20 novembre 1992
"Ecce quam bonum et quam iucundum habitare fratres in unum" ( Sal 133,1 ).
1. Questo è stato in sostanza l'obiettivo principale del vostro studio in questi giorni, carissimi membri della Plenaria della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita apostolica.
Avete riflettuto insieme sul tema: "La vita fraterna in comune e la sua evoluzione alla luce del Concilio Vaticano II".
Argomento particolarmente attuale, il cui risultato può incidere fortemente in ogni contesto di vita religiosa, ecclesiale e sociale.
Nel compiacermi con voi per il lavoro compiuto, rivolgo un fraterno saluto al vostro Prefetto, Cardinale Eduardo Martínez Somalo, e lo ringrazio per la puntuale presentazione del tema affrontato in questi giorni di riflessione e di studio.
Saluto voi, Membri e Officiali della Congregazione che prendete parte alla Plenaria, e vi esprimo il mio apprezzamento per il contributo offerto all'attività del Dicastero.
Confido che i risultati della vostra riflessione sulla vita fraterna in comune possano essere di giovamento per le persone che ne assumono l'impegno, sviluppando in tal modo un influsso positivo a vantaggio di tutta la Chiesa.
2. Nata da Dio, ogni comunità cristiana riflette in qualche modo il mistero della comunione trinitaria, che è la sua sorgente, e della comunione ecclesiale, di cui è segno.
La vita fraterna è un'espressione concreta del mistero della Carità divina che il Padre ha voluto comunicare, nell'incarnazione del Figlio ( cf. Gv 3,16 ), a tutti gli uomini.
I membri delle Comunità di vita consacrata e delle Società di vita apostolica sono chiamati a seguire "Cristo più da vicino per l'azione dello Spirito Santo" ( cf. can. 573 § 1 ).
Questa vita accanto al Signore porta con sé un'esperienza profonda dell'amore di Gesù e il fermo proposito, che si converte in una vera passione interiore, di amare con Dio tutti quelli che Egli ama, evocando le caratteristiche del suo generoso amore.
Per questo, la vita fraterna non è altro che una risposta radicale all'esortazione di San Paolo ai Filippesi: "Abbiate in voi – verso il Padre, ma anche verso i fratelli – gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù" ( Fil 2,5 ), sentimenti che l'Apostolo descrive magistralmente nel suo inno alla carità ( 1 Cor 13,1-13 ).
Certamente, l'amore di Cristo, accolto e vissuto autenticamente all'interno della comunità, costruisce la comunione, diventa sostegno e distintivo della fraternità, e realizza l'aspirazione missionaria di Cristo: "che tutti siano una cosa sola … perché il mondo creda…" ( Gv 17,21 ).
La chiamata a partecipare dell'amore del Signore vivendo il medesimo carisma nella "sequela Christi" è un appello e un dono gratuito di Dio.
La risposta a questo invito ad edificare la comunità insieme al Signore, con quotidiana pazienza, passa lungo il cammino della croce: suppone frequenti rinunce a se stessi, in un'ascesi personale fatta di accoglienza degli altri, di condivisione dei beni e dei pesi, di accettazione delle diversità nel quotidiano superamento dei propri limiti.
Suppone, a volte, lo stesso sacrificio supremo, come s'è reso evidente, anche di recente, nella vicenda di Religiosi e Religiose che hanno dato la propria vita, soprattutto in terra di missione, per amore di Cristo e della sua Chiesa. Per questo è necessario attingere continuamente alla grazia di Dio, lasciarsi guidare dalla sua Parola, alimentarsi spiritualmente dell'Eucaristia e frequentare il sacramento della riconciliazione.
3. Tutta la fecondità della vita religiosa dipende dalla qualità della vita fraterna in comune.
Più ancora, il rinnovamento attuale nella Chiesa e nella vita religiosa è caratterizzato da una ricerca di comunione e di comunità.
Perciò la vita religiosa sarà tanto più significativa, quanto più riuscirà a costruire "comunità fraterne nelle quali si cerchi Dio e lo si ami sopra ogni cosa" ( cf. can. 619 ), e perderà invece la sua ragion d'essere ogni qual volta vi si dimentichi questa dimensione dell'amore cristiano, che è la costruzione di una piccola "famiglia di Dio" con quelli che hanno ricevuto la stessa chiamata.
