Codice dei Canoni delle Chiese Orientali

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Titolo XXVI - Alcuni processi speciali

Capitolo I - I processi matrimoniali

Art. I - Le cause per la dichiarazione della nullità matrimoniale

1° Il foro competente

Can. 1357

Qualsiasi causa matrimoniale di un battezzato spetta per diritto proprio alla Chiesa.

Can. 1358

Fermi restando, dove sono vigenti, gli Statuti personali, le cause riguardanti gli effetti meramente civili del matrimonio, se sono trattate in modo principale, spettano al giudice civile; ma se sono trattate in modo incidentale e accessorio, possono essere esaminate e definite di propria autorità anche dal giudice ecclesiastico.

Can. 1359

Nelle cause di nullità del matrimonio che non sono riservate alla Sede Apostolica, sono competenti:

1° il tribunale del luogo dove è stato celebrato il matrimonio;

2° il tribunale del luogo dove la parte convenuta ha il domicilio o il quasi-domicilio;

3° il tribunale del luogo dove l'attore ha il domicilio, purché entrambe le parti dimorino nel territorio della stessa nazione e il Vicario giudiziale del domicilio della parte convenuta, dopo averla ascoltata, lo consenta;

4° il tribunale del luogo dove di fatto deve essere raccolta la maggior parte delle prove, purché il Vicario giudiziale del domicilio della parte convenuta, dopo averla ascoltata, lo consenta.

2° Il diritto di impugnare il matrimonio

Can. 1360

Sono abili a impugnare il matrimonio:

1° i coniugi;

2° il promotore di giustizia, quando la nullità sia già stata divulgata e il matrimonio non può oppure non conviene che sia convalidato.

Can. 1361

§1. Il matrimonio che non è stato accusato mentre erano vivi entrambi i coniugi, dopo la morte di uno di loro o di entrambi i coniugi non può essere accusato, a meno che la questione di validità non sia pregiudiziale a un'altra controversia da risolvere sia in foro ecclesiastico sia in foro civile.

§2. Se invece un coniuge muore mentre è pendente la causa, si osservi il can. 1199.

3° Obblighi dei giudici e del tribunale

Can. 1362

Il giudice, prima di accettare la causa e ogniqualvolta intravveda la speranza di buon esito, usi i mezzi pastorali per indurre i coniugi, per quanto è possibile, a convalidare il matrimonio e a ristabilire il consorzio della vita coniugale.

Can. 1363

§1. Ammesso il libello introduttorio della lite, il presidente o il ponente proceda all'intimazione del decreto di citazione a norma del can. 1191.

§2. Trascorso il termine di quindici giorni da computare dall'intimazione, il presidente o il ponente, a meno che una delle parti non abbia chiesto una sessione per contestare la lite, entro dieci giorni definisca d'ufficio con decreto la formula del dubbio o dei dubbi e la intìmi alle parti.

§3. La formula del dubbio non chieda solo se consta della validità del matrimonio nel caso, ma deve definire per quale capo o quali capi di nullità è impugnata.

§4. Dopo dieci giorni da computare dall'intimazione del decreto, se le parti non hanno fatto opposizione, il presidente o il ponente decida con un nuovo decreto l'istruttoria della causa.

4° Le prove

Can. 1364

§1. Il difensore del vincolo, i patroni delle parti e, se partecipa al giudizio, anche il promotore di giustizia, hanno diritto:

1° di essere presenti all'interrogatorio delle parti, dei testimoni e dei periti, salvo restando il can. 1240;

2° di prendere visione degli atti giudiziari, anche se non ancora pubblicati, e di esaminare i documenti prodotti dalle parti.

§2. Le parti non possono assistere all'interrogatorio di cui nel §1, n. 1.

Can. 1365

A meno che non si abbiano prove piene da altra fonte, il giudice per valutare le dichiarazioni delle parti di cui nel can. 1217, §2, si serva, se è possibile, di testimoni sulla credibilità delle parti stesse oltre ad altri indizi o amminicoli.

Can. 1366

Nelle cause di impotenza o di difetto di consenso per una malattia mentale, il giudice si serva dell'opera di uno o più periti, a meno che non appaia dalle circostanze evidentemente inutile; in tutte le altre cause si osservi il can. 1255.

Can. 1367

Se nell'istruttoria della causa è emerso il dubbio molto probabile che il matrimonio non sia stato consumato, il tribunale col consenso delle parti può sospendere la causa di nullità del matrimonio e completare l'istruttoria per ottenere lo scioglimento del matrimonio sacramentale non consumato; quindi invii gli atti alla Sede Apostolica unitamente alla domana di questo scioglimento, fatta da l'uno o l'altro o da entrambi i coniugi, e col voto del tribunale e del Vescovo eparchiale.

