Dichiarazione della Chiesa Boliviana
I Vescovi, i sacerdoti, i religiosi e religiose, e i laici che si sono riuniti a Cochabamba dal 28 gennaio al 4 febbraio, per studiare i loro impegni di azione alla luce del Concilio Vaticano II, hanno emesso la seguente dichiarazione, diretta alle autorità e alla opinione pubblica.
Ci sentiamo solidali con le frustrazioni e le angosce e anche con le speranze degli uomini del nostro paese.
Obbligati dalla nostra coscienza cristiana esponiamo ciò che sinceramente pensiamo.
La missione della Chiesa è stata sempre quella di far presente in mezzo agli uomini il mistero di Cristo che venne per servire e non per essere servito.
Come parte integrante di questa Chiesa noi ci riconosciamo servitori del nostro popolo.
Guardando a noi stessi, ci scopriamo fallibili e in parte responsabili di molte delle ingiustizie attuali.
« La situazione presente deve essere affrontata coraggiosamente e le ingustizie, che essa comporta, devono essere combattute e vinte » ( Populorum progressio, n. 32 ).
« Si danno, certo, situazioni la cui ingiustizia grida verso il cielo.
Quando popolazioni intere, sprovviste del necessario, vivono in uno stato di dipendenza tale da impedir loro qualsiasi iniziativa e responsabilità, e anche ogni possibilità di promozione culturale e di partecipazione alla vita sociale e politica, grande è la tentazione di respingere con la violenza simili ingiurie alla dignità umana » ( Populorum progressio, n. 30 ).
Siamo convinti che l'unica maniera di vincere questa tentazione, è di realizzare « trasformazioni audaci, profondamente innovatrici.
Si devono intraprendere senza indugio riforme urgenti » ed efficaci ( cfr. Populorum progressio, n. 32 ).
Preoccupati di servire l'uomo, abbiamo studiato la nostra realtà boliviana.
Indichiamo alcuni aspetti salienti di questa realtà.
La disoccupazione e la sotto-occupazione raggiungono limiti allarmanti, aumentano i licenziamenti nelle miniere, e la rappresentanza sindacale o non esiste o non è autentica nella maggioranza dei casi;
la libertà politica del cittadino è lontana dall'essere effettiva per la mancanza di una vera promozione umana;
l'esodo continuo dei boliviani verso i paesi vicini rimane problema senza soluzione;
l'educazione non adempie il ruolo che le spetta, specialmente a livello rurale, tecnico e industriale;
la parte del bilancio nazionale destinata alla sanità pubblica è irrisoria;
nella nostra società, la maggioranza - contadini e settori marginali delle popolazioni urbane - non è stata ancora veramente integrata nella nazione;
la mendicità infantile è una vergogna nazionale;
la delinquenza minorile incomincia a preoccupare la società;
i salari delle classi popolari sono insufficienti e in qualche caso irrisori;
gruppi di lavoratori - lavoratori domestici, per esempio - sono ancora sottomessi a regimi di servitù storicamente superati;
l'amministrazione della giustizia fa poco per guadagnare la fiducia della gente;
la burocrazia, in genere, è pletorica e disorganizzata;
disponiamo di scarse infrastrutture e di una produzione insufficiente di beni e servizi.
Una tale situazione pesa molto sull'avvenire del nostro popolo: famiglie che non fanno che un pasto al giorno e vivono in condizioni infraumane, respirando un clima di insicurezza; parte della gioventù, speranza della Bolivia, scoraggiata, senza avvenire, senza entusiasmo; una economia che non conosce un adeguato progresso; in una parola: « i poveri - dice il Papa - rimangono sempre poveri » ( Populorum progressio, n. 57 ).
A questo dobbiamo aggiungere la perdita progressiva di alcuni valori umani: la menzogna pubblica e privata, la mancanza di lealtà e di onestà nei commerci e nel lavoro, l'alcoolismo, la decomposizione della famiglia.
