Laborem exercens |
Come dice il Concilio Vaticano II, « per i credenti una cosa è certa: l'attività umana individuale e collettiva, ossia quell'ingente sforzo col quale gli uomini nel corso dei secoli cercano di migliorare le proprie condizioni di vita, considerato in se stesso, corrisponde al disegno di Dio.
L'uomo infatti, creato a immagine di Dio, ha ricevuto il comando di sottomettere a sé la terra con tutto quanto essa contiene per governare il mondo nella giustizia e nella santità, e così pure di riportare a Dio se stesso e l'universo intero, riconoscendo in lui il Creatore di tutte le cose, in modo che, nella subordinazione di tutta la realtà all'uomo, sia glorificato il nome di Dio su tutta la terra »27.
Nella Parola della divina Rivelazione è iscritta molto profondamente questa verità fondamentale, che l'uomo, creato a immagine di Dio, mediante il suo lavoro partecipa all'opera del Creatore, ed a misura delle proprie possibilità, in un certo senso, continua a svilupparla e la completa, avanzando sempre più nella scoperta delle risorse e dei valori racchiusi in tutto quanto il creato.
Questa verità noi troviamo già all'inizio stesso della Sacra Scrittura, nel Libro della Genesi, dove l'opera stessa della creazione è presentata nella forma di un « lavoro » compiuto da Dio durante i « sei giorni » ( Gen 2,2; Es 20,8.11; Dt 5,12ss ), per « riposare » il settimo giorno ( Gen 2,3 ).
D'altronde, ancora l'ultimo libro della Sacra Scrittura risuona con lo stesso accento di rispetto per l'opera che Dio ha compiuto mediante il suo « lavoro » creativo, quando proclama: « Grandi e mirabili sono le tue opere, o Signore Dio onnipotente » ( Ap 15,3 ), analogamente al Libro della Genesi, il quale chiude la descrizione di ogni giorno della creazione con l'affermazione: « E Dio vide che era una cosa buona » ( Gen 1,4.10.12.18 21.25.31 ).
Questa descrizione della creazione, che troviamo già nel primo capitolo del Libro della Genesi è, al tempo stesso, in un certo senso il primo « Vangelo del lavoro ».
Essa dimostra, infatti, in che cosa consista la sua dignità: insegna che l'uomo lavorando deve imitare Dio, suo Creatore, perché porta in sé - egli solo - il singolare elemento della somiglianza con lui.
L'uomo deve imitare Dio sia lavorando come pure riposando, dato che Dio stesso ha voluto presentargli la propria opera creatrice sotto la forma del lavoro e del riposo.
Quest'opera di Dio nel mondo continua sempre, così come attestano le parole di Cristo: « Il Padre mio opera sempre… » ( Gv 5,17 ): opera con la forza creatrice, sostenendo nell'esistenza il mondo che ha chiamato all'essere dal nulla, e opera con la forza salvifica nei cuori degli uomini, che sin dall'inizio ha destinato al « riposo » ( Eb 4,1.9s ) in unione con se stesso, nella « casa del Padre » ( Gv 14,2 ).
Perciò, anche il lavoro umano non solo esige il riposo ogni « settimo giorno » ( Dt 5,2ss; Es 20,8-12 ), ma per di più non può consistere nel solo esercizio delle forze umane nell'azione esteriore; esso deve lasciare uno spazio interiore, nel quale l'uomo, diventando sempre più ciò che per volontà di Dio deve essere, si prepara a quel « riposo » che il Signore riserva ai suoi servi ed amici ( Mt 25,21 ).
La coscienza che il lavoro umano sia una partecipazione all'opera di Dio, deve permeare - come insegna il Concilio - anche « le ordinarie attività quotidiane.
Gli uomini e le donne, infatti, che per procurarsi il sostentamento per sé e per la famiglia, esercitano le proprie attività così da prestare anche conveniente servizio alla società, possono a buon diritto ritenere che col loro lavoro essi prolungano l'opera del Creatore, si rendono utili ai propri fratelli e danno un contributo personale alla realizzazione del piano provvidenziale di Dio nella storia »37.
Bisogna, dunque, che questa spiritualità cristiana del lavoro diventi patrimonio comune di tutti.
Bisogna che, specialmente nell'epoca odierna, la spiritualità del lavoro dimostri quella maturità, che esigono le tensioni e le inquietudini delle menti e dei cuori: « I cristiani, dunque, non solo non pensano di contrapporre le conquiste dell'ingegno e della potenza dell'uomo alla potenza di Dio, quasi che la creatura razionale sia rivale del Creatore; ma, al contrario, essi piuttosto sono persuasi che le vittorie dell'umanità sono segno della grandezza di Dio e frutto del suo ineffabile disegno.
E quanto più cresce la potenza degli uomini, tanto più si estende e si allarga la loro responsabilità individuale e collettiva…
Il messaggio cristiano, lungi dal distogliere gli uomini dal compito di edificare il mondo, lungi dall'incitarli a disinteressarsi del bene dei propri simili, li impegna piuttosto a tutto ciò con un obbligo ancora più pressante »38.
La consapevolezza che mediante il lavoro l'uomo partecipa all'opera della creazione, costituisce il più profondo movente per intraprenderlo in vari settori:
« I fedeli perciò - leggiamo nella Costituzione Lumen Gentium - devono riconoscere la natura intima di tutta la creazione, il suo valore e la sua ordinazione alla lode di Dio e aiutarsi a vicenda per una vita più santa anche con opere propriamente secolari, affinché il mondo sia imbevuto dello spirito di Cristo e raggiunga più efficacemente il suo fine nella giustizia, nella carità e nella pace…
Con la loro competenza, quindi, nelle discipline profane e con la loro attività, elevata intrinsecamente dalla grazia di Cristo, contribuiscano validamente a che i beni creati, secondo la disposizione del Creatore e la luce del suo Verbo, siano fatti progredire dal lavoro umano, dalla tecnica e dalla civile cultura »39.
Indice |
27 | Gaudium et Spes, 34 |
37 | Gaudium et Spes, 34 |
38 | Gaudium et Spes, 34 |
39 | Lumen Gentium, 36 |