Laborem exercens

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Elementi per una spiritualità del lavoro

26 Cristo, l'uomo del lavoro

Questa verità, secondo cui mediante il lavoro l'uomo partecipa all'opera di Dio stesso suo Creatore, è stata in modo particolare messa in risalto da Gesù Cristo - quel Gesù del quale molti dei suoi primi uditori a Nazareth « rimanevano stupiti e dicevano: Donde gli vengono queste cose?

E che sapienza è mai questa che gli è stata data? …

Non è costui il carpentiere? » ( Mc 6,2s ).

Infatti, Gesù non solo proclamava, ma prima di tutto compiva con l'opera il « Vangelo » a lui affidato, la parola dell'eterna Sapienza.

Perciò, questo era pure il « Vangelo del lavoro », perché colui che lo proclamava, era egli stesso uomo del lavoro, del lavoro artigiano come Giuseppe di Nazareth ( Mt 13,55 ).

E anche se nelle sue parole non troviamo uno speciale comando di lavorare - piuttosto, una volta, il divieto di una eccessiva preoccupazione per il lavoro e l'esistenza ( Mt 6,25-34 ) -, però, al tempo stesso, l'eloquenza della vita di Cristo è inequivoca: egli appartiene al « mondo del lavoro », ha per il lavoro umano riconoscimento e rispetto; si può dire di più: egli guarda con amore questo lavoro, le sue diverse manifestazioni, vedendo in ciascuna una linea particolare della somiglianza dell'uomo con Dio, Creatore e Padre.

Non è lui a dire: « il Padre mio è il vignaiolo … » ( Gv 15,1 ), trasferendo in vari modi nel suo insegnamento quella fondamentale verità sul lavoro, la quale si esprime già in tutta la tradizione dell'Antico Testamento, iniziando dal Libro della Genesi?

Nei libri dell'Antico Testamento non mancano molteplici riferimenti al lavoro umano, alle singole professioni esercitate dall'uomo: così per es. al medico ( Sir 38,1ss ), al farmacista ( Sir 38,4-8 ), all'artigiano-artista ( Es 31,1-5; Sir 38,27 ), al fabbro ( Gen 4,22; Is 44,12 ) - si potrebbero riferire queste parole al lavoro del siderurgico d'oggi -, al vasaio ( Ger 18,3s; Sir 38,29s ), all'agricoltore ( Gen 9,20; Is 5,1s ), allo studioso ( Qo 12,9-12; Sir 39,1-8 ), al navigatore ( Sal 107,23-30; Sap 14,2-3a ), all'edile ( Gen 11,3; 2 Re 12,12s; 2 Re 22,5s ), al musicista ( Gen 4,21 ), al pastore ( Gen 4,2; Gen 37,3; Es 3,1; 1 Sam 16,11 ), al pescatore ( Ez 47,10 ).

Sono conosciute le belle parole dedicate al lavoro delle donne ( Pr 31,15-27 ).

Gesù Cristo nelle sue parabole sul Regno di Dio si richiama costantemente al lavoro umano: al lavoro del pastore ( Gv 10,1-16 ), dell'agricoltore ( Mc 12,1-12 ), del medico ( Lc 4,23 ), del seminatore ( Mc 4,1-9 ), del padrone di casa ( Mt 13,52 ), del servo ( Mt 24,45; Lc 12,42-48 ), dell'amministratore ( Lc 16,1-8 ), del pescatore ( Mt 13,47-50 ), del mercante ( Mt 13,45s ), dell'operaio ( Mt 20,1-16 ).

Parla pure dei diversi lavori delle donne ( Mt 13,33; Lc 15,8s ).

Presenta l'apostolato a somiglianza del lavoro manuale dei mietitori ( Mt 9,37; Gv 4,35-38 ) o dei pescatori ( Mt 4,19 ).

Inoltre, si riferisce anche al lavoro degli studiosi ( Mt 13,52 ).

Questo insegnamento di Cristo sul lavoro, basato sull'esempio della propria vita durante gli anni di Nazareth, trova un'eco particolarmente viva nell'insegnamento di Paolo Apostolo.

Paolo si vantava di lavorare nel suo mestiere ( probabilmente fabbricava tende ) ( At 18,3 ), e grazie a ciò poteva pure come apostolo guadagnarsi da solo il pane ( At 20,34s ).

« Abbiamo lavorato con fatica e sforzo, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi » ( 2 Ts 3,8; 1 Cor 9,6-14; Gal 6,6; 2 Ts 3,9; Lc 10,7 ).

Di qui derivano le sue istruzioni sul tema del lavoro, che hanno carattere di esortazione e di comando: « A questi … ordiniamo, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, di mangiare il proprio pane lavorando in pace », così scrive ai Tessalonicesi ( 2 Ts 3,12 ).

Infatti, rilevando che « alcuni » vivono disordinatamente, senza far nulla ( 2 Ts 3,11 ), l'Apostolo nello stesso contesto non esita a dire: « Chi non vuol lavorare, neppure mangi » ( 2 Ts 3,10 ).

In un altro passo invece incoraggia: « Qualunque cosa facciate, fatela di cuore come per il Signore e non per gli uomini, sapendo che quale ricompensa riceverete dal Signore l'eredità » ( Col 3,23s ).

Gli insegnamenti dell'Apostolo delle Genti hanno, come si vede, un'importanza-chiave per la morale e la spiritualità del lavoro umano.

Essi sono un importante complemento a questo grande, anche se discreto, Vangelo del lavoro, che troviamo nella vita di Cristo e nelle sue parabole, in ciò che Gesù « fece e insegnò » ( At 1,1 ).

In base a queste luci emananti dalla Sorgente stessa, la Chiesa sempre ha proclamato ciò di cui troviamo l'espressione contemporanea nell'insegnamento del Vaticano II: « L'attività umana, invero, come deriva dall'uomo, così è ordinata all'uomo.

L'uomo, infatti, quando lavora, non soltanto modifica le cose e la società, ma perfeziona anche se stesso.

Apprende molte cose, sviluppa le sue facoltà, è portato a uscire da sé e a superarsi.

Tale sviluppo, se è ben compreso, vale più delle ricchezze esteriori che si possono accumulare …

Pertanto, questa è la norma dell'attività umana: che secondo il disegno e la volontà di Dio essa corrisponda al vero bene dell'umanità, e permetta all'uomo singolo o come membro della società di coltivare e di attuare la sua integrale vocazione »79.

Nel contesto di una tale visione dei valori del lavoro umano, ossia di una tale spiritualità del lavoro, si spiega pienamente ciò che nello stesso punto della Costituzione pastorale del Concilio leggiamo sul tema del giusto significato del progresso: « L'uomo vale più per quello che è che per quello che ha.

Parimente tutto ciò che gli uomini fanno per conseguire una maggiore giustizia, una più estesa fraternità e un ordine più umano nei rapporti sociali, ha più valore dei progressi in campo tecnico.

Questi, infatti, possono fornire, per così dire, la materia alla promozione umana, ma da soli non valgono in nessun modo ad effettuarla »80.

Tale dottrina sul problema del progresso e dello sviluppo - tema così dominante nella mentalità moderna - può essere intesa solamente come frutto di una provata spiritualità del lavoro umano, e solamente in base a una tale spiritualità essa può essere realizzata e messa in pratica.

Questa è la dottrina, ed insieme il programma, che affonda le sue radici nel « Vangelo del lavoro ».

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79 Gaudium et Spes, 35
80 Gaudium et Spes, 35