Sappiamo che questi fatti e situazioni non hanno origine nel momento presente; però ci troviamo ugualmente costretti a riconoscere che questa realtà permane tuttora in Bolivia, malgrado i generosi sforzi che alcune istituzioni stanno compiendo per superarla; e che la persistenza di questa situazione costituisce uno scandalo, un disordine quasi stabilito, una ingiuria alla dignità dell'uomo, come anche una provocazione sempre più grave alla violenza, che la complicità di alcuni e la passività di altri fanno ogni giorno più imminente.
Nell'osservare la realtà della nostra Chiesa, ne indichiamo anche alcuni aspetti negativi.
Non abbiamo ancora trovato la formula capace di rendere i nostri collegi più accessibili a tutti i ceti sociali, soprattutto ai poveri;
non abbiamo ancora una formula adeguata che risolva con un maggiore senso di realismo il problema del mantenimento dei ministri del culto;
i nostri sacerdoti, religiose e catechisti non sono ugualmente al servizio dei contadini e di coloro che abitano le aree urbane;
abbiamo dedicato un'assai scarsa attenzione pastorale a vasti settori della gioventù, speranza della Chiesa;
non sempre abbiamo avuto il coraggio e la lucidità di promuovere la giustizia sociale;
spesso abbiamo concentrato il nostro sforzo nella costruzione di edifici e templi materiali invece di concentrarlo nella costruzione della comunità cristiana;
in non poche occasioni abbiamo esercitato l'autorità gerarchica più come un diritto che come un servizio.
In definitiva, comprendiamo che le credenze religiose, male intese, sono servite a molti talvolta più come fattore di rassegnazione di fronte all'inguistizia che come dinamismo per superarla.
Abbiamo creduto di trovare nel sistema economico vigente la prima causa della nostra deplorevole situazione - di cui abbiamo indicato alcuni aspetti -, perchè tale sistema considera « il profitto come motivo essenziale del progresso economico, la concorrenza come legge suprema dell'economia, la proprietà privata dei mezzi di produzione come un diritto assoluto senza limiti nè obblighi sociali corrispondenti.
Tale liberalismo senza freno conduceva a un certo tipo di tirannide, a buon diritto denunciato da Pio XI come generatore dell' " imperialismo internazionale del denaro " » ( Populorum progressio, n. 26 ).
Ci sentiamo per necessità obbligati a denunciare l'ingiustizia che comporta, a questo proposito, la vendita delle risorse strategiche dello stagno agli Stati Uniti e altri fatti simili che si potrebbero enumerare.
Conseguenza concreta di tale sistema, come sottolinea la « Populorum progressio », è che le nazioni industrializzate ci vendono i loro prodotti a un prezzo ogni volta più caro e comprano i nostri a prezzi troppo variabili e sempre più bassi, cosicchè il nostro paese non può equilibrare la sua economia e attuare un piano di sviluppo ( cfr. Populorum progressio, n. 57 ).
Una concezione politica e sociale non pluralistica impedisce la formazione o strutturazione bene orientata di organismi intermedi di carattere sociale, politico ed economico, che sono vitali per la realizzazione del bene comune ( cfr. Mater et magistra, n. 65 ).
Una insufficiente pianificazione in alcuni settori si traduce in una squilibrata ripartizione delle risorse nazionali tanto nel settore pubblico - bilancio dello Stato - quanto in quello privato.
La mancata identificazione degli abitanti del paese con il bene della collettività impedisce al popolo di credere nelle proprie possibilità e valori, e lo fissa nella perpetua aspettativa di « qualcuno » che risolva i suoi problemi.
Riconosciamo che al mantenimento di questa situazione ha contribuito la timidezza della Chiesa boliviana - gerarchia e laicato - che in molte occasioni non ha parlato con sufficiente chiarezza e, soprattutto, non ha dato una testimonianza autentica dell'impegno cristiano nel temporale.
Tenendo conto della situazione appena abbozzata, passiamo adesso a suggerire alcune attività, dirette a realizzare lo sviluppo integrale della Bolivia, quello sviluppo che è il nuovo nome della pace ( cfr. Populorum progressio, n. 87 ).
Siccome la pace e lo sviluppo poggiano sopra la verità, la giustizia, l'amore e la libertà - tra i molti altri fattori -, dobbiamo formulare alcuni suggerimenti relativi a questi quattro campi, che permettano d'iniziare azioni più profonde.
