Dichiarazione sull'aborto procurato

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IV. Risposta ad alcune obiezioni

14. La legge divina e la ragione naturale escludono, dunque, qualsiasi diritto di uccidere direttamente un uomo innocente.

Tuttavia, se le ragioni addotte per giustificare l'aborto fossero sempre manifestamente cattive e prive di valore, il problema non sarebbe così drammatico: la sua gravità deriva dal fatto che in certi casi, forse abbastanza numerosi, rifiutando l'aborto si reca pregiudizio a beni importanti, che è normale voler salvaguardare e che possono anche apparire, talora, prioritari.

Non possiamo misconoscere queste gravissime difficoltà:

può essere ad es. una grave questione di salute, talvolta di vita o di morte, per la madre;

può essere l'aggravio che rappresenta un figlio in più, soprattutto se ci sono buone ragioni per temere che egli sarà anormale o rimarrà minorato;

può essere il rilievo che, in diversi ambienti, hanno o assumono le questioni di onore e di disonore, di declassamento sociale, ecc.;

si deve senz'altro affermare che mai alcuna di queste ragioni può conferire oggettivamente il diritto di disporre della vita altrui anche se in fase iniziale; e, per quanto concerne l'infelicità futura del bambino, nessuno, neppure il padre o la madre, può sostituirsi a lui, neanche se è ancora allo stato embrionale, per preferire a suo nome la morte alla vita.

Egli stesso, raggiunta l'età matura, non avrà mai il diritto di scegliere il suicidio; tanto meno, dunque, finché non ha l'età per decidere da solo, potranno essere i suoi genitori a scegliere la morte per lui.

La vita, infatti, è un bene troppo fondamentale perché possa essere posta a confronto con certi inconvenienti, benché gravissimi.21

15. Nella misura in cui il movimento di emancipazione della donna tende essenzialmente a liberarla da tutto ciò che rappresenta un'ingiusta discriminazione, esso è perfettamente legittimo.22

Nelle diverse forme di civiltà, vi è certo molto da fare a questo riguardo; ma non si può cambiare la natura, né sottrarre la donna, come neanche l'uomo, a ciò che la natura ad essi richiede.

Del resto, ogni libertà pubblicamente riconosciuta ha sempre come limiti i diritti certi degli altri.

16. Altrettanto bisogna dire circa la rivendicazione della libertà sessuale.

Se con questa espressione si intendesse la padronanza, progressivamente acquisita, della ragione e del vero amore sugli impulsi dell'istinto, senza svalutare il piacere, ma mantenendolo al suo giusto posto - e la padronanza, in questo campo, è la sola autentica libertà - non ci sarebbe nulla da eccepire: una tale libertà, infatti, si guarderà sempre dall'attentare alla giustizia.

Ma se, al contrario, si intende affermare che l'uomo e la donna sono « liberi » di ricercare il piacere sessuale a sazietà, senza tener conto di nessuna legge né dell'ordinazione essenziale della vita sessuale ai suoi frutti di fecondità,23 siffatta opinione non ha nulla di cristiano, ed è anche indegna dell'uomo.

In ogni caso, essa non conferisce alcun diritto a disporre della vita altrui, fosse anche allo stato embrionale, e a sopprimerla col pretesto che essa arreca fastidio.

17. I progressi della scienza aprono ed apriranno sempre più alla tecnica la possibilità di compiere interventri ingegnosi, le cui conseguenze possono essere assai gravi, in bene come in male.

Si tratta di conquiste, di per sé mirabili, dello spirito umano.

Ma la tecnica non può sfuggire al giudizio della morale, perché essa è fatta per l'uomo e ne deve rispettare le finalità.

Come non si ha il diritto di utilizzare indiscriminatamente, cioè a qualunque fine, l'energia nucleare, così non si è autorizzati a manipolare in un qualunque senso la vita umana: ogni uso della tecnica non può avvenire che a servizio dell'uomo, per assicurar meglio l'esercizio delle sue capacità normali, per prevenire o guarire le malattie, per concorrere al suo migliore sviluppo.

È vero, sì, che il progresso della tecnica rende sempre più facile l'aborto precoce, ma non per questo ne risulta modificata la valutazione morale.

18. Sappiamo bene quanto può esser grave per certe famiglie e per certi Paesi il problema della regolazione delle nascite: è per questo che il recente Concilio e, successivamente, l'Enciclica Humanae Vitae, del 25 luglio 1968, hanno parlato di « paternità responsabile ».24

Ciò che si deve ripetere con forza - come l'hanno richiamato la Costituzione conciliare Gaudium et Spes, l'Enciclica Populorum Progressio ed altri documenti pontifici - è che mai, per nessun pretesto, può essere utilizzato l'aborto, né da parte della famiglia, né da parte dell'autorità politica, come un mezzo legittimo per la regolazione delle nascite.25

L'offesa dei valori morali costituisce sempre, per il bene comune, un male più grande di qualsiasi altro inconveniente di ordine economico e demografico.

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21 Il Card. G. Villot, Segretario di Stato, scriveva il 10 ottobre 1973, al Card. Döpfner, circa la protezione della vita umana: « ( La Chiesa ) però non può riconoscere come leciti, al fine di superare tali difficili situazioni, né i mezzi contraccettivi né, ancora di meno, l'aborto » ( L'Osservatore Romano, ed. tedesca, 26 ottobre 1973, p. 3 )
22 Pacem in terris;
Gaudium et Spes, 29;
Paolo VI, Alloc. Salutiamo 9 dicembre 1972
23 Gaudium et Spes, II, c. 1, 48: « Per sua indole naturale, l'istituto stesso del matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati alla procreazione e alla educazione della prole e in questo trovano il loro coronamento ».
Ibidem, 50: « Il matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati per loro natura alla procreazione ed educazione della prole ».
24 Gaudium et Spes, 50 e 51;
Paolo VI, Humanae Vitae, 10.
La paternità responsabile suppone l'uso dei soli mezzi leciti del controllo delle nascite.
Cfr. Humanae Vitae, 14
25 Gaudium et Spes, 87.
Paolo VI, Populorum progressio, 37.
Alloc. alle Nazioni Unite;
Giovanni XXIII, Mater et Magistra