scandalo è un peccato grave, perché tende a distruggere la più grande opera di Dio, che è la redenzione, con la perdita delle anime; dà al prossimo la morte dell'anima togliendogli la vita della grazia, che è più preziosa della vita del corpo; è causa di una moltitudine di peccati.
Perciò Iddio minaccia agli scandalosi i più severi castighi.
Nel quinto comandamento, Dio proibisce il suicidio perché l'uomo non è padrone della sua vita, come non lo è di quella degli altri.
La Chiesa poi punisce il suicida colla privazione della sepoltura ecclesiastica.
Si, nel quinto comandamento è proibito anche il duello, perché il duello partecipa della malizia del suicidio e dell'omicidio, ed è scomunicato chiunque volontariamente vi ha parte, anche di semplice spettatore.
È anche proibito questo duello perché non solamente non possiamo uccidere, ma neanche ferire volontariamente noi stessi e gli altri.
No: perché non è vero, che nel duello si ripara l'offesa; e perché non si può riparare l'onore con un azione ingiusta, irragionevole e barbara, quale è il duello.
Il quinto comandamento ci ordina di perdonare ai nostri nemici, e di voler bene a tutti.
Chi ha danneggiato il prossimo non basta che si confessi, ma deve anche riparare al male che ha fatto col risarcire al prossimo i danni arrecati, col ritrattare gli errori insegnati, e col dar buoni esempi.
Il sesto comandamento: Non fornicare, ci proibisce ogni atto, ogni sguardo, ogni discorso contrario alla castità, e l'infedeltà nel matrimonio.
Il nono comandamento proibisce espressamente ogni desiderio contrario alla fedeltà che i coniugi si sono giurata nel contrarre matrimonio: e proibisce pure ogni colpevole pensiero o desiderio di azione vietata dal sesto comandamento.
È un peccato gravissimo ed abominevole innanzi a Dio ed agli uomini; avvilisce l'uomo alla condizione dei bruti, lo trascina a molti altri peccati e vizi, e provoca i più terribili castighi in questa vita e nell'altra.
I pensieri che ci vengono in mente contro la purità, per se stessi non sono peccati, ma piuttosto tentazioni e incentivi al peccato.
I pensieri cattivi, ancorché siano inefficaci, sono peccati quando colpevolmente diamo loro motivo, o vi acconsentiamo, o ci esponiamo al pericolo prossimo di acconsentirvi.
Il sesto comandamento ci ordina di essere casti e modesti negli atti, negli sguardi, nel portamento e nelle parole.
Il nono comandamento ci ordina di essere casti e puri anche nell'interno, cioè nella mente e nel cuore.
Per ben osservare il sesto e il nono comandamento, dobbiamo pregare spesso e di cuore Iddio, essere divoti di Maria Vergine Madre della purità, ricordarci che Dio ci vede, pensare alla morte, ai divini castighi, alla passione di Gesù Cristo, custodire i nostri sensi, praticare la mortificazione cristiana e frequentare colle dovute disposizioni i sacramenti.
Per mantenerci casti conviene fuggire l'ozio, i cattivi compagni, la lettura dei libri e dei giornali cattivi, l'intemperanza, il guardare le immagini indecenti, gli spettacoli licenziosi, le conversazioni pericolose, e tutte le altre occasioni di peccato.
Il settimo comandamento: Non rubare, proibisce di prendere e di ritenere ingiustamente la roba altrui e di recar danno al prossimo nella roba in qualunque altro modo.
Vuol dire prendere ingiustamente la roba altrui contro la volontà del padrone, quando cioè egli ha tutta la ragione ed il diritto di non volerne essere privato.
Perché si pecca contro la giustizia, e si fa ingiuria al prossimo, prendendo e ritenendo contro il suo diritto e la sua volontà ciò che gli appartiene.
È tutto ciò che appartiene al prossimo, che ne ha la proprietà o l'uso, o lo tiene in deposito.
In due modi: col furto e con la rapina.
Il furto si commette prendendo occultamente la roba degli altri.
La rapina si commette prendendo con violenza e manifestamente la roba degli altri.
Quando il padrone non fosse contrario, ovvero quando ingiustamente non volesse, come accadrebbe di uno che avesse estrema necessità, purché prendesse soltanto quanto gli è strettamente necessario per sovvenire all'urgente ed estremo bisogno.
Si danneggia anche con la frode, con l'usura e con qualunque altra ingiustizia contro i suoi beni.
La frode si commette ingannando il prossimo nel commercio con pesi, misure o monete false e con merci cattive; falsificando scritture e documenti; in somma facendo inganni nelle compere, nelle vendite ed in qualsiasi altro contratto ed anche quando non si vuol dare il giusto ed il convenuto.
