Codice dei Canoni delle Chiese Orientali |
Can. 1488
Le leggi sono istituite con la promulgazione.
Can. 1489
§1. Le leggi emanate dalla Sede Apostolica sono promulgate mediante la pubblicazione nella gazzetta ufficiale degli Acta Apostolicae Sedis, a meno che in casi speciali non sia prescritto un altro modo di promulgarle; cominciano a obbligare trascorsi tre mesi da computare dal giorno che è posto sul numero degli Acta, a meno che non obblighino subito per la natura della cosa, oppure che non sia stata stabilita espressamente una vacanza più breve o più lunga.
§2. Le leggi emanate da altri legislatori sono promulgate nel modo determinato da questi legislatori e cominciano a obbligare dal giorno da essi stabilito.
Can. 1490
Sono tenuti alle leggi meramente ecclesiastiche i battezzati nella Chiesa cattolica o in essa accolti e che hanno sufficiente uso di ragione e, se non è espressamente disposto diversamente dal diritto, che hanno compiuto il settimo anno di età.
Can. 1491
§1. Sono tenuti alle leggi emanate dalla suprema autorità della Chiesa tutti coloro per i quali sono state date ovunque si trovino, a meno che non siano costituite per un determinato territorio; tutte le altre leggi hanno valore solamente nel territorio in cui l'autorità che ha promulgato le leggi esercita la potestà di governo, a meno che non sia disposto diversamente dal diritto o non consti dalla natura della cosa.
§2. Alle leggi emanate per un determinato territorio sono soggetti coloro per i quali sono date e che hanno nello stesso luogo il domicilio o il quasi-domicilio e inoltre attualmente dimorano, fermo restando il §3, n. 1.
§3. I forestieri:
1° non sono obbligati dalle leggi del diritto particolare del loro territorio mentre sono da esso assenti, a meno che o la loro trasgressione non rechi danno nel proprio territorio o le leggi siano personali;
2° e non sono obbligati dalle leggi di diritto particolare del territorio in cui si trovano, eccettuate quelle che provvedono all'ordine pubblico, oppure che determinano le formalità degli atti, o riguardano cose immobili situate nel territorio;
3° ma sono obbligati dalle leggi di diritto comune e dalle leggi del diritto particolare della propria Chiesa sui iuris, anche se, per quanto riguarda le leggi dello stesso diritto particolare, non sono in vigore nel loro territorio, non però se non obbligano nel territorio in cui si trovano.
§4. I girovaghi sono obbligati da tutte le leggi che sono in vigore nel territorio in cui si trovano.
Can. 1492
Le leggi emanate dalla suprema autorità della Chiesa, nelle quali non è indicato il soggetto passivo, riguardano i fedeli cristiani delle Chiese orientali solamente in quanto si tratta di cose della fede e dei costumi, o di dichiarazione della legge divina o si dispone esplicitamente in queste leggi sugli stessi fedeli cristiani, o se si tratta di cose favorevoli che non contengono nulla che sia contrario ai riti orientali.
Can. 1493
§1. Col nome di « diritto comune » in questo Codice s'intendono, oltre alle leggi e alle legittime consuetudini della Chiesa universale, anche le leggi e le legittime consuetudini comuni a tutte le Chiese orientali.
§2. Col nome invece di « diritto particolare » s'intendono tutte le leggi, le legittime consuetudini, gli statuti e le altre norme del diritto che non sono comuni né alla Chiesa universale né a tutte le Chiese orientali.
Can. 1494
Le leggi riguardano le cose future, non le passate, a meno che in esse non si disponga espressamente delle cose passate.
Can. 1495
Si devono considerare irritanti oppure inabilitanti soltanto quelle leggi con le quali si stabilisce espressamente che un atto è nullo oppure che una persona è inabile.
Can. 1496
Le leggi, anche irritanti oppure inabilitanti, nel dubbio di diritto non urgono; nel dubbio di fatto, invece, i Gerarchi possono dispensare purché la dispensa, se è riservata, solitamente sia concessa dall'autorità a cui è riservata.
Can. 1497
§1. L'ignoranza o l'errore circa le leggi irritanti oppure inabilitanti non impediscono il loro effetto, a meno che non sia espressamente stabilito diversamente dal diritto.
