Redemptor hominis |
Nel mistero della Redenzione, cioè dell'opera salvifica operata da Gesù Cristo, la Chiesa partecipa al Vangelo del suo Maestro non soltanto mediante la fedeltà alla Parola ed il servizio alla verità, ma parimenti mediante la sottomissione, piena di speranza e di amore, partecipa alla forza della sua azione redentrice, che Egli ha espresso e racchiuso in forma sacramentale, soprattutto nell'Eucaristia154.
Questo è il centro e il vertice di tutta la vita sacramentale, per mezzo della quale ogni cristiano riceve la forza salvifica della Redenzione, iniziando dal mistero del Battesimo, in cui siamo immersi nella morte di Cristo, per diventare partecipi della sua Risurrezione ( Rm 6,3ss ), come insegna l'Apostolo.
Alla luce di questa dottrina, diventa ancor più chiara la ragione per cui tutta la vita sacramentale della Chiesa e di ciascun cristiano raggiunge il suo vertice e la sua pienezza proprio nell'Eucaristia.
In questo Sacramento, infatti, si rinnova continuamente, per volere di Cristo, il mistero del sacrificio, che Egli fece di se stesso al Padre sull'altare della Croce: sacrificio che il Padre accettò, ricambiando questa totale donazione di suo Figlio, che si fece « obbediente fino alla morte » ( Fil 2,8 ), con la sua paterna donazione, cioè col dono della nuova vita immortale nella risurrezione, perché il Padre è la prima sorgente e il datore della vita fin dal principio.
Quella vita nuova che implica la glorificazione corporale di Cristo crocifisso, è diventata segno efficace del nuovo dono elargito all'umanità, dono che è lo Spirito Santo, mediante il quale la vita divina, che il Padre ha in sé e che dà al suo Figlio ( Gv 5,26; 1 Gv 5,11 ), viene comunicata a tutti gli uomini che sono uniti con Cristo.
L'Eucaristia è il Sacramento più perfetto di questa unione.
Celebrando ed insieme partecipando all'Eucaristia, noi ci uniamo a Cristo terrestre e celeste, che intercede per noi presso il Padre ( Eb 9,24; 1 Gv 2,1 ); ma ci uniamo sempre mediante l'atto redentore del suo sacrificio, per mezzo del quale Egli ci ha redenti, così che siamo stati « comprati a caro prezzo » ( 1 Cor 6,20 ).
Il « caro prezzo » della nostra redenzione comprova, parimenti, il valore che Dio stesso attribuisce all'uomo, comprova la nostra dignità in Cristo.
Diventando infatti « figli di Dio » ( Gv 1,12 ), figli di adozione ( Rm 8,23 ), a sua somiglianza noi diventiamo al tempo stesso « regno di sacerdoti », otteniamo « il sacerdozio regale » ( Ap 5,10; 1 Pt 2,9 ), cioè partecipiamo a quell'unica e irreversibile restituzione dell'uomo e del mondo al Padre, che Egli, Figlio eterno ( Gv 1,1-4.18; Mt 3,17; Mt 11,27; Mt 17,5; Mc 1,11; Lc 1,32.35; Lc 3,22; Rm 1,4; 2 Cor 1,19; 1 Gv 5,5.20; 2 Pt 1,17; Eb 1,2 ) e insieme vero uomo, fece una volta per sempre.
L'Eucaristia è il Sacramento, in cui si esprime più compiutamente il nostro nuovo essere, in cui Cristo stesso, incessantemente e sempre in modo nuovo, « rende testimonianza » nello Spirito Santo al nostro spirito ( 1 Gv 5,5-11 ) che ognuno di noi, come partecipe del mistero della Redenzione, ha accesso ai frutti della filiale riconciliazione con Dio ( Rm 5,10.11; 2 Cor 5,18s; Col 1,20.22 ), quale Egli stesso aveva attuato e sempre attua fra noi mediante il ministero della Chiesa.
È verità essenziale, non soltanto dottrinale ma anche esistenziale, che l'Eucaristia costruisce la Chiesa166, e la costruisce come autentica comunità del Popolo di Dio, come assemblea dei fedeli, contrassegnata dallo stesso carattere di unità, di cui furono partecipi gli Apostoli ed i primi discepoli del Signore.
L'Eucaristia costruisce sempre nuovamente questa comunità e unità; sempre la costruisce e la rigenera sulla base del sacrificio di Cristo stesso, perché commemora la sua morte sulla Croce167, a prezzo della quale siamo stati redenti da Lui.
Perciò, nell'Eucaristia tocchiamo, si potrebbe dire, il mistero stesso del Corpo e del Sangue del Signore, come testimoniano le stesse parole al momento dell'istituzione, le quali, in virtù di essa, sono diventate le parole della perenne celebrazione dell'Eucaristia da parte dei chiamati a questo ministero nella Chiesa.
La Chiesa vive dell'Eucaristia, vive della pienezza di questo Sacramento, il cui stupendo contenuto e significato hanno trovato spesso la loro espressione nel Magistero della Chiesa, dai tempi più remoti fino ai nostri giorni168.
Tuttavia, possiamo dire con certezza che questo insegnamento - sorretto dalla acutezza dei teologi, dagli uomini di profonda fede e di preghiera, dagli asceti e mistici, in tutta la loro fedeltà al mistero eucaristico - rimane quasi sulla soglia, essendo incapace di afferrare e di tradurre in parole ciò che è l'Eucaristia in tutta la sua pienezza, ciò che essa esprime e ciò che in essa si attua.
Infatti, essa è il Sacramento ineffabile!
L'impegno essenziale e, soprattutto, la visibile grazia e sorgente della forza soprannaturale della Chiesa come Popolo di Dio, è il perseverare e progredire costantemente nella vita eucaristica, nella pietà eucaristica, è lo sviluppo spirituale nel clima dell'Eucaristia.
A maggior ragione, dunque, non ci è lecito né nel pensiero, né nella vita, né nell'azione togliere a questo Sacramento, veramente santissimo, la sua piena dimensione ed il suo essenziale significato.
Esso è nello stesso tempo Sacramento-Sacrificio, Sacramento-Comunione e Sacramento-Presenza.
E benché sia vero che l'Eucaristia fu sempre e deve essere tuttora la più profonda rivelazione e celebrazione della fratellanza umana dei discepoli e confessori di Cristo, non può essere trattata soltanto come un'« occasione » per manifestare questa fratellanza.
Nel celebrare il Sacramento del Corpo e del Sangue del Signore, bisogna rispettare la piena dimensione del mistero divino, il pieno senso di questo segno sacramentale, nel quale Cristo, realmente presente, è ricevuto, l'anima è ricolmata di Grazia e a noi viene dato il pegno della gloria futura169.
Di qui deriva il dovere di una rigorosa osservanza delle norme liturgiche e di tutto ciò che testimonia il culto comunitario reso a Dio stesso, tanto più perché, in questo segno sacramentale, Egli si affida a noi con fiducia illimitata, come se non prendesse in considerazione la nostra debolezza umana, la nostra indegnità, le abitudini, la « routine » o, addirittura, la possibilità di oltraggio.
Tutti nella Chiesa, ma soprattutto i Vescovi e i Sacerdoti, debbono vigilare perché questo Sacramento di amore sia al centro della vita del Popolo di Dio, perché, attraverso tutte le manifestazioni del culto dovuto, si faccia in modo da rendere a Cristo « amore per amore », perché Egli diventi veramente « vita delle nostre anime » ( Gv 6,52.58; Gv 14,6; Gal 2,20 ).
Né, d'altra parte, potremo mai dimenticare le seguenti parole di San Paolo: « Ciascuno, pertanto, esamini se stesso, e poi mangi di questo pane e beva di questo calice » ( 1 Cor 11,28 ).
Questo invito dell'Apostolo indica, almeno indirettamente, lo stretto legame fra l'Eucaristia e la Penitenza.
Difatti, se la prima parola dell'insegnamento di Cristo, la prima frase del Vangelo Buona Novella, era « Convertitevi e credete al Vangelo » ( metanoèite ) ( Mc 1,15 ), il Sacramento della Passione, della Croce e Risurrezione sembra rafforzare e consolidare in modo del tutto speciale questo invito nelle nostre anime.
L'Eucaristia e la Penitenza diventano così, in un certo senso, una dimensione duplice e, insieme, intimamente connessa dell'autentica vita secondo lo spirito del Vangelo, vita veramente cristiana.
Cristo, che invita al banchetto eucaristico, è sempre lo stesso Cristo che esorta alla penitenza, che ripete il « Convertitevi » ( Mc 1,15 ).
Senza questo costante e sempre rinnovato sforzo per la conversione, la partecipazione all'Eucaristia sarebbe priva della sua piena efficacia redentrice, verrebbe meno o, comunque, sarebbe in essa indebolita quella particolare disponibilità di rendere a Dio il sacrificio spirituale ( 1 Pt 2,5 ), in cui si esprime in modo essenziale e universale la nostra partecipazione al sacerdozio di Cristo.
In Cristo, infatti, il sacerdozio è unito col proprio sacrificio, con la sua donazione al Padre; e tale donazione, appunto perché è illimitata, fa nascere in noi - uomini soggetti a molteplici limitazioni - il bisogno di rivolgerci verso Dio in forma sempre più matura e con una costante conversione, sempre più profonda.
Negli ultimi anni è stato fatto molto per mettere in evidenza - in conformità, del resto, alla più antica tradizione della Chiesa - l'aspetto comunitario della penitenza e, soprattutto, del sacramento della Penitenza nella pratica della Chiesa.
Queste iniziative sono utili e serviranno certamente ad arricchire la prassi penitenziale della Chiesa contemporanea.
Non possiamo, però, dimenticare che la conversione è un atto interiore di una profondità particolare, in cui l'uomo non può essere sostituito dagli altri, non può farsi « rimpiazzare » dalla comunità.
Benché la comunità fraterna dei fedeli, partecipanti alla celebrazione penitenziale, giovi grandemente all'atto della conversione personale, tuttavia, in definitiva, è necessario che in questo atto si pronunci l'individuo stesso, con tutta la profondità della sua coscienza, con tutto il senso della sua colpevolezza e della sua fiducia in Dio, mettendosi davanti a Lui, come il Salmista, per confessare: « Contro di te ho peccato » ( Sal 51,6 ).
La Chiesa, quindi, osservando fedelmente la plurisecolare prassi del sacramento della Penitenza - la pratica della confessione individuale, unita all'atto personale di dolore e al proposito di correggersi e di soddisfare - difende il diritto particolare dell'anima umana.
È il diritto ad un più personale incontro dell'uomo con Cristo crocifisso che perdona, con Cristo che dice, per mezzo del ministro del sacramento della Riconciliazione: « Ti sono rimessi i tuoi peccati » ( Mc 2,5 ); « Va', e d'ora in poi non peccare più » ( Gv 8,11 ).
Come è evidente, questo è nello stesso tempo il diritto di Cristo stesso verso ogni uomo da lui redento.
È il diritto ad incontrarsi con ciascuno di noi in quel momento-chiave della vita dell'anima, che è quello della conversione e del perdono.
La Chiesa, custodendo il sacramento della Penitenza, afferma espressamente la sua fede nel mistero della Redenzione, come realtà viva e vivificante, che corrisponde alla verità interiore dell'uomo, corrisponde all'umana colpevolezza ed anche ai desideri della coscienza umana.
« Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati » ( Mt 5,6 ).
Il sacramento della Penitenza è il mezzo per saziare l'uomo con quella giustizia, che proviene dallo stesso Redentore.
Nella Chiesa che, soprattutto nei nostri tempi, si raccoglie specialmente intorno all'Eucaristia, e desidera che l'autentica comunità eucaristica diventi segno dell'unità di tutti i cristiani, unità che sta gradualmente maturando, deve essere vivo il bisogno della penitenza, sia nel suo aspetto sacramentale179, come anche in quello concernente la penitenza come virtù.
Questo secondo aspetto fu espresso da Paolo VI nella Costituzione Apostolica Paenitemini180.
Uno dei compiti della Chiesa è di mettere in pratica l'insegnamento in essa contenuto; si tratta di argomento che dovrà esser di certo da noi approfondito ancora nella riflessione comune, e fatto oggetto di molte ulteriori decisioni, in spirito di collegialità pastorale, rispettando le diverse tradizioni a questo proposito e le diverse circostanze della vita degli uomini del nostro tempo.
Tuttavia, è certo che la Chiesa del nuovo Avvento, la Chiesa che si prepara di continuo alla nuova venuta del Signore, deve essere la Chiesa dell'Eucaristia e della Penitenza.
Soltanto sotto questo profilo spirituale della sua vitalità e della sua attività, essa è la Chiesa della missione divina, la Chiesa in statu missionis, così come ce ne ha rivelato il volto il Concilio Vaticano II.
Indice |
154 | Sacrosanctum concilium 10 |
166 | Lumen gentium 11; Paolo VI Discorso del 15 settembre 1965 |
167 | Sacrosanctum concilium 47 |
168 | Paolo VI, Mysterium fidei |
169 | Sacrosanctum concilium 47 |
179 | S. Congregazione per la Dottrina della fede, Normae pstorales circa absolutionem sacramentalem generali modo impertiendam; Paolo VI, Discorso ad un gruppo di Vescovi degli Stati Uniti d'America in visita ad limina 20 aprile 1978; Giovanni Paolo II, Discorso ad un gruppo di Vescovi del Canada in visita ad limina 17 novembre 1978 |
180 | Paolo VI nella Costituzione Apostolica Paenitemini |