5° La sentenza e l'appello

Can. 1368

§1. La sentenza che per la prima volta ha dichiarato la nullità del matrimonio, sia inviata d'ufficio, assieme agli appelli, se ce ne sono, e a tutti gli atti giudiziari, entro venti giorni da computare dall'intimazione della sentenza, al tribunale di appello.

§2. Se la sentenza è stata pronunciata a favore della nullità del matrimonio nel primo grado del giudizio, il tribunale di appello, soppesate le osservazioni del difensore del vincolo e, se ve ne sono, anche delle parti, o confermi sollecitamente con suo decreto la decisione o ammetta la causa all'esame ordinario del secondo grado di giudizio.

Can. 1369

Se nel grado di appello si adduce un nuovo capo di nullità, il tribunale può ammetterlo come nel primo grado del giudizio e giudicare su di esso.

Can. 1370

§1. Dopo che la sentenza, la quale ha dichiarato per la prima volta la nullità del matrimonio, è stata confermata in grado di appello o con decreto o con una seconda sentenza, coloro il cui matrimonio è stato dichiarato nullo possono celebrare un nuovo matrimonio appena è stato loro intimato il decreto o la seconda sentenza, a meno che ciò non sia proibito da un divieto apposto alla stessa sentenza o al decreto, oppure stabilito dal Gerarca del luogo.

§2. Il can. 1325 dev'essere osservato anche se la sentenza che ha dichiarato la nullità del matrimonio è stata confermata non da una seconda sentenza, ma da un decreto.

Can. 1371

Appena la sentenza è diventata esecutiva, il Vicario giudiziale deve notificarla al Gerarca del luogo dove il matrimonio è stato celebrato; questo Gerarca poi deve provvedere perché al più presto si faccia menzione nei libri dei matrimoni e dei battezzati della nullità dichiarata del matrimonio e degli eventuali divieti stabiliti.

6° Il processo documentale

Can. 1372

§1. Ammessa la domanda, il Vicario giudiziale o il giudice da lui designato, tralasciate le formalità del processo ordinario, ma dopo aver citato le parti e con l'intervento del difensore del vincolo, può dichiarare con sentenza la nullità del matrimonio se consta con certezza da un documento inoppugnabile e ineccepibile dell'esistenza di un impedimento dirimente o del difetto di forma della celebrazione del matrimonio prescritta dal diritto, purché con pari certezza sia chiaro che la dispensa non è stata data, oppure che è mancato un valido mandato del procuratore.

§2. Se invece si tratta di una persona che doveva osservare la forma di celebrazione del matrimonio prescritta dal diritto, ma che ha attentato il matrimonio davanti all'ufficiale civile o al ministro acattolico, è sufficiente l'istruttoria prematrimoniale di cui al can. 784 per dimostrare il suo stato libero.

Can. 1373

§1. Il difensore del vincolo, se giudica prudentemente che non sono certi i vizi o la mancanza della dispensa, deve appellare contro la sentenza di cui nel can. 1372, §1 al giudice del tribunale di secondo grado, al quale devono essere inviati gli atti e dev'essere avverito per iscritto che si tratta di un processo documentale.

§2. La parte che si sente danneggiata ha pieno diritto di appellare.

Can. 1374

Il giudice del tribunale di secondo grado, con l'intervento del difensore del vincolo e ascoltate le parti, decida se la sentenza sia da confermare o se piuttosto si debba procedere nella causa secondo la norma ordinaria del diritto; in questo caso la rinvia al tribunale di primo grado.

7° Norme generali

Can. 1375

Le cause per la dichiarazione di nullità del matrimonio non possono essere trattate con il giudizio contenzioso sommario.

Can. 1376

In tutte le altre cose che riguardano la procedura si devono applicare, a meno che non si opponga la natura delle cose, i canoni sui giudizi in genere e sul giudizio contenzioso ordinario, osservando le norme speciali sulle cause che riguardano il bene pubblico.

Can. 1377

Nella sentenza si ammoniscano le parti sugli obblighi morali o anche civili, a cui eventualmente sono tenute l'una verso l'altra e verso i figli, per assicurare il dovuto sostentamento e l'educazione.

Art. II - Le cause di separazione dei coniugi

Can. 1378

§1. La separazione personale dei coniugi, a meno che legittimamente non sia stato provvisto altrimenti per luoghi particolari, può essere decisa con decreto del Vescovo eparchiale o con sentenza del giudice.

§2. Dove però la decisione ecclesiastica non ottiene effetti civili o se si prevede che la sentenza civile non sia contraria al diritto divino, il Vescovo eparchiale dell'eparchia di dimora dei coniugi può, considerate le speciali circostanze, concedere la licenza di ricorrere al foro civile.