§2. L'ignoranza o l'errore circa una legge, o una pena, o circa un fatto proprio, oppure circa un fatto altrui notorio, non si presume; invece circa un fatto altrui non notorio si presume, finché non si provi il contrario.
Can. 1498
§1. Interpreta autenticamente le leggi il legislatore e colui al quale è stata conferita dallo stesso la potestà di interpretare autenticamente.
§2. L'interpretazione autentica data in forma di legge ha la stessa forza della legge medesima e dev'essere promulgata; se chiarisce soltanto delle parole di per sé certe, vale retroattivamente; se restringe o estende oppure spiega una legge dubbia, non è retroattiva.
§3. L'interpretazione data invece a modo di sentenza giudiziale, oppure di atto amministrativo in un caso speciale, non ha forza di legge e obbliga soltanto le persone e riguarda le cose per le quali è stata data.
Can. 1499
Le leggi devono essere intese secondo il significato proprio delle parole, considerato nel testo e nel contesto; se questo è rimasto dubbio e oscuro, si deve intendere secondo i luoghi paralleli, se ce ne sono, il fine e le circostanze della legge e la mente del legislatore.
Can. 1500
Le leggi che stabiliscono una pena o che coartano il libero esercizio dei diritti, oppure che contengono un'eccezione alla legge, sono soggette all'interpretazione stretta.
Can. 1501
Se su una certa cosa manca un'espressa prescrizione di legge, la causa, se non è penale, è da dirimersi secondo i canoni dei Sinodi e dei santi Padri, la legittima consuetudine, i principi generali del diritto canonico applicati con equità, la giurisprudenza ecclesiastica, la comune e costante dottrina canonica.
Can. 1502
§1. La legge successiva abroga la precedente o deroga ad essa, se lo dichiara espressamente, o se è ad essa direttamente contraria, oppure se ordina integralmente l'intera materia della legge precedente.
§2. Ma una legge di diritto comune, se non è espressamente disposto diversamente nella stessa legge, non deroga alla legge del diritto particolare, né una legge di diritto particolare emanata per una Chiesa sui iuris deroga al diritto più particolare che è in vigore nella stessa Chiesa.
Can. 1503
Nel dubbio non si presume la revoca della legge preesistente, ma le leggi successive devono essere ricondotte alle precedenti e con queste conciliate, per quanto è possibile.
Can. 1504
Il diritto civile al quale il diritto della Chiesa rimanda, venga osservato nel diritto canonico con gli stessi effetti, per quanto non è contrario al diritto divino e a meno che non sia disposto diversamente dal diritto canonico.
Can. 1505
L'enunciazione di un discorso con il genere maschile riguarda anche il genere femminile, a meno che non sia disposto diversamente dal diritto o non consti dalla natura della cosa.
Can. 1506
§1. Una consuetudine della comunità cristiana, nella misura in cui risponde all'attività dello Spirito Santo nel corpo ecclesiale, può ottenere forza di diritto.
§2. Nessuna consuetudine può derogare in alcun modo al diritto divino.
Can. 1507
§1. Può avere forza di diritto solamente quella consuetudine che è ragionevole ed è stata introdotta con una prassi continua e pacifica da una comunità capace almeno di ricevere una legge e che inoltre è stata prescritta per un tempo stabilito dal diritto.
§2. Una consuetudine che è espressamente riprovata dal diritto non è ragionevole.
§3. Una consuetudine contraria al vigente diritto canonico, oppure che è al di fuori della legge canonica, ottiene forza di diritto soltanto se è stata osservata legittimamente per trent'anni continui e completi; invece contro una legge canonica che contiene una clausola che proibisce future consuetudini, può prevalere solo una consuetudine centenaria o immemorabile.
§4. Il legislatore competente può approvare, col suo consenso almeno tacito, una consuetudine come legittima anche prima di questo tempo.
Can. 1508
La consuetudine è la migliore interprete delle leggi.
Can. 1509
Una consuetudine contro o fuori della legge è revocata mediante una consuetudine o una legge contraria; ma la legge non revoca le consuetudini centenarie o immemorabili, a meno che non ne faccia espressa menzione; per quanto riguarda tutte le altre consuetudini, vale il can. 1502, §2.
Can. 1510
§1. Gli atti amministrativi possono essere posti da coloro che hanno la potestà esecutiva di governo, entro i limiti della loro competenza, nonché da coloro ai quali questa potestà compete esplicitamente o implicitamente sia per il diritto stesso sia in forza di una legittima delega.