Nella vita fraterna si deve riflettere "la bontà di Dio nostro Salvatore e il suo amore per gli uomini" ( Tt 3,4 ), quale si è manifestata in Gesù Cristo.
Se però si pospone questa testimonianza pubblica della vita religiosa all'azione apostolica o all'autorealizzazione personale, le Comunità religiose perdono la loro forza evangelizzatrice e non sono più quelle realtà che San Bernardo definì con bella espressione "Scholae Amoris", cioè luoghi dove s'impara ad amare il Signore e a diventare, giorno dopo giorno, figli di Dio e quindi fratelli e sorelle.
4. Non soltanto la Chiesa, ma anche la nostra società può trarre grande vantaggio dalle comunità fraterne, che sono chiamate ad essere punti luminosi di riferimento per quanti devono superare difficoltà provenienti dalla diversità di interessi, di generazione, di razza e di cultura.
La Comunità religiosa può così costituire una testimonianza vivente, in mezzo a un mondo desideroso di pace e che cerca di superare i suoi conflitti.
La fraternità della vita religiosa, infatti, non è un ideale astratto, irrealizzabile, ma è qualche cosa di concreto e di verificabile, un "esempio dell'universale riconciliazione in Cristo" ( cf. can. 602 ).
Le Comunità religiose, che annunziano con la loro vita la gioia e il valore umano e soprannaturale della fraternità cristiana, dicono alla nostra società, con l'eloquenza dei fatti, tutta la forza trasformatrice della Buona Novella.
Allo stesso tempo, esse sono vere scuole superiori dedite alla formazione di donne e uomini che imparano l'amore evangelico verso i più deboli ed emarginati e acquistano la capacità di unire uomini e donne di ogni lingua, popolo, tribù e nazione, per formare una nuova umanità plasmata dalla parola di Cristo Signore e dallo Spirito Santo.
5. Per raggiungere questa altissima meta occorre tener costantemente presente che la vita fraterna ha lo scopo di formare una peculiare famiglia, riunita non per motivazioni umane, ma per uno speciale invito del Signore, perché nella Chiesa sia il segno visibile di quell'amore dinamico e diffusivo che intercorre tra le Tre Persone della SS.ma Trinità.
Perciò la vita fraterna è prima di tutto opera dello Spirito che non manca mai di agire, quando i fratelli sono "assidui e concordi nella preghiera" ( cf. At 1,14 ).
Quando si prega, viene donata la capacità di costruire comunità liete, accoglienti, sollecite nel servire e nelle buone opere, tali da essere di sostegno non solo ai fratelli e alle sorelle nel cammino della Nuova Alleanza, ma anche alle altre comunità cristiane nella testimonianza della fraternità.
È questo un compito importante della comunità religiosa, compito particolarmente atteso oggi da cristiani desiderosi di vivere da veri figli di Dio in un mondo il più possibile fraterno.
Testimoni privilegiati di questa "scuola di amore" sono i monasteri contemplativi, luoghi di preghiera, di silenzio e di vita fraterna evangelica.
6. Invito pertanto i Superiori religiosi e i Vescovi a non risparmiare le loro cure perché venga coltivato il prezioso dono della vita fraterna nelle comunità religiose, dono che, gelosamente custodito e accresciuto, deve brillare con particolare intensità, per essere utile alla Chiesa nella sua missione evangelizzatrice e costituire una visibile testimonianza dell'amore misericordioso e unificante del Signore.
Affido alla Vergine Maria i lavori della vostra Congregazione Plenaria; Lei che visse in pienezza la comunione nella Famiglia di Nazaret, e che continua anche oggi a formare una famiglia spirituale tra coloro che la cercano come madre ed educatrice, sorregga e guidi le Comunità religiose nell'impegno di realizzare fra i loro membri una vera fraternità di fede, di carità e di zelo apostolico per la dilatazione del Regno.
Con questi sentimenti, imparto a voi e a tutte le Comunità di vita consacrata e alle Società di vita apostolica sparse nel mondo la mia affettuosa benedizione.