L'usura si commette con l'esigere senza legittimo titolo un illecito interesse per una somma prestata, abusando del bisogno e dell'ignoranza altrui.
Col fargli perdere ingiustamente ciò che ha, col danneggiarlo nelle possessioni, non lavorare conforme al dovere, non pagare per malizia i debiti e le dovute mercedi, col ferire od uccidere animali che gli appartengono, col mandare a male le cose avute in custodia, con l'impedire ad alcuno di fare un giusto guadagno, col tenere mano ai ladri, col ricevere, nascondere o comprare la roba rubata.
È un peccato grave contro la giustizia quando trattasi di materia grave, essendo cosa molto importante che sia rispettato il diritto che ciascuno ha sulla roba propria, e ciò per il bene degli individui, delle famiglie e della società.
È grave quando si toglie cosa rilevante, ed anche quando, togliendosi cosa di poco momento, il prossimo ne patisce grave danno.
Il settimo comandamento ci ordina di rispettare la roba degli altri, dare la giusta mercede agli operai, ed osservare la giustizia in tutto quello che riguarda la proprietà altrui.
Chi ha peccato contro il settimo comandamento non basta che se ne confessi, ma bisogna che faccia quello che può per restituire la roba d'altri e risarcire i danni.
Il risarcimento dei danni è il compenso che si deve dare al prossimo dei frutti e dei guadagni perduti a cagione del furto e delle altre ingiustizie commesse a suo danno.
A chi si è rubato; ai suoi eredi, se egli fosse morto; e se ciò fosse veramente impossibile, si deve erogarne il valore a beneficio dei poveri e di pie opere.
Devesi usare grande diligenza per trovarne il padrone, e restituirgliela fedelmente.
L'ottavo comandamento: Non dire il falso testimonio, ci proibisce di attestare il falso in giudizio: e proibisce ancora la detrazione o mormorazione, la calunnia, l'adulazione, il giudizio ed il sospetto temerario ed ogni sorta di bugia.
La detrazione o mormorazione è un peccato che consiste nel manifestare, senza giusto motivo, i peccati e difetti altrui.
La calunnia è un peccato che consiste nell'attribuire malignamente al prossimo colpe e difetti che non ha.
L'adulazione è un peccato che consiste nell'ingannare taluno col dire falsamente bene di lui o di altri, allo scopo di averne vantaggio.
Il giudizio o sospetto temerario è un peccato che consiste nel giudicare o sospettare male degli altri senza un giusto fondamento.
La bugia è un peccato che consiste nell'asserire per vero o per falso, con parole o con fatti, ciò che non si crede tale.
La bugia è di tre specie: giocosa, officiosa e dannosa.
La bugia giocosa è quella con cui si mentisce per giuoco, e senza pregiudizio di alcuno.
La bugia officiosa è l'asserzione del falso per la propria o per l'altrui utilità, senza pregiudizio di alcuno.
La bugia dannosa è l'asserzione del falso con pregiudizio del prossimo.
Non è mai lecito dir la bugia né per giuoco, né per proprio, né per altrui vantaggio, essendo cosa per se stessa cattiva.
La bugia quando è giocosa od officiosa è peccato veniale; quando poi è dannosa è peccato mortale, se il danno che reca è grave.
Non è sempre necessario, specialmente quando chi interroga non ha il diritto di sapere ciò che domanda.
Chi ha peccato contro l'ottavo comandamento, non basta che se ne confessi, ma obbligato anche a ritrattare quanto disse calunniando il prossimo, e a riparare, nel miglior modo che può, i danni che gli ha cagionato.
L'ottavo comandamento ci ordina di dire a tempo e luogo la verità, è di interpretare in bene, per quanto possiamo, le azioni del nostro prossimo.
Il decimo comandamento: Non desiderare la roba d'altri, proibisce il desiderio di privare altri della sua roba e il desiderio di acquistar roba con mezzi ingiusti.
Dio ci proibisce i desideri sregolati della roba altrui, perché Egli vuole che noi anche internamente siamo giusti e ci teniamo sempre più lontani dalle opere ingiuste.
Il decimo comandamento ci ordina di contentarci dello stato in cui Dio ci ha posti e di soffrire con pazienza la povertà, quando Iddio ci voglia in tale stato.
Il cristiano può essere contento anche nello stato di povertà, considerando che massimo bene è la coscienza pura e tranquilla, che la nostra vera patria é il cielo, e che Gesù Cristo si fece povero per amor nostro e ha promesso un premio speciale a tutti quelli che sopportano con pazienza la povertà.
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