Dominum et vivificantem

Indice

La testimonianza dell'inizio: la realtà originaria del peccato

33 È la dimensione del peccato che troviamo nella testimonianza dell'inizio, annotata nel Libro della Genesi. ( Gen 1-3 )

È il peccato che, secondo la Parola di Dio rivelata, costituisce il principio e la radice di tutti gli altri.

Ci troviamo di fronte alla realtà originaria del peccato nella storia dell'uomo e, al tempo stesso, nell'insieme dell'economia della salvezza.

Si può dire che in questo peccato ha inizio il « mistero dell'iniquità », ma anche che è questo il peccato, in ordine al quale la potenza redentrice del « mistero della pietà » diventa particolarmente trasparente ed efficace.

Ciò esprime san Paolo, quando alla « disobbedienza » del primo Adamo contrappone l'« obbedienza » di Cristo, il secondo Adamo: « L'obbedienza fino alla morte ». ( Rm 5,19; Fil 2,8 )

Stando alla testimonianza dell'inizio, il peccato nella sua realtà originaria avviene nella volontà - e nella coscienza - dell'uomo, prima di tutto, come « disobbedienza », cioè come opposizione della volontà dell'uomo alla volontà di Dio.

Questa disobbedienza originaria presuppone il rifiuto o, almeno, l'allontanamento dalla verità contenuta nella Parola di Dio, che crea il mondo.

Questa Parola è lo stesso Verbo, che era « in principio presso Dio », che « era Dio » e senza il quale « niente è stato fatto di tutto ciò che esiste », poiché « il mondo fu fatto per mezzo di lui ». ( Gv 1,1.2.3.10 )

È il Verbo che è anche eterna legge, fonte di ogni legge, che regola il mondo e specialmente gli atti umani.

Quando dunque, alla vigilia della sua passione, Gesù Cristo parla del peccato di coloro che « non credono in lui », in queste sue parole, piene di dolore, vi è quasi un'eco lontana di quel peccato, che nella sua forma originaria si inscrive oscuramente nel mistero stesso della creazione.

Colui che parla, infatti, è non solo il Figlio dell'uomo, ma anche colui che è « il primogenito di fronte ad ogni creatura », « poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose:…. per mezzo di lui e in vista di lui ». ( Col 1,15-18 )

Alla luce di questa verità si capisce che la « disobbedienza », nel mistero dell'inizio, presuppone in certo senso la stessa « non-fede », quel medesimo « non hanno creduto », che si ripeterà nei riguardi del mistero pasquale.

Come abbiamo detto, si tratta del rifiuto o, almeno, dell'allontanamento dalla verità contenuta nella Parola del Padre.

Il rifiuto si esprime in pratica come « disobbedienza », in un atto compiuto come effetto della tentazione, che proviene dal « padre della menzogna ». ( Gv 8,44 )

Dunque, alla radice del peccato umano sta la menzogna come radicale rifiuto della verità contenuta nel Verbo del Padre, mediante il quale si esprime l'amorevole onnipotenza del Creatore: l'onnipotenza ed insieme l'amore « di Dio Padre, creatore del cielo e della terra ».

34 « Lo Spirito di Dio », che secondo la descrizione biblica della creazione « aleggiava sulle acque », ( Gen 1,2 ) indica lo stesso « Spirito, che scruta le profondità di Dio »; scruta le profondità del Padre e del Verbo-Figlio nel mistero della creazione.

Non solo è il testimone diretto del loro reciproco amore, dal quale deriva la creazione, ma è egli stesso questo amore.

Egli stesso, come amore, è l'eterno dono increato.

In lui è la fonte e l'inizio di ogni elargizione alle creature.

La testimonianza dell'inizio, che troviamo in tutta la Rivelazione, a cominciare dal Libro della Genesi, su questo punto è univoca.

Creare vuol dire chiamare all'esistenza dal nulla; dunque, creare vuol dire donare l'esistenza.

E se il mondo visibile viene creato per l'uomo, dunque all'uomo viene donato il mondo. ( Gen 1,26.28.29 )

E contemporaneamente lo stesso uomo nella propria umanità riceve in dono una speciale « immagine e somiglianza » di Dio.

Ciò significa non solo razionalità e libertà come proprietà costitutiva della natura umana, ma anche, sin dall'inizio, capacità di un rapporto personale con Dio, come « io » e « tu » e, dunque, capacità di alleanza che avrà luogo con la comunicazione salvifica di Dio all'uomo.

Sullo sfondo dell'« immagine e somiglianza » di Dio, « il dono dello Spirito » significa, infine, chiamata all'amicizia, nella quale le trascendenti « profondità di Dio » vengono, in qualche modo, aperte alla partecipazione da parte dell'uomo.

