Pastores gregis |
66 Nella Sacra Scrittura la Chiesa è paragonata ad un gregge, " di cui Dio stesso ha preannunciato di voler essere il pastore e le cui pecore, anche se governate da pastori umani, sono però incessantemente condotte al pascolo e nutrite dallo stesso Cristo, il Pastore buono e il Principe dei pastori ".277
Non è forse Gesù stesso a qualificare i suoi discepoli come pusillus grex e ad esortarli a non avere paura, ma a coltivare la speranza? ( Lc 12,32 ).
Questa esortazione Gesù l'ha ripetuta più volte ai suoi discepoli: " Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo! " ( Gv 16,33 ).
Quando stava per tornare al Padre, dopo avere lavato i piedi agli Apostoli, disse loro: " Non sia turbato il vostro cuore " e aggiunse: " Io sono la Via […]
Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me " ( Gv 14,1-6 ).
Su questa Via, che è Cristo, il piccolo gregge, la Chiesa, si è incamminata, e a guidarla è Lui, il Pastore Buono, che " quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce " ( Gv 10,4 ).
Ad immagine di Cristo Gesù e sulle sue orme, anche il Vescovo esce per annunziarlo al mondo come Salvatore dell'uomo, di ogni uomo.
Missionario del Vangelo, egli agisce in nome della Chiesa, esperta in umanità e vicina agli uomini del nostro tempo.
Per questo il Vescovo, forte del radicalismo evangelico, ha pure il dovere di smascherare le false antropologie, di riscattare i valori schiacciati dai processi ideologici e di discernere la verità.
Egli sa di poter ripetere con l'Apostolo: " Noi ci affatichiamo e combattiamo, perché abbiamo riposto la nostra speranza nel Dio vivente, che è il Salvatore di tutti gli uomini, ma soprattutto di quelli che credono " ( 1 Tm 4,10 ).
L'azione del Vescovo, allora, sarà caratterizzata da quella parresía, che è frutto dell'operazione dello Spirito ( At 4,31 ).
Sicché, uscendo da se stesso per annunciare Gesù Cristo, il Vescovo assume con fiducia e coraggio la sua missione, factus pontifex, fatto veramente " ponte " proteso verso ogni uomo.
Con passione di pastore egli esce per cercare le pecore, al seguito di Gesù, che dice: " Ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore " ( Gv 10,16 ).
67 Nell'ambito di questa missionarietà, i Padri sinodali hanno indicato il Vescovo come un profeta di giustizia.
La guerra dei potenti contro i deboli ha, oggi più che ieri, aperto profonde divisioni tra ricchi e poveri.
I poveri sono legione! All'interno di un sistema economico ingiusto, con dissonanze strutturali molto forti, la situazione degli emarginati si aggrava di giorno in giorno.
In tante parti della terra oggi c'è fame, mentre altrove c'è opulenza.
Soprattutto i poveri, i giovani, i rifugiati, sono le vittime di queste drammatiche sperequazioni.
Anche la donna in molti luoghi è avvilita nella sua dignità di persona, vittima di una cultura edonista e materialista.
Di fronte, e tante volte dentro, a queste situazioni d'ingiustizia, che aprono inevitabilmente la porta ai conflitti e alla morte, il Vescovo è il difensore dei diritti dell'uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio.
Egli predica la dottrina morale della Chiesa, in difesa del diritto della vita, dal concepimento sino alla sua naturale conclusione; predica pure la dottrina sociale della Chiesa, fondata sul Vangelo, e prende a cuore la difesa di chiunque è debole, rendendosi voce di chi non ha voce, per farne valere i diritti.
Non c'è dubbio che la dottrina sociale della Chiesa è in grado di suscitare speranza anche nelle situazioni più difficili, perché, se non c'è speranza per i poveri, non ve ne sarà per nessuno, neppure per i cosiddetti ricchi.
I Vescovi hanno condannato con vigore il terrorismo e il genocidio e hanno levato la loro voce a favore di coloro che piangono a motivo di ingiustizie, che sono sottoposti a persecuzione, che sono senza lavoro, per i bambini vessati in vari e sempre gravissimi modi.
Come la santa Chiesa che nel mondo è sacramento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano,278 anche il Vescovo è difensore e padre dei poveri, è sollecito della giustizia e dei diritti umani, è portatore di speranza.279
La parola dei Padri sinodali, unita alla mia, è stata esplicita e forte.