§3. Se la causa verte anche sugli effetti meramente civili del matrimonio, il giudice si interessi perché, con la licenza del Vescovo eparchiale, la causa sia deferita fin dall'inizio al foro civile.

Can. 1379

§1. A meno che una parte non chieda il giudizio contenzioso ordinario, si usi il giudizio contenzioso sommario.

§2. Se si è usato il giudizio contenzioso ordinario e si interpone appello, il tribunale di secondo grado, dopo aver ascoltato le parti, o confermi subito con suo decreto la decisione, o ammetta la causa all'esame ordinario di secondo grado del giudizio.

Can. 1380

Per quanto riguarda la competenza del tribunale, si osservi il can. 1359, nn. 2 e 3.

Can. 1381

Il giudice, prima di accettare la causa e ogniqualvolta intravveda la speranza di un buon esito, adoperi dei mezzi pastorali affinché i coniugi si riconcilino e siano indotti a ristabilire il consorzio della vita coniugale.

Can. 1382

Nelle cause di separazione dei coniugi deve intervenire il promotore di giustizia a norma del can. 1097.

Art. III - Il processo di morte presunta del coniuge

Can. 1383

§1. Ogni volta che la morte di un coniuge non può essere provata con un documento autentico, ecclesiastico o civile, l'altro coniuge non sia ritenuto sciolto dal vincolo matrimoniale se non dopo una dichiarazione di morte presunta fatta dal Vescovo eparchiale.

§2. Il Vescovo eparchiale può fare questa dichiarazione soltanto se, fatte le opportune indagini, dalle deposizioni dei testimoni, dalla fama oppure da indizi, abbia raggiunto la certezza morale della morte del coniuge; la sola assenza del coniuge, anche se di lunga durata, non è sufficiente.

§3. Nei casi incerti e complessi, il Vescovo eparchiale che esercita la sua potestà entro i confini del territorio della Chiesa patriarcale consulti il Patriarca; tutti gli altri Vescovi eparchiali invece consultino la Sede Apostolica.

§4. Nel processo di morte presunta di un coniuge si richiede l'intervento del promotore di giustizia, non invece del difensore del vincolo.

Art. IV - Procedura per ottenere lo scioglimento del matrimonio non consumato, o lo scioglimento del matrimonio in favore della fede

Can. 1384

Per ottenere lo scioglimento del matrimonio non consumato, oppure lo scioglimento del matrimonio in favore della fede ( cf 1143-1147 ), si osservino accuratamente le norme speciali stabilite dalla Sede Apostolica.

Capitolo II - Cause per dichiarare la nullità della Sacra Ordinazione

Can. 1385

Hanno diritto di accusare la validità della sacra ordinazione sia il chierico stesso, sia il Gerarca a cui il chierico è soggetto o nella cui eparchia è stato ordinato.

Can. 1386

§1. Il libello accusatorio sulla nullità della sacra ordinazione deve essere inviato al competente Dicastero della Curia Romana che deciderà se la causa deve essere decisa dallo stesso, oppure da un tribunale designato da esso.

§2. Se il Dicastero ha rinviato la causa a un tribunale, si osservino, a meno che non lo impedisca la natura della cosa, i canoni dei giudizi in generale e del giudizio contenzioso ordinario, ma non i canoni del giudizio contenzioso sommario.

§3. Inviato il libello, al chierico viene proibito dal diritto stesso di esercitare i sacri ordini.

Can. 1387

Dopo la seconda sentenza che ha confermato la nullità della sacra ordinazione, il chierico perde tutti i diritti propri dello stato clericale e viene liberato da tutti gli obblighi dello stesso stato.

Capitolo III - Procedura nella rimozione o nel trasferimento dei Parroci

Can. 1388

Nella rimozione o nel trasferimento dei parroci devono essere osservati i cann. 1389-1400, a meno che non sia stabilito diversamente dal diritto particolare approvato dalla Sede Apostolica.

Art. I - Modo di procedere nella rimozione dei parroci

Can. 1389

Se il ministero di un parroco per qualche causa, anche al di fuori di ogni sua colpa grave, è risultato dannoso oppure almeno inefficace, il parroco può essere rimosso dalla parrocchia da parte del Vescovo eparchiale.

Can. 1390

Le cause, per le quali un parroco può essere legittimamente rimosso dalla sua parrocchia, sono specialmente queste:

1° un modo di agire che porti un grave danno o turbamento alla comunione ecclesiastica;

2° inettitudine o infermità permanente di mente o di corpo, che rendono il parroco impari a compiere utilmente i suoi incarichi;

3° la perdita della buona reputazione presso i parrocchiani buoni e seri o un'avversione contro il parroco che prevedibilmente non cesseranno in breve tempo;

4° una grave negligenza o la violazione degli obblighi del parroco che persiste dopo un'ammonizione;

5° una cattiva amministrazione delle cose temporali con grave danno della Chiesa, ogni volta che non si possa porre un altro rimedio a questo male.