Il Concilio Vaticano II insegna: « Dio invisibile ( Col 1,15; 1 Tm 1,17 ) nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici ( Es 33,11; Gv 15,14 ) e si intrattiene con loro ( Bar 3,38 ), per invitarli e ammetterli alla comunione con sé ».132

35 Pertanto, lo Spirito, che « scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio », conosce sin dall'inizio « i segreti dell'uomo ». ( 1 Cor 2,10s )

Proprio per questo egli solo può pienamente « convincere del peccato » che ci fu all'inizio, di quel peccato che è la radice di tutti gli altri e il focolaio della peccaminosità dell'uomo sulla terra, che non si spegne mai.

Lo Spirito di verità conosce la realtà originaria del peccato, causato nella volontà dell'uomo ad opera del « padre della menzogna » - di colui che già « è stato giudicato ». ( Gv 16,11 )

Lo Spirito Santo convince, dunque, il mondo del peccato in rapporto a questo « giudizio », ma costantemente guidando verso la « giustizia », che è stata rivelata all'uomo insieme con la Croce di Cristo: mediante l'« obbedienza fino alla morte ». ( Fil 2,8 )

Solo lo Spirito Santo può convincere del peccato dell'inizio umano, proprio egli che è l'amore del Padre e del Figlio, egli che è dono, mentre il peccato dell'inizio umano consiste nella menzogna e nel rifiuto del dono e dell'amore, i quali decidono dell'inizio del mondo e dell'uomo.

36 Secondo la testimonianza dell'inizio, che troviamo nella Scrittura e nella Tradizione, dopo la prima ( ed anche più completa ) descrizione nel Libro della Genesi il peccato nella sua forma originaria è inteso come « disobbedienza », il che significa semplicemente e direttamente trasgressione di un divieto posto da Dio. ( Gen 2,16s )

Ma alla luce di tutto il contesto è pure palese che le radici di questa disobbedienza vanno ricercate in profondità nell'intera situazione reale dell'uomo.

Chiamato all'esistenza, l'essere umano - uomo e donna - è una creatura.

L'« immagine di Dio », consistente nella razionalità e nella libertà, dice la grandezza e la dignità del soggetto umano, che è persona.

Ma questo soggetto personale è pur sempre una creatura: nella sua esistenza ed essenza dipende dal Creatore.

Secondo la Genesi, « l'albero della conoscenza del bene e del male » doveva esprimere e costantemente ricordare all'uomo il « limite » invalicabile per un essere creato.

In questo senso va inteso il divieto da parte di Dio: il Creatore proibisce all'uomo e alla donna di mangiare i frutti dell'albero della conoscenza del bene e del male. ( Gen 3,5 )

Le parole dell'istigazione, cioè della tentazione, come è formulata nel testo sacro, inducono a trasgredire questo divieto - cioè a superare quel « limite »: « Quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio ( « come dèi » ) conoscendo il bene e il male ».

La « disobbedienza » significa appunto il superamento di quel limite, che rimane invalicabile alla volontà e libertà dell'uomo, come essere creato.

Dio creatore è, infatti, l'unica e definitiva fonte dell'ordine morale nel mondo, da lui creato.

L'uomo non può da se stesso decidere ciò che è buono e ciò che è cattivo - non può « conoscere il bene e il male, come Dio ».

Sì, Dio nel mondo creato rimane la prima e suprema fonte per decidere del bene e del male, mediante l'intima verità dell'essere, la quale è il riflesso del Verbo, l'eterno Figlio, consostanziale al Padre.

All'uomo creato ad immagine di Dio lo Spirito Santo dà in dono la coscienza, affinché in essa l'immagine possa rispecchiare fedelmente il suo modello, che è insieme la sapienza e la legge eterna, fonte dell'ordine morale nell'uomo e nel mondo.

La « disobbedienza », come dimensione originaria del peccato, significa rifiuto di questa fonte, per la pretesa dell'uomo di diventare fonte autonoma ed esclusiva nel decidere del bene e del male.

Lo Spirito, che « scruta le profondità di Dio » e che, al tempo stesso, è per l'uomo la luce della coscienza e la fonte dell'ordine morale, conosce in tutta la sua pienezza questa dimensione del peccato, che si inscrive nel mistero dell'inizio umano.

E non cessa di « convincerne il mondo » in rapporto alla Croce di Cristo sul Golgota.

37 Secondo la testimonianza dell'inizio, Dio nella creazione ha rivelato se stesso come onnipotenza, che è amore.

Nello stesso tempo ha rivelato all'uomo che, come « immagine e somiglianza » del suo Creatore, egli è chiamato a partecipare alla verità e all'amore.