" Non abbiamo potuto non ascoltare, nel corso del Sinodo, l'eco di tanti altri drammi collettivi […]
S'impone un cambiamento di ordine morale […]
Alcuni mali endemici, troppo a lungo sottovalutati, possono portare alla disperazione intere popolazioni.
Come tacere di fronte al dramma persistente della fame e della povertà estrema, in un'epoca in cui l'umanità ha a disposizione come non mai gli strumenti per un'equa condivisione?
Non possiamo non esprimere la nostra solidarietà con la massa dei rifugiati e degli immigrati che, a causa di guerre, in conseguenza di oppressione politica o di discriminazione economica, sono costretti ad abbandonare la propria terra, alla ricerca di un lavoro e nella speranza della pace.
I disastri causati dalla malaria, l'aumento dell'AIDS, l'analfabetismo, la mancanza di futuro per tanti bambini e giovani abbandonati su una strada, lo sfruttamento delle donne, la pornografia, l'intolleranza e la strumentalizzazione inaccettabile della religione per scopi violenti, il traffico di droga e il commercio di armi: il catalogo non è completo!
E tuttavia, pur in mezzo a tutte queste difficoltà, gli umili rialzano la testa.
Il Signore li guarda e li sostiene: " Per l'oppressione dei miseri e il gemito dei poveri io sorgerò, dice il Signore " ( Sal 12,6 ) ".280
Al quadro drammatico appena delineato, conseguono con ovvia urgenza l'appello e l'impegno alla pace.
Sono, infatti, sempre attivi i focolai di conflitto ereditati dal precedente secolo e dall'intero millennio.
Neppure mancano conflitti locali, che creano lacerazioni profonde tra le culture e le nazionalità.
E come tacere dei fondamentalismi religiosi, sempre nemici del dialogo e della pace?
In molte regioni del mondo la terra somiglia ad una polveriera, pronta ad esplodere e a rovesciare sulla famiglia umana enormi dolori.
In questa situazione la Chiesa continua ad annunciare la pace di Cristo, che nel discorso della montagna ha proclamato la beatitudine degli " operatori di pace " ( Mt 5,9 ).
La pace è una responsabilità universale, che passa attraverso i mille piccoli atti della vita di ogni giorno.
Essa attende i suoi profeti e i suoi artefici, che non possono mancare anzitutto nelle comunità ecclesiali, di cui il Vescovo è pastore.
Sull'esempio di Gesù, venuto per annunciare la libertà agli oppressi e per proclamare l'anno di grazia del Signore ( Lc 4,16-21 ), egli sarà pronto sempre a mostrare che la speranza cristiana è intimamente congiunta con lo zelo per la promozione integrale dell'uomo e della società, come insegna la dottrina sociale della Chiesa.
All'interno, poi, di eventuali e purtroppo non rare situazioni di conflitto armato, il Vescovo, anche quando esorta il popolo a far valere i propri diritti, deve sempre avvertire che, per un cristiano, è in ogni caso doveroso escludere la vendetta e aprirsi al perdono e all'amore dei nemici.281
Non c'è giustizia, infatti, senza perdono.
Per quanto difficile da accettare, l'affermazione per ogni persona sensata appare scontata: una vera pace è resa possibile soltanto dal perdono.282
68 Come in più circostanze ho ripetuto, il dialogo tra le religioni dev'essere al servizio della pace tra i popoli.
Le tradizioni religiose, infatti, possiedono le risorse necessarie per superare le frammentazioni e per favorire la reciproca amicizia e il rispetto tra i popoli.
Dal Sinodo è giunto l'appello perché i Vescovi si facciano promotori di incontri insieme con i rappresentanti dei popoli per riflettere attentamente sui dissidi e sulle guerre che lacerano il mondo, così da individuare cammini percorribili per un comune impegno di giustizia, di concordia e di pace.
I Padri sinodali hanno fortemente sottolineato l'importanza del dialogo interreligioso in ordine alla pace ed hanno chiesto ai Vescovi di impegnarsi in tal senso nelle rispettive Diocesi.
