La Chiesa di fronte ai seguaci di altre religioni

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Introduzione

1. Il Concilio Vaticano II ha segnato una tappa nuova nelle relazioni della Chiesa con i seguaci delle altre religioni.

Molti documenti conciliari fanno esplicito riferimento ad essi, ed uno in particolare, la dichiarazione « Nostra aetate », è interamente dedicato al « rapporto della Chiesa cattolica con le religioni non cristiane ».

2. I rapidi cambiamenti nel mondo e l'approfondimento del mistero della Chiesa, « sacramento universale di salvezza » ( LG 48 ), hanno favorito questo atteggiamento verso le religioni non cristiane.

« Per l'apertura fatta dal Concilio, la Chiesa e tutti i cristiani hanno potuto raggiungere una coscienza più completa del mistero di Cristo » ( RH 11 ).

3. Questo nuovo atteggiamento ha preso il nome di dialogo.

Questo vocabolo, che è norma e ideale, è stato valorizzato nella Chiesa da Paolo VI con l'enciclica « Ecclesiam suam » ( 6 agosto 1964 ).

Da allora è diventato frequente nel Concilio e nel linguaggio ecclesiale.

Indica non solo il colloquio, ma anche l'insieme dei rapporti interreligiosi, positivi e costruttivi, con persone e comunità di altre fedi per una mutua conoscenza e un reciproco arricchimento.

4. Come segno istituzionale di questa volontà di colloquio e di incontro con i seguaci delle altre tradizioni religiose del mondo, lo stesso Paolo VI istituì nel clima del Concilio Vaticano II, il giorno della Pentecoste 1964, il Secretariatus pro non Christianis distinto dalla S. Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli.

I suoi compiti vennero così definiti dalla Costituzione « Regimini Ecclesiae »: « Cercare il metodo e le vie per aprire un dialogo adatto con i non cristiani.

Esso opera quindi perché i non cristiani vengano rettamente conosciuti e giustamente stimati dai cristiani e che a loro volta i non cristiani possano adeguatamente conoscere e stimare la dottrina e la vita cristiana »

5. A 20 anni dalla pubblicazione dell'Ecclesiam suam e dalla sua fondazione, il Segretariato, riunito in Assemblea Plenaria, ha valutato le esperienze di dialogo avvenute ovunque nella Chiesa ed ha riflettuto sugli atteggiamenti ecclesiali verso gli altri credenti e in particolare sul rapporto esistente tra dialogo e missione.

6. La visione teologica di questo documento si ispira al Concilio Vaticano II e al magistero successivo.

Un ulteriore approfondimento da parte dei teologi rimane pur sempre auspicabile e necessario.

Sollecitata e arricchita dall'esperienza, questa riflessione ha carattere prevalentemente pastorale; intende favorire un comportamento evangelico nei confronti degli altri credenti con i quali i cristiani convivono nella città, nel lavoro e nella famiglia.

7. Con questo documento ci si propone di aiutare le comunità cristiane e in particolare i loro responsabili a vivere secondo le indicazioni del Concilio offrendo elementi di soluzione alle difficoltà che possono nascere dalla compresenza nella missione dei compiti di evangelizzazione e dialogo.

I membri delle altre religioni potranno anche comprendere meglio come la Chiesa li vede e come intende comportarsi con loro.

8. Molte chiese cristiane hanno fatto esperienze simili nei confronti degli altri credenti.

Il Consiglio Ecumenico delle Chiese è provvisto di un organismo per il « Dialogo con i popoli di Fedi vive e ideologie » nell'ambito del dipartimento « Missione ed Evangelismo ».

Con tale organismo il Segretariato per i non cristiani intrattiene rapporti stabili e fraterni di consultazione e di collaborazione.

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