§2. Gli atti amministrativi sono specialmente:
1° i decreti con i quali per un caso speciale si dà una decisione o si fa una provvisione canonica;
2° i precetti singolari, coi quali viene imposto direttamente e legittimamente a una persona oppure a persone determinate di fare oppure di omettere qualcosa, specialmente per sollecitare l'osservanza di una legge;
3° i rescritti, coi quali si concede un privilegio, una dispensa, una licenza o un'altra grazia.
Can. 1511
L'atto amministrativo ha effetto dal momento in cui è intimato, oppure nei rescritti dal momento in cui è stata data la lettera; se però l'applicazione dell'atto amministrativo è affidata a un esecutore, ha effetto dal momento dell'esecuzione.
Can. 1512
§1. L'atto amministrativo deve essere inteso secondo il significato proprio delle parole e secondo l'uso comune di parlare e non deve essere esteso ad altri casi oltre a quelli espressi.
§2. Nel dubbio, l'atto amministrativo che si riferisce alle liti, a minacciare o infliggere pene, che coarta i diritti della persona, che lede i diritti acquisiti da altri, oppure che è contrario a una legge a vantaggio di privati, è soggetto a stretta interpretazione; altrimenti invece a larga.
§3. Nei privilegi si deve sempre usare quella interpretazione che permetta, a colui che ha ricevuto il privilegio, di conseguire davvero qualche grazia.
§4. Non solo la dispensa, ma anche la potestà di dispensare concessa per un certo caso, è soggetta a interpretazione stretta.
Can. 1513
§1. Mediante una legge contraria, nessun atto amministrativo è revocato, a meno che non venga disposto diversamente nella stessa legge, oppure che la legge sia stata emessa dall'autorità superiore a colui che ha emesso l'atto amministrativo.
§2. L'atto amministrativo non cessa venendo meno il diritto di colui che l'ha posto, a meno che non sia espressamente disposto diversamente.
§3. La revoca di un atto amministrativo mediante un altro atto amministrativo dell'autorità competente ottiene l'effetto solamente dal momento in cui è intimata alla persona per la quale è stato dato.
§4. La dispensa che ha un tratto successivo cessa anche con la certa e totale cessazione della causa motiva.
§5. Un decreto o un precetto singolare smette di avere forza anche cessando la legge per la cui esecuzione è stato dato; un precetto singolare cessa anche quando è venuto meno il diritto di colui che ha comandato, a meno che non sia stato imposto con un legittimo documento.
Can. 1514
Un atto amministrativo che riguarda il foro esterno, fermi restando i can. 1520, §2 e can. 1527, deve essere redatto per iscritto; così pure l'atto della sua esecuzione, se viene fatto in forma commissoria.
Can. 1515
L'atto amministrativo, anche se si tratta di un rescritto dato di propria inziativa, è privo di efficacia nella misura in cui lede i diritti acquisiti di altri, oppure è contrario a una legge o a una legittima consuetudine, a meno che l'autorità competente non abbia espressamente aggiunto una clausola derogatoria.
Can. 1516
Le condizioni negli atti amministrativi allora soltanto devono ritenersi aggiunte per la validità, ogniqualvolta sono espresse per mezzo delle particelle se, a meno che, purché, o di un'altra espressione di uguale significato nella lingua nazionale.
Can. 1517
§1. Prima di emanare un decreto extragiudiziale, l'autorità ricerchi le notizie e le prove necessarie; ascolti o consulti chi dev'essere di diritto ascoltato o consultato; ascolti coloro che il decreto direttamente raggiunge e specialmente coloro i cui diritti possono essere lesi.
§2. L'autorità renda note al richiedente e anche a chi legittimamente contraddice, le notizie e le prove che possono essere conosciute senza pericolo di danno pubblico o privato, e mostri le ragioni che forse sono contrarie dando loro l'opportunità di rispondere, anche a mezzo di un patrono, entro il termine determinato dalla stessa autorità.
Can. 1518
L'autorità emetta il decreto entro sessanta giorni da computare dal ricevimento della domanda per ottenere il decreto, a meno che il diritto particolare della propria Chiesa sui iuris non stabilisca altri termini; se invece questo non è stato fatto e il richiedente domanda di nuovo per iscritto il decreto, al trentesimo giorno, da computare dal ricevimento di questa domanda, se anche allora non è stato fatto nulla, la domanda è ritenuta respinta come se in quel giorno la reiezione fosse fatta mediante decreto, in modo tale che possa essere interposto ricorso contro di essa.