Nuove strade verso la pace possono essere aperte attraverso l'affermazione della libertà religiosa, di cui ha parlato il Concilio Vaticano II nel Decreto Dignitatis humanae, come anche attraverso l'opera educativa a vantaggio delle nuove generazioni, ed il corretto uso dei mezzi di comunicazione sociale.283
La prospettiva del dialogo interreligioso, tuttavia, è sicuramente più ampia e per questa ragione i Padri sinodali hanno ribadito che esso è parte della nuova evangelizzazione, soprattutto in questi tempi in cui, molto più che in passato, convivono nelle stesse regioni, nelle medesime città, nei posti di lavoro della vita quotidiana persone appartenenti a diverse religioni.
Il dialogo interreligioso, è, dunque, postulato dalla vita quotidiana di molte famiglie cristiane e anche per questo i Vescovi, come maestri della fede e pastori del Popolo di Dio, debbono avere verso di esso una giusta attenzione.
Da questo contesto di convivenza con persone di altre religioni nasce per i cristiani uno speciale dovere di testimoniare l'unicità e l'universalità del mistero salvifico di Gesù Cristo e la conseguente necessità della Chiesa come strumento di salvezza per l'intera umanità.
" Questa verità di fede niente toglie al fatto che la Chiesa consideri le religioni del mondo con sincero rispetto, ma nel contempo esclude radicalmente quella mentalità indifferentista improntata a un relativismo religioso che porta a ritenere che "una religione vale l'altra" ".284
È chiaro quindi che il dialogo interreligioso non può mai sostituire l'annuncio e la propagazione della fede, i quali costituiscono la finalità prioritaria della predicazione, della catechesi e della missione della Chiesa.
Affermare con franchezza e senza ambiguità che la salvezza dell'uomo dipende dalla redenzione operata da Cristo non impedisce il dialogo con le altre religioni.
Nella prospettiva della professione della speranza cristiana, poi, non si dimenticherà che è proprio essa a fondare il dialogo interreligioso.
Come, infatti, si afferma nel Dichiarazione conciliare Nostra aetate, " tutti i popoli costituiscono una sola comunità.
Essi hanno una sola origine poiché Dio ha fatto abitare l'intero genere umano su tutta la faccia della terra; essi hanno anche un solo fine ultimo, Dio, del quale la provvidenza, la testimonianza di bontà e il disegno di salvezza si estendono a tutti, finché gli eletti si riuniscano nella città santa, che la gloria di Dio illuminerà e dove i popoli cammineranno nella sua luce ".285
69 Nell'azione pastorale del Vescovo non può mancare una particolare attenzione alle esigenze di amore e di giustizia che derivano dalle condizioni sociali ed economiche delle persone più povere, abbandonate, maltrattate, nelle quali il credente vede altrettante speciali icone di Gesù.
La loro presenza all'interno delle comunità ecclesiali e civili è un banco di prova per l'autenticità della nostra fede cristiana.
Una parola vorrei spendere circa il complesso fenomeno della cosiddetta globalizzazione, che è una delle caratteristiche del mondo attuale.
Esiste, infatti, una " globalizzazione " dell'economia, della finanza e anche della cultura, che si va progressivamente affermando come effetto dei rapidi progressi legati alle tecnologie informatiche.
Come ho già avuto modo di dire in altre occasioni, essa richiede un attento discernimento allo scopo di individuarne gli aspetti positivi e negativi e le varie conseguenze che ne possono derivare per la Chiesa e per l'intero genere umano.
In tale opera è importante l'apporto dei Vescovi, i quali richiameranno sempre l'urgenza di pervenire ad una globalizzazione nella carità, senza marginalizzazione.
In proposito, anche i Padri sinodali hanno richiamato il dovere di promuovere una " globalizzazione della carità ", considerando in questo medesimo contesto le questioni relative alla remissione del debito estero, che compromette le economie di intere popolazioni, frenando il loro progresso sociale e politico.286
Senza riprendere qui una così grave problematica, ripeto solo alcuni punti fondamentali già altrove esposti: la visione della Chiesa in tale materia ha tre essenziali e concomitanti punti di riferimento, che sono la dignità della persona umana, la solidarietà e la sussidiarietà.
Pertanto, " l'economia globalizzata dev'essere analizzata alla luce dei principi della giustizia sociale, rispettando l'opzione preferenziale per i poveri, che devono essere messi in grado di difendersi in un'economia globalizzata, e le esigenze del bene comune internazionale ".287
Innestata nel dinamismo della solidarietà, la globalizzazione non è più emarginante.