Questa partecipazione significa una vita di unione con Dio, che è la « vita eterna ». ( Gen 3,22; Gv 3,36; Gv 4,14; Gv 5,24; Gv 6,40.47; Gv 10,28; Gv 12,50; Gv 14,6; At 13,48; Rm 6,23; Gal 6,8; 1 Tm 1,16; Tt 1,2; Tt 3,7; 1 Pt 3,22; 1 Gv 1,2; 1 Gv 2,25; 1 Gv 5,11.13; Ap 2,7 )

Ma l'uomo, sotto l'influenza del « padre della menzogna », si è distaccato da questa partecipazione.

In quale misura? Certamente non nella misura del peccato di un puro spirito, nella misura del peccato di Satana.

Lo spirito umano è incapace di raggiungere una tale misura.139

Nella stessa descrizione della Genesi è facile notare la differenza di grado tra « il soffio del male » da parte di colui che « è peccatore ( ossia permane nel peccato ) fin dal principio » ( 1 Gv 3,8 ) e che già « è stato giudicato », ( Gv 16,11 ) ed il male della disobbedienza da parte dell'uomo.

Questa disobbedienza, tuttavia, significa pur sempre il voltare le spalle a Dio e, in un certo senso, il chiudersi della libertà umana nei suoi riguardi.

Significa anche una certa apertura di questa libertà - della conoscenza e della volontà umana - verso colui che è il « padre della menzogna ».

Questo atto di scelta consapevole non è solo « disobbedienza », ma porta con sé anche una certa adesione alla motivazione contenuta nella prima istigazione al peccato e incessantemente rinnovata durante tutta la storia dell'uomo sulla terra: « Dio sa che, quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male ».

Ci troviamo qui al centro stesso di ciò che si potrebbe chiamare l'« anti-Verbo », cioè l'« anti-verità ».

Viene, infatti, falsata la verità dell'uomo: chi è l'uomo e quali sono i limiti invalicabili del suo essere e della sua libertà.

Questa « anti-verità » è possibile, perché nello stesso tempo viene falsata completamente la verità su chi è Dio.

Il Dio creatore viene posto in stato di sospetto, anzi addirittura in stato di accusa, nella coscienza della creatura.

Per la prima volta nella storia dell'uomo appare il perverso « genio del sospetto ».

Esso cerca di « falsare » il Bene stesso, il Bene assoluto, che proprio nell'opera della creazione si è manifestato come il bene che dona in modo ineffabile: come bonum diffusivum sui, come amore creativo.

Chi può pienamente « convincere del peccato », ossia di questa motivazione della disobbedienza originaria dell'uomo, se non colui che solo è il dono e la fonte di ogni elargizione, se non lo Spirito, che « scruta le profondità di Dio » ed è l'amore del Padre e del Figlio?

38 Infatti, malgrado tutta la testimonianza della creazione e dell'economia salvifica ad essa inerente, lo spirito delle tenebre ( Ef 6,12; Lc 22,53 ) è capace di mostrare Dio come nemico della propria creatura e, prima di tutto, come nemico dell'uomo, come fonte di pericolo e di minaccia per l'uomo.

In questo modo viene innestato da Satana nella psicologia dell'uomo il germe dell'opposizione nei riguardi di colui che « sin dall'inizio » deve essere considerato come nemico dell'uomo - e non come Padre.

L'uomo viene sfidato a diventare l'avversario di Dio!

L'analisi del peccato nella sua originaria dimensione indica che, ad opera del « padre della menzogna », vi sarà lungo la storia dell'umanità una costante pressione al rifiuto di Dio da parte dell'uomo, fino all'odio: « Amore di sé fino al disprezzo di Dio », come si esprime sant'Agostino.143

L'uomo sarà incline a vedere in Dio prima di tutto una propria limitazione, e non la fonte della propria liberazione e la pienezza del bene.

Ciò vediamo confermato nell'epoca moderna, nella quale le ideologie atee tendono a sradicare la religione in base al presupposto che essa determini una radicale « alienazione » dell'uomo come se l'uomo venisse espropriato della propria umanità, quando, accettando l'idea di Dio, attribuisce a lui ciò che appartiene all'uomo, ed esclusivamente all'uomo!

Di qui un processo di pensiero e di prassi storico-sociologica, in cui il rifiuto di Dio è pervenuto fino alla dichiarazione della sua « morte ».

Un'assurdità, questa, concettuale e verbale!

Ma l'ideologia della « morte di Dio » minaccia piuttosto l'uomo, come indica il Vaticano II, quando, sottoponendo ad analisi la questione dell'« autonomia delle cose temporali », scrive: « La creatura… senza il Creatore svanisce… Anzi, l'oblio di Dio priva di luce la creatura stessa ».144

L'ideologia della « morte di Dio » nei suoi effetti dimostra facilmente di essere, sul piano teoretico e pratico, l'ideologia della « morte dell'uomo ».

Indice

132 Dei Verbum 2
139 S. Tommaso d'Aquino, Summa Theol. I-II, q. 80, a. 4 ad 3
143 De civitate dei, XIV, 28
144 Gaudium et spes 36