Can. 1519
§1. Colui che emette il decreto tenga presente e ricerchi ciò che sembra maggiormente condurre alla salvezza delle anime e al bene pubblico, osservando però le leggi e le legittime consuetudini, la giustizia e l'equità.
§2. Nel decreto si esprimano almeno sommariamente le motivazioni; se però il pericolo di danno pubblico o privato impedisce di manifestare i motivi, questi vengono espressi in un libro segreto e siano mostrati a colui che si occupa del ricorso eventualmente interposto, se costui lo chiede.
Can. 1520
§1. Il decreto ha forza di diritto dopo che è stato intimato al destinatario nel modo che, secondo le leggi e le condizioni dei luoghi, è il più sicuro.
§2. Se il pericolo di danno pubblico o privato impedisce che il testo scritto del decreto sia consegnato, l'autorità ecclesiastica può comandare che il decreto sia letto al destinatario davanti a due testimoni o davanti al notaio che redigerà il processo verbale da sottoscriversi da tutti i presenti; fatto questo, il decreto si dà per intimato.
§3. Se invece colui al quale il decreto è destinato ha ricusato l'intimazione o, chiamato a norma del diritto a ricevere il decreto o ad ascoltarlo, non è comparso senza una giusta causa da valutare dall'autore del decreto, o se ha ricusato di sottoscrivere il processo verbale, il decreto si dà per intimato.
Can. 1521
L'esecutore di un atto amministrativo compie invalidamente il suo incarico prima di aver ricevuto il mandato scritto e di averne riconosciuto l'autenticità e l'integrità, a meno che l'autorità che ha posto lo stesso atto non gli abbia comunicato la previa notizia del mandato.
Can. 1522
§1. L'esecutore dell'atto amministrativo al quale è affidata la semplice esecuzione dello stesso atto, non può negare questa esecuzione, a meno che non consti manifestamente che lo stesso atto è nullo, o che per un'altra grave causa non può essere sostenuto, oppure che le condizioni apposte all'atto amministrativo non sono state adempiute; se invece l'esecuzione dell'atto amministrativo sembra inopportuna a motivo delle circostanze della persona oppure del luogo, l'esecutore sospenda l'esecuzione e informi subito l'autorità che ha posto l'atto.
§2. Se nel rescritto la concessione della grazia è affidata all'esecutore, compete a lui, secondo il suo prudente giudizio e la sua coscienza, concedere o negare la grazia.
Can. 1523
L'esecutore di un atto amministrativo deve procedere a norma del mandato; se non ha adempiuto le condizioni apposte al mandato per la validità dell'atto o non ha osservato la forma sostanziale di procedere, l'esecuzione è nulla.
Can. 1524
L'esecutore di un atto amministrativo può farsi sostituire da un altro secondo il suo prudente giudizio, a meno che la sostituzione non sia stata proibita, o sia stata scelta per l'abilità della persona, oppure sia stata determinata la persona del sostituto; in questi casi però è lecito all'esecutore affidare a un altro gli atti preparatori.
Can. 1525
L'atto amministrativo può essere mandato ad esecuzione anche dal successore nell'ufficio dell'esecutore, a meno che non sia stata scelta l'abilità della persona.
Can. 1526
È lecito all'esecutore mandare di nuovo a esecuzione l'atto amministrativo, se ha errato in qualche modo nell'esecuzione dello stesso atto.
Can. 1527
§1. Ciò che è stabilito nei canoni sui rescritti vale anche per le concessioni di grazie fatte a viva voce, se manifestamente non consta altrimenti.
§2. La grazia ottenuta verbalmente, uno deve provarla ogniqualvolta gli viene chiesto legittimamente.
Can. 1528
Un rescritto può essere impetrato per un altro, anche senza il suo assenso, e vale prima della sua accettazione, se non appare diversamente dalle clausole apposte.
Can. 1529
§1. La reticenza del vero nella domanda non ostacola che il rescritto abbia valore, purché sia stato espresso ciò che dev'essere espresso per la validità secondo lo stile della curia del Gerarca che concede il rescritto.
