Quartus supra

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30 Certamente, se recuperate la storia delle vostre regioni, vi vengono incontro esempi di Pontefici Romani che usarono di questo potere, allorché lo stimarono necessario per la salvezza delle Chiese Orientali.

Infatti il Pontefice Romano Agapito con la sua autorità depose Antimo dalla sua Sede di Costantinopoli, e a lui sostituì Menna senza ricorrere ad alcun Sinodo.

E Martino I, Nostro Predecessore, affidò il suo potere vicariale per le Regioni Orientali a Giovanni Vescovo di Filadelfia, e "per quella Apostolica Autorità – come disse – che ci è stata data dal Signore attraverso il Santissimo Pietro, Principe degli Apostoli", comandò al predetto Vescovo di costituire Vescovi, Presbiteri e Diaconi in tutte quelle città che sottostanno alle Sedi sia Gerosolimitana che Antiochena.

E se si vuole ricorrere ai tempi più recenti, voi sapete che Mardense, Vescovo degli Armeni, fu eletto e consacrato per disposizione di questa Sede Apostolica, e, infine, che i Nostri Predecessori concedettero ai Patriarchi la cura pastorale della Cilicia, attribuendo ad essi l'amministrazione delle regioni della Mesopotamia, sempre a beneplacito della Santa Sede.

Tutto questo è in piena conformità col potere della suprema Sede Romana, che fu sempre riconosciuta, riverita e professata dalla Chiesa degli Armeni, eccettuati i luttuosi tempi dello scisma.

Non stupisce che presso i vostri concittadini ancora separati dalla fede cattolica, resti sempre viva l'antica tradizione che quel gran Vescovo e martire ( di cui la vostra gente si gloria, meritatamente lo considera l'Illuminatore e San Giovanni Crisostomo lo definì "il sole nascente nelle regioni orientali, il cui splendore giunge con i suoi raggi fino alle Popolazioni della Grecia" ), abbia ricevuto la sua potestà dalla Sede Apostolica per raggiungere la quale non esitò ad affrontare – da nulla atterrito – un lungo e difficile viaggio.

31 Quelle vicende – e Dio ne è testimone – sono state a lungo meditate da Noi, tenendo presenti i vecchi e i più recenti avvenimenti.

Esse Ci hanno indotto ad adottare questa disposizione, non per suggerimento di qualcuno, ma motu proprio e con sicura conoscenza.

Infatti, chiunque comprende facilmente che dalla buona scelta dei Vescovi dipende l'eterna felicità del popolo cristiano e talvolta anche quella temporale.

Per questa ragione, in certe particolari circostanze di tempi e di luoghi, si dovette provvedere che ogni potere per la scelta dei sacri Vescovi venisse riservato alla Sede Apostolica.

Tuttavia Ci sembrò giusto moderare l'esercizio di tale potere, in modo che rimanesse al Sinodo dei Vescovi la potestà di eleggere il Patriarca, e fosse in loro potere di proporre a Noi, per ogni sede vacante, una terna di nomi di uomini idonei, come fu poi sancito nella succitata Costituzione.

32 Anche in questa vicenda, per stimolare i pigri e per accrescere lo zelo di coloro che già camminano bene, dichiarammo che speravamo sarebbero stati proposti uomini veramente adatti a quell'ufficio, per non essere costretti a porre a capo di una sede vacante un altro non proposto; che si procedesse con cautela era stato stabilito nell'Istruzione da Noi emanata nell'anno 1853.

Abbiamo saputo che da queste pur mitissime parole alcuni presero occasione di sospettare che la proposta sinodale dei Vescovi sarebbe stata in futuro illusoria e di nessuna importanza per Noi.

Altri, andando oltre, hanno immaginato che in queste parole fosse nascosto il proposito di affidare a Vescovi Latini la cura spirituale degli Armeni.

Anche se queste critiche non meriterebbero alcuna risposta poiché le fanno coloro che si smarrirono dietro i loro pensieri e presero timore dove non c'è di che temere, tuttavia abbiamo ritenuto che non si dovesse tacere sul Nostro diritto di fare qualche elezione anche fuori della terna proposta, affinché in futuro nessuno possa costringere la Sede Apostolica ad agire secondo il suo vantaggio.

È ben vero che anche col Nostro silenzio il diritto e il dovere della Cattedra del Beatissimo Pietro sarebbero rimasti integri, poiché i diritti e i privilegi che le sono stati conferiti dallo stesso Cristo Dio possono essere sì contestati, ma non possono essere aboliti; e non è in potere di alcun uomo rinunciare ad un diritto divino, quando talvolta, per volontà di Dio, fosse costretto ad esercitarlo.