1) In relazione alla verità:
Si deve favorire e garantire una informazione obiettiva sulla situazione economica del paese, dei suoi diversi settori di produzione, dei suoi organismi autarchici e semi-autarchici.
2) In relazione alla giustizia:
- Lavorare in maniera decisa per giungere a una più giusta distribuzione dei beni su scala nazionale, eliminando le stridenti sperequazioni salariali attualmente esistenti, procurando una effettiva e progressiva partecipazione dei lavoratori ai profitti e alla direzione delle imprese ( cfr. Mater et magistra, n. 32 e n. 91 ), ed elaborando un sistema di imposizione fiscale in accordo con la giustizia distributiva.
- Impedire che la politica si degradi, convertendosi in fronte di commercio e di affari.
- Risanare e moralizzare l'amministrazione pubblica e quella privata.
3) In relazione alle esigenze dell'amore:
Si deve promuovere una reale comunità nazionale ed evitare tutto quello che può creare il settarismo politico, razziale, sociale, economico o religioso.
4) In relazione alla libertà:
É di primaria importanza assicurare e proteggere la libertà di stampa, la libertà di movimento all'interno e fuori del paese, la libertà di associazione, e una corretta applicazione della legge d'amnistia.
Compiti non meno urgenti si impongono a noi come membri della Chiesa se non vogliamo mancare alle nostre obbligazioni e responsabilità nei confronti del paese.
1) In relazione alla verità:
Dobbiamo moltiplicare gli sforzi per conoscere la situazione concreta dei nostri fratelli, specialmente i più poveri, situazione che ancora in gran parte ignoriamo.
Mossi dalla stessa preoccupazione di autenticità, noi tutti - vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici - dobbiamo adottare uno stile di vita molto più vicino alla maniera e al livello di vita delle persone in mezzo a cui viviamo.
2) In relazione alla giustizia:
Ci proponiamo di cercare tutti insieme - gerarchia e laicato - quei mezzi che permettano ai sacerdoti di vivere o dei contributi volontari della comunità cristiana o di altri mezzi giusti.
Nelle opere e nelle spese della Chiesa ci proponiamo di seguire una linea di semplicità conforme alle necessità del nostro popolo e allo spirito di servizio che dobbiamo incarnare.
3) In relazione alle esigenze dell'amore:
Non opereremo discriminazione alcuna nè per ragione di religione, nè per ragione di condizione sociale o economica.
Ripetiamo la nostra costante predilezione per quelli che non posseggono.
4) In relazione alla libertà:
Intendiamo rispettare il diritto di ogni persona umana a scegliere e praticare la sua religione in accordo con la sua coscienza.
Ci proponiamo di riconoscere e promuovere la maturità di ogni cristiano, affinchè possa compiere le sue opzioni con la necessaria autonomia e responsabilità personale.
Consentiamo alle organizzazioni apostoliche di laici di eleggere i loro dirigenti e li incoraggeremo a prendere nelle loro mani le responsabilità che sono loro proprie.
Riconosciamo che questa esposizione di fatti e situazioni potrà a molti sembrare eccessivamente cupa.
Eppure non ignoriamo che accanto e dentro a queste circostanze si hanno, nel nostro popolo, realizzazioni positive e alti valori sociali e religiosi.
Ma intenzionalmente abbiamo voluto insistere su quelle realtà che possono e debbono essere cambiate.
Per questo crediamo che la nostra autocritica è ispirata alla migliore e più sincera volontà di servizio.
Per realizzare questo compito urgente è necessario il concorso non soltanto di tutti i boliviani, ma anche di quelle nazioni e di quegli enti che hanno un rapporto non secondario con il nostro sviluppo.
L'amore e la solidarietà umana che ispirano la nostra volontà di servizio, sono condivise dai nostri fratelli di altre chiese cristiane, i quali in questa ora decisiva apporteranno la ricchezza della loro fede in Cristo e la generosa dedizione del loro sforzo.
Il nostro ottimismo e la nostra speranza si rivolgono in modo speciale verso la gioventù, dalla quale uscirà necessariamente lo spirito rinnovatore che faccia della Bolivia una patria migliore e della Chiesa il vero Popolo di Dio.