Can. 1391

§1. Se risulta dall'istruttoria svolta che esiste una causa di rimozione, il Vescovo eparchiale discuta la cosa con due parroci scelti dal gruppo dei parroci che il consiglio presbiterale ha eletto stabilmente a questo scopo, su proposta del Vescovo eparchiale; se poi da ciò egli ritenga che occorra addivenire alla rimozione, suggerisca paternamente al parroco di rinunciare entro il tempo di quindici giorni, indicandogli per la validità la causa e le prove.

§2. Il parroco che è membro di un istituto religioso o di una società di vita comune a guisa dei religiosi può essere rimosso a discrezione sia del Vescovo eparchiale informando il Superiore maggiore, sia del Superiore maggiore informando il Vescovo eparchiale, senza dover richiedere il consenso dell'altro.

Can. 1392

La rinuncia può essere fatta dal parroco anche sotto condizione, purché questa possa essere legittimamente accettata dal Vescovo eparchiale e sia di fatto accettata.

Can. 1393

§1. Se il parroco non ha risposto entro i giorni prestabiliti, il Vescovo eparchiale ripeta l'invito prorogando il tempo utile per rispondere.

§2. Se consta al Vescovo eparchiale che il parroco ha ricevuto il secondo invito ma non ha risposto, benché non ne fosse per nulla impedito, oppure se il parroco ricusa la rinuncia senza motivi, il Vescovo eparchiale emetta il decreto di rimozione.

Can. 1394

Se invece il parroco contesta la causa addotta e le ragioni, allegando dei motivi che al Vescovo eparchiale sembrano insufficienti, costui per agire validamente:

1° lo inviti a raccogliere le sue impugnazioni, dopo aver esaminato gli atti, in una sua relazione da consegnare per iscritto, anzi lo inviti a portare le prove in contrario, se ne ha qualcuna;

2° quindi, completata l'istruttoria, se è necessario, insieme ai due parroci di cui nel can. 1391, §1, a meno che non debbano essere designati altri per la impossibilità di quelli, riesamini la cosa;

3° infine decida se il parroco sia da rimuovere o no, ed emetta subito il decreto relativo.

Can. 1395

Il Vescovo eparchiale provveda al parroco rimosso con il conferimento di un altro ufficio, se egli ne ha l'idoneità, o con una pensione a secondo che il caso lo richieda e le circostanze lo permettano.

Can. 1396

§1. Il parroco rimosso deve astenersi dall'esercizio dell'ufficio di parroco, lasciar libera al più presto la casa parrocchiale e consegnare tutto ciò che appartiene alla parrocchia a colui al quale il Vescovo eparchiale ha affidato la parrocchia.

§2. Se però si tratta di un infermo che non può trasferirsi altrove senza disagio lasciando la casa parrocchiale, il Vescovo eparchiale gli lasci l'uso, anche esclusivo, della casa parrocchiale finché dura questa necessità.

§3. Finché pende il ricorso contro il decreto di amozione, il Vescovo eparchiale non può nominare un nuovo parroco, ma provveda interinalmente alla parrocchia mediante un amministratore.

Art. II - Modo di procedere nel trasferimento dei parroci

Can. 1397

Se la salvezza delle anime o la necessità, oppure l'utilità della Chiesa lo richiede, perché un parroco sia trasferito dalla sua parrocchia che regge utilmente ad un'altra, oppure ad un altro ufficio, il Vescovo eparchiale gli proponga per iscritto il trasferimento e lo consigli ad acconsentire per amore di Dio e delle anime.

Can. 1398

Se il parroco non intende accondiscendere al consiglio e alle esortazioni del Vescovo eparchiale, esponga per iscritto le sue ragioni.

Can. 1399

§1. Se il Vescovo eparchiale, nonostante le ragioni addotte, giudica di non dover recedere dalla sua proposta, valuti con due parroci scelti dal gruppo di cui al can. 1391, §1 le ragioni che sono a favore o che sono contrarie al trasferimento; se poi da ciò egli ritenga che il trasferimento dev'essere fatto, ripeta al parroco le sue paterne esortazioni.

§2. Compiuto tutto questo, se e il parroco rifiuta ancora e il Vescovo eparchiale pensa che il trasferimento è da farsi, costui emetta il decreto di trasferimento stabilendo che la parrocchia, trascorso un determinato giorno, sarà vacante.

§3. Trascorso inutilmente questo giorno, il Vescovo eparchiale dichiari vacante la parrocchia.

Can. 1400

Nel caso di trasferimento si osservino il can. 1396, i diritti acquisiti e l'equità.

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