33 Certamente, nonostante queste leggi siano state rese note agli Armeni da oltre diciannove anni e più volte si siano eletti Vescovi, non è mai capitato fino ad ora che Noi abbiamo usato questo potere, neppure nei tempi più recenti quando, dopo avere emanato la Costituzione Reversurus, avevamo ricevuto la proposta di una terna di nomi, dalla quale non abbiamo potuto scegliere un Vescovo.

Allora Noi abbiamo ordinato che da parte del Sinodo dei Vescovi si rinnovasse la terna secondo le leggi già prescritte, per non essere costretti ad eleggere un altro non proposto.

Ma questo fu impedito da un nuovo scisma che lacerò la Chiesa degli Armeni.

Confidiamo pertanto che nel futuro non vengano tempi così calamitosi per le Chiese Cattoliche Armene, da costringere i Romani Pontefici a collocare al governo di codeste Chiese uomini non proposti dal Sinodo dei Vescovi.

34 Non c'è molto da aggiungere sulla vietata intronizzazione dei Patriarchi prima della conferma di questa Santa Sede.

Gli antichi documenti attestano che mai fu ritenuta definitiva e valida l'elezione dei Patriarchi senza l'assenso e la conferma del Romano Pontefice.

Anzi è risaputo che fu sempre chiesta questa conferma dagli eletti alle sedi Patriarcali, anche contro l'assenso degli stessi Imperatori.

E pur tralasciando altri nomi in questa cosa arcinota, ricorderemo che il Vescovo di Costantinopoli, Anatolio, uomo non certamente molto benevolo verso la Santa Sede, e lo stesso Fozio, principale autore dello scisma greco, chiesero con insistenza che le loro elezioni venissero confermate dall'assenso del Romano Pontefice, utilizzando anche la mediazione degli Imperatori Teodosio, Michele e Basilio.

I Padri del Concilio di Calcedonia vollero che restasse nella sua sede il Vescovo di Antiochia, Massimo, nonostante avessero dichiarato invalidi tutti gli Atti del brigantesco Sinodo Efesino nel quale egli era stato sostituito a Domno, per il fatto che "il santo e beatissimo Papa, che aveva confermato l'episcopato del santo e venerabile Massimo, come Vescovo di Antiochia, con questo dimostrava chiaramente e giustamente di approvare i suoi meriti".

35 Se poi si tratta dei Patriarchi delle altre Chiese che, rigettato lo scisma, in questi tempi recenti sono tornati all'unità cattolica, non troverete nessuno di loro che non abbia chiesto la conferma della sua elezione al Romano Pontefice: e tutti furono confermati con lettere particolari, con le quali erano posti a capo delle loro Chiese.

Accadde anche che i Patriarchi eletti usarono del loro potere anche prima della conferma del Sommo Pontefice, ma ciò avvenne per tolleranza della Sede Apostolica, data la lontananza delle loro regioni e in considerazione dei pericoli che si potevano incontrare nei viaggi, nonché, molto spesso, per la prepotenza che minacciava guai da parte degli scismatici dello stesso rito.

Ciò fu concesso anche in Occidente a coloro che erano molto distanti, e sempre per le necessità e l'utilità delle loro Chiese.

Ma è giusto osservare che ora queste cause sono cessate, e sono state eliminate le difficoltà dei viaggi, dopo che i Cattolici furono sottratti, per concessione del Sovrano Ottomano, alla potestà degli scismatici.

Tutti possono convincersi che così si provvede con maggiore sicurezza alla conservazione della fede cattolica, che non può essere arbitrariamente turbata per il fatto che salga su una sede patriarcale uno indegno di quell'ufficio, prima che abbia ricevuto la conferma Apostolica.

Certamente si può impedire che sorgano occasioni di perturbazioni, qualora il Patriarca eletto, respinto dalla Santa Sede Apostolica, si ritiri dal suo posto.

36 Senza dubbio, se si considerano le cose attentamente, apparirà che tutte le disposizioni sancite dalla Nostra Costituzione tendono alla conservazione e all'incremento della fede cattolica, nonché alla vera libertà della Chiesa e a rivendicare l'autorità dei Vescovi, i cui diritti e privilegi, nella fermezza della Sede Apostolica, si rafforzano, si consolidano e trovano sicurezza.

I Romani Pontefici, su richiesta dei Vescovi di qualsiasi dignità, nazione o rito, hanno sempre strenuamente difeso tali diritti contro eretici e ambiziosi.

37 Sui diritti nazionali – come si suole dire – non è necessario rispondere con molte parole.

Se si tratta soltanto dei diritti civili, questi sono in potere del supremo Principe, al quale spetta giudicare legalmente di essi e decretare, come stima più opportuno e necessario per il bene dei sudditi.

Se poi si tratta di diritti ecclesiastici, sia chiaro, e nessuno può ignorare, che i Cattolici mai hanno riconosciuto diritti nazionali o di popoli sulla Chiesa, la sua gerarchia e i suoi ordinamenti.

Se poi da tutto il mondo confluiscono genti e nazioni nella Chiesa, tutti Dio li ha riuniti nell'unità del Suo Nome, sotto colui che Egli stesso ha messo a capo di tutti, cioè sotto il Sommo Pastore San Pietro, Principe degli Apostoli, affinché – come ammoniva l'Apostolo – "non ci sia più Pagano e Giudeo, Barbaro e Scita, schiavo e libero, ma Cristo sia tutto e in tutti ( Col 3,11 ): quel Cristo dal quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso mediante la collaborazione di ogni componente secondo l'energia propria di ciascun membro, riceve forza per crescere ed edificare se stesso nella carità" ( Ef 4,16 ).

Il Signore non ha mai concesso alcun diritto sulla Chiesa ad alcun popolo o nazione, ma ordinò agli Apostoli di istruire tutte le genti ( Mt 28,19 ), imponendo loro il dovere di credere; per cui il Beatissimo Pietro ( At 15,7 ), agli Apostoli e agli Anziani convenuti insieme, dichiarò apertamente che Dio aveva fatto una scelta: cioè che i pagani ascoltassero per bocca sua la parola del Vangelo e venissero alla fede.

38 Ma dicono anche che da Noi sarebbero stati violati i diritti del Sovrano imperante.

È una volgare calunnia, ormai logorata per il lungo uso fattone dagli eretici; questa calunnia, escogitata per la prima volta dagli Ebrei contro Cristo, in seguito fu usata dai pagani contro gli Imperatori romani e fino ad oggi l'hanno usata molto spesso gli eretici nei confronti dei Principi, anche cattolici, e volesse il Cielo che non venisse più usata.

In proposito, San Girolamo scrisse : "Gli eretici adulano la dignità regale e sono soliti imputare la propria superbia ai re, e ciò che essi stessi fanno, lo fanno apparire come fatto dal re; accusano le persone sante e i banditori della fede presso il re, e ordinano ai profeti di non predicare in Israele, per non fare qualcosa contro la volontà del re, perché Bethel, cioè la casa di Dio e la falsa chiesa, siano la santificazione del re e la casa del suo regno".

Sarebbe più opportuno coprire col disprezzo e col silenzio queste impudenti calunnie, tanto esse sono lontane dalla dottrina cattolica, dai Nostri costumi, dalle Nostre istituzioni.

Ma è giusto e doveroso che i semplici e gli indotti non ne ricevano danno, formandosi una sinistra opinione di Noi e della Sede Apostolica, per le dicerie dei maligni "i quali scagliandosi contro gli altri, cercano di favorire i propri vizi" .

39 La dottrina della Chiesa Cattolica insegnata dallo stesso Cristo Dio e trasmessa dai Santi Apostoli afferma che si deve dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio; pertanto anche i Nostri Predecessori non omisero mai, quando fu necessario, di imporre la dovuta fedeltà ed obbedienza ai Principi.

Da questo deriva che è proprio del Sovrano l'amministrazione degli affari civili, mentre le realtà ecclesiastiche appartengono unicamente ai sacerdoti.

A queste realtà sono da attribuire tutti quei mezzi che sono necessari – come dicono – per costituire e decretare la disciplina esteriore della Chiesa.

E come fu già definito dal Nostro Predecessore Pio VI di felice memoria, sarebbe ereticale asserire che l'uso di questo potere ricevuto da Dio sarebbe un abuso d'autorità della Chiesa.

La Sede Apostolica si è sempre adoperata molto perché si conservasse integra la distinzione dei due poteri, e i santissimi Presuli apertamente condannarono l'intrusione del potere secolare nel governo della Chiesa; il che fu chiamato da Sant'Atanasio "spettacolo nuovo e inventato dalla eresia ariana" .

Fra questi Presuli è sufficiente nominare Basilio di Cesarea, Gregorio il Teologo, Giovanni Crisostomo e Giovanni Damasceno.

Quest'ultimo affermava apertamente: "Nessuno pensi che la Chiesa possa essere amministrata con gli editti dell'Imperatore; essa è retta dalle regole dei Padri, siano esse scritte o no".

Per questo i Padri del Concilio di Calcedonia nella causa intentata da Fozio, Vescovo di Tiro, apertamente dichiararono con l'assenso dei legati dell'Imperatore: "Contro la regola non vale nessuna pratica contingente ( cioè un decreto imperiale ); si osservino i Canoni dei Padri".

E poiché i predetti legati chiedevano con insistenza "se il sacro Concilio intendesse giudicare così tutti i decreti imperiali, che risultano pregiudizievoli per i Canoni, tutti i Vescovi risposero: Tutti i decreti contingenti dovranno cessare: ci si attenga ai Canoni, e questo sia fatto anche da voi".

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