§2. Né ostacola l'esposizione del falso, purché almeno una causa motiva proposta sia vera.
Can. 1530
§1. Una grazia negata dall'autorità superiore non può essere concessa validamente dall'autorità inferiore, a meno che l'autorità superiore non abbia consentito espressamente.
§2. La grazia negata da qualche autorità non può essere concessa validamente da un'altra autorità ugualmente competente senza che nella domanda sia fatta menzione del diniego.
Can. 1531
§1. Il privilegio, cioè una grazia fatta a favore di certe persone fisiche o giuridiche mediante uno speciale atto, può essere concesso dal legislatore e da colui al quale il legislatore ha concesso questa potestà.
§2. Il possesso centenario o immemorabile induce la presunzione che il privilegio sia stato concesso.
Can. 1532
§1. Il privilegio si presume perpetuo.
§2. Il privilegio cessa:
1° se è personale, con l'estinzione della persona a cui è stato concesso;
2° se è reale o locale, con la rovina totale della cosa o del luogo;
3° trascorso il tempo o finito il numero di casi per i quali è stato concesso;
4° se, col passare del tempo, le circostanze sono talmente mutate, a giudizio dell'autorità competente, da diventare nocivo, oppure se il suo uso diventa illecito.
§3. Un privilegio locale torna a rivivere se un luogo è ricostruito entro cinquant'anni.
Can. 1533
§1. Nessun privilegio cessa per rinuncia se questa non è stata accettata dall'autorità competente.
§2. Al privilegio concesso soltanto in proprio favore qualsiasi persona fisica può rinunciare.
§3. Una persona fisica non può rinunciare validamente al privilegio concesso a qualche persona giuridica, oppure concesso in ragione della dignità del luogo o della cosa; né la stessa persona giuridica ha pieno diritto di rinunciare a un privilegio ad essa concesso se la rinuncia torna a pregiudizio verso la Chiesa o altri.
Can. 1534
Mediante il non uso o l'uso contrario, un privilegio non oneroso per gli altri, non cessa; se invece il privilegio torna a gravame verso altri, si perde se si aggiunge una legittima prescrizione oppure la rinuncia tacita.
Can. 1535
Chi abusa della potestà datagli dal privilegio sia ammonito dal Gerarca; chi abusa gravemente ed è stato ammonito invano, il Gerarca lo privi del privilegio che egli ha concesso; se però il privilegio è stato concesso da un'autorità superiore, il Gerarca è tenuto a informarla.
Can. 1536
§1. La dispensa, cioè l'allentamento di una legge meramente ecclesiastica in un caso speciale, può essere concessa soltanto per una causa giusta e ragionevole, tenendo conto delle circostanze del caso e della gravità della legge dalla quale si dispensa; altrimenti la dispensa è illecita e, se non è stata data dallo stesso legislatore oppure da un'autorità superiore, è anche invalida.
§2. Il bene spirituale dei fedeli cristiani è una causa giusta e ragionevole.
§3. Nel dubbio sulla sufficienza della causa la dispensa è concessa lecitamente e validamente.
Can. 1537
Non sono soggette a dispensa le leggi in quanto determinano ciò che è essenzialmente costitutivo degli istituti e degli atti giuridici, né le leggi processuali e penali.
Can. 1538
§1. Il Vescovo eparchiale può dispensare, tanto dalle leggi di diritto comune, quanto dalle leggi di diritto particolare della propria Chiesa sui iuris, in un caso speciale, i fedeli cristiani sui quali esercita la sua potestà a norma del diritto, ogniqualvolta egli giudica che questo conferisca al loro bene spirituale, a meno che non sia stata fatta una riserva dall'autorità che ha emanato le leggi.
§2. Se è difficile ricorrere all'autorità a cui è riservata la dispensa e vi sia insieme il pericolo di un grave danno nell'attesa, ogni Gerarca in un caso speciale può dispensare i fedeli cristiani sui quali esercita la sua potestà a norma di diritto, purché si tratti di dispensa che la stessa autorità nelle medesime circostanze concede, fermo restando il can. 396.
Can. 1539
Chi ha la potestà di dispensare, la può esercitare, anche stando fuori del territorio, verso i sudditi anche se sono assenti dal territorio e, se non è espressamente stabilito il contrario, anche verso i forestieri che si trovano attualmente nel territorio, come pure verso se stesso.
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