La globalizzazione della solidarietà, infatti, è conseguenza diretta di quella carità universale che è l'anima del Vangelo.
70 I Padri sinodali hanno pure ricordato gli aspetti etici della questione ecologica.288
In effetti, il senso profondo dell'appello a globalizzare la solidarietà riguarda pure, e con urgenza, la questione della salvaguardia del creato e delle risorse della terra.
Il " gemito della creazione ", a cui accenna l'Apostolo ( Rm 8,22 ), sembra oggi verificarsi in una prospettiva capovolta, poiché non si tratta più di una tensione escatologica, nell'attesa della rivelazione dei figli di Dio ( Rm 8,19 ), bensì di uno spasimo di morte che tende ad afferrare l'uomo stesso per distruggerlo.
È qui, difatti, che si svela, nella sua forma più insidiosa e perversa, la questione ecologica.
In effetti, " il segno più profondo e più grave delle implicazioni morali, insite nella questione ecologica, è costituito dalla mancanza di rispetto per la vita, quale si avverte in molti comportamenti inquinanti.
Spesso le ragioni della produzione prevalgono sulla dignità del lavoratore e gli interessi economici vengono prima del bene delle singole persone, se non addirittura di quello di intere popolazioni.
In questi casi, l'inquinamento o la distruzione riduttiva e innaturale, talora configura un vero e proprio disprezzo dell'uomo ".289
È evidente che la posta in gioco non è solo un'ecologia fisica, cioè attenta a tutelare l'habitat dei vari esseri viventi, ma anche un'ecologia umana, che protegga il bene radicale della vita in tutte le sue manifestazioni e prepari alle generazioni future un ambiente che si avvicini il più possibile al progetto del Creatore.
C'è dunque bisogno di una conversione ecologica, alla quale i Vescovi daranno il proprio contributo insegnando il corretto rapporto dell'uomo con la natura.
Alla luce della dottrina su Dio Padre, creatore del cielo e della terra, si tratta di un rapporto " ministeriale ": l'uomo, infatti, è collocato al centro della creazione come ministro del Creatore.
71 La premura per l'uomo spinge il Vescovo a imitare Gesù, il vero " buon Samaritano ", pieno di compassione e di misericordia, che si prende cura dell'uomo senza discriminazione alcuna.
La tutela della salute occupa un posto di rilievo tra le sfide attuali.
Sono, purtroppo, ancora molte le forme di malattia presenti nelle varie parti del mondo e, sebbene la scienza umana progredisca in modo esponenziale nella ricerca di nuove soluzioni, o aiuti per meglio affrontarle, emergono sempre nuove situazioni in cui la salute fisica e psichica viene ad essere minata.
Nell'ambito della propria Diocesi, ogni Vescovo, con l'aiuto di persone qualificate, è chiamato ad operare perché sia integralmente annunciato il " Vangelo della vita ".
L'impegno di umanizzare la medicina e l'assistenza agli ammalati da parte di cristiani che testimoniano a chi soffre la propria sollecita vicinanza, risvegliano nell'animo di ciascuno la figura di Gesù, medico dei corpi e delle anime.
Tra le istruzioni affidate ai suoi apostoli, Egli non ha omesso d'inserire l'esortazione a guarire gli ammalati ( Mt 10,8 ).290
Pertanto l'organizzazione e la promozione di un'adeguata pastorale per gli operatori sanitari meritano davvero una priorità nel cuore di un Vescovo.
In particolare, i Padri sinodali hanno sentito il bisogno di esprimere con forza la loro sollecitudine per la promozione di un'autentica " cultura della vita " nella società contemporanea: " Ciò che, forse, sconvolge maggiormente il nostro cuore di pastori è il disprezzo della vita dal suo concepimento al suo termine, e la disgregazione della famiglia.
Il no della Chiesa all'aborto e all'eutanasia è un sì alla vita, un sì alla bontà originaria della creazione, un sì che può raggiungere ogni essere umano nel santuario della sua coscienza, un sì alla famiglia, prima cellula di speranza nella quale Dio si compiace sino a chiamarla a diventare chiesa domestica ".291
72 I movimenti dei popoli oggi hanno assunto proporzioni inedite e si presentano come movimenti di massa, che coinvolgono un enorme numero di persone.
Tra queste, sono molte quelle allontanate o in fuga dal proprio paese a motivo di conflitti armati, di precarie condizioni economiche, di scontri politici, etnici e sociali, di catastrofi naturali.
Tutte queste migrazioni, pur nella loro diversità, pongono seri interrogativi alle nostre comunità, in rapporto a problemi pastorali come l'evangelizzazione e il dialogo interreligioso.
È dunque opportuno che nelle Diocesi si provveda ad istituire strutture pastorali apposite per l'accoglienza e l'appropriata cura pastorale di queste persone, a seconda delle diverse condizioni in cui si trovano.
Occorre favorire anche la collaborazione tra Diocesi confinanti, al fine di garantire un servizio più efficiente e competente, curando anche la formazione di sacerdoti e operatori laici particolarmente generosi e disponibili per quest'impegnativo servizio, soprattutto in merito ai problemi di natura legale che possono sorgere nell'inserimento di queste persone nel nuovo ordinamento sociale.292
In tale contesto i Padri sinodali provenienti dalle Chiese cattoliche orientali hanno riproposto il problema, nuovo per alcuni aspetti e dalle gravi conseguenze nella vita concreta, dell'emigrazione dei fedeli delle loro Comunità.
Accade, infatti, che un numero assai rilevante di fedeli provenienti dalle Chiese cattoliche orientali risiedano ormai abitualmente e stabilmente fuori dalle terre di origine e dalle sedi delle Gerarchie orientali.
Si tratta, com'è comprensibile, di una situazione che interpella quotidianamente la responsabilità dei Pastori.
Per questo, anche il Sinodo dei Vescovi ha ritenuto necessario un più approfondito esame sui modi con cui le Chiese cattoliche, sia Orientali sia Occidentali, possono stabilire opportune e adatte strutture pastorali in grado di venire incontro alle esigenze di questi fedeli in condizione di " diaspora ".293
In ogni caso, rimane doveroso per i Vescovi del luogo, per quanto di rito diverso, essere per questi fedeli di rito orientale dei veri padri, garantendo loro, nella cura pastorale, la salvaguardia dei valori religiosi e culturali specifici, nei quali sono nati e hanno ricevuto la loro iniziale formazione cristiana.
Sono, questi, solo alcuni ambiti nei quali la testimonianza cristiana e il ministero episcopale sono chiamati in causa con particolare urgenza.
L'assunzione di responsabilità nei riguardi del mondo, dei suoi problemi, delle sue sfide, delle sue attese appartiene all'impegno di annuncio del Vangelo della speranza.
La posta in gioco, infatti, è sempre il futuro dell'uomo, in quanto " essere di speranza ".
È ben comprensibile che, nell'accumularsi delle sfide a cui è esposta la speranza, sorga la tentazione dello scetticismo e della sfiducia.
Ma il cristiano sa di poter fronteggiare anche le situazioni più difficili, perché il fondamento della sua speranza sta nel mistero della Croce e della Risurrezione del Signore.
Da lì soltanto è possibile attingere la forza per mettersi e rimanere a servizio di Dio, che vuole la salvezza e la liberazione integrale dell'uomo.
Indice |
277 | Lumen Gentium 6 |
278 | Lumen Gentium 1 |
279 | Propositiones 54-55 |
280 | Sinodo dei Vescovi, X Assemblea Generale Ordinaria, Messaggio ( 25 ottobre 2001 ), 10-11: L'Osservatore Romano, 27 ottobre 2001, p. 5 |
281 | Propositio 55 |
282 | Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2002, 8 ( 8 dicembre 2001 ) |
283 | Propositiones 61 e 62 |
284 | Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Dominus Iesus ( 6 agosto 2000 ), 22: AAS 92 ( 2000 ), 763 |
285 | Nostra Aetate 1 |
286 | Propositio 56 |
287 | Giovanni Paolo II, Ecclesia in America 55 |
288 | Propositio 56 |
289 | Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1990, 7 ( 8 dicembre 1989 ) |
290 | Propositio 57 |
291 | Sinodo dei Vescovi, X Assemblea Generale Ordinaria, Messaggio ( 25 ottobre 2001 ), 12: L'Osservatore Romano, 27 ottobre 2001, p. 5 |
292 | Propositio 58 |
293 